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Libertà di espressione, informazione e cultura: il copyright che verrà

15 Febbraio 2015 4 min lettura

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Libertà di espressione, informazione e cultura: il copyright che verrà

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Dopo il parere di Julia Reda, del quale abbiamo già parlato, è stato pubblicato anche il parere della Commissione Cultura e Educazione (CULT), relatrice Isabella Adinolfi, sulla proposta di revisione della direttiva europea sulla tutela del copyright e diritti collegati.

Il parere si concentra su pochi ma fondamentali punti.
Innanzitutto sollecita la fissazione di una chiara definizione di “pubblico dominio”, ritenendola essenziale per la diffusione della cultura all'interno dell'Unione. Differenze normative tra i vari paesi creano inevitabilmente difficoltà nella diffusione delle opere e quindi si rende necessario dare una certezza su ciò che è nel pubblico dominio, e quindi riutilizzabile liberamente.

Si sollecita, inoltre, la necessità di definire meglio il concetto di “diritto di comunicazione al pubblico”, basandosi su recenti pronunce della Corte di Giustizia europea, e in tal senso chiarire che il link e l'embedd non dovrebbero essere considerati “comunicazione al pubblico” ai sensi della direttiva europea, e quindi soggetti a consenso del titolare del diritti. Si tratta evidentemente di problemi pratici fondamentali, in quanto tali attività si propongono continuamente nell'uso quotidiano dei social network, per cui una decisione sul punto in un senso o nell'altro può determinare il futuro di interi servizi online.

In relazione al diritto di comunicazione al pubblico si sono posti, con l'avvento di Internet e delle trasmissioni digitali, non pochi problemi, determinando l'esigenza di una riconsiderazione dei confini della comunicazione pubblica, consentendo le nuove tecnologie la fruizione individuale in momenti differenti e da parte di un pubblico numeroso.
Di recente la Corte di Giustizia (sentenza C-466/12 e ordinanza C-348-13) europea è intervenuta per fissare i limiti della comunicazione al pubblico, ritenendo che la comunicazione deve essere rivolta ad un pubblico nuovo rispetto a quello dell'opera originale per essere soggetta al pagamento di diritti. Ciò vuol dire che se un contenuto è liberamente accessibile al pubblico su un sito web, col consenso del titolare, la ripubblicazione tramite link o embed alla pagina fonte non determina una nuova comunicazione al pubblico e quindi non sorge l'obbligo di richiedere il consenso al titolare dei diritti.
Una conclusione diversa darebbe ai titolari dei diritti l'esclusiva sulla diffusione della cultura e della conoscenza, potendo impedire anche la banale ripubblicazione (share, condividi) di contenuti online.

Così come il parere della Reda, anche il parere Adinolfi sollecita l'esigenza di aggiornare il concetto di “riproduzione” tenendo conto delle possibilità offerte dalle tecnologie digitali. Allo stesso modo si rende necessario fissare in maniera chiara le eccezioni al copyright, in modo da consentire agli utenti di sapere con certezza cosa è possibile fare e cosa è invece vietato, in relazione alla opere protette. Ovviamente parliamo di citazioni, mashup, opere trasformative, ecc…, anche qui si tratta di problematiche estremamente pratiche che però non hanno, spesso, una soluzione chiara e comprensibile per gli utenti.

Il parere Adinolfi non dimentica di tenere conto dei diritti dei cittadini, in particolare la libertà di espressione e di informazione, il diritto all'accesso alle arti e alle scienze, il diritto alla diversità culturale, linguistica e religiosa, tutti diritti che devono essere tenuti in considerazione nel momento in cui vengono fissati i limiti delle eccezioni al copyright.

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È evidente che i due pareri, quello della Reda e quello della Adinolfi, che andranno a confluire nella discussione sulla riforma della direttiva europea in materia di copyright e diritti collegati, si muovono nella medesima direzione. Entrambi partono da problemi estremamente pratici, evidenziando che allo stato le legislazioni nazionali e la stessa europea, non sono sufficientemente chiare nel definire cosa è lecito e cosa non lo è, determinando una forte incertezza nei cittadini che trovano difficoltà nell'usufruire dei servizi online. Occorre stabilire definizioni che siano chiare e uniche per tutti gli Stati membri, solo in tal modo sarà possibile eliminare le barriere tra gli artisti e il loro pubblico e nel contempo consentire il riutilizzo di opere tutelate per favorire l'innovazione e la diffusione della cultura. Occorre, quindi, eliminare le barriere nazionali armonizzando le relative legislazioni.

Non si tratta di creare nuovi diritti, o di eliminare fonti di remunerazione per gli artisti, quanto piuttosto di bilanciare correttamente i diritti delle parti in causa, senza per questo realizzare un mercato che si basi sulle rendite di posizione a scapito di innovazione e diffusione della cultura.

Ad aprile ci sarà il voto nelle commissioni, e poi la discussione si sposterà al Parlamento europeo a partire dal 20 maggio.

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