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Gasdotto TAP e proteste: cosa succede in Puglia

1 Aprile 2017 23 min lettura

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Gasdotto TAP e proteste: cosa succede in Puglia

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di Angelo Romano e Andrea Zitelli

Nell’ultima settimana il gasdotto Trans Adriatic Pipeline (TAP) in Puglia è stato al centro delle cronache nazionali per le proteste di gruppi di cittadini, sindaci di alcuni Comuni del territorio, comitati e momenti di forte tensione con le forze dell’ordine per l’avvio del progetto. Con questo lavoro ricostruiamo l’intera vicenda, raccontando cosa prevede il piano, i motivi dell’opposizione di istituzioni e movimenti e i diversi e intricati passaggi politici e giuridici che si sono succeduti negli anni e hanno portato all’avvio dei lavori per la costruzione del gasdotto.

Cos’è il Trans Adriatic Pipeline e cosa prevede il progetto

TAP è il progetto di un gasdotto che, passando per Grecia e Albania approderà in Italia, consentendo l’arrivo di gas naturale in Europa dal Mar Caspio, in Azerbaijan. Il gasdotto partirà in prossimità di Kipoi, al confine tra Grecia e Turchia, dove si collegherà al Trans Anatolian Pipeline (TANAP), proseguirà sulla terraferma, attraversando la Grecia settentrionale, nel suo tratto più lungo, per dirigersi poi sul litorale Adriatico attraverso l’Albania, dove inizierà il tratto sottomarino verso l’Italia.

La realizzazione dell’opera ha una storia lunga. Nasce su iniziativa della Elektrizitäts-Gesellschaft Laufenburg (EGL) (ora denominata Axpo), che nel 2003 diede inizio a uno studio di fattibilità del tracciato conclusosi tre anni dopo con una valutazione positiva dal punto di vista tecnico, ambientale ed economico. Nel giugno del 2013, il Consorzio Shah Deniz II seleziona TAP come progetto vincente per il trasporto del gas, preferendolo a quello concorrente, Nabucco Gas Pipeline, che invece prevedeva l’arrivo del gasdotto in Austria.

Il percorso del gasdotto.

Il gasdotto sarà lungo 878 km (di cui 550 km in Grecia, 215 km in Albania, 105 km nell’Adriatico e 8 km in Italia) e sarà realizzato dal consorzio svizzero TAP, costituito da società che si occupano di distribuzione del gas, tra le quali anche l’italiana Snam. L’opera è stata finanziata con l’aiuto della Banca Europea per gli Investimenti e riconosciuta dall’Unione europea come “Progetto di Interesse Comune” perché, si legge su Tap Italia, “funzionale all’apertura del Corridoio Meridionale del Gas, uno dei 12 cosiddetti corridoi energetici, reputati prioritari dall’Unione europea per il conseguimento degli obiettivi di politica energetica”.

via Ansa/Centimetri.

Nella parte italiana, l’opera sarà in gran parte invisibile. Dopo aver attraversato l’Adriatico, la condotta sottomarina passerà sotto la costa attraverso un microtunnel di approdo lungo 1,5 chilometri, che verrà scavato a circa 700 metri dalla spiaggia, a una profondità di 25 metri, per poi sbucare in mare a circa 800 metri dalla costa. Il gasdotto, sempre interrato, proseguirà per 8 chilometri fino al terminale di ricezione, situato nel Comune di Melendugno, in provincia di Lecce, a 8,2 chilometri di distanza dalla costa. Lungo il percorso dovranno essere spostati circa 1900 ulivi (che saranno poi reimpiantati). Per allacciare l’infrastruttura alla rete nazionale, riporta Reuters, occorrerà estendere il gasdotto di altri 55 km fino a Mesagne (Brindisi) da dove partirà la dorsale del gas della Snam.

I cinque percorsi alternativi analizzati, via Regione Puglia.

Per l’approdo del microtunnel sono stati valutati cinque tracciati alternativi: alternativa 0, con arrivo a nord di San Foca; alternativa 1, a nord di Lendinuso, frazione del Comune di Torchiarolo, in provincia di Brindisi; alternativa 2, presso la centrale elettrica di Cerano; alternativa 3, presso l’impianto petrolchimico di Brindisi; alternativa 4, a nord dell’aeroporto di Casale (Brindisi). Nella concessione della Valutazione di Impatto Ambientale (Via) da parte del ministero dell’Ambiente, arrivata a settembre 2014, il percorso che approdava a San Foca è stato valutato “l’alternativa migliore sotto i profili tecnico, ambientale e paesaggistico.”

I motivi della protesta e le rassicurazioni di TAP Italia

Da quando Tap è stato selezionato come progetto vincitore per la realizzazione del gasdotto nel 2013 e si è cominciato a parlare di San Foca come suo punto di approdo, le amministrazioni locali di alcuni dei comuni interessati dal progetto, gruppi di cittadini e associazioni ambientaliste, poi confluite nel Comitato No Tap, hanno portato avanti diverse iniziative legali (finora respinte dalla giustizia amministrativa), monitorato il territorio e organizzato momenti di protesta, come in questi ultimi giorni di marzo, in cui sono iniziati gli spostamenti degli ulivi per l’avvio del cantiere.

I No Tap sono tanti ed eterogenei, scrive Francesca Paci su La Stampa: “C’è l’anarchico Adriano irriducibile a prescindere, l’ambientalista Marianna che capisce «le ragioni geopolitiche» e si accontenterebbe di uno spostamento dell’opera in una zona già industrializzata come Brindisi”.

I motivi per cui il comitato e le amministrazioni protestano sono diversi. Uno dei punti più delicati, riporta Il Post, è lo spostamento degli ulivi che, secondo alcuni, potrebbero essere danneggiati durante le fasi di espianto, trasporto o conservazione prima di essere piantati di nuovo sul luogo originale. A questo si aggiungono i timori per gli impatti ambientale, economico e sociale sul territorio dell’opera e le ricadute sul turismo e sull’utilizzo delle spiagge per la balneazione, la pesca e la navigazione.

Inoltre, racconta a Re:Common il portavoce del comitato No Tap, Gianluca Maggiore, non è calcolabile cosa accadrà alla produzione di olio e alle aziende interessate dal tragitto che porterà dal punto di approdo del microtunnel a San Foca al Prt di Mesagne: «Quest’opera, da come la vediamo noi e da come ci risulta sulle carte, non è nell’interesse pubblico, quindi non è assolutamente strategica. L’interesse è esclusivamente legato a chi costruirà l’opera».

A queste critiche, Tap Italia ha ribattuto in varie occasioni: gli ulivi saranno curati secondo le migliori pratiche agronome; rispetto alle colture, specifica ancora la società, non ci sarà alcuna restrizione sull’utilizzo agricolo dei terreni perché il “gasdotto sarà interrato a una profondità di almeno 1,5 metri e non avrà alcuna interferenza con le colture. Il proprietario potrà fare del suo terreno l’uso che ritiene più opportuno, salvo il divieto di costruire su una fascia di rispetto di 40 metri, a ulteriore garanzia della protezione del paesaggio”; infine, intervenuto alla trasmissione di Radio 3, Tutta la città ne parla, l’amministratore delegato di Tap Italia, Michele Elia, lo scorso 29 marzo, ha assicurato che «la spiaggia di San Foca non subirà alcun deterioramento, nessun danno ambientale perché (...) sotto la spiaggia passerà a una profondità di 15 metri e uscirà nel mare a una profondità di 28 metri. Nessun collegamento dei contenuti del gasdotto uscirà in mare».

Le tappe politiche e giudiziarie dell’approvazione del progetto

2012

Nel marzo dell’azienda TAP Italia presenta la Valutazione di Impatto Sociale e Ambientale (Esia) in Italia, cioè lo studio che analizza gli impatti positivi e negativi della realizzazione del gasdotto che dovrà passare sulla costa tra San Foca e Torre Specchia Ruggeri, in Puglia, nel territorio del Comune di Melendugno in provincia di Lecce. Un mese prima, il Consiglio Comunale di Melendugno aveva approvato all’unanimità una delibera in cui negava sul proprio territorio “qualsiasi concessione, parere, autorizzazione o nullaosta, relativi alla realizzazione del gasdotto proposto dal consorzio TAP (...) e di impegnarsi di non deliberare alcuna variante urbanistica che consentisse la realizzazione degli impianti”.

L’11 settembre poi, il Comitato VIA (cioè il comitato regionale per la valutazione di impatto ambientale) della Regione Puglia esprime parere negativo sulla realizzazione del gasdotto perché si tratterebbe di “un intervento fortemente impattante per il territorio e pure corredato di una documentazione non sufficientemente dettagliata in ordine alle conseguenze che lo stesso avrebbe (...) in relazione alle realtà paesaggistico–ambientali e storico–culturali del Canale d'Otranto e del territorio nel Comune di Melendugno che insieme al comune di Vernole avevano espresso parere sfavorevole all'opera”. Sette giorni dopo, la Giunta regionale pugliese, guidata dall’allora governatore Nichi Vendola, approva la delibera n. 1805, con la quale presentava parere negativo al gasdotto elencando una serie di motivazioni di natura tecnica e avvalendosi dei contributi resi dalle amministrazioni comunali di Melendugno, Vernole e Melissano.

Contro la decisione del Comune di Melendugno di negare l’accesso alle aree del territorio per effettuare i sopralluoghi, l’azienda Tap Italia presenta a metà novembre un ricorso al Tribunale amministrativo regionale (TAR) di Lecce. L’udienza, fissata inizialmente per il 22 novembre, viene rinviata al 12 dicembre, due giorni dopo la scadenza di consegna dell’Esia da parte della società. Sempre a dicembre, il ministero dell’Ambiente accorda una proroga di 9 mesi fino al settembre 2013 per la presentazione della valutazione di impatto ambientale e sociale.

2013

Nel gennaio 2013 il comitato NO TAP denuncia la rottura delle reti di alcuni pescatori durante le indagini geofisiche sui fondali al largo di San Foca portate avanti da Tap Italia. L’azienda risponde che tutte le operazioni erano svolte in osservanza della legge nazionale con la previsione di indennizzi (cosa che poi avverrà a luglio dell’anno successivo) per le parti interessate dal progetto. Anche sulla base di questa denuncia, la Procura della Repubblica di Lecce, insieme ai Carabinieri del NOE, apre un’indagine sui possibili danni ambientali ed economici prodotti al fondale e ai pescatori di San Foca durante le operazioni di prospezione iniziate a dicembre 2012.

A maggio, arriva la decisione del Tar di Lecce, che accoglie il ricorso di Tap Italia contro la delibera del Consiglio comunale di Melendugno, dando il via libera alle indagini geofisiche sul territorio di San Foca per la valutazione di impatto ambientale. Una sentenza che il Comitato No Tap comunica di accettare, senza tuttavia arrendersi, facendo comunque notare “come per l’ennesima volta Tap e i suoi uffici legali sbeffeggino la volontà popolare facendo leva su tecnicismi giuridico legali”. Nello stesso mese, il Consiglio dei ministri guidato da Enrico Letta approva il disegno di legge per la ratifica parlamentare dell’Accordo intergovernativo su TAP firmato il 13 febbraio ad Atene tra Grecia, Albania e Italia, dando quindi sostanzialmente, scriveva Chiara Spagnolo su Repubblica Bari, “il via libera al progetto, che prevede l'arrivo dell'opera a San Foca, nel territorio di Melendugno (...) prima ancora di avere le autorizzazioni tecniche che ne consentiranno la realizzazione”.

Il 28 giugno, il consorzio Shah Deniz, proprietario del giacimento in Azerbaijan, durante una conferenza stampa nella capitale Baku, comunica ufficialmente che il gasdotto approderà in Italia, a San Foca: "La selezione per trasportare il gas è stata fatta a favore di Tap, questo è il primo passo verso l'apertura del corridoio sud che avrà un ruolo primario per assicurare la sicurezza energetica e la diversificazione delle forniture ai mercati dell'Europa Ovest Sud-Est". Come raccontava Francesco Clemente su Linkiesta, continua comunque in quei mesi l’azione e la protesta portate avanti dai Comuni interessati dal progetto e dal comitato No Tap, “preoccupati per i presunti rischi che la struttura arrecherebbe alla sicurezza e al turismo del territorio”.

A settembre, la società Tap Italia presenta pubblicamente i contenuti dello studio di impatto ambientale e sociale (Esia), consegnato all’allora ministro dell'Ambiente, Andrea Orlando. Il progetto, scrive Ansa, sostituisce quello presentato a marzo 2012: “tra le principali modifiche c'è lo spostamento del punto di approdo a San Foca tra il Lido di san Basilio e lo stabilimento Chicalinda, il cui impatto sul litorale verrebbe evitato con l'uso di un micro-tunnel che dovrebbe passare a una profondità di 10 metri sotto la spiaggia, consentendo al gasdotto di non danneggiare l'habitat protetto dell'alga Posidonia Oceanica e al contempo di non produrre alcun impatto visivo” per la presenza nell’aria di siti di importanza comunitaria. A novembre viene però pubblicato e inviato al ministero dell’Ambiente un «Contro-rapporto di Via di Tap» redatto da “ingegneri, geologi, ricercatori, biologi, avvocati, coordinati da Dino Borri, ordinario di Ingegneria del Territorio del Politecnico di Bari, e dal dirigente dell’Ufficio tecnico del Comune di Melendugno, Salvatore Petrachi”. Nel documento, di circa 80 pagine vengono evidenziate le criticità dello studio presentato a settembre da Tap al ministero per la procedura di VIA: «Un progetto che vede forti carenze e del tutto incompatibile rispetto ai caratteri ambientali del territorio»

La Regione Puglia, intanto, in vista del parere obbligatorio ma non vincolante sul TAP da emanare tra la fine del 2013 e l’inzio del nuovo anno, avvia un percorso di partecipazione sulla progettualità tecnica, economica e ambientale del gasdotto, con lo scopo di promuovere un’attività di ascolto e confronto aperta a tutti (qui il link che rimanda al confronto).

2014

A inizio anno, la Regione Puglia esprime per la seconda volta un “parere negativo sulla compatibilità ambientale del Progetto di gasdotto TAP, pur considerando che l’opera si inserisce all’interno delle strategie europee di diversificazione delle fonti energetiche”. Secondo la Regione, ancora una volta la documentazione tecnica presentata da Tap risulterebbe insufficiente rispetto alle problematiche ambientali del territorio. L’azienda inizia a valutare altri approdi anche se continua a considerare San Foca la "migliore scelta".

Intanto, il governo di Matteo Renzi subentra a quello di Enrico Letta. Viene nominato ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti. In primavera, poi, la commissione tecnica di Verifica dell'Impatto Ambientale del ministero dell’Ambiente richiede alla società TAP Italia, nell’ambito della procedura per il rilascio della VIA, 48 integrazioni di carattere tecnico e ambientale al progetto del gasdotto, tra cui “approfondire l’analisi di alternative, sia di quelle sviluppate a nord di quella prescelta (...) e sia ulteriori diverse alternative (...) valutando il loro potenziale utilizzo, a fronte di un rinnovato bilancio del rapporto costi benefici in termini ambientale e sociali”. Il mese successivo la società invia la documentazione richiesta nella quale conferma anche che San Foca rimane il punto d’arrivo “ottimale”.

Sempre ad aprile, viene archiviata l’inchiesta sui presunti illeciti legati alle prospezioni in mare, al largo di Otranto, utili alla realizzazione del gasdotto. “Il gip Simona Panzera, infatti, – scriveva LeccePrima – ha accolto la richiesta di archiviazione formulata dal sostituto procuratore titolare del procedimento, Antonio Negro, che non aveva ravvisato alcun illecito e alcun danno nell’ambito dell’indagine. A motivare la decisione del pubblico ministero il responso dei consulenti nominati dalla Procura, che hanno evidenziato come le attività di prospezione in mare non abbiano danneggiato o deturpato i fondali”.

Il 12 settembre, poi, la Direzione generale del ministero dei Beni culturali (MIBAC) arriva parere negativo alla richiesta di compatibilità ambientale presentata da TAP Italia. Tra i motivi elencati dal MIBAC, scrive il Corriere del Mezzogiorno, si legge che “il progetto TAP non ha «minimamente considerato l’impatto generato dalla realizzazione del metanodotto sugli elementi di valore paesaggistico dell’area»”. Una “bocciatura” che il Comitato No TAP aveva commentato positivamente: «accoglie in pieno tutte le osservazioni che comitato, Comune e liberi cittadini hanno portato avanti per anni». Il giorno successivo, però, il ministro dell’Ambiente, Galletti, firma il decreto di compatibilità ambientale del progetto per la sezione italiana del gasdotto TAP, ritenendo “superate le criticità rappresentate nel parere negativo della Regione Puglia”, dopo che il 29 agosto la Comissione Via (Valutazione di Impatto Ambientale) del ministero dell’Ambiente aveva valutato il percorso D1 (San Foca) “l’alternativa migliore sotto i profili tecnico, ambientale e paesaggistico”.

Pochi giorni dopo, a San Foca, viene organizzata una marcia di protesta da parte del Coordinamento interprovinciale 'No Tap no fossili', gruppo di lavoro nato nell'ambito dei Meetup del Movimento Cinque stelle. Alla manifestazione partecipa anche Beppe Grillo.

Manifestazione No Tap a San Foca, settembre 2014. Foto via Repubblica Bari.

Il 9 ottobre il Ministero dello Sviluppo Economico pubblica l’avviso di avvio del procedimento di autorizzazione unica sul gasdotto Tap. Si tratta dell’ultima tappa del percorso autorizzativo. Nello stesso giorno partono i sondaggi geotecnici tramite trivellazioni sul territorio del Comune di Melendugno. Il Comune, però, tramite un’ordinanza fa sospendere il lavoro delle trivelle perché “l’attività di indagine è stata intrapresa dalla società TAP senza l’acquisizione di autorizzazione e comunicazioni”. Un provvedimento che, commenta la società, verrà impugnato “nelle sedi giurisdizionali competenti (ndr viene presentato ricorso al Tar del Lazio)”. A novembre partono invece i ricorsi del Comune di Melendugno e del Comitato No Tap al Tar del Lazio contro il decreto firmato da Galletti perché ci sarebbero "evidenti illegittimità nella procedura che ha portato il ministero dell'Ambiente al rilascio della Via per la realizzazione del gasdotto Tap e la necessità di assoggettare lo stabilimento ai vincoli della Legge Seveso (ndr che punta a tutelare i cittadini e l'ambiente da possibili rischi industriali)".

2015

A fine gennaio, il Tar del Lazio accoglie il ricorso di Tap Italia contro l'ordinanza del Comune di Melendugno che fermava i carotaggi sul terreno per la realizzazione del progetto del gasdotto. Il 3 marzo è la Regione Puglia a presentare un ricorso al tribunale amministrativo del Lazio per chiedere la sospensione del decreto con il quale a settembre il ministero dell’Ambiente aveva rilasciato la Valutazione di impatto ambientale favorevole a San Foca. La Regione chiedeva la titolarità dell’applicazione della direttiva Seveso. Richiesta però respinta pochi giorni dopo. Una decisione che l’allora governatore Nichi Vendola commentava così: «la partita è tutt’altro che conclusa».

Il 29 aprile, il Consiglio dei ministri approva per il gasdotto Tap, nonostante il parere negativo (non vincolante) della Regione Puglia. "Il progetto – affermava il governo in sede di approvazione – sarà portato avanti nella totale osservanza di tutte le prescrizioni previste dalle amministrazioni intervenute nel procedimento, prevedendo anche le opportune misure per massimizzare le ricadute positive sull'economia del territorio e sulle attività tipiche locali”. Il Comune di Melendugno, però, il 13 maggio, blocca ancora una volta i sondaggi geotecnici sul terreno portati avanti da TAP Italia, che definisce la sospensione “illegittima e arbitraria”. Pochi giorni dopo il ministero della Sviluppo Economico firma il decreto di autorizzazione unica del metanodotto di interconnessione Albania-Italia Trans Adriatic Pipeline, cioè il provvedimento definitivo per far partire i lavori dell'opera, da svolgersi tra maggio 2016 e il 31 dicembre 2020. Il progetto, si legge nel decreto del Ministero, viene approvato in quanto “opera di pubblica utilità, indifferibilità e urgente”.

A giugno si muove la procura di Roma, che apre un’indagine sui permessi concessi dal ministero dell’Ambiente per la realizzazione del TAP: “l’inchiesta è partita all'inizio dell'anno, dopo un dettagliatissimo esposto del Comitato No Tap e la trasmissione di alcuni atti dalla Procura di Lecce, che intanto mantiene aperti alcuni fascicoli su presunti illeciti commessi in Salento”. In particolare, il pm Maria Letizia Golfieri vuole verificare la presenza “di presunte anomalie segnalate nella denuncia e riscontrate nei primi passi dell'indagine”.

Nello stesso mese, Michele Emiliano viene eletto governatore della Puglia, prendendo il posto di Nichi Vendola. Il nuovo presidente propone di spostare il punto di arrivo del gasdotto da San Foca, in provincia di Lecce, a Brindisi, vicino alla centrale Enel nel territorio del Comune di Cerano. Una soluzione che secondo Emiliano può servire «al governo per risolvere diverse questioni controverse». La proposta viene però respinta dal sottosegretario allo Sviluppo economico, Claudio De Vincenti, che sottolinea come secondo «tutte le analisi necessarie durante il processo di valutazione di impatto ambientale, il sito con più basso impatto ambientale sia quello di Melendugno».

Nonostante questo Emiliano ripropone successivamente Brindisi come approdo alternativo perché il gasdotto «si aggancerebbe a una realtà già esistente e farebbe in modo che quel gas vada ad alimentare sia la centrale elettrica di Cerano che l’acciaieria Ilva». Tap Italia, su richiesta della Regione Puglia, realizza uno studio su questa seconda opzione. In base all’analisi della società, la scelta di San Foca continuerebbe a risultare la più indicata dal punto di vista dell’impatto ambientale, dei tempi di realizzazione, di lunghezza totale del microtunnel offshore (1,5 contro 5,3 chilometri nell’opzione più corta) e del terreno da scavare (10500 metri cubi contro 37500). L’opzione “Brindisi”, inoltre, si scontra anche con il "No" della Sindaca del Comune, Angela Carlucci, intervistata a ottobre 2016 da Reuters.

2016

La sera del 15 Maggio, una domenica, viene aperto il cantiere, recintando l’area prevista. Alcuni vigili urbani del Comune di Melendugno, durante un sopralluogo, scattano foto e prendono misure per l’ufficio tecnico comunale. La questione, che si apre tra Comune di Melendugno e Tap Italia, è se queste attività possano considerarsi un’apertura del cantiere. Se così non fosse, infatti, risulterebbe scaduta l’autorizzazione unica al progetto concessa dal ministero dello Sviluppo Economico. “Stando al cronoprogramma annunciato pochi giorni fa dal country manager, Michele Mario Elia, – spiegava Repubblica Bari – si tratterà di bonifica da eventuali ordigni bellici e indagini archeologiche, ovvero gli unici interventi possibili dopo che la Regione Puglia ha impedito (...) l'espianto degli ulivi sull'area di cantiere. Bonifiche belliche e indagini alla ricerca di reperti, tuttavia, secondo il Comune di Melendugno sono attività che la VIA imponeva di effettuare ante operam: per questo motivo non possono essere considerate come l'effettiva apertura del cantiere (ndr al riguardo il Sindaco Marco Potì aveva firmato una diffida in cui chiedeva al Mise di non concedere la proroga dell'Autorizzazione unica, in quanto non giustificata da legittime motivazioni)”.

Solo un mese prima, infatti, il ministero dell’Ambiente aveva spronato la Regione Puglia a dare l’autorizzazione per l’ottemperanza della prescrizione A44 (una delle 48 presentate dal ministero dell’Ambiente nella procedura per la concessione della Valutazione di Impatto Ambientale al progetto), relativa allo spostamento degli ulivi. Un ritardo che preoccupava la società Tap Italia visto l’avvicinarsi del 16 maggio, termine ultimo per avviare i lavori del cantiere. Le attività non potevano partire, nella “fase 0” del progetto (cioè quella di spostamento degli ulivi e della realizzazione della strada di accesso all’area di cantiere del microtunnel), senza il via libera della Regione Puglia, in quanto ente vigilante della prescrizione A44. Prescrizione che, secondo quanto dichiarato dal presidente Michele Emiliano, era stata “parzialmente ottemperata” e quindi non c’erano tutti i requisiti per far partire i lavori. Il via libera definitivo dipendeva dunque dall’approvazione dell’A44, anche perché, spiegava Domenico Palmiotti sul Sole 24 Ore, le altre due prescrizioni a essa correlate, cioè la A29 e A45 (che riguardavano il piano di gestione degli ulivi e il monitoraggio ambientale), erano state già approvate dai rispettivi enti vigilanti: Regione Puglia e Arpa Puglia.

Sulle attività di avvio del cantiere la Procura di Lecce apre un’indagine per verificare lo stato dei lavori e valutare se gli interventi in corso corrispondevano secondo legge a un’apertura di cantiere, mandando sul luogo la guardia di finanza. Il ministero dello Sviluppo Economico, in una lettera inviata anche alla Procura di Lecce, dichiara che i lavori sono iniziati nei tempi prestabiliti.

Il presidente della Regione Puglia, però, a luglio, chiede al governo la revoca delle autorizzazioni: “Chiediamo che si ricominci tutto daccapo perché, non essendo mai stati interrogati per dare il via libera all'intesa, riteniamo siano state lese le nostre attribuzioni costituzionali in sede di redazione del progetto”, rifacendosi a una sentenza della Corte Costituzionale (n. 110/2016) in tema di energia. Ai primi di ottobre vengono svolti i sondaggi geognostici su parte della spiaggia di San Foca per “ricostruire il profilo stratigrafico del sottosuolo e identificarne le componenti”. Anche questa volta sul posto arrivano i vigili urbani di Melendugno a chiedere le autorizzazioni per controllarne la validità in base ai documenti in possesso dell’ufficio tecnico comunale.

2017

A febbraio arriva una svolta sul fronte giudiziario: il giudice per le indagini preliminari di Lecce archivia le inchieste (accogliendo la richiesta della Procura di Lecce, a cui si era opposto il Comune di Melendugno) sull’inizio dei lavori del gasdotto, ritenendo "assolutamente legittimo" l'iter autorizzativo seguito. “I presunti illeciti – riportava Chiara Spagnolo su Repubblica Bari – riguardavano la mancata ottemperanza alla normativa Seveso in fase di progettazione dell'opera e il falso avvio dei lavori a San Foca nel maggio scorso. Per la giudice la Seveso ‘non si applica a infrastrutture di trasporto, quali i gasdotti, e i lavori sono regolarmente cominciati così come attestato da Tap’”.

Nello stesso mese il Tar del Lazio respinge i ricorsi presentati da Comune di Melendugno e Regione su tre punti specifici: la richiesta di applicazione della normativa Seveso, le modalità di localizzazione dell’approdo nonostante il dissenso espresso dalla Regione Puglia, la presunta illegittimità della procedura di valutazione di impatto ambientale perché il progetto presentato non avrebbe contemplato l’opera nella sua interezza, ma solo una parte. Secondo i giudici amministrativi romani, l’iter seguito ha consentito che gli organi competenti prendessero in esame tutti gli aspetti rilevanti e “la modalità seguita dal governo per risolvere la divergenza è stata corretta tanto quanto lo è stata la procedura adottata per superare la posizione palesemente contraria della Regione Puglia”.

A metà marzo, poi, mentre i lavori lungo il percorso del gasdotto iniziano con quasi un anno di ritardo (con le autorizzazioni dell’Osservatorio Fitosanitario e del Dipartimento Agricoltura, Sviluppo Rurale e Ambientale della Regione Puglia), con l’abbattimento di quattro ulivi colpiti da Xylella, tra le proteste di alcune decine di cittadini, l’Ufficio Ecologia e Paesaggio della Regione Puglia scrive al ministero dell’Ambiente che le “disposizioni normative (nazionali e regionali) (...) non consentirebbero l’inizio dei lavori di espianto”. Il direttore generale del ministero risponde, dopo due giorni, che “l’ottemperanza delle prescrizioni afferenti alla “Fase 0” (ovvero le attività preparatorie di rimozione ulivi e realizzazione della strada di accesso all’area di cantiere del microtunnel) è conclusa, e pertanto TAP può dare corso alle attività previste”.

Il 20 marzo, i lavori continuano – con l’inizio dell’espianto dei primi dei 211 ulivi che saranno trasferiti nell'area di stoccaggio nei pressi della Masseria del Capitano e poi una volta terminati i lavori ripiantati dove erano prima – così come le proteste del comitato No Tap e di circa 15 sindaci salentini. Il sindaco di Melendugno per l’occasione ribadisce che “ad oggi la Regione Puglia - unico ente competente a dichiarare ottemperata la prescrizione A44 - non ha emesso alcun provvedimento, pertanto l'intervento di espianto si ritiene non autorizzato". Il giorno successivo sale la tensione al cantiere – che vede una massiccia presenza di polizia – con la protesta di decine di persone che per qualche ora fermano i lavori di espianto degli ulivi.

Il 22 marzo poi il prefetto di Lecce, Claudio Palomba, ottiene dall’azienda Tap Italia lo stop temporaneo ai lavori di espianto degli ulivi in attesa di una risposta dal ministero dell’Ambiente per capire se la prescrizione A44 risulta pienamente ottemperata o se serva un nuovo pronunciamento della Regione Puglia.

Prima della risposta del Ministero, il 27 marzo il Consiglio di Stato respinge gli appelli del Comune di Melendugno e della Regione Puglia nei confronti della sentenza del Tar, dando il via libera alla realizzazione del gasdotto: “Il Consiglio di Stato – si legge in una nota – ha ritenuto che la valutazione di impatto ambientale resa dalla Commissione VIA avesse approfonditamente vagliato tutte le problematiche naturalistiche e che anche la scelta dell’approdo nella porzione di costa compresa tra San Foca e Torre Specchia Ruggeri (all’interno del Comune di Melendugno) fosse stata preceduta da una completa analisi delle possibili alternative (ben undici). Inoltre è stato escluso che l’opera dovesse essere assoggettata alla c.d. ‘Direttiva Seveso’ ed è stato riconosciuto l’avvenuto rispetto del principio di leale collaborazione tra Poteri dello Stato nella procedura di superamento del dissenso espresso dalla Regione alla realizzazione dell’opera”.

Il giorno successivo poi, mentre la protesta al cantiere prosegue, il ministero dell’Ambiente risponde al Prefetto di Lecce dando il via libera all’opera: “sono soddisfatte le condizioni della prescrizione A44 per la porzione di progetto esaminata”. Per l'espianto "si ribadisce ancora quanto già rappresentato il 17 marzo scorso e che le attività di espianto asseriscono alla fase dei lavori convenzionalmente indicata come fase 0”.

Il presidente della Regione Puglia afferma però che la battaglia giudiziaria non è terminata:

Pende ancora davanti alla Corte Costituzionale il ricorso per conflitto di attribuzione proposto dalla Regione Puglia nei confronti del Governo per non aver dato neanche una risposta alla Regione sulla richiesta di revoca dell'autorizzazione unica. (...) In attesa della pronuncia della Corte Costituzionale, abbiamo deciso di impugnare la nota del Ministero dell’Ambiente del 27 marzo 2017 [che] “autorizza” Tap ad effettuare le attività preparatorie alla effettiva fase di inizio dei lavori. La Regione Puglia si riserva ogni ulteriore eventuale iniziativa giudiziaria finalizzata alla modifica del punto di approdo. Aggiungo infine che un'ulteriore battaglia si sta svolgendo a livello nazionale in sede di Via per l’esame del progetto di microtunnel. In quella sede vigileremo con grande determinazione per ottenere lo spostamento dell’approdo nell’area del comune di Squinzano da noi indicata (ndr riguardo questa soluzione, il sindaco di Squinzano ha però dichiarato che il Comune non ha mai detto sì alla Tap: “siamo disponibili a parlarne a patto che si proceda prima alla riconversione da carbone a gas della centrale di Cerano”).

Il 29 marzo al cantiere a San Foca diversi manifestanti seduti davanti al cancello, con l’intento di bloccare il lavoro dei mezzi, sono stati spostati di peso dalle forze dell’ordine, con momenti di tensione anche tra polizia, sindaci presenti e consiglieri comunali. Il giorno successivo, i lavori si fermano perché non sarebbe stato disponibile un numero adeguato di forze dell’ordine. Nella notte, comunque, sono state costruite barriere lungo le vie d’accesso alla zona del cantiere, con pietre di muretti a secco, cassonetti e altro materiale.

Il 20 aprile, poi, il Tar del Lazio respinge il ricorso della Regione Puglia "che chiedeva la sospensione dei lavori [ndr di espianto degli ulivi] paventando un pericolo di danno permanente all'uliveto nell'incertezza del quadro autorizzativo sia in relazione allo spostamento dei 211 alberi dal tracciato sia dell'assoggettabilità a Via (la Valutazione di impatto ambientale) del progetto di microtunnel", scrive Repubblica Bari.  L'espianto degli ulivi, iniziato poco più di un mese prima, era stato bloccato il 6 aprile con un decreto cautelare del Tar del Lazio in attesa dell'udienza di merito. I lavori così ripartono, come le proteste contro il cantiere. A maggio, una delegazione di sindaci salentini, attivisti e cittadini si è recata a Roma per protestare contro l'opera. A essa si è unito anche il governatore della Puglia: «Desideriamo discutere con il governo della localizzazione del gasdotto: in Salento si sta facendo uno sforzo pazzesco per attirare turisti, sarebbe pazzesco se la presenza di questo impianto compromettesse un lavoro che dura da anni».

A ottobre, poi, la Corte Costituzionale ritiene inammissibile il conflitto sollevato contro lo Stato dalla Regione Puglia, che riteneva lese le proprie prerogative nel procedimento di autorizzazione dell'opera. A novembre (dopo la "tregua" sancita ad aprile dalla Prefettura di Lecce tra Tap Italia e il Comune di Melendugno in cui veniva stabilito che nessun ulivo nel cantiere sarebbe stato spostato fino a novembre) riprendono i lavori per la realizzazione del gasdotto sotto un controllo capillare delle forze di polizia, "attuato su decisione della Prefettura e della Questura, nel tentativo di evitare le contestazioni che hanno caratterizzato i lavori in primavera e nei giorni scorsi, quando sono state effettuate le potature degli ulivi". A dicembre il prefetto di Lecce, Claudio Palomba, non rinnova però l'ordinanza con cui era stata creata una "zona cuscinetto" attorno al cantiere e nella quale potevano entrare solo i proprietari di terreni e abitazioni, giornalisti e parlamentari, muniti di un apposito pass.

2018

Le proteste contro la realizzazione dell'opera non si fermano nel 2018. Il 5 gennaio diversi attivisti bloccano per diverse ore due betoniere dirette al cantiere Tap. Quattro giorni dopo, la Procura di Lecce chiede e ottiene dal giudice per le indagini preliminari (Gip) la riapertura di una parte dell’inchiesta che era stata archiviata nel febbraio 2017. La richiesta è arrivata dopo la presentazione di un esposto da parte di otto sindaci salentini.

Due sono le questioni da affrontare: la legittimità degli iter di autorizzazione e l’applicabilità della legge Seveso. Per gli amministratori locali i 55 chilometri del tratto di interconnessione Melendugno-Mesagne e quello di 8 chilometri che collegano Tap alla rete italiana Snam costituiscono un’infrastruttura unica e come tale avrebbe dovuto essere valutata e autorizzata. Il fatto che i due tronconi siano stati costruiti separatamente “ha fatto sì che i processi autorizzativi viaggiassero in maniera separata”, scrive Chiara Spagnolo su Repubblica Bari. “Il nodo principale da sciogliere riguarda la possibilità di considerare gli otto chilometri italiani di gasdotto Trans Adriatic Pipeline come opera autonoma rispetto ai 55 chilometri del tratto di interconnessione Melendugno-Mesagne, che dovranno essere realizzati da Snam”.

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Inoltre, la nuova indagine dovrà valutare se, considerato nella sua totalità (non solo la condotta e il terminale di riduzione del gas di San Foca, oggetto della prima indagine), all’intero impianto possa essere applicata la legge Seveso. “In sostanza – riporta l’Ansa – si dovrà valutare se in questo contesto più ampio esista la possibilità dello sforamento del tetto delle 50 tonnellate di gas nel terminale previsto dalla ‘Seveso III’”. Nell’indagine archiviata, non sussistevano le condizioni di applicazione della normativa Seveso perché “il terminale di ricezione del gas ospiterà (da progetto) al massimo 48,6 tonnellate, al di sotto della soglia delle 50 previste”.

Aggiornamento 9 gennaio 2018: l'articolo è stato aggiornato con gli ultimi sviluppi fino alla riapertura dell'inchiesta della Procura di Lecce.

Foto anteprima via Ansa.

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