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Tutto quello che non va nel taser adottato dalla polizia

31 Marzo 2022 9 min lettura

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Tutto quello che non va nel taser adottato dalla polizia

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Una pistola a impulsi elettrici, che invece di una pallottola spara due elettrodi posizionati su piccoli dardi che possono arrivare a sette metri di distanza. È il taser, classificato come arma non letale, che fa uso dell'elettricità per impedire al soggetto colpito di muoversi, facendone contrarre i muscoli. Dal 14 marzo, 4.482 taser sono in dotazione alle forze di polizia di 18 città italiane: si tratta di pistole che il governo aveva acquistato lo scorso luglio dalla Axon Public Safety Germany, ex Taser International, una multinazionale che si occupa di sicurezza.

I taser, modello TX2, sono stati dati in dotazione in 14 città metropolitane (Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Cagliari, Napoli, Reggio Calabria, Palermo, Messina e Catania) e quattro capoluoghi di provincia (Caserta, Brindisi, Reggio Emilia e Padova). Sono stati distribuiti a polizia, carabinieri e guardia di finanza, mentre a Roma il Consiglio comunale ha approvato una mozione per permettere anche ai vigili urbani di utilizzarli.

Le pistole elettriche in Italia sono considerate armi proprie, anche se non letali: possono essere vendute esclusivamente a chi possiede un porto d’armi e non possono essere portate in giro. Da tempo sono considerate uno strumento controverso: proprio perché i taser sono categorizzati come “non letali”, il rischio è che vengano utilizzati con troppa facilità, anche se risultano particolarmente pericolosi per chi ha già uno stato di salute compromesso. Già nel 2007 l’ONU giudicava il taser uno strumento di tortura, mentre in un’inchiesta del 2019 Reuters aveva scoperto che negli ultimi 16 anni almeno 1.081 persone erano morte negli Stati Uniti dopo essere state colpite da una pistola elettrica.

Il lungo iter per introdurre il taser in Italia

In Italia si è parlato per la prima volta della pistola taser nel 2014 quando, con Angelino Alfano al ministero dell’Interno, era stato approvato un emendamento all’interno del decreto legge sulla sicurezza negli stadi, per avviarne la sperimentazione da parte dei reparti mobili. Sperimentazione che era effettivamente partita quattro anni dopo grazie all’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini, in 11 città.

Durante la fase di test, le armi avrebbero presentato problemi, rivelando alcuni malfunzionamenti legati alla mancanza di precisione dei dardi, che in alcune occasioni si sarebbero anche staccati dal cavo elettrico. La Stampa aveva riportato una circolare secondo cui i taser non avrebbero superato le prove balistiche, ultimo passaggio prima dell’autorizzazione alla dotazione alle forze dell’ordine. A luglio 2020, il ministero aveva quindi ordinato l’immediato ritiro dei dispositivi.

Ma l’azienda fornitrice, la Axon, si è opposta alla decisione, spiegando che le prove balistiche effettuate prima della fornitura “avevano dimostrato piena aderenza alle specifiche tecniche previste dal Bando di gara in oggetto”, e chiedendo che i test venissero ripetuti. Così è stato, e nel luglio 2021 sono stati acquistate dal governo italiano 4.482 pistole a impulsi elettrici.

“È passato tutto in modo molto veloce, senza che ci sia stato un vero e proprio dibattito nell’opinione pubblica”, afferma Riccardo Bucci, avvocato dell’associazione Alterego Fabbrica dei Diritti, che si occupa di violenza della polizia. “In un momento storico in cui siamo presi dalla guerra e dalla pandemia, del taser non ha parlato praticamente nessuno. Il 16 marzo è uscito poi un decreto del Ministero dell’Interno che ha revisionato tutta la normativa riguardo l’accesso agli atti: sono state secretate tantissime voci, tra cui anche i protocolli sull’uso delle armi. Si tratta di fatto di una censura su quelli che sarebbero atti pubblici. Oltre al fatto che non è stato nemmeno istituito un osservatorio per monitorare l’implementazione del taser sul territorio italiano. Come fanno allora i cittadini a verificarne l’andamento?” 

Armi non letali, ma molto pericolose

I taser sono stati inventati alla fine degli anni Sessanta, ma i modelli che permettono l’immobilizzazione totale della persona sono stati progettati a partire dalla fine degli anni Novanta. Il termine “taser” deriva dal nome del marchio più comune di pistole che usano l’elettroshock, Taser International, anche se nel 2017 l’azienda ha deciso di cambiare nome in Axon, per modificare la propria immagine accostata sempre più spesso alle morti delle persone su cui era stato usata una pistola elettrica.

Tra i casi che hanno avuto più risonanza c’è quello di Israel Hernandez, un ragazzo di 18 anni che nel 2013 a Miami è morto dopo essere stato colpito con un taser da un agente che cercava di arrestarlo perché stava disegnando dei graffiti su un muro: dopo qualche mese, il medico legale confermò che la causa del decesso fu proprio la pistola elettrica. Nel 2015 il Washington Post scriveva che circa una persona la settimana era morta quell’anno in episodi in cui era stato utilizzato un taser, e in almeno una dozzina di casi l’arma era stata individuata come una delle cause dirette del decesso. 

Da diversi anni il garante per i diritti dei detenuti Mauro Palma ha messo in guardia sui rischi dell’introduzione del taser, e oggi ribadisce che si tratta di un’arma a tutti gli effetti, su cui fare molta attenzione. “Il taser deve essere utilizzato con estrema cautela e in situazioni assolutamente eccezionali, quando non sia stato possibile ricorrere ad altri mezzi meno impattanti, come l’uso della parola”, spiega Palma. “Il fatto che non sia letale non significa che debba essere di semplice utilizzo: va usato come misura of last resort, cioè di ultima istanza. Le autorità dovranno vigilare con grande attenzione per evitarne l'utilizzo improprio. Prima di dotare le forze di polizia dei taser, sono stati organizzati corsi teorici e pratici, ma questo non basta: c’è bisogno di continuare a fare formazione. Una perplessità rimane sugli agenti di polizia municipale: i vigili urbani saranno davvero preparati a usare queste armi? Che tipo di formazione hanno ricevuto?”.

E a chiedere che la polizia municipale non venga dotata delle pistole elettriche è anche Patrizio Gonnella, il presidente dell’associazione Antigone per i diritti e le garanzie nel sistema penale, che commenta così la notizia del consiglio comunale di Roma che ha approvato l’ordine del giorno per dotare i vigili urbani del taser: “L'ennesimo regalo ai populisti. L'ennesimo regalo a chi straparla di sicurezza facendo carta straccia dei diritti fondamentali delle persone. Il sindaco Gualteri dica no al taser. La polizia municipale si occupi di sicurezza stradale e non di ordine pubblico”.

Quali rischi sulla salute? Manca uno studio scientifico

Ma quali sono le conseguenze del taser sulla salute delle persone? Ad oggi, ancora manca uno studio scientifico che analizzi i rischi per la salute collegati all’impiego della pistola elettrica. “Nel 2018, Amnesty International aveva chiesto un’indagine ad hoc sulle conseguenze del taser sulla salute delle persone: a distanza di quasi quattro anni, non abbiamo ancora ricevuto risposta”, dichiara Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia. “’Non letale’ non è sinonimo di ‘innocuo’: al momento non esiste uno studio clinico sanitario che mostri l’impatto dell’uso del taser sul corpo umano, e anche se esiste non è stato reso pubblico. In ogni caso, c’è un problema di trasparenza”. 

Amnesty ha aperto un dialogo con le forze e i sindacati di polizia, per chiedere garanzie su tre aspetti che riguardano il comportamento delle forze dell’ordine: oltre al taser, si chiedono garanzie anche sull’uso della pistola-lazo, attualmente in fase di sperimentazione, che “spara” un laccio per immobilizzare il soggetto. E poi c’è il grande tema dei codici identificativi sulle divise, elemento di trasparenza che mostrerebbe la volontà delle forze di polizia di rispondere delle proprie azioni e allo stesso tempo accrescerebbe la fiducia dei cittadini. “Per il momento, purtroppo, il dialogo non ha portato particolari risultati”, conclude Noury.

Tra i più a rischio ci sono i soggetti fragili 

Per capire le criticità dell’uso dei taser e i rischi per la salute collettiva, il Dipartimento di Igiene e Sanità Pubblica dell'Università Sapienza di Roma ha condotto una revisione sistematica della letteratura a disposizione: “Più della metà degli studi sono stati commissionati dalla Axon, la stessa azienda che produce i taser, in una situazione di palese conflitto di interesse”, afferma Giancosimo Mancini, specializzando che si è occupato dell’indagine e membro dell'associazione di medici 'Chi si cura di te?'. 

La quasi totalità degli studi è condotta tra agenti delle forze dell’ordine, che usano l’arma sui colleghi in regime d’addestramento, con il controllo di un medico: “Si tratta di persone sane e preparate a ricevere una scossa elettrica”, continua Mancini. “Il campione dunque non è rappresentativo, oltre al fatto che è sempre molto ridotto per numero, e questo rende i risultati statisticamente poco significativi”. 

A essere più esposte alle conseguenze del taser sono invece le fasce più fragili della popolazione, con le condizioni di salute più precarie, come le persone senza dimora, i tossicodipendenti o le donne in stato di gravidanza: “La scossa elettrica può essere molto pericolosa anche per i pazienti cardiopatici, o per le persone che hanno già il battito e il respiro accelerato, perché magari vengono bloccate al termine di una fuga”, spiega Mancini. “La scarica elettrica potrebbe fungere da trigger e portare ad aritmie potenzialmente fatali. Il problema è che, quando si usa l’arma, non si ha un’anamnesi a portata di mano della persona che c’è di fronte”. 

E poi ci sono i pazienti psichiatrici, su cui le forze dell’ordine utilizzano i taser anche in contesti come i TSO (Trattamenti Sanitari Obbligatori): si ritiene una pratica sicura, anche se uno studio effettuato nell’Australia Occidentale mostra che la popolazione psichiatrica ha un aumentato rischio di mortalità o di essere ferita dalle forze di polizia rispetto alla popolazione generale. “Il fatto che il taser si aggiunga alle violenze e discriminazioni sistematiche subite dalla popolazione psichiatrica è un rischio concreto e reale”, afferma Mancini. Infine, nelle linee guida sull’uso dell’arma non sono presi in considerazione i danni fisici provocati dall’eventuale penetrazione dei dardi elettrificati in organi sensibili, come gli occhi o i genitali.

Il taser sulle nostre strade: le prime operazioni

Il primo utilizzo del taser sulle strade italiane è avvenuto a Roma lo scorso 14 marzo, a Tor Bella Monaca, quando alcuni poliziotti hanno notificato a una coppia, già agli arresti domiciliari, l'aggravamento della misura cautelare, per poi trasferirli in carcere. La donna è rimasta calma, mentre il compagno ha reagito facendosi tagli al collo e al torace: quando ha minacciato gli agenti, è stato immobilizzato con il taser. È arrivata poi l’ambulanza, che lo ha portato in ospedale. 

Il 22 marzo c’è stato un altro episodio, questa volta a Torino, dove i poliziotti hanno usato il taser durante lo sgombero della ex Gondrand, un terreno con alcune palazzine abbandonate. Da anni quello spazio è utilizzato da persone senza dimora come rifugio: quel giorno erano una ventina a dormirci. Quando sono arrivate le forze dell’ordine, non tutti hanno accettato di andarsene, e un ragazzo di 25 anni ha minacciato i poliziotti con un coccio di bottiglia. Non è stato necessario utilizzare effettivamente la scarica elettrica: i poliziotti hanno fatto scattare il cosiddetto “arco voltaico” del taser, una scintilla di avvertimento: il giovane si è calmato ed è stato portato in commissariato.

“Nel 2021 ci sono state 2.655 aggressioni fisiche agli agenti sulle strade, più di sette al giorno, una ogni tre ore e mezzo”, afferma Vittorio Costantini, segretario generale dell’Unione Sindacale Italiana Poliziotti (USIP). “Sono anni che chiediamo l’introduzione del taser tra gli apparecchi in dotazione delle forze di polizia: è uno strumento che permette di evitare conseguenze peggiori, sia per l’operatore di polizia, sia per coloro che vengono fermati. Il problema è che i taser acquistati sono ancora pochi, e il numero di città coinvolte è basso rispetto alle 105 province italiane. Lo stanziamento è stato di gran lunga inferiore rispetto alle nostre reali esigenze”.

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Anche il Sindacato italiano lavoratori polizia (SILP) ritiene che i taser siano strumenti utili, e che nella maggior parte dei casi l'averne minacciato l'uso con la scarica di avvertimento abbia prodotto buoni risultato in termini di deterrenza. Nonostante ciò, “sarebbe stato auspicabile che si fossero seguite, sin da subito, le giuste e corrette procedure a tutela degli operatori e dei cittadini che, a nostro giudizio, non hanno ricevuto le necessarie garanzie”, commenta Daniele Tissone, segretario nazionale del SILP. 

“Si tratta di un’arma a tutti gli effetti, e non di un banale giocattolo. Nella fase di sperimentazione avevamo chiesto un tavolo di confronto tra i ministri della Salute, della Giustizia e dell'Interno, per verificare modalità di impiego e criticità, ma nulla di quanto da noi auspicato è mai avvenuto. Il legislatore ha proposto da subito un unico e solo modello, indicando addirittura marca e tipo: cosa assurda che ha impedito, dall'inizio, una corretta valutazione o comparazione tra marche e modelli diversi. La normativa attuale andrebbe aggiornata, in particolare nelle parti del codice penale riferibili alla legittima difesa, allo stato di necessità o all’eccesso colposo. L’auspicio – e noi continueremo a batterci per questo – è che si diano maggiori garanzie sia a chi utilizzerà l'arma, sia a chi verrà colpito da essa”.

Immagine in anteprima: Clembx, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

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