“Non siamo degli idioti”: in Ucraina cresce la protesta contro la controversa legge anti-corruzione
6 min letturaAggiornamento 1 agosto 2025: Il parlamento ucraino ha approvato la legge che ripristina l’indipendenza del NABU e della SAPO, le due agenzie cardine del sistema anti-corruzione ucraino, annullando un precedente provvedimento firmato anche dal presidente dell’Ucraina Zelensky che la scorsa settimana aveva scatenato le più grandi proteste di piazza dall'invasione su larga scala della Russia tre anni fa. Quando è stata diffusa la notizia del voto, la folla riunita in un parco vicino al parlamento è esplosa in un boato di gioia.
“L'unità è importante in tempo di guerra, ma ancora più importante è ricordare i valori che i nostri soldati stanno difendendo in prima linea”, ha detto Oleksandra, una studentessa di economia di 19 anni che ha partecipato a tutte le proteste dall'inizio della settimana scorsa. “Sono felice che il governo ci abbia ascoltato”.
Zelensky spera che la nuova legge metta fine a quella che rischiava di diventare una crisi politica interna e che aveva preoccupato gli alleati europei che lo avevano avvertito in privato che tali misure sarebbero state disastrose per l'immagine dell'Ucraina come Stato democratico.
La legge è stata approvata con 331 voti a favore e nessuno contrario. La sessione parlamentare è stata trasmessa in televisione per la prima volta dal 2022, revocando il divieto di riprese per motivi di sicurezza.
Aggiornamento del 25 luglio 2025: Il 24 luglio, al terzo giorno consecutivo di proteste in diverse città ucraine, il presidente Volodymyr Zelensky ha annunciato un clamoroso dietrofront. Dopo le pressioni pubbliche e internazionali – dalle cancellerie occidentali alla Commissione europea, passando per la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo – il presidente ha comunicato di aver firmato una nuova proposta di legge, la n. 13533, che ristabilisce l’indipendenza del NABU e della SAPO, le due agenzie cardine del sistema anti-corruzione ucraino.
Un cambio di rotta inaspettato per la sua rapidità, che fa seguito ai colloqui avuti in queste ore con il cancelliere tedesco Friedrich Merz e con il presidente francese Emmanuel Macron. Zelensky ha definito il nuovo testo “equilibrato”, privo di influenze russe e in grado di garantire “l’indipendenza e l’efficacia” delle strutture anti-corruzione.
Il NABU ha confermato che la nuova legge, redatta con la partecipazione delle agenzie coinvolte, “restituisce pienamente i poteri procedurali e le garanzie di indipendenza” perse con la norma approvata appena due giorni prima.
Dopo le perquisizioni arbitrarie del 21 luglio, la firma presidenziale del 22 e le prime manifestazioni spontanee nella stessa sera, la piazza ha vinto la sua prima battaglia. La nuova legge è già stata trasmessa al Parlamento con procedura d’urgenza. A Bruxelles, la Commissione europea ha accolto positivamente il passo indietro.
I riflettori restano accesi: le proteste non si sono fermate, sono continuate nella giornata di ieri a Dnipro, Leopoli, Zaporizhzhia, Ternopil e Kyiv, anche dopo l’annuncio della nuova legge. La pressione della società civile, degli esperti e dei partner occidentali ha imposto una retromarcia al potere. Zelensky ha capito che stavolta non poteva cavarsela scaricando la responsabilità di una decisione impopolare all’ingerenza russa. I cittadini ucraini non hanno dimenticato perché si sono ribellati nel 2013: lo Stato di diritto non è negoziabile, neanche sotto le bombe.
A Kyiv, nonostante la guerra continui a dettare l’agenda politica e sociale del paese, la sera del 22 luglio è successa una cosa impensabile, fino a pochi giorni prima. Centinaia di persone si sono radunate davanti al Teatro Ivan Franko, a due passi dalla Presidenza, per protestare contro una legge approvata poche ore prima dalla Verkhovna Rada, il parlamento ucraino. Una decisione che, secondo Ukrainska Pravda e altri media indipendenti ucraini come Hromadske e Suspilne, segna di fatto la fine dell’indipendenza dei due organi anti-corruzione del paese, il NABU (Ufficio Nazionale Anticorruzione) e la SAPO (Procura Specializzata Anticorruzione).
Ucraina, nel paese dilaniato dalla guerra non si ferma la lotta alla corruzione
Le proteste si sono poi allargate anche ad ovest, a Leopoli, come a est, nella Dnipro ormai a pochi chilometri dal fronte russo, comunque con poche centinaia di persone. Ma con un segnale forte: lo Stato di diritto non è negoziabile, nemmeno in tempo di guerra.
Secondo diversi esperti, con l’approvazione della legge 12414, il sistema anti-corruzione ucraino verrà decapitato: il NABU e la SAPO dovranno rispondere al Procuratore Generale, una figura nominata politicamente dal presidente.
Le proteste sono state pacifiche, ma dal tono perentorio. Gli slogan - tra cui “non siamo degli idioti” [ми ж не лохи in ucraino], che fa il verso ad una celebre dichiarazione dello stesso Zelensky nel 2019 - riportano alla memoria i tempi di Viktor Yanukovych, l’ex presidente fuggito dopo Maidan nel febbraio del 2014. Secondo i dimostranti, smantellare le agenzie anti-corruzione non è compatibile con l’idea di uno Stato democratico: è stato chiesto dunque un veto presidenziale all’approvazione della legge, sottoscritta dal presidente del parlamento monocamerale Ruslan Stefanchuk. Il veto tuttavia non c’è stato, e Volodymyr Zelensky ha firmato la legge ieri sera.
La Verkhovna Rada aveva approvato, nel pomeriggio di lunedì, il disegno di legge in seconda lettura con 263 voti. Il motore della proposta è stato proprio il partito del presidente, Servo del Popolo, che ha garantito da solo 185 sì. Il resto è arrivato da partiti molto diversi tra loro, sia dalle costole dei partiti filorussi entrati alla Rada nel 2019 (Piattaforma per la Vita per la Pace) che da partiti più trasformisti come Madrepatria della ex premier Julija Tymoshenko, ad alcuni voti persino del partito Solidarietà Europea, del principale rivale politico di Zelensky, Petro Poroshenko.
La norma cambierà profondamente l’equilibrio interno del sistema giudiziario, uno dei principali nodi della fragile democrazia ucraina. Il Procuratore Generale, ricordiamo, per nomina presidenziale diretta, potrà da ora impartire ordini scritti vincolanti al NABU e alla SAPO, riassegnare i procedimenti ad altri organismi investigativi, prendere il controllo operativo di dossier sensibili. Formalmente, è un adeguamento tecnico in tempo di guerra. Politicamente, è una bomba a orologeria che ha fatto scoppiare un malcontento che covava da diversi mesi, acuito dalle difficoltà sul fronte.
A rendere tutto ancora più opaco è quello che è successo il 21 luglio, ventiquattro ore prima del voto. L’agenzia di sicurezza interna, l’SBU, ha effettuato 80 perquisizioni contro 19 dipendenti del NABU in varie regioni del Paese, senza nessun mandato. Le forze di sicurezza hanno giustificato la misura con il rischio di “fughe di notizie”. Ufficialmente, la motivazione è che tali istituzioni siano oggetto di un’infiltrazione di una rete di spie al servizio della Russia.
Il direttore del NABU, Semen Kryvonos, ha denunciato che tre suoi dipendenti sono stati picchiati durante le operazioni e che i medici, sotto pressioni politiche, si sono rifiutati di refertare le lesioni. “È un’intimidazione vera e propria. Siamo pronti a far pulizia interna se ci sono traditori, ma questo non giustifica lo smantellamento della nostra autonomia”.
Contemporaneamente, la SAPO veniva ispezionata per presunte violazioni dei segreti di Stato. Il servizio di sicurezza interno, dal canto suo, ha riesumato vecchi casi contro membri del NABU, tra cui un incidente d’auto di anni fa.
Sempre il 22 luglio, mentre in strada si formavano i primi assembramenti, il tribunale distrettuale di Pechersk ha disposto l’arresto per 60 giorni di Ruslan Mahamedrasulov, capo di un dipartimento interregionale del NABU. Le accuse sono gravissime: contatti con funzionari russi, traffici illegali in tempo di guerra. Il processo si è svolto a porte chiuse, e il suo avvocato ha annunciato un ricorso. Nessuna prova è stata resa pubblica, e la comunicazione istituzionale sul caso è stata pressoché assente.
Nonostante il malcontento e le proteste, è prematuro parlare di “nuova Maidan”. Non ci saranno probabilmente tende, barricate, né un fronte politico trasversale come nel 2014, nonostante la decisione di Zelensky di firmare la legge.
Ma qualcosa si muoverà. Gli attivisti scesi in piazza lunedì non rappresentano solo sé stessi: esprimono un disagio reale, condiviso da parte della popolazione, da media autorevoli e da una società civile che, anche in guerra, non ha rinunciato al suo ruolo di guardia del potere.
La direttrice del Kyiv Independent, Olga Rudenko, è stata chiara: “La scorsa settimana avevamo lanciato l’allarme sul rischio di una deriva autoritaria. Ora sta succedendo, sotto gli occhi di tutti. Non è per questo che la nostra gente sta morendo, e ciò che accade è tremendamente ingiusto nei loro confronti”.
La Commissione Europea non ha usato mezzi termini. Marta Kos, commissaria all’Allargamento, ha definito il voto “un passo indietro gravissimo”, ricordando che NABU e SAPO “sono strumenti indispensabili per il percorso di adesione all’Unione”: non hanno convinto Kos nemmeno le rassicurazioni della nuova prima ministra Julija Sviridenko. Anche gli ambasciatori del G7 hanno espresso preoccupazioni sulle modalità delle perquisizioni e sul potenziale accentramento del potere giudiziario.
Per ora Bruxelles non ha sospeso fondi né congelato i negoziati, ma Rudenko nota come si aggravi ora la posizione dell’Ucraina davanti alla comunità internazionale.
Il destino della legge era, fino a ieri sera, nelle mani di Zelensky. Inevitabilmente, la sua scelta dice molto sul futuro dell’Ucraina, in un momento in cui la guerra rischia di giustificare tutto. Non solo su quanto il Paese riuscirà a restare politicamente trasparente, ma pure sul percorso di adesione europea, il nodo da cui l’effetto domino della distruzione russa è partito nel 2013. Come titolava ieri sera il Kyiv Independent dopo la decisione di firmare, Zelensky “ha tradito la democrazia ucraina”. Ha scelto di varcare un confine aprendo scenari impensabili fino a poche settimane fa.
(Immagine anteprima via rawpixel)








Edoardo
Anche gli Ucraini (11 anni dopo) si stanno svegliando… spero capiscano che il governo del loro paese si è mantenuto con vane promesse di democrazia, che in effetti non c’è mai stata. Solo interessi economici e corruzione ai danni del popolo…
Matteo Pascoletti
Gli ucraini erano già svegli dal 2014 almeno, quando parte dell'opinione pubblica occidentale in nome di un ottuso "anti-imperialismo" negava loro il diritto all'autodeterminazione durante le proteste contro un governo corrotto. Hanno continuato a esserlo nel 2022, quando in massa si sono ribellati contro un'invasione criminale di un regime che, purtroppo, molti in Italia difendono tra mille ipocrisie, pronti a sacrificare un popolo intero sull'altare del proprio odio per la NATO, per gli USA (stranamente meno odiati ora che c'è Trump, in certi ambienti) e con una nozione politicamente infantile di Occidente (il neo-colonialismo della Russia in vari paesi dell'Africa, con dittatori attivamente sostenuti? mai pervenuto). Continua quindi a esserlo anche ora, dando una lezione di profonda dignità a tutto il mondo.
Roberto Genco
Condivido in pieno il commento di Matteo Pascoletti. Aggiungo una mia impressione: i popoli dell’ex Unione sovietica (Ucraina, Georgia, Moldavia, Romania) stanno dimostrando una capacità di mobilitazione sociale democratica e anti populista molto superiore a quella delle democrazie dell’Europa occidentale. E anche una maggiore adesione ai valori della democrazia liberale europea: certamente maggiore rispetto a quella che sta dimostrando la società civile italiana