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Ricolfi, Mastrocola e Canfora, gli intellettuali che (non) salveranno la scuola italiana

2 Febbraio 2022 7 min lettura

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Ricolfi, Mastrocola e Canfora, gli intellettuali che (non) salveranno la scuola italiana

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Sostiene Luca Ricolfi su Repubblica: “Gli insegnanti dovrebbero avere l'umiltà di accettare che le grandi lezioni le fanno altri. Forse è questa una delle grandi promesse future della tecnologia”.

Ora, che in Italia girino parecchie idee curiose su come si dovrebbe fare scuola è noto. Alcune di queste vengono propagandate da chi di scuola si dice o si presenta come esperto. Uno di questi è il sociologo Luca Ricolfi, che assieme alla moglie, la scrittrice ed ex insegnante Paola Mastrocola, ha scritto il libro Il danno scolastico, il cui assunto è che la scuola sia stata rovinata dal lassismo di sinistra, che ha distrutto la bella scuola di un tempo in cui si imparava davvero.

Mastrocola e Ricolfi sono dei grandissimi laudatores temporis acti (glielo scriviamo in latino, per dimostrare che persino qualcuno che si è laureato dopo gli anni ’60 è in grado di usare questa lingua), e ancora più grandi sprezzatori della scuola di massa, che ha abbassato il livello e creato generazioni di ignoranti.

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Visto che i problemi della scuola sono spesso al centro di dibattiti e riflessioni, Repubblica la scorsa settimana ha deciso di dedicare una pagina a un dialogo fra la coppia Mastrocola-Ricolfi e Luciano Canfora per parlare appunto di scuola. 

La scelta è interessante, perché di solito quando si decide di fare un dibattito, si dovrebbero invitare dei partecipanti che rappresentino punti di vista se non opposti per lo meno differenti. Invece i tre sono perfettamente concordi negli assunti, e l’articolo si riduce quindi a una serie di condanne apodittiche verso la scuola contemporanea, che, par di capire, non ha un solo pregio o un punto di forza.

Quello che più stupisce (soprattutto nel caso di Ricolfi, che è sociologo) è che in tutte le loro critiche non fa mai capolino alcuna considerazione sociologica ampia: la scuola che Ricolfi, Mastrocola e Canfora criticano è una specie di monolite che non ha nessun contatto con il resto della società. Che la scuola italiana sia da anni vittima di tagli e non riceva adeguati finanziamenti è un tema che viene appena accennato, ma en passant, come se si trattasse di un particolare di nessuna reale importanza.

Canfora in effetti ammette che

Ci vorrebbe una vera riforma degli ordinamenti scolastici tale da determinare una buona preparazione e una diffusione non classista della conoscenza. Ma tutto ciò è possibile se si ha voglia di destinare al mondo della scuola ben più risorse. Ma ciò significherebbe cambiare gli assetti del bilancio dello Stato e quindi la società tutta.

e si spinge a dire che

Bisognerebbe forse prevedere una rete di insegnanti che nel pomeriggio guidano gli scolari nello svolgimento dei loro compiti.

Senza per altro chiarire con quali risorse, visto che gli insegnanti bisognerebbe pagarli. Ma quello che lo scandalizza davvero è che

Una volta mi permisi di scrivere che Giacomo Leopardi nel Dialogo di Tristano e di un amico, l'ultimo delle Operette morali, diceva: "dove tutti sanno poco, si sa poco ».[…]Tocqueville notava, osservando l'America, che "democrazia" significa una banalità diffusa equamente suddivisa. Sono convinto che questo fatalismo vada combattuto con dei contravveleni capaci di mantenere il livello elargendo a tutti un po'.

Insomma, il problema della scuola non sembra tanto che non riceve il becco di un quattrino per funzionare a dovere, ma che è troppo democratica. E Canfora sarebbe il più a sinistra dei tre.

Ricolfi e la Mastrocola infatti si limitano a sparare a zero sulla scuola, per altro senza fornire un solo dato che supporti le loro teorie. L’unico dato che Ricolfi infatti cita (ma non si sa nemmeno da quale fonte) è in questa frase: "Quarant'anni fa arrivava al diploma un ragazzo con licenza elementare su quattro. Oggi solo un ragazzo con licenza media su sei si laurea."

Resta un mistero però perché i dati citati sarebbero congrui o in grado di dimostrare qualcosa. Visto che per altro quarant’anni fa (cioè ne 1982) la licenza media era già obbligatoria e quindi, se davvero allora solo uno su quattro arrivava al diploma, oggi la percentuale di laureati e diplomati fra i giovani, sebbene inferiore alla media europea, è decisamente in crescita rispetto al passato. Quindi?

Ma la vera bestia nera del trio sembrano essere, paradossalmente, proprio i colleghi insegnanti. Secondo Ricolfi, infatti, il livello è bassissimo, e la colpa - pensa un po’ - è stata la creazione della "scuola media unica". Cioè, ricordiamolo, quella riforma che previde una scuola media unificata per tutti gli alunni, evitando quindi che già alla fine delle elementari alcuni frequentassero corsi professionalizzanti che li portavano a lavorare e solo gli altri, in genere provenienti da famiglie benestanti, continuassero una formazione che li preparava per entrare nei liceo e quindi nelle università.

La parabola discendente, che nel Sessantotto diventa di massa, inizia nel 1962, con la riforma della scuola media unica. Una riforma che annacquava il latino e i programmi. Ma distruggere la classe insegnante ha richiesto venti-trent'anni. Oggi, anche quella universitaria, è di livello bassissimo.

Insomma, per Ricolfi la colpa è di chi ha tolto il latino e annacquato i programmi. Peccato che però latino e programmi "seri" fossero riservati già allora a una esigua minoranza ricca o benestante. Gli altri non avevano nemmeno la possibilità di avvicinarsi a queste materie. Ma poco importa, non si avvicinavano nemmeno a Ricolfi, per cui lui non si è mai accorto della loro esistenza. 

Sulla scuola moderna invece Ricolfi ha idee innovative ma confuse. Infatti, se da un lato vorrebbe aumentare la complessità, poi però è contrario al fatto che si parli a scuola, per esempio alla primaria (che lui in realtà chiama "elementare", ma non possiamo mica pretendere che chi parla di scuola sia informato sulle corrette diciture, no?) di educazione ambientale. Dice infatti:

La questione ambientale è complessa, non si può affrontare con bambini di prima elementare, come sta capitando in certi esperimenti pilota progettati da pedagogisti infatuati. È estremamente pericoloso, sia perché si mettono i bambini di fronte a problemi di cui non sono all'altezza, sia perché c'è un rischio di indottrinamento.

Evidentemente gli alunni di Ricolfi sono un po’ come il gatto di Schroedinger: devono essere in grado di studiare cose complesse e sfidanti fin da piccoli, ma non la questione ambientale, perché per loro è troppo complicata. L’idea che le cose si possano spiegare a più livelli e in maniera differenziata a seconda dell’età, infatti, gli sfugge. Questo viene confermato anche dalla successiva piega presa dalla conversazione, dove la Mastracola interviene dicendo che:

La DaD poteva essere usata in modo diverso, magari regalando ai ragazzi grandi lezioni video. Ti ammazzo di bellezza un'ora sola al giorno, invece di tenerti appeso al computer sei ore, dopodiché vai, leggi, studia, corri, balla. Una lezione online di Canfora o Baricco o Rovelli sarebbe stata una splendida occasione.

Anche qui i coniugi non sembrano rendersi conto che la scuola è fatta di tanti livelli e di tante età: dire che la DaD avrebbe dovuto basarsi su grandi lezioni significa non rendersi conto che l’apprendimento non funziona così a tutte le età; quindi questa idea, forse, ancora una volta, potrebbe risultare accattivante quando si insegna in un ultimo anno di un liceo a indirizzo umanistico, dove magari gli alunni possono essere interessati a una lezione di Baricco o Canfora. Ma proporla in altri indirizzi, o alle secondarie inferiori o peggio ancora alle elementari sarebbe impraticabile, oltre che inutile, visto che i ragazzini quasi sicuramente morirebbero di noia.

Anche sulle grandi lezioni ci sarebbe molto da dire. Non è chiaro, e proprio dal punto di vista didattico e pedagogico, cosa intendano Mastracola e Ricolfi con questo termine. Perché per la didattica una lezione per essere se non grande per lo meno efficace ha come primo presupposto l’interazione, che in DaD è molto ridotta ma nel caso poi di video registrati è addirittura impossibile. 

Ricolfi invece pare proprio pensare che la scuola dovrebbe essere strutturata con classi che vengono costrette a seguire video in cui il « grande intellettuale» di turno (Baricco o Canfora, tanto per citare quelli che cita lui) parlano di un determinato argomento. Questo perché, come riportato nella citazione dell’incipit di questo post:

Gli insegnanti dovrebbero avere l'umiltà di accettare che le grandi lezioni le fanno altri. Forse è questa una delle grandi promesse future della tecnologia.

Quindi, ricapitolando: secondo Ricolfi le grandi lezioni le possono fare solo gli intellettuali come lui o Canfora o Baricco o Rovelli, e forse la Mastrocola, che però non viene citata, quindi forse no, non fa nemmeno lei parte del club. Del resto, è femmina, verrebbe da chiosare, e si sa che i grandi maestri sono maschi!

I poveri insegnanti di scuola non sono in grado di fare grandi lezioni e, par di capire, nemmeno lezioni piccole o così così. Infatti sono laureati dopo il mitico ’62, quindi capiscono poco o nulla. Il loro compito sarà forse quello di sorvegliare le classi mentre vengono costrette ad ascoltare i video dei grandi intellettuali, controllando che gli alunni non usino il cellulare per giocare ai videogiochi (che comunque, a questo punto, almeno sarebbe una attività interattiva, quindi didatticamente più sensata), e poi forse affibbiare agli alunni dei questionari per accertarsi che abbiano imparato bene quanto il grande maestro di turno ha insegnato. Questo per Ricolfi, che paventava l’indottrinamento alle primarie sul tema ambientale, non è indottrinamento, no. Viene però difficile capire cosa possa essere: apprendimento di certo no.

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Al di là di tutto, però, resta anche da capire come Ricolfi penserebbe di attuare questa meravigliosa idea. Forse lui e una ristretta cerchia di intellettuali selezionati forniranno gratuitamente alle scuole centinaia di ore di videolezione a costo zero sui più svariati argomenti? Perché la scuola conta più di 200 giorni di frequenza, e se devono coprirli tutti loro  gli si prospettano anni e anni di superlavoro.

Certo, l’urgenza di salvare i ragazzi dalla prospettiva di doversi sorbire le lezioni dei loro insegnanti, che non sono grandi intellettuali come il team Ricolfi, è grave, e quindi di sicuro i nostri Avengers della scuola sapranno sacrificarsi per il bene comune.

Ci faccia sapere, Ricolfi, eh.

Immagine anteprima Luigi Catalani, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

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