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Perù: le proteste contro il governo, la repressione violenta della polizia e l’uccisione di due giovani manifestanti

18 Novembre 2020 6 min lettura

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Perù: le proteste contro il governo, la repressione violenta della polizia e l’uccisione di due giovani manifestanti

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Tre presidenti della repubblica avvicendati nell'arco di una settimana. È quanto accaduto in Perù negli ultimi sette giorni.

L'ultimo a salire in carica è il centrista 76enne Francisco Sagasti, membro fondatore del Partito viola, nominato il 16 novembre a seguito di grandi proteste scatenate dalla rabbia popolare per quanto stava accadendo nel paese.

Le tensioni politiche sono iniziate il 9 novembre quando il Congresso ha destituito con un procedimento di impeachment per "incapacità morale" Martin Vizcarra, a cinque mesi dalle prossime elezioni presidenziali.

Vizcarra si era guadagnato il sostegno della maggioranza dei peruviani – e l'inimicizia di gran parte dei parlamentari – guidando gli sforzi per “ripulire” l'establishment corrotto del paese.

Circa 68 dei 130 membri del Congresso (il parlamento peruviano è monocamerale), infatti, sono indagati per crimini che vanno dalla corruzione al riciclaggio di denaro. Un parlamentare è accusato di omicidio, con un processo che inizierà alla fine del mese di novembre. Un altro – secondo quanto riferito dal New York Times – è accusato di aver partecipato alle consultazioni sotto falso nome per nascondere precedenti problemi legali.

L'improvvisa rimozione dall'incarico e il successivo, immediato giuramento del nuovo presidente ad interim Manuel Merino – fino a qualche ora prima capo del Congresso – hanno suscitato l'ira del popolo peruviano in preda a una grave recessione economica e a conseguenze devastanti derivanti dalla diffusione del nuovo coronavirus. Il Perù ha uno dei tassi più alti di mortalità per COVID-19 del mondo.

I cittadini hanno così riversato la propria collera nelle strade e Merino ha dovuto abbandonare la presidenza del paese a meno di sei giorni dall'insediamento quando, nel corso delle proteste, due persone sono morte, più di quaranta scomparse e più di novanta curate per le lesioni riportate.

In un discorso televisivo alla nazione, Merino ha annunciato le dimissioni dichiarando di aver sempre agito nel rispetto della legge.

Le due vittime, Jack Brian Pintado Sánchez e Jordan Inti Sotelo Camargo, avevano rispettivamente 22 e 24 anni.

«Dicono che sia stato colpito con un proiettile al cuore, è morto ed è arrivato qui già cadavere», ha raccontato ai giornalisti il padre di Sotelo Camargo all'ingresso dell'ospedale di Lima. L'uomo ha chiesto all'ex presidente Merino di assumersi la responsabilità di quanto accaduto.

«Due giovani sono stati sacrificati in modo assurdo, stupido, ingiusto dalla polizia», ha detto in un videomessaggio lo scrittore peruviano e premio Nobel Mario Vargas Llosa. «Credo sia imprescindibile che la repressione - che è contro tutto il Perù - cessi, perché è tutto il Perù che sta protestando».

Le immagini delle manifestazioni di sabato 14 novembre, il giorno in cui sono morti Sánchez e Camargo, hanno mostrato centinaia di poliziotti antisommossa utilizzare manganelli e scudi contro manifestanti in gran parte pacifici, oltre a gas lacrimogeni e pallettoni – sparati direttamente sulla folla o sulle persone – e a carri armati con cannoni ad acqua.

Come riporta il Guardian sono pervenute anche segnalazioni di gas lacrimogeni sparati da elicotteri che volavano nel cielo di Lima, dove i dimostranti hanno riferito che le luci delle strade erano state spente e i telefoni cellulari bloccati durante la marcia.

Le proteste quotidiane organizzate a seguito della destituzione di Vizcarra sono aumentate col passare dei giorni fino a culminare in manifestazioni nazionali nel fine settimana che chiedevano le dimissioni di Merino, con decine di migliaia di persone che hanno riempito le strade della capitale e di decine di altre città.

«C'è stato un uso irrazionale e violento della forza a Lima. Chiedo che il presidente della repubblica mostri la sua faccia e dia spiegazioni al paese», aveva detto il difensore civico dei diritti umani del Perù, Walter Gutiérrez, rivolgendosi a Merino.

Alla notizia della morte dei due giovani l'ex presidente Vizcarra ha espresso la propria tristezza. «Sono profondamente dispiaciuto per le morti causate dalla repressione di questo governo illegale e illegittimo», ha scritto.

«Le mie condoglianze alle famiglie di questi eroi civili che, esercitando il loro diritto, si sono espressi in difesa della democrazia e in cerca di un paese migliore. Il Perù non permetterà che la morte di questi giovani coraggiosi rimanga impunita», ha proseguito.

Il nuovo presidente ad interim appena eletto, Sagasti, rimarrà in carica fino a luglio del prossimo anno sovrintendendo alle prossime elezioni presidenziali previste per l'11 aprile 2021.

Rivolgendosi alla nazione, il nuovo leader del Perù ha promesso di aiutare il paese ad allontanarsi dall'amarezza per andare incontro a "un momento di felicità e di speranza".
Sconosciuto alla maggior parte dei peruviani, Sagasti è tra i pochi politici che la scorsa settimana hanno votato contro la destituzione di Vizcarra. L'auspicio è che questa sua scelta possa fargli guadagnare il sostegno dei cittadini ostili verso la maggior parte dei componenti del Congresso.

Per molti peruviani i parlamentari sono venali, corrotti e responsabili di aggiungere disordini politici alle crisi economiche e di salute pubblica che il paese sta affrontando.

Secondo Hugo Ñopo, ricercatore senior presso il think tank Grade, con sede a Lima, il Congresso del Perù è diventato una "bomba Molotov", costruita con ingredienti instabili mescolati insieme da anni di politica sbagliata.

Il primo ingrediente – racconta Nopo – è un sistema partitico debole e frammentato che incoraggia i politici a cambiare alleanze per soddisfare i propri interessi, invece di seguire le ideologie.

Il secondo è la mancanza di limiti al finanziamento delle campagne che consente alle aziende di sostenere i candidati e di “acquistare” influenza.

Il terzo è un referendum del 2018, approvato dagli elettori, che ha limitato la durata dell'incarico a un solo mandato.

Per Nopo quest'ultimo provvedimento, che aveva lo scopo di rimuovere i parlamentari che servivano solo i propri interessi, ha creato danni maggiori perché chi è attualmente in carica "ha meno incentivi per creare stabilità o per operare scelte giuste e ne ha di più per rubare velocemente".

Per l'analista politica Alexandra Ames gli eventi degli ultimi giorni sono solo sintomi di un problema più ampio.

«La precarietà del nostro sistema elettorale e dei nostri partiti politici ci ha portato a una crisi permanente di legittimità», ha affermato.

Negli ultimi quattro anni, il paese ha assistito a cinque tentativi di rimuovere il presidente, un tentativo riuscito di sciogliere il congresso e suoi quattro presidenti.

Parte del problema è che la legge peruviana – prosegue Ames – consente a chiunque di candidarsi al Congresso, senza restrizioni basate su eventuali precedenti penali, e di ottenere l'immunità.

Assordante per Ames il silenzio della Corte costituzionale. Quando le è stato chiesto il motivo per cui non si è espressa ha risposto che i suoi membri sono eletti dal Congresso.

Ma l'elemento più sorprendente rispetto a ciò che è accaduto negli ultimi giorni è che i politici sembrano aver ascoltato i manifestanti, molti dei quali giovani che hanno perso il lavoro o costretti ad abbandonare la scuola a causa della pandemia.

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Lunedì, poco prima che i parlamentari eleggessero Sagasti, Silvia Miranda, 52enne, era in strada nei pressi del palazzo del Congresso, dove si guadagna da vivere cambiando i soldi.

«I 105 membri del Congresso che hanno votato a favore della rimozione del presidente non stavano pensando ai peruviani», ha detto. «Il Congresso ha ingannato gli adulti. Ma non sarà in grado di ingannare i giovani».

immagine via Democracia Obrera

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