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Angela Merkel nel Paese della Post-Democrazia

14 Ottobre 2012 8 min lettura

Angela Merkel nel Paese della Post-Democrazia

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Il Tempo Frammentato Della Crisi

Scrive l’antropologo Panagiotis Grigoriou sul blog Greek Crisis Now:

La crisi è innanzitutto un tempo frammentato. Diventa trama di rotture, perturbazioni e mutazioni multiple, quando non sfocia apertamente nella congiuntura con il caos. In Grecia tutto indica che queste mutazioni, le nostre, concretizzano già l’unione tra la rottura e l’incertezza.

È in questo preciso momento storico di rotture e mutazioni che Angela Merkel ha deciso di andare ad Atene.

Il «caos» di cui parla Grigoriou era stato evocato il 5 ottobre persino dal Primo Ministro greco, in un’intervista al quotidiano tedesco Handelsblatt. «La democrazia greca si trova probabilmente di fronte alla sua sfida più grande» aveva detto il premier. Le casse dello Stato hanno risorse per tirare avanti «fino alla fine di novembre», poi saranno vuote. La coesione sociale «è messa in pericolo dalla disoccupazione crescente, com’è stato in Germania alla fine della Repubblica di Weimar». C’è un concreto «rischio nazismo», e l’ascesa di Alba Dorata, che alcuni sondaggi informali danno addirittura al 20%, ne è la riprova più lampante.

Ma il caos domina già da un pezzo la vita pubblica greca. Lo scorso 28 settembre la Corte Suprema di Atene ha ordinato «urgenti investigazioni» per corruzione, evasione fiscale e arricchimento da attività illecita su oltre 60 politici – in maggioranza appartenenti a Pasok (socialisti) e a Nea Dimokratia (conservatori). Tra i nomi figurano 11 ex ministri, 10 ex vice-ministri, 12 ex o attuali parlamentari e tre funzionari del governo. Il 4 ottobre uno di questi indagati, l’ex vice-ministro dell’Interno Leonidas Tzanis (Pasok) è stato trovato impiccato nel garage di casa sua. Poi c’è l’incredibile vicenda della «Lista Lagarde», un elenco di 1.991 cittadini greci con conto cifrato a Ginevra consegnato due anni fa dall’ex ministro della Finanza francese – oggi a capo del Fmi – al suo omologo del defunto governo Papandreou. Piccolo particolare: questo elenco è sparito nel nulla, proprio, come scrive Ettore Livini su La Repubblica, «mentre si chiedevano sacrifici immani alla gente normale».

A pochi mesi dall’insediamento, dunque, il governo Samaras è già in profonda crisi di legittimità. L’incontro con Angela Merkel rappresenta perciò un disperato tentativo di riabilitarsi politicamente sia a livello domestico che europeo. Dal punto di vista tedesco, invece, la visita in Grecia è in primo luogo il seppellimento dell’ascia di guerra politica (ma non fiscale); in secondo luogo è un’abile mossa per serrare i ranghi all’interno della Cdu e dissodare il terreno per le elezioni federali del 2013. Volando ad Atene, argomenta Nick Malkoutzis sulla versione inglese del quotidiano Kathimerini, la «Merkel sta mandando un chiaro messaggio ai suoi colleghi: la linea del partito e del governo è quella di sostenere la permanenza [della Grecia] all’interno dell’eurozona. È un invito agli scettici di unirsi a lei, oppure di stare zitti».

Non è una coincidenza, inoltre, che la Merkel abbia deciso di recarsi ad Atene qualche giorno dopo la nomina di Peer Steinbrueck a candidato premier dei rivali socialdemocratici dell’Spd. In una delle sue prime interviste dopo la vittoria, Steinbrueck ha dichiarato a Die Welt che la Grecia ha bisogno di più tempo per portare a termine il suo consolidamento fiscale: «La Cancelliera dovrebbe dire la verità al popolo tedesco: la Grecia non potrà chiedere prestiti sul mercato per i prossimi sette o otto anni. Dovremo aiutarli fino ad allora».

Nazisti, Maestrine & Scudi Umani

Il 9 ottobre Angela Merkel arriva in una capitale «interdetta», militarizzata da 7000 poliziotti, bucherellata da zone rosse in cui è proibito manifestare grazie al ripristino ad hoc di alcune norme della Junta militare. Il corteo della Cancelliera sfreccia sull’autostrada blindata che collega l’aeroporto Eleftherios Venizelos alla città. Ogni 200 metri ci sono agenti. Nonostante le massicce misure di sicurezza, qualche manifestante riesce ad avvicinare il convoglio e lanciare alcune bottiglie.

Poco dopo le due di pomeriggio, Angela Merkel e Antonis Samaras attraversano a passo veloce il pavimento di marmo della sala di ricevimento di Villa Maximos, scompaiono nell’ufficio del Primo Ministro e riemergono due ore dopo per la conferenza stampa. La Cancelliera, come descritto in un reportage della Süddeutsche Zeitung, «sorride, ma parla lentamente, soppesando ogni parola». «Speak softly and carry a big stick», diceva Theodore Roosevelt: e per tutta la conferenza stampa Angela Merkel ora dispensa carote, ora sfodera il bastone e lo agita delicatamente.

Carota al popolo greco: «Sono venuta nella consapevolezza del momento che la Grecia sta attraversando, sta chiedendo molto alla gente». Bastone: «Ma il processo di riforme va completato». (Traduzione: la “gente” dovrà ingoiare l’ennesima manovra da 13,5 miliardi di euro fatta di tagli selvaggi a pensioni e stipendi – già crollati del 25-30% dal primo Memorandum ad oggi). Carota al governo: «È stato fatto molto». Bastone: «Molto è ancora da fare». Carota a Samaras: «Credo che negli ultimi tempi le riforme siano procedute a ritmo più sostenuto». Bastone sottointeso: alcune riforme, in effetti, potrebbero procedere ancora più rapidamente. Mai rilassarsi.

Il 5 marzo del 2010, quando l’allora premier George Papandreou si recò a Berlino, Angela Merkel parlò così: «Il nostro incontro di oggi è il chiaro riconoscimento di un’autentica amicizia tra i nostri due paesi e che noi desideriamo migliorare le cose». Subito dopo questo incontro la crisi greca precipitò.

Le 70mila persone riunite a piazza Syntagma se lo ricordano piuttosto bene. I dipendenti comunali vestiti da nazisti che arrivano in piazza a bordo di una Jeep, le bandiere con la svastica bruciate sulle barricate e una caterva di slogan anti-tedeschi/germanofobi, del resto, lasciano poco spazio al dubbio: per il popolo greco, il mandante morale della loro miseria è lei, Angela Merkel. Christina Amanti, infermiera di 37 anni, si sfoga con il New York Times: «Questa è pura provocazione, dobbiamo reagire. È come se lei stesse visitando il suo protettorato. Cos’ha intenzione di fare, darci una pacca sulla spalla e dire di continuare a impoverirci?» Anche il commento di Vassiliki Tsitsopoulos, professore di letteratura, è amaro: «Stiamo solo salvando le apparenze, inclusi i manifestanti. Giunti a questo punto, anche noi facciamo parte della scenografia».

E verso le tre la scenografia si trasforma nel solito Rituale Di Protesta Anti-Austerità. Un gruppo di dimostranti cerca di forzare le ringhiere, le bombe carta esplodono, le pietre volano e finiscono sugli scudi del Mat (la polizia antisommossa). Quest’ultima prova a sgomberare la piazza con una pioggia di lacrimogeni e apre la stagione pomeridiana di caccia ai koukoulofori (gli «incappucciati»). Anche questa volta il Mat riesce ad aggiungere un ulteriore trofeo al loro già nutrito campionario di brutalità. Un agente – numero di matricola 1236, la dicitura «killer» sulla cintura – arresta una manifestante e la usa come scudo umano per proteggersi dalla sassaiola.

Il poliziotto del MAT (matricola 1236) abbraccia una manifestante. La scritta "Killer" è in basso a destra sulla cintura. (Crediti: @RisingGalaxy)
Scudi umani. (Crediti: @mpodil)

Gli scontri in piazza Syntagma e vie limitrofe si spengono in concomitanza con la fine della conferenza stampa. Ai due leader viene chiesto se la visita della Cancelliera abbia aiutato la Grecia. «Sono venuta per farmi un quadro più approfondito anche se non completo – risponde la Merkel – Non sono una maestrina arrivata qui per dare i voti». Samaras, piuttosto soddisfatto, risponde che «la visita è la prova che abbiamo rotto l’isolamento internazionale che abbiamo subito fino a oggi». Mentre il premier greco pronuncia quelle parole, il volto della Merkel non tradisce alcuna emozione.

Austerità ed Evacuazioni

Fino a quanto la Grecia può resistere ancora a recessione e austerità? Quanto è profondo il burrone, prima di arrivare al collasso del contratto sociale, alla trasformazione “cinese” dei rapporti di lavoro e all’africanizzazione della società? A giudicare dalla situazione economica e dai dati sull’occupazione, l’impatto è vicino. Secondo l’agenzia di statistica ellenica, a luglio il tasso di disoccupazione generale ha sfondato la soglia psicologica del 25% (un anno fa era al 17,8%). Nella fascia di età 15-24 anni la percentuale è al 54%; 31,4% per i giovani tra i 25 e 34 anni; 21,3% tra i 35 e i 44 anni. Quest’anno, inoltre, il Pil crollerà del 7% (nel settembre del 2011 il Fondo Monetario Internazionale aveva previsto che sarebbe calato del 6%).

In tutto ciò, le delocalizzazioni procedono a passo spedito. La Fage, colosso caseario greco, ha annunciato la decisione di trasferire il suo quartiere generale in Lussemburgo, per beneficiare di una «tassazione più favorevole», per avere un «migliore accesso al credito bancario» e per «ridurre la sua esposizione alla crisi finanziaria greca». La Coca-Cola trasferirà la sua divisione greca da qualche parte tra Svizzera, Londra e New York. Secondo il Presidente dell’Ordine dei dentisti, circa mille professionisti hanno abbandonato la Grecia per trasferire il proprio studio all’estero. Tra i piccoli commercianti, intanto, serpeggiano rassegnazione e nichilismo. «Non spero più in nulla – ha raccontato uno di questi a Panagiotis Grigoriou – Sorseggio il mio caffè senza zucchero, ascolto la radio e aspetto i miei rari clienti. Non so quanto tempo resisterò ancora, ma questo ormai non mi angoscia più di tanto. La mia dipendente, una ragazza, […] se n’è andata. Non potevo più assicurarle un salario regolare e, soprattutto, decente».

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Il 12 ottobre Christine Lagarde ha riconosciuto che Atene ha bisogno di ossigeno. Considerata «l’assenza di crescita, la pressione dei mercati e gli sforzi che sono stati fatti finora, è necessario un po’ più di tempo. La storia ci offre una lezione chiara – ha continuato Lagarde – ridurre il debito pubblico è incredibilmente difficile senza la crescita. Un alto debito, di contro, ostacola la crescita». Peccato che il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, abbia prontamente tappato questo timido (e tardivo) spiraglio: nessuna concessione ad Atene. «Finché non abbiamo il rapporto della Troika, non dobbiamo speculare», ha detto.

Insomma, la ricetta somministrata fino ad ora – e che ha prodotto questi risultati – rimane la stessa: tagli e austerità, in dosi sempre più massicce. La missione della Troika in Grecia, intanto, diventa sempre più assurda e grottesca. Qualche giorno fa il giornale Proto Thema ha rivelato che gli emissari di Bce-Ue-Fmi hanno suggerito al Ministro della Marina Kostas Mousouroulis di far evacuare le isole greche con meno di 150 abitanti. Questa l’arguta motivazione: «Sono un fardello per il bilancio dello Stato». Mousouroulis ha liquidato così la proposta: «Ho detto loro: “siete pazzi”. Non negoziamo su questa cosa».

La soluzione tecnocratica della crisi, per quanto apparentemente incruenta, è in realtà molto aggressiva; e i piani di austerità, come ha recentemente spiegato Jurgen Habermas, «delineano un percorso post-democratico» da cui è estremamente difficile uscire. Il rischio è che questa gestione “eterodiretta” del Paese vada alla deriva, finendo per produrre default incontrollati, implosione sociale e crani lucidi che conquistano il potere a forza di pestaggi, pacchi di cibo gratis e pogrom.

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