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Quelli che bazzicano Facebook: c’è chi si droga di più e chi lotta per la democrazia

27 Agosto 2011 3 min lettura

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Quelli che bazzicano Facebook: c’è chi si droga di più e chi lotta per la democrazia

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Il Corriere della Sera in un articolo intitolato Facebook, tv e abuso di alcol
e droghe: c'è un collegamento
ci dice che secondo uno studio americano: “Quelli che bazzicano per le reti sociali, quelli che quotidianamente postano e navigano per Facebook e MySpace sarebbero insomma differenti da coloro che abitualmente non frequentano questi luoghi virtuali. I frequentatori abituali di Fb secondo lo studio sono cinque volte più propensi a bere troppo, tre volte più portati a fumare e due volte più sollecitati a consumare erba. Infine sono genericamente più disinvolti nell’avere «cattive» amicizie, di cui sentono il fascino pericolosamente”. (Qui un ottimo post di Fabio Chiusi che smonta la ricerca e qui la riflessione approfondita, sempre sulla ricerca, di Bruno Saetta)

Il mio amico Bruno mi fa poi notare la scelta della foto che accompagna l’articolo dalla quale “Si vede proprio che quella tizia passa almeno 25 ore al giorno su facebook, il tacco comodo per chattare, la posizione perfetta per tenere in bilico il notebook sullo stomaco... 
E sempre Bruno mi dice: "La ricerca mi sembra un po' strana, perché rileverebbe che dal 2007 non c'è un aumento di uso di droga. Eppure dovrebbe esserci stato un aumento di uso dei social network. Quindi in fondo questo collegamento appare quanto meno un po' fragile.
In sostanza è tutto basato, mi pare di capire, su un sondaggio dal quale risulta che gli adolescenti che stanno di più in rete si drogano di più rispetto a quelli che la rete non la usano. In particolare quelli che vedono immagini "suggestive" fanno più uso di droga e alcol.
Di contro rileva che i genitori per la maggior parte non sono preoccupati che i figli possano fare uso di droghe o alcol a seguito di suggestioni in rete. 
Sul sito LSDI invece si parla di democrazia e media digitali. Un bellissimo articolo di Valentina Barbieri riporta un documento dell’European Stability Initiative che racconta il modo con cui i movimenti giovanili in Azerbaijan hanno usato i social media per affermare la necessità di un forte cambiamento. La nascita di OL (‘’Sii!’’ – Se vuoi vedere il cambiamento, sii il cambiamento) e di ADR (Repubblica Democratica dell’Azerbaijan), le lettere che ricordano il primo stato indipendente azero (1918/1920), diventano per i nuovi giovani il simbolo di un futuro diverso e democratico. Il processo contro due attivisti azeri leader delle nuove forme di protagonismo e di rivolta, che fanno dei media digitali una delle basi essenziali: i movimenti, ora, sono fatti anche di click.
Mettiamo insieme questi due articoli per stimolare una riflessione: è possibile che sui media più importanti web e social media debbano essere trattati come qualcosa di bizzarro, pericoloso, border line? Che realtà come "i movimenti [...] fatti di click" debbano lasciare il posto a fantomatici utenti di facebook fatti di crack? Scusate la battuta, ma leggendo i due articoli il divario appare enorme. Certo, si può obiettare che l'articolo del Corriere cita una ricerca della Columbia. Ma una fonte autorevole andrebbe comunque citata entrando nel merito, e non essere usata come un dogma per affermare, in sostanza, il principio: siccome c'è una ricerca della Columbia che ne parla, tutto quello che è scritto nell'articolo va bene.
Conclusione
Si rischia di cadere nell'equivoco di Mcluhan (il mezzo è il messaggio), mentre facebook e i social network non sono entità in grado di influenzare menti e corpi (e quindi da demonizzare o santificare), ma luoghi, luoghi di vita, luoghi di pensiero, luoghi di azione. E nel contempo sono strumenti: sta a ciascuno di noi utilizzarli nel modo che ritiene più opportuno. 
Invece, la differenza tra il pezzo del Corriere della Sera e quello di Lsdi è forse il succo del problema: cioè mentre il Corriere fa un pezzo mainstream pieno di luoghi comuni, Lsdi pensa alla sua comunità di riferimento in rete e fa un pezzo circostanziato e approfondito. 

E intanto Twitter ci salva la vita :D

Andrea Zuck (con la collaborazione di Arianna Ciccone, Bruno Saetta e Matteo Pascoletti)
@valigiablu - riproduzione consigliata

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