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Lezioni di Storia: Roma antica, una città multietnica fatta da immigrati

1 Agosto 2021 7 min lettura

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Lezioni di Storia: Roma antica, una città multietnica fatta da immigrati

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Lezioni di Storia, una rubrica di divulgazione storica partendo dal presente

Partiamo dai cast tv. Può sembrare assurdo, per parlare di antica Roma, partire dai serial televisivi. Eppure alcune delle polemiche storiche più feroci degli ultimi anni arrivate al grande pubblico riguardano proprio scelte fatte dalle grandi produzioni televisive (soprattutto anglosassoni) nei serial storici. Uno dei primi casi problematici fu l’inserimento in un cartone animato prodotto dalla BBC inglese di un centurione romano con la pelle nera. L’episodio, andato in onda senza alcuna polemica nel 2014, quando ripassò sugli schermi nel 2017, con la Brexit nell’aria e i partiti nazionalisti alle stelle, provocò invece un enorme trambusto, tanto che la stessa Mary Beard, insigne storica, dovette intervenire per spiegare che sì, il centurione nero, a Roma antica, era una figura credibilissima, e lo scandalo non c’era.

Da allora in poi, tutte le case di produzione hanno deciso di avere cast multietnici quindi, sempre più spesso, in omaggio anche agli studi sociologici sulla rappresentazione delle minoranze etniche nei prodotti cinematografici, per recitare i ruoli di personaggi di Roma antica (ma anche, per dire, della corte dei Tudor, o addirittura l’Achille dell’Iliade) sono stati scelti attori di colore.

Ma questo continua a scatenare le polemiche e gli alti lai dei nemici del politicamente corretto, i quali deridono questa scelta o la imputano al tentativo di riscrivere la storia secondo una visione “progressista”.

Che in realtà è invece, almeno per Roma antica, un tentativo di riequilibrare una visione del passato “troppo bianca”e datata. Perché Roma e tutto il suo impero sono sempre stati una città e un mondo multietnico e coloratissimo.

Una città fatta da immigrati

Roma fin dalla sua nascita è una città fatta da immigrati, e pure poco raccomandabili. Le fonti sulla fondazione della città parlano di Romolo che accoglie come cittadini banditi e persino schiavi fuggitivi, offrendo un luogo dove iniziare una vita migliore e dove nessuno andrà ad indagare sul loro burrascoso passato. L’Urbe si configura come un melting pot. Nel mito, il Lazio arcaico è un refugium peccatorum. Ci sono gli arcadi di Evandro, i troiani di Enea, i latini di Latino, i Rutuli di Turno, i sabini di Tito Tazio, tutti destinati a fondersi in un unico popolo.

Ai tempi di Romolo, arrivano nella leggenda i Sabini comandati da Tito Tazio, ma nella storia i Clausii, famiglia sabina, si spostano a Roma portandosi dietro 5000 clientes. E una delle famiglie regali di Roma, quella dei Tarquini, era di origine etrusca, ma il capostipite era mezzo greco, e un altro membro della dinastia, Servio Tullio, era addirittura figlio di una delle serve di casa.

Leggende, si dirà. Mica tanto: analisi moderne sul DNA confermano che la Roma antica era un coacervo di gente proveniente da ogni dove fin dalle origini. Insomma, Roma appare fin dall’inizio l’esempio peggiore per chiunque voglia sostenere una qualsiasi pretesa “purezza” della razza. 

Cittadini romani si diventa

Fin dalle origini quello che caratterizza la società romana è proprio una notevole liberalità nella concessione della cittadinanza, ovvero quell’insieme di diritti che contraddistinguevano il cittadino romano, in primis quello di voto.

Le città della antica Grecia erano democratiche, ma erano estremamente restie a concedere la cittadinanza, che in pratica era destinata soltanto a chi nasceva in città e da genitori già cittadini. Salvo rarissimi casi di acquisizione per meriti personali (in guerra o sportivi, di solito) cittadini di una polis greca ci si poteva solo nascere.

A Roma le cose andavano diversamente. La cittadinanza si acquisiva con relativa facilità. La potevano ottenere gli ex schiavi manomessi (liberati) dai padroni, che provenivano da ogni anfratto del Mediterraneo e oltre, ma anche stranieri altolocati che fornivano servizi alla Repubblica, capi tribù e re alleati con tutte le loro famiglie. Un altro grande canale era l’esercito, perché tutti i soldati veterani alla fine della ferma divenivano cittadini a pieno titolo di qualsiasi origine fossero. Certo, bisognava sopravvivere a venti anni nell’esercito, ma il gioco valeva spesso la candela. Dall’età tardo repubblicana al tracollo dell’impero, migliaia di ex militari ogni anno divenivano romani, che fossero di origine osca, umbra, sabellica, sannita, iberica, greca, asiatica, africana, numida, e poi celtica, britannica, gota, unna. Quando noi pensiamo ad un romano possiamo ragionevolmente immaginarlo di qualsiasi etnia e con qualsiasi fattezza.

La capacità di integrazione, grande forza di Roma antica

Roma è un impero durato dal 753 a.C. al 476 d.C. (In Occidente, se si conta anche l’impero romano d’Oriente, arriviamo al 1453). È durata più di qualsiasi grande impero occidentale: più del Sacro romano impero medievale, dell’impero napoleonico e di quello britannico. Perché?

Uno dei motivi, secondo le tesi classiche di Ronald Symestava nella sua incredibile capacità di attirare e di assorbire le élite di potere delle popolazioni con cui entrava in contatto, e di farle divenire e sentire “romane”nel giro di pochissimo, spesso meno di una generazione. Questa capacità era sentita come fondante della romanità dall'Imperatore Claudio, di cui Tacito riporta il discorso con cui, nel 48 d.C., aprì il senato agli abitanti della Gallia.

A differenza di quanto spesso credono i non specialisti, la forza di Roma non stava nella conquista territoriale, ma nella “romanizzazione”, ovvero un processo culturale complesso e non a senso unico.

Le regole e le tradizioni di Roma erano trattabili

Si sente spesso dire che chi diventava romano doveva accettare le regole di Roma, e questo fatto spesso viene ripreso oggi dalla propaganda delle destre che pretenderebbero dagli immigrati un totale appiattimento sul modello di vita occidentale. In realtà le regole di Roma erano estremamente variabili.

Le feste e le tradizioni altrui erano adottate senza problemi. I romani erano per gran parte bilingui (almeno per le classi medio alte, il greco era conosciuto e parlato diffusamente, e nella parte orientale dell’impero era spesso la prima lingua), i dialetti locali tollerati (Agostino d’Ippona ricorda come si parlasse ancora nella sua Africa il punico).

Non esisteva fino al 391 (editto di Teodosio) una religione ufficiale vera e propria. Ognuno era libero di venerare i propri dei tradizionali. Quello che lo Stato romano richiedeva era di affiancare al culto personale una formale, anzi formalissima, partecipazione alle cerimonie pubbliche, in particolare al culto dell’imperatore. Ai romani non interessava in che divinità ognuno decidesse di credere. Quando intervenivano, come fecero con il senatoconsulto del baccanali nel 186 a.C., o con le persecuzioni contro i cristiani, il problema non era religioso, ma di ordine pubblico. In sostanza i romani non amavano i fanatici perché creavano problemi di stabilita al sistema. Per il resto, lasciavano che tutti facessero quello che più aggradava loro. Difatti anche nell’esercito era tutto un proliferare di culti, anche stranieri, fra cui il principale era quello di Mithra. Che era un dio persiano, tanto per capire il livello di contaminazione culturale accettato senza un plissé.

La cultura romana era fatta da immigrati

Fin dall’origine di Roma la cultura fu in mano ad intellettuali di origine straniera. Il primo poeta fu Livio Andronico, che imparò il latino come seconda lingua, dopo essersi trasferito dal sud Italia. La migliore disamina politica e storica su cosa sia stata Roma e quali fossero i punti forti della sua forma di governo la dobbiamo al greco Polibio. Catone era di Tusculum e Cicerone era di Arpino (e Cicerone era preso in giro da Catilina che lo chiamava “inquilino” dell’Urbe). Catullo proveniva da Verona, Virgilio da Mantova, Livio di Padova, terre che per quell’età erano considerate quasi al confine con il mondo dei barbari. La politica culturale e letteraria dell’età augustea la fece del resto Cilnio Mecenate, che era un principe di ascendenze etrusche. Seneca e Tacito iberici (come del resto gli imperatori Traiano, Adriano e Marco Aurelio). Agostino era nordafricano, Ambrogio era nato a Treviri in Germania. Nella tarda antichità le Gallie di Sidonio Apollinare erano un centro economico e culturale di primaria importanza, verso le quali fece il suo ultimo viaggio (forse per tentare di salvare l’impero) Rutilio Namanziano. Se dovessimo tenere da conto solo gli scrittori romani “de Roma” ci dovremmo accontentare di Giulio Cesare e qualche raro altro.

Tutto l’impero era meticcio

Non era solo Roma ad accogliere migliaia di immigrati. Ogni regione dell’impero era fortemente esposta al meticciato. Le legioni si spostavano tantissimo e un soldato nei suoi vent’anni di ferma spesso viaggiava in lungo e in largo. I soldati sul Limes si univano a donne locali (anche nelle classi alte la prassi era diffusa: Costanzo Cloro, padre di Costantino, di origine illirica, che si unì ad Elena, ex serva di una taverna in Bitinia, nella attuale Turchia). A Costantinopoli metà dei soldati in servizio erano Goti, Avari o Isaurici, e lo stesso imperatore Zenone fu ribattezzato con un nome greco perché quello suo originale, Tarassicodissa, era difficile da pronunciare.

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Imperatori romani divennero Massimino il Trace, ma anche Filippo l’Arabo, per tacere dei Severi, mezzi originari dell’Africa e mezzi della Siria, oltre che una vagonata di Illirici. Il famoso ultimo imperatore di Occidente, il piccolo Romolo Augusto, era mezzo barbaro perché il padre era Flavio Oreste, generale straniero, sposato con una nobildonna romana che era figlia del governatore del Norico (Austria). E se questo succedeva ai massimi livelli del potere, immaginatevi cosa potesse succedere nelle classi subalterne.

Insomma, quando vedete in Tv un telefilm o un film con romani di colore, non gridate allo scandalo. Per loro sarebbe stato normale. Forse avrebbero trovato molto più assurdo, come diceva a Roland Barthes, che nel nostro immaginario gli antichi senatori e condottieri abbiano avuto per così tanto tempo le sembianze di avvocati WASP (White Anglo-Saxon Protestant.

Immagine anteprima di Sconosciuto - Sconosciuta, Pubblico dominio, via Wilimedia

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