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Lezioni di Storia / Ucraina, un paese prigioniero del proprio passato?

27 Febbraio 2022 16 min lettura

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Lezioni di Storia / Ucraina, un paese prigioniero del proprio passato?

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Lezioni di Storia, una rubrica di divulgazione storica partendo dal presente

Il granaio del mondo

La grande pianura sarmatica. Era questo il nome antico della attuale Ucraina: una pianura che agli occhi degli antichi appariva come senza confini, terra coltivata a grano e percorsa incessantemente da tribù di cavalieri e di valenti arcieri, abilissimi nel forgiare i metalli e creare armi. Era questa l’Ucraina delle origini, dei tempi degli antichi greci. Una terra che, anche se apparentemente defilata dai grandi eventi della storia, è invece stata spesso al centro di vicende importanti ed esiziali per la storia dell’Europa.

I Cimmeri e gli Sciti, gli abitanti dell’ombra e della notte

I Cimmeri, i primi abitanti noti della regione, sono citati da Omero, nell’Odissea, come stanziati all’estremo nord del mondo, in una terra perennemente avvolta da nebbie e dall’oscurità della notte, che sfuma nel nulla dell’indistinto verso le sponde dell’Oceano, il grande fiume che circonda le terre emerse. Erano considerati in diretto contatto con il regno dell’Ade e dei morti, tanto è vero che nelle loro terre era possibile contattare i trapassati perché le città dei Cimmeri avevano una specie di collegamento sotterraneo con l’Averno.

I Cimmeri, in realtà, sono oggi considerati una tribù di origine indoeuropea e iranica che si spostò assieme agli Sciti nell’area del Mar Nero verso il VII-VI secolo a.C. Erano collegati con la Colchide (attuale Georgia), il regno della mitica maga Medea, e poi si stanziarono nella Tauride, o Chersoneso Taurico, ovvero l’attuale Crimea, che dai Cimmeri forse prese il nome (altra ipotesi è che derivi da una radice turco-tartara).

Erano tutte zone che i Greci conoscevano bene e frequentarono. Vi ambientarono infatti alcune delle loro leggende: non dimentichiamo che Ifigenia, figlia di Agamennone che doveva essere sacrificata ad Artemide per ottenere il vento favorevole per raggiungere Troia, fu salvata in extremis dalla dea e portata appunto in Tauride, per divenire sacerdotessa. Inoltre i Greci fondarono in quelle zone alcune importanti colonie ed empori commerciali, come Olbia e Odessa.

La spedizione di Dario di Persia

Nel 514 a.C. la futura Ucraina appare per la prima volta nella grande storia. Dario di Persia, infatti, organizza una grande spedizione militare contro gli Sciti, che sono considerati pericolosi per le loro incursioni ai confini con l’impero persiano. Dario si porta dietro un esercito poderoso, di cui fanno parte anche numerosi Greci di Asia minore, che in quel momento sono ancora a lui fedeli e sono governatori delle città greche sottoposte al dominio dei Persiani. Il più fidato consigliere del re è infatti il milesio Istieo. Dario avanza per svariate settimane nel territorio ucraino, dopo aver lasciato sotto il comando di Istieo e di un altro greco, Milziade (sì, lui, il futuro vincitore della battaglia di Maratona) contingenti che devono controllare il ponte di barche sul fiume Istro (l’antico Danubio). Gli Sciti cercano di corrompere i Greci perché distruggano il ponte e abbandonino Dario al suo destino. Istieo convince i Greci a non farlo, e Dario, benché messo in difficoltà dagli attacchi di Sarmati e Sciti, riesce a tornare a casa. Ma la futura Ucraina rimane libera.

I Sarmati e i Romani

Con i Romani i Sarmati ebbero interazioni sporadiche ma burrascose. Erano tribù agitate che spesso cambiavano sede e causavano turbolenze. Qualche scontro si ebbe in epoca augustea. Ai tempi di Traiano, i Sarmati portarono aiuti ai Daci che l’imperatore sconfisse. Abbiamo anche notizie di una campagna militare di Marco Aurelio contro queste popolazioni: l’imperatore arruolò parecchi cavalieri Sarmati nei suoi eserciti (un contingente venne dislocato anche in Britannia) e tentò di organizzare il territorio in una provincia di Sarmazia, ma poi Marco Aurelio morì vittima della peste e non se ne fece più nulla.

Intanto in quelle lande sconfinate ma sempre in fermento arrivano nuove popolazioni. Nel III secolo d.C. fecero capolino i Goti, che poi furono scacciati a loro volta dagli Unni.

Nel V secolo d.C. contingenti di Sarmati impiegati nell’esercito romano furono stanziati in Pianura padana: furono all’origine di Pollenzo, Sarmeola, Sarmede e di altri paesi fra il Veneto e l’Emilia.

I vichinghi in Ucraina

Con un balzo in avanti andiamo a occuparci dell’Ucraina medievale. È lì che comincia a delinearsi quella complessa stratificazione politica e culturale che poi è all’origine dei problemi odierni.

I nuovi arrivati nell’area furono i Norreni, ovvero quelli che noi chiamiamo in modo impreciso “Vichinghi”; in realtà questa parola vuol dire genericamente “pirati”, non è perciò un etnonimo. Sono loro, gli uomini del nord, capitanati da Riurjk della tribù degli Obodriti, che attorno all’800 si spostarono dalle terre dell’attuale Mecleburgo verso Novgorod (vicino a San Pietroburgo) e poi scesero verso l’Ucraina per fondare la Ruš di Kiev. Anche Ruš , da cui deriva Russia, non è un etnonimo: è una parola che significa “i rematori”. Un modo un po’ più gentile che dire “pirati”, insomma. Kiev divenne capitale di un vasto dominio che controllava la navigazione sul Dnepr.

La Ruš di Kiev divenne un importante stato nell’area, combattendo prima contro i Bizantini, di cui poi divenne invece alleata, e contro i Kazari.

La svolta religiosa avvenne sotto il regno di Vladimir I il Grande che, nel 980, decise di convertirsi al cristianesimo per influsso dei bizantini (sposò infatti una figlia dell’imperatore d’Oriente) e fece convertire in massa il suo popolo. Kiev divenne patriarcato dipendente da Costantinopoli, con una influenza che arrivava fino alla Bulgaria. In pratica Kiev era una capitale religiosa e politica quando ancora Mosca era un oscuro villaggio perso nel nulla. Vladimir, rinominato “il Santo”, favorì l’insediamento di Russi nei territori e fondò numerose città e fortezze.

Purtroppo i successori di Vladimir si impelagarono in una serie di lotte dinastiche che indebolirono la struttura del regno. In declino, la Ruš di Kiev fu bersagliata dalle incursioni di diversi popoli invasori delle steppe, come i Cumani, che resero impraticabile la rotta fluviale sul Dnepr. Nel 1204 Costantinopoli fu saccheggiata dai Crociati e questo indebolì ulteriormente il regno di Kiev. Infine nell’area irruppero un nuovo devastante popolo di invasori: i Mongoli.

Ucraini e Russi, una faccia una razza?

La suddivisione della Ruš di Kiev in piccoli principati affidati a dinasti locali fece nascere anche le prime differenziazioni fra Ucraini, Bielorussi (o Russi bianchi) e Russi. Ucraini e Bielorussi, anche in virtù della posizione geografica, ebbero culturalmente rapporti più stretti con Polacchi e e Lituani, mentre i Russi restarono più proiettati verso l’Asia. La prima menzione del termine "Ucraina" è usata per definire il territorio del principato di Perejaslav e di Kiev, dopo il 1054.

Ma si avvicinano tempi duri. Dalle steppe dell’Asia infatti arrivano i Mongoli, e i Tartari (o Tatari), fondatori di un impero esteso che va dalla Cina all’Europa. Nel 1240 Kiev venne devastata, anche se i Mongoli non controllarono poi direttamente la regione, ma preferirono trasformare i principati ucraini in loro stati vassalli soggetti a tributi. La vera fine dell’indipendenza dei principati ucraini avvenne con l’invasione dei granduchi della Lituania. I Lituani conquistarono territori fino al Mar Nero e poi si fusero con la Polonia attraverso il matrimonio dinastico di Edvige di Polonia con il duca Jogaila di Lituania (poi divenuto Ladislao II Jagellone di Polonia).

La Crimea invece rimase sotto il governo dei Mongoli

Intanto però una dinastia imparentata con l’antico fondatore della Ruš di Kiev, Riurjk, prende il potere nella regione in cui c’è anche un piccolo villaggio perso in mezzo ai boschi del nord: l’avamposto si chiama Mosca, ed è sotto il dominio della repubblica di Novgorod: è stato ricostruito dopo che i Mongoli lo hanno raso al suolo. Il principale esponente di questa casata è Alexander Nevskij, principe di Vladimir Suzdal’ e anche principe di Kiev, che passa gran parte della sua vita a guerreggiare contro gli Svedesi e i rappresentanti dell’ordine monastico religioso dei Cavalieri Teutonici per ritagliarsi un dominio personale nella regione. Combatte anche a fianco dei Mongoli, che restano pur sempre una potenza nella regione. Nel 1299 anche il potere religioso si sposta da Kiev a Vladimir e poi nel 1325 a Mosca, nuova sede del patriarcato. I principi di Mosca, successori di Alexander, ampliano il loro stato rimanendo per qualche tempo tributati dei Mongoli. A partire dal  XIV secolo divengono via via più indipendenti e ricchi e nel XV si espandono verso l’Asia.

Sotto i Polacchi e i Lituani (con l’aggiunta dei Cosacchi)

Nel 1386 Lituania e Polonia si erano unite territorialmente, e controllavano gran parte del territorio ucraino. La regione era suddivisa in palatinati: Rutenia, Belz, Volinia, Podolia, Kiev, Cernigov e Braclaw. La Rutenia transcarpatica era invece sotto il dominio del regno di Ungheria e la regione di Odessa sotto la Moldova e quindi tributaria dell’impero Ottomano. In questa mappa già abbastanza variegata si inseriscono anche i Cosacchi, che fondano insediamenti lungo il Dnepr a partire dal XVI secolo.
I Cosacchi non sono una vera e propria etnia: sono dei cavalieri senza padrone, sorta di cani sciolti che vendono i loro servizi militari a chi ne ha bisogno. Anche se in origine pare fossero Tartari, e il nome derivi forse dalla parola turco-tartara kazaq (uomo libero), a partire dal 1300 vengono indicati con questo nome anche Slavi di diverse provenienze. Questi avventurieri e sbandati avevano fondato insediamenti indipendenti nell’area del basso Dnepr (l’area delle rapide del fiume). Nel 1583 questa area fu conquistata dai Lituani-Polacchi e annessa al Palatinato di Kiev. Tenerli sotto controllo sarà però problematico: i Cosacchi si ribelleranno più volte e nel 1648 formeranno l’Etmanato cosacco, che è in pratica una enclave all’interno dello Stato polacco. Pochi anni più tardi vi fu una nuova spartizione: l’Etmanato cosacco fu spartito fra Polacchi e Russi, mentre il Khanato di Crimea, che era governato dai Tartari, continuava a rimanere indipendente.

La fine del 1600 e il 1700 portarono grandi sconvolgimenti nella regione. I territori cosacchi furono riassorbiti: fra il 1699 e il 1704 cessò di esistere l’Etmanato polacco, nel 1708 Pietro il Grande stroncò una rivolta nella parte russa che era stata sobillata dagli Svedesi. Fu però Caterina la Grande ad annettere lo stato cosacco definitivamente all’impero russo, nel 1764, dopo l’ennesima rivolta capeggiata da Emelian Pugaciov, un avventuriero cosacco che organizzò un esercito per combattere la zarina e si presentò alle masse come il sosia del defunto marito di Caterina (che era tedesca di nascita) e che lei stessa aveva esautorato dal potere.

Anche il resto della regione non trovava pace: il Khanato di Crimea fu ceduto dagli Ottomani alla Russia, mentre l’Austria si prese la Galizia e la Lodomiria (con Leopoli). All’interno dell’impero russo gli ucraini dovettero sopportare alcune discriminazioni: si portò avanti una “russificazione” del territorio, impedendo l’uso della lingua ucraina (il ruteno o russino). Tuttavia la regione fra il 1700 e il 1800 era di nuovo uno dei granai mondiali. Il porto di Odessa era un fiorentissimo centro di commercio di granaglie, Kiev un importante centro tessile, e dal lato asburgico, Leopoli una delle città più ricche dell’impero.

Ma un nuovo rivolgimento epocale era all’orizzonte: la Prima guerra mondiale e la Rivoluzione Russa incombevano.

1917-1922: le tre Ucraine

L’Ucraina è ed è sempre stata un crogiolo di popoli. Mischiati fra loro da millenni, è impossibile scinderli ma difficile tenerli uniti. Nel corso dell’Ottocento in tutta Europa il nazionalismo predicava la nascita di stati omogenei, Russi con Russi, Tedeschi con Tedeschi, Polacchi con Polacchi: una ideologia che è stata deleteria in moltissime zone di Europa, ma in Ucraina era largamente impraticabile.

Nel 1918 alla fine della Grande guerra l’impero austroungarico si dissolve in poche settimane. I territori ucraini che erano sotto l’impero, con Leopoli, proclamano la Repubblica Nazionale dell’Ucraina Occidentale. La composizione etnica è variegata: ci sono ucraini, ma anche un 12% di ebrei, un 25% di Polacchi, e poi Tedeschi, Cechi e altre nazionalità. A ribellarsi per primi sono i Polacchi, che vogliono unirsi alla Polonia, e sono la maggioranza a Leopoli e nelle città, mentre le campagne sono abitate da Ucraini, che vogliono restare indipendenti. Nel luglio del 1919 sono già in guerra con la Polonia, ma vengono sconfitti. Si uniscono, anche se in maniera molto effimera e formale, alla Repubblica Popolare di Ucraina, che continua a combattere per l’indipendenza e cerca di staccarsi dall’influenza sovietica. Molti esponenti della Repubblica dell’Ucraina occidentale, dopo la disfatta contro i Polacchi, trovano asilo in Cecoslovacchia. L’URSS con l’Armata Rossa li invade nel 1920, creando la Repubblica Sovietica di Galizia, che però non ebbe mai il controllo di Leopoli e delle zone con giacimenti petroliferi. Nel 1921, con la Pace di Riga, il territorio torna sotto il controllo polacco fino al 1939.

Intanto nella ex-Ucraina russa la situazione è complicatissima. La Repubblica Popolare di Ucraina, con capitale a Kiev, nasce nel marzo del 1917, all’indomani della Rivoluzione russa che esautora lo Zar e crea un nuovo governo popolare della effimera Repubblica Russa. Il congresso ucraino è un congresso dove il partito socialista ha la maggioranza, ma non i bolscevichi, ovvero la fazione più rivoluzionaria che fa capo a Lenin. L’Ucraina ha una forte vocazione indipendentista.

Nell’ottobre del 1917 (in realtà il 6 novembre, ma in Russia seguono ancora il calendario giuliano e sono quindi indietro di un mese rispetto all’Occidente) Lenin organizza torbidi in piazza a Pietrogrado e prende il potere. Il 7 novembre nasce la Repubblica Federativa Sovietica Russa. L’Ucraina, come abbiamo visto, si proclama indipendente da Mosca. Ma Lenin e Stalin non possono permettere una defezione così importante. All’interno dell’Ucraina i Bolscevichi vengono però avversati. Kiev viene squassata dagli scontri, i bolscevichi non riescono a tenere sotto controllo la situazione e sono costretti ad abbandonare la capitale per rifugiarsi a Charkiv, dove fondano la Repubblica Socialista Sovietica Ucraina.

La giovane Repubblica Popolare Ucraina cerca l’appoggio e il riconoscimento internazionale della Germania per uscire dalla guerra mondiale da sola. Intanto la Crimea è una delle basi operative dell’Armata Bianca, la formazione militare filozarista. Lenin e Stalin decidono di usare l’Armata Rossa, già stanziata nei pressi del Don, per avere ragione di tutte queste sacche di resistenza.

Il 3 marzo del 1918 Lenin firma con la Germania il trattato di Brest-Litovsk, che gli serve per defilarsi dalla guerra mondiale. L’Ucraina è in pratica la sua merce di scambio: la Repubblica Popolare di Ucraina viene ceduta e diviene uno stato fantoccio dei tedeschi.

Ma poi la Germania perde la prima guerra mondiale, e la pace di Riga del 1921 rimette tutto in discussione. L’Ucraina ex-russa torna sotto i sovietici, ma stavolta Lenin è saldamente al comando. E per l’Ucraina non è un buon affare.

L’Holodomor

Fra il 1931 e il 1933 una spaventosa carestia colpisce l’URSS. Causa in Ucraina fra i 2,6 e i 5 milioni di morti. Viene per questo soprannominata Holodomor: “morte per fame”, o più propriamente “sterminio per fame”. Perché il dubbio è che la carestia non sia stata solo una tragedia “naturale”, ma che gli effetti siano stati amplificati e usati per punire e piegare gli ucraini.

L’Ucraina è sempre stata il granaio d’Europa. Ma il governo sovietico ha premuto sulla collettivizzazione delle imprese agricole e nemmeno nei momenti di peggior penuria ha permesso che fossero ridotte le esportazioni di grano verso l’estero, causando la morte per fame di milioni di persone. Tanto è vero che il Parlamento Europeo ha riconosciuto nel 2008 all’Holodomor lo status di crimine contro l’umanità proprio per la deliberata volontà del governo sovietico di non tenere minimamente conto dei bisogni della popolazione ucraina e di punirla per le decisioni prese ai tempi della Rivoluzione d’Ottobre.

La seconda guerra mondiale e il collaborazionismo con i Nazisti

L’Operazione Barbarossa, il piano nazista per l’invasione della Unione Sovietica, inizia il 22 giugno del 1941. Ad arrivare in Galizia e Ucraina sono la VI, l'XI e la XVII armata con 800 carri armati. Avanzano verso Kiev e verso Odessa. Gli impianti industriali della regione, per non venire lasciati al nemico, vengono smontati e trasferiti verso gli Urali. Per i civili no, non c’è posto. Restano in balia dei Nazisti.

È una guerra sporca e dura, quella di Russia, in cui tutto il risentimento covato per anni viene fuori anche da parte degli Ucraini. Molti si arruolano nelle SS in funzione antibolscevica e antirussa.

L’organizzazione dei Nazionalisti Ucraini, fondata da esuli nel 1929 a Vienna, è già attiva da anni in Europa. È un partito di ispirazione fascista, che vuole colpire Polacchi e Russi. Il suo braccio armato è l’Esercito insurrezionale ucraino, che accoglie all’inizio i Nazisti come liberatori, anche se poi non è soddisfatto nelle loro intenzioni che prevedono l’annessione dell’Ucraina stessa, e finisce per combattere contro i tedeschi e anche contro l’Armata rossa.

Particolarmente alto fu in Ucraina il numero di vittime dell’Olocausto.

La percentuale di popolazione di origine ebraica in Ucraina era alta, soprattutto nelle città. Infatti l’Ucraina già ai tempi dell’impero russo è una delle “zone di residenza” in cui gli ebrei hanno il permesso di abitare e commerciare. Anche il tasso di collaborazionismo con il nazismo risulta elevato.

La repressione è durissima. Nel 1941 a Babi Yar, vicino a Kiev, 33771 ebrei sono uccisi fra il 29 e il 30 settembre; più di 150mila i civili sterminati nelle settimane successive. Le truppe naziste e i collaborazionisti hanno l’ordine di eliminare ebrei, rom, civili e funzionari sovietici senza pietà. I Nazionalisti Ucraini si offrono volontari per dare supporto alla Wehrmacht e molti si uniscono alle SS. Circa 250mila ucraini sono arruolati in formazioni di supporto chiamate "Unità  militari nazionaliste" o “Confraternite dei nazionalisti". Una ferita ancora aperta perché alla fine delle ostilità molti criminali non furono perseguiti, e figure come Stepan Bandera, che è stato accusato di aver collaborato a massacri di Polacchi e di aver avuto parte attiva nell’Olocausto, è stato insignito del titolo di eroe dell’Ucraina nel 2010.

Il Donbass

Il 12 febbraio del 1918, tre giorni dopo che la Repubblica Popolare di Ucraina ha firmato un trattato con la Germania per uscire dalla Prima guerra mondiale, le regioni del Nord-Est dell’Ucraina si secedono e proclamano la nascita della Repubblica sovietica di Donetzk-Krivoy Rog. L’area è nota anche con il nome di Donbass perché copre il bacino del fiume Donec, affluente del Don.

Si tratta di un’area di confine militarizzata dai Russi nel 1600, con una serie di insediamenti che doveva tenere sotto controllo i Tartari di Crimea. Per lungo tempo l'area ha fatto parte dell’Etmanato cosacco, venendo poi assorbita nell’impero russo. La ricchezza della regione si basava sul commercio del sale estratto dai numerosi laghi salati e poi, nel 1700, sullo sviluppo di una fiorente economia industriale che sfruttava le riserve di carbone. La principale città della regione, Donetzk, è stata fondata però da un gallese, John Hughes, nel 1869. La popolazione, fin dai tempi dell’impero, era mista, con importanti presenze di molte comunità, come Ebrei, Tedeschi e Tartari. La popolazione ucraina era già allora maggioritaria nelle campagne, mentre nelle città la maggioranza della popolazione era russa.

Negli anni ‘20 il Donbass fu sottoposto ad una operazione di “russificazione” da parte di Stalin: la popolazione cosacca e quella ucraina furono drasticamente ridotte anche dalle conseguenze dell’Holodomor.

Il Donbass fu al centro della operazione Barbarossa di Hitler, che considerava un obiettivo strategico l’acquisizione delle ricchezze della regione. I lavoratori specializzati furono deportati in Germania e la popolazione locale fu sterminata. Solo nel 1943 l’Armata Rossa rientrò in possesso della regione, che fu riunificata con l’URSS. Stalin e i suoi successori favorirono il trasferimento di popolazione di origine russa nella regione, tanto è vero che nel 1959 i Russi costituivano ormai la maggioranza assoluta con il 45% della popolazione. Nel 1991 la proclamazione dell’Ucraina come stato indipendente non fu ben digerita da parte della popolazione locale filorussa. Nacque il Movimento internazionale del Donbass contrario all’indipendenza. Dal 2014 la regione si è autoproclamata indipendente dall’Ucraina ma è stata riconosciuta ufficialmente dalla Russia solo pochi giorni fa.

La Crimea e il problema dello sbocco al mare

La Russia è da sempre una grande potenza che però non ha un naturale sbocco al mare. I porti che si affacciano sul Baltico a nord e consentono a sud l’accesso al Mare Nero e quindi al Mediterraneo non sono di sua pertinenza geografica. A partire dal 1600 guadagnare lo sbocco al mare è sempre stato un obiettivo della Russia, e in questo il controllo dell’Ucraina e della Crimea sono quindi un passaggio strategico, militare ed economico. Il corridoio che passa per il Donbass e poi termina in Crimea è quindi un territorio che la Russia necessita di avere a sua disposizione.

La Crimea è stata annessa all’impero Russo nel 1783 da Caterina la Grande. I porti della penisola sono stati le basi della flotta russa nel Mar Nero. La penisola entra a far parte dell’URSS nel 1920 come Repubblica Socialista Sovietica Autonoma di Crimea.

Negli anni della Seconda guerra mondiale la Crimea si trova nell’occhio del ciclone. La sua popolazione mista viene bersagliata dai nazisti, ma anche i Sovietici nutrono sospetti sulla fedeltà della popolazione. Le minoranze etniche sono così deportate altrove. Particolarmente duro è il destino della comunità tedesca e di quella italiana, sospettate di collaborazionismo (anche se numerosi loro esponenti erano esuli antifascisti e antinazisti scappati proprio dai regimi dei rispettivi paesi).

La Crimea, e in special modo Yalta, è anche teatro dell’accordo di spartizione delle sfere di influenza fra le grandi potenze poco prima della fine della guerra: Churchill, Roosevelt e Stalin si ritrovarono segretamente in Crimea per disegnare gli scenari post bellici.

La svolta politico amministrativa per questa regione avviene nel 1954, quando la Crimea è annessa all’Ucraina da Nikita Chruščëv, per celebrare i 300 anni di storia comune fra Russia e Ucraina. Il “dono” in realtà è più che altro un atto formale, all'epoca senza conseguenze pratiche, perché comunque l’Ucraina faceva parte dell’URSS e i porti della Crimea restavano quindi sotto il completo controllo del Cremlino.

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Il problema politico e strategico però emerge quando nel 1990 l’URSS si disfa. La Russia si trova di fronte al paradosso di dover lasciare la sua flotta ancorata in porti che tecnicamente fanno parte di un altro Stato sovrano. Nel 1995 è  stata creata una Repubblica autonoma di Crimea all’interno dei confini dell’Ucraina. La maggioranza della popolazione è di origine russa, ma sono presenti minoranze tartare e ucraine. Il problema non viene però veramente risolto. Infatti nel 2014 truppe russe occupano la Crimea, in precedenza annessa alla Russia come Repubblica di Crimea a seguito di un referendum popolare. Ma Unione Europea e ONU non hanno mai riconosciuto la legittimità di questa annessione, ragion per cui la Russia è stata colpita da sanzioni economiche che ora, con lo scoppio di questa nuova guerra per il Donbass, rischiano di aggravarsi ulteriormente.

L’instabilità quindi di questa regione ha radici antiche ed è dovuta alla stratificazione etnica avvenuta nei secoli precedenti. Le ideologie nazionaliste hanno soffiato sul fuoco, dagli inizi del ‘900 in poi, creando spaccature e conflitti che oggi sono difficilissimi da sanare, perché diffidenza e desiderio di rivalsa per antichi torti offuscano spesso il buon senso e rendono questa terra, come molte altre, martoriata nel presente perché prigioniera del proprio passato.

Immagine anteprima: Postcard published by the Ukrainian Brigade 1920., Public domain, via Wikimedia Commons

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