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Perché è ancora difficile prevedere un terremoto

10 Febbraio 2023 6 min lettura

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Perché è ancora difficile prevedere un terremoto

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Si poteva prevedere il terremoto? Così come in occasione di altri eventi simili, anche nel caso del terribile terremoto di magnitudo 7,8 che ha colpito la Turchia e la Siria e ha fatto, al momento, più di 21mila vittime, esperti e cittadini si sono chiesti se è stato fatto tutto per prevenire il sisma, limitare i suoi impatti e salvare vite umane.

La risposta è complicata, dal momento che attualmente non c'è alcun metodo di previsione efficace dei terremoti che sia basato su un consenso scientifico. Molti geologi affermano che è quasi impossibile prevedere perfettamente quando e dove si verificherà un terremoto, data la complessità dell'analisi dell'intera crosta terrestre. Alcuni sostengono che una serie di nuove tecnologie - tra cui l'intelligenza artificiale, che può aiutare a rendere le previsioni più rapide e precise, e gli smartphone, che possono inviare istantaneamente notifiche di allerta e avvisare le persone di mettersi immediatamente al riparo - possono aiutare a salvare vite umane.

Ma, spiega un articolo del giornalista del Washington Post, Pranshu Verma, “un futuro in cui la tecnologia preveda con maggiore precisione la posizione, l'ora e la gravità di un terremoto appare molto molto lontano. Al momento, le tecnologie più avanzate riescono a dare solo pochi secondi – e in alcuni rari casi, minuti – di preavviso”, rendendo di fatto difficile l’evacuazione prima che tutto crolli. 

Le cause del terremoto del 6 febbraio in Turchia e Siria

La sequenza sismica che ha devastato Turchia e Siria il 6 febbraio 2023 è stata innescata dalla cosiddetta faglia est-anatolica (la linea rosa nell'immagine in basso), lunga circa 500 km.

La faglia est anatolica che collega tre diverse placche tettoniche: anatolica, araba e africana

La faglia est-anatolica si trova nella parte orientale della Turchia in un punto che collega tre diverse placche tettoniche: quella anatolica con quella araba e con quella africana. Le tre placche scorrono una accanto alle altre con un movimento orizzontale. Nel caso del terremoto del 6 febbraio si ipotizza che il suolo si sia spostato di 3 metri circa.

In quest'area a sud della Turchia nel corso della storia si sono verificati numerosi terremoti con magnitudo simili a quelli odierni. Quasi tutti a basse profondità: anche il sisma più intenso avvenuto in Turchia il 6 febbraio ha fatto registrare un ipocentro di soli 17,9 km.

ShakeAlert, un sistema costruito dall'USGS, è in grado di inviare una notifica al telefono di una persona con un preavviso di circa 20 secondi o un minuto prima di un terremoto. La tecnologia raccoglie i dati dai sensori delle stazioni di rilevamento dell'USGS, che misurano l'intensità dello scuotimento del suolo. Quando una stazione rileva un terremoto, i computer sono in grado di calcolare i dati della stazione e di prevedere entro cinque secondi la direzione dello scuotimento.

I gestori di telefonia mobile possono quindi inviare avvisi agli utenti dell'area interessata. Il sistema funziona perché i segnali di Internet e dei cellulari viaggiano alla velocità della luce, molto più velocemente della lentezza con cui le onde sismiche attraversano la roccia.

Ma di più non si può fare. Prevedere con precisione i terremoti richiederebbe un'ampia mappatura e analisi della crosta terrestre, compresa la marcatura di ogni punto di stress per tracciare con attenzione quali potrebbero essere prossimi alla rottura. 

Va considerato pure che ci sono elementi di casualità dietro un terremoto che le tecnologie non sono in grado di cogliere. E concreto è il rischio di generare un numero elevato di falsi allarmi. 

Negli ultimi anni, riporta la Protezione Civile, la scienza ha fatto notevoli progressi nello studio dei precursori sismici, cioè “di quei parametri chimici e fisici del suolo e del sottosuolo che subiscono variazioni osservabili prima del verificarsi di un terremoto. In futuro, lo studio sistematico di questi precursori potrebbe consentire di fissare l’istante iniziale”.

I ricercatori si stanno rivolgendo anche all'intelligenza artificiale, utilizzando un software di apprendimento automatico, che analizza grandi quantità di dati e individua i modelli. La speranza, hanno detto gli esperti, è di avere un software che analizzi rapidamente più dati di quanti ne possano analizzare gli esseri umani, per aiutarli a capire meglio cosa precede i terremoti e individuare più segnali di allarme. Ma, per quanto potrebbero esserci progressi sostanziali nel giro di alcuni anni, è improbabile che le previsioni riescano a essere particolarmente precise.

Ad esempio, scrive Gianluca Dotti su Wired, QuakeFinder – un progetto coordinato dalla società di servizi di ingegneria Stellar Solutions con un gruppo di lavoro che coinvolge anche Google Research – sfruttando sistemi di apprendimento automatico che lavorano a partire da 125 stazioni disposte lungo le principali faglie, ha analizzato i cambiamenti dei campi magnetici durante i fenomeni sismici che si sono verificati dal 2005 al 2019 in California. I dati a disposizione hanno messo in luce alcuni elementi che si ripetono e che possono essere correlati all’insorgenza di fenomeni sismici. Ma la strada per arrivare a un modello predittivo attendibile è molto lunga. 

“È corretto affermare che attualmente non siamo assolutamente in grado di prevedere i terremoti”, dice al Washington Post Christine Goulet, direttore del Centro di Scienza dei Terremoti del Servizio Geologico degli Stati Uniti (USGS).

I movimenti delle placche che sono alla base dei terremoti avvengono lentamente e le rotture spesso si verificano all'improvviso, dando vita a terremoti che scatenano il caos con poco preavviso.

Negli anni ‘70 e ‘80, ricostruisce Verma, i ricercatori hanno cercato di individuare degli indizi che potessero essere premonitori di un imminente terremoto, analizzando il comportamento degli animali, le emissioni di radon e i segnali elettromagnetici. Ma i risultati raggiunti non sono stati tali da poter essere considerati scientificamente rilevanti e affidabili.

Negli anni ‘80, alcuni studiosi, dopo aver analizzato una serie di dati storici sulla faglia di San Andreas, in California, erano giunti alla conclusione che un terremoto avrebbe colpito lo Stato entro il 1993. Ma non accadde nulla fino a quando un sisma si abbatté sulla California centrale senza preavviso.

Per evitare ipotesi errate, i geologi hanno iniziato a utilizzare modelli statistici per valutare la probabilità che si verifichi in futuro, piuttosto che cercare di prevedere i singoli eventi. Ma a differenza delle previsioni meteorologiche - che sono state migliorate grazie alla potenza di calcolo, ai modelli matematici e all'avvento di droni e satelliti - la previsione dei terremoti non è della stessa accuratezza. 

E allora cosa possiamo fare? 

Possiamo fare prevenzione, definendo quello che è il rischio sismico di un’area – valutato in funzione della pericolosità, della vulnerabilità e della esposizione sismica – e i danni attesi a seguito di un terremoto, in termini di perdite di vite umane e di costo economico dovuto ai danni alle costruzioni e al blocco delle attività produttive. Non potendo intervenire sulla pericolosità sismica di un’area, possiamo ridurne il rischio sismico e mitigare gli effetti di un terremoto, riducendo la sua vulnerabilità. 

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Come? Spendendo tanti soldi prima di un terremoto nell'adeguamento antisismico di case, ospedali, scuole. Di qualsiasi struttura, di qualsiasi tipo, ovunque sia possibile farlo. Pensando all’Italia, anche di chiese e di beni storici. E investendo in opere edilizie di adeguamento e nella ricerca scientifica sull'applicazione di tecnologie e sistemi antisismici di monitoraggio e prevenzione.

Immagine in anteprima: VOA, Public domain, via Wikimedia Commons

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