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C’è davvero bisogno di una riforma della legittima difesa?

23 Ottobre 2018 20 min lettura

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C’è davvero bisogno di una riforma della legittima difesa?

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Approvata in via definitiva la riforma della legittima difesa

Aggiornamento 28 marzo 2019: il Senato ha approvato in via definitiva il provvedimento che riforma la legittima difesa.

In questo approfondimento aggiornato al 28 marzo spieghiamo come era regolata la legittima difesa in Italia prima della riforma, come funziona in altri paesi europei, cosa prevede la legge approvata dalla maggioranza Lega-M5s, cosa hanno dichiarato associazioni ed esperti sul tema e quali saranno le possibili conseguenze.

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La difesa è sempre legittima”. Con questo slogan della Lega, oggi arriva in aula al Senato il disegno di legge (Ddl), licenziato dalla Commissione Giustizia, sulla legittima difesa. L'annuncio di una riforma della norma, presente nel “contratto di governo” Conte, è da tempo uno dei cavalli di battaglia di Matteo Salvini. 

Nei giorni scorsi, i media hanno raccontato come il provvedimento fosse però tra gli argomenti di frizione tra gli alleati di governo Lega e Movimento 5 stelle. Durante l'iter in Commissione erano stato presentati degli emendamenti da parte dei 5 Stelle che puntavano a un restringimento dei casi in cui la difesa può essere considerata legittima. Successivamente, però, fonti parlamentari hanno fatto sapere che il M5S aveva ritirato questi emendamenti, perché non avevano trovato d'accordo l'alleato di governo. 

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Diversi magistrati, avvocati penalisti e professori di diritto, all'inizio dell'iter parlamentare del provvedimento, hanno affermato che in Italia non c'è bisogno di riformare la legittima difesa e che le varie proposte di legge di diversi gruppi parlamentari con questo obiettivo non hanno "quella ponderazione necessaria per rimettere mano alla questione". L'Associazione nazionale dei magistrati (ANM), ad esempio, aveva denunciato che uno di questi Ddl, in caso di approvazione, avrebbe rischiato di legittimare reati gravissimi, fino all'omicidio.

Come funzionava la legittima difesa prima della riforma voluta dalla Lega

Tra le giustificazioni di chi commette un reato, il codice penale all’articolo 52 prevede la “legittima difesa”. In base a questa norma, “non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa”. Ad esempio, che non si risponda a uno schiaffo con un colpo di pistola volto a uccidere. 

Quindi, come spiega il Centro studi del Senato, i requisiti per l’esistenza di difesa legittima sono: l'esistenza di un diritto da tutelare (proprio o altrui), la necessità della difesa, l'attualità del pericolo, l'ingiustizia dell'offesa, il rapporto di proporzione tra difesa e offesa.

Nel 2006 il governo Berlusconi (nella cui maggioranza era presente la Lega Nord) riforma l’articolo 52 (con la legge n.59 del 13 febbraio), aggiungendo altri due commi (il secondo e il terzo) che introducono la "legittima difesa domiciliare" (o allargata), sempre in un rapporto di proporzione tra difesa e offesa. Questa norma stabilisce il diritto all’autotutela nella propria casa (come anche negli spazi condominiali, in base a una recente sentenza della Cassazione), in un negozio, in un ufficio e in azienda. La “legittima difesa domiciliare” sussiste quando si utilizza "un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo" per difendere la "propria o altrui incolumità" o dei "beni propri o altrui", quando il “reo” non desiste (dall'azione illecita) e vi è pericolo di aggressione.

In un documento di novembre 2015 prodotto dalla Camera dei Deputati viene analizzato come funziona la legittima difesa in Europa, in particolare in Francia, Germania e Spagna.

In Francia per la légitime défense sono previste due norme. L’articolo 122-5 stabilisce una regola generale, mentre il 122-6 una sua eccezione. La prima norma fa una distinzione tra le due ipotesi di difesa della persona e del patrimonio, “dettando una disciplina più rigorosa in relazione alla seconda, nell’intento di garantire, soprattutto in tale caso, la protezione minima dovuta anche all’ingiusto aggressore”. Anche in Francia è previsto il requisito della proporzionalità tra difesa e offesa:

Art. 122-5: “Non risponde penalmente la persona che, a fronte di un attacco ingiustificato contro di sé o un’altra persona, compie, nello stesso momento, un atto imposto dalla necessità della legittima difesa per sé stesso o un’altra persona, salvo che vi sia sproporzione tra i mezzi impiegati per la difesa e la gravità dell’attacco.

Non risponde penalmente la persona che, per interrompere l’esecuzione di un crimine o di un delitto contro un bene, commette un atto di difesa, diverso da un omicidio volontario, allorché questo atto sia strettamente necessario allo scopo perseguito, fin quando i mezzi sono proporzionati alla gravità dell’infrazione”.

Tramite l’art. 122-6, poi, si stabilisce “una protezione rinforzata ai beni del domicilio e, congiuntamente, della persona e del patrimonio”:

Art. 122-6: Si presume che abbia agito in stato di legittima difesa colui il quale ha commesso l’atto: 1° per respingere, di notte, l’ingresso con effrazione, violenza o inganno in un luogo abitato; 2° per difendersi dagli autori di furto o saccheggio eseguiti con violenza”.

Gli articolo 32 e 33 del codice penale tedesco regolano invece la legittima difesa in Germania. Secondo tali norme, spiega il documento della Camera, “si definisce ‘legittima difesa’ quella necessaria per respingere da sé o da altri un attacco presente: pertanto, non agisce in maniera antigiuridica chi commette un fatto imposto dalla legittima difesa (§ 32). A completare il quadro (...) interviene il successivo § 33, il quale stabilisce che non è punito chi ecceda i limiti della difesa per "turbamento, paura o panico”.

L’aggressione dunque deve essere “presente”, questo significa che il pericolo deve essere imminente, oppure che essa avvenga precisamente nel momento dell’atto di difesa o anche che essa può continuare nel tempo. I giuristi tedeschi, scrive Giulia Merlo su Il Dubbio, per individuare il momento in cui inizia lo stato di legittima difesa che giustifichi la reazione, “fanno riferimento al momento del «pericolo immediato e diretto», oppure al momento in cui «l’aggressore passa dallo stadio degli atti preparatori a quello del tentativo»”.

A questi due articoli che regolano la legittima difesa, si aggiunge il § 213 del codice penale (“Casi di omicidio meno gravi”) che prevede la pena detentiva da uno a dieci anni “qualora l’omicida (Totschläger) sia stato senza sua colpa eccitato all’ira da parte dell’uomo ucciso, per un maltrattamento o una grave offesa arrecata a lui o a un congiunto, e a causa di ciò sia stato immediatamente trascinato alla commissione del fatto”.

Il documento della Camera spiega che “occorre ricordare che il codice penale tedesco compie una distinzione tra Mord (traducibile come “omicidio qualificato”) e Totschlag (traducibile come “omicidio semplice”), definendo Mörder (omicida qualificato, § 211) colui che uccide un uomo “per desiderio di uccidere, per la soddisfazione di un istinto sessuale, per avidità od altrimenti per bassi motivi, perfidamente o crudelmente o con mezzi di comune pericolo, oppure per rendere possibile od occultare un altro reato” e prevedendo per tale fattispecie di reato la pena detentiva a vita. L’omicida semplice è invece, ai sensi del § 212, “chiunque uccida un uomo senza essere un assassino” e per tale distinta fattispecie è prevista una pena detentiva non inferiore a cinque anni”.

Infine, la legìtima defensa in Spagna è regolata dall’articolo 20 (comma 4) del codice penale:

Art. 20, comma 4: “Sono esenti da responsabilità penale (…) chi agisce in difesa della persona o di diritti propri o altrui, sempre che ricorrano i seguenti requisiti: Primo. Aggressione ingiusta. Quando si difendono dei beni, si considera aggressione ingiusta l’attacco ai medesimi che costituisce delitto e li espone a un pericolo grave e imminente di perdita o distruzione. In caso di difesa della dimora o delle sue dipendenze si considera aggressione ingiusta l’indebita introduzione in esse. Secondo. Ragionevole necessità del mezzo impiegato per impedirla o respingerla. Terzo. Mancanza di adeguata provocazione da parte dell’aggredito”.

Anche se nella norma non viene specificato a quali beni si riferisce il pericolo di aggressione, continua il Centro Studi del Senato, quello che si ricava dagli stessi lavori preparatori della legge 59/2006 è che “tale pericolo debba intendersi riferito alla vita e alla incolumità delle persone presenti nel domicilio”. Il relatore di maggioranza della legge, infatti, durante i lavori preparatori, precisò che "il pericolo di aggressione si riferisce alle persone e non alle cose..." e che il comportamento di chi spara alle spalle del ladro che scappa "era e rimarrà punibile anche dopo l'approvazione” della legge. Anche perché, continua il rapporto, “se il pericolo di aggressione fosse stato riferito solo ai beni patrimoniali, l'art. 52, secondo comma, risulterebbe in contrasto con l'art. 2, comma 2, della CEDU, che ammette la liceità dell'uccisione di una persona da parte del soggetto aggredito soltanto” quando “tale comportamento risulti ‘assolutamente necessario’ per respingere una violenza illegittima in atto contro una persona e non una mera aggressione al patrimonio”.

Il Centro Studi del Senato specifica anche che sul rapporto di proporzionalità tra difesa e offesa, negli anni la dottrina e la giurisprudenza hanno ritenuto opportuno tenere conto di vari fattori: del fatto che l'aggressore può essere tutelato in misura minore rispetto all'aggredito, di tutte le circostanze che concretamente possono influenzare il giudizio di proporzione difesa-offesa (intensità del pericolo, caratteristiche fisiche dell'aggredito e dell'aggressore, tempo e luogo dell'azione); dei mezzi di difesa a disposizione della vittima.

Altra questione è quella dell’eccesso colposo di legittima difesa, cioè quando da parte dell’aggredito, nonostante non ci sia una volontà di commettere un reato, c’è una difesa eccessiva nei confronti del reo, venendo meno il requisito della proporzionalità tra difesa e offesa. Questa situazione viene regolata dall’articolo 55 del codice penale. La valutazione della scriminante, cioè decidere se esiste o meno la legittima difesa in base a tutti i fatti e le circostanze fornite anche dal soggetto che ha difeso il diritto proprio o altrui, spetta al giudice “che terrà conto di un complesso di circostanze oggettive: dell'esistenza di un pericolo attuale o di un'offesa ingiusta; dei mezzi di reazione a disposizione dell'aggredito e del modo in cui ne ha fatto uso; del bilanciamento tra l'importanza del bene minacciato dall'aggressore e del bene leso da chi reagisce”.

Come ha cambiato la legge il governo Conte

Questa estate sono stati presentati al Senato otto disegni di legge che puntano a modificare la legittima difesa e ad aumentare le pene per alcuni reati contro il patrimonio. Ai primi di ottobre la Commissione Giustizia del Senato adotta un testo unificato, cioè una "sintesi" delle varie proposte in esame, presentato dal presidente di Commissione Andrea Ostellari della Lega.

Il testo finale approvato dal Senato (composto da 9 articoli) prevede:

  • a) Nuova legittima difesa

All’articolo 52, al seconda comma, viene inserito l'avverbio “sempre” dopo la parola “sussiste”. In questo modo il nuovo articolo recita:  

Nei casi previsti dall'articolo 614, primo e secondo comma, sussiste sempre il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere: a) la propria o la altrui incolumità: b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d'aggressione.

Questa nuova previsione – che varrà, oltre che nel proprio domicilio, anche in ogni altro luogo dove viene esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale –, punta a eliminare ogni residuo spazio di discrezionalità da parte del giudice nella valutazione della proporzionalità tra la difesa e offesa, perché si stabilisce che la difesa si considera “sempre” proporzionata all’offesa, spiega Altalex

Inoltre, agli attuali tre commi che compongono l’articolo 52, ne viene aggiunto un quarto che prevede che la legittima difesa valga sempre quando si respinge un’intrusione “posta in essere con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone”.

  • b) Come cambia l’eccesso colposo

All’articolo 55 che regola l’eccesso colposo dei limiti della legittima difesa, viene aggiunto un secondo comma che prevede la non punibilità per chi ha commesso il fatto per la salvaguardia della propria o altrui incolumità anche quando ha agito “in stato di grave turbamento, derivante dalla situazione di pericolo in atto”.

  • c) Aumentano le pene per violazione di domicilio, furto in abitazione o scippo e rapina

Violazione di domicilio (articolo 614 c.p.): la pena minima passa da 6 mesi a 1 anno, mentre quella massima da 3 anni a 4 anni. Nell’ipotesi di reato con l’aggravante  (cioè se il fatto è commesso con violenza sulle cose, o alle persone, oppure se il colpevole è “palesemente armato”) la pena minima passa da 1 anno a 2 anni e quella massima da 5 a 6.

Furto in abitazione o scippo (articolo 624 bis c.p.): le pene previste passano da un minimo di 3 anni a 4 anni, mentre il massimo passa da 6 a 7 anni. Le pene aumentano anche nell’ipotesi aggravata, passando a un minimo di 5 anni a un massimo di 10 anni. Viene inoltre stabilito che in caso di condanna, “la sospensione condizionale della pena è (...) subordinata al pagamento integrale dell'importo dovuto per il risarcimento del danno alla persona offesa”.

Rapina (articolo 628 c.p.): la pena minima passa da 4 anni a 5, mentre quella massima resta sempre 10 anni. Per la rapina aggravata, è prevista una pena minima di 6 anni (mentre ora è 5 anni). Viene anche aumentata la multa, dagli attuali 1.290-3.098 euro si arriva a 2.000-4.000 euro.

  • d) Interventi sul codice civile

Il provvedimento modifica anche l’articolo 2044 del codice civile che stabilisce che “non è responsabile chi cagiona il danno per legittima difesa di sé o di altri”. Il Servizio Studi del Senato spiega che l'intento di questa norma è di fare in modo che "l'autore del fatto, se assolto in sede penale, non debba essere, in nessun caso, obbligato a risarcire" il danno causato per legittima difesa.

Invece, nel caso in cui venga riconosciuto dai giudici l'eccesso colposo di legittima difesa, al danneggiato è riconosciuto il diritto ad una indennità, che dovrà essere calcolata tenendo conto “della gravità, delle modalità realizzative e del contributo causale della condotta posta in essere dal danneggiato”.

  • e) Il patrocinio sarà a spese dello Stato in caso di archiviazione o proscioglimento

Il testo prevede che “l'onorario e le spese spettanti al difensore, all'ausiliario del magistrato e al consulente tecnico di parte di persona” nei cui confronti è riconosciuta la legittima difesa (con l'archiviazione, il proscioglimento o il non luogo a procedere) spetterà allo Stato. Nel caso in cui, però, “a seguito della riapertura delle indagini, della revoca o della impugnazione della sentenza di non luogo a procedere o della impugnazione della sentenza di proscioglimento, sia pronunciata sentenza irrevocabile di condanna”, lo Stato ha diritto di richiedere le somme anticipate nei confronti della persona condannata.

Per la copertura finanziaria di questo articolo vengono stanziati 590mila per il triennio 2019-2021.

Critiche al disegno di legge

Il disegno di legge è stato criticato da Fratelli d’Italia e Partito democratico, per ragioni opposte, scrive il Fatto quotidiano. Da una parte Ignazio la Russa afferma che il testo consente ancora “ai magistrati inquirenti di esercitare una discrezionalità troppo ampia”, dall’altra la senatrice dem Valeria Valente denuncia che “con il testo sulla cosiddetta legittima difesa approvato dalla maggioranza, lo Stato lascia più soli i cittadini, (...) chiedendo loro di proteggersi da soli, esponendoli così a più rischi e più violenza”. In un’intervista il presidente della Commissione Giustizia, il leghista Ostellari, ha ribattuto dicendo che «si tratta di un buon disegno di legge che risponde alle esigenze dei cittadini sotto vari aspetti» e che chi parla di rischio Far West «dice una corbelleria» perché  il testo «non contiene alcuna norma tesa a liberalizzare la vendita, la detenzione e l’uso delle armi».

L’obiettivo del disegno di legge è quello di evitare al massimo i processi per chi si è difeso. In realtà, scrivono Bianca Lucia Mazzei e Guido Camera su Quotidiano del Diritto, già con le norme attuali quasi tutte le sentenze sono di assoluzione o comportano pene minime. Inoltre, in base ai dati disponibili forniti dal Ministero della Giustizia, il numero di procedimenti penali relativi a casi di legittima difesa e di eccesso colposo è stato negli anni molto basso: ad esempio, dal 2013 al 2016 i procedimenti definiti in dibattimento nei Tribunali Italiani sono stati 10 per la legittima difesa e 5 per l'eccesso colposo in legittima difesa. A ciò Ostellari ha ribattuto che «è vero che la maggior parte dei processi si conclude con assoluzioni, ma questo avviene con percorsi che durano anni e si traducono in sofferenza e spese che vogliamo cancellare. La norma deve essere così chiara da permettere ai Pm di archiviare la stragrande maggioranza dei procedimenti». Mazzei e Camera specificano che “l'archiviazione è un epilogo, comunque già oggi possibile: è stata disposta ad esempio a Milano, nel 2017, per la posizione di un pensionato che, di notte, terrorizzato da un'intrusione domiciliare, aveva sparato al ladro disarmato, uccidendolo”. I fatti di cronaca più dibattuti negli ultimi anni si sono in effetti conclusi con l'archiviazione e il riconoscimento della legittima difesa: il caso Stacchio, il caso Sicignano, il caso Corazzo, il caso Birolo.

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Infine, secondo Sabino Cassese, giudice emerito della Corte Costituzionale, intervistato al programma radiofonico Circo Massimo, «è un errore dichiarare che la difesa in casa è sempre legittima. Che ci sia una legittima difesa è già previsto, solo che se sia legittima e se sia proporzionata al pericolo che corre la persona, lo deve decidere un giudice». Per questo motivo per Cassese il disegno di legge presenterebbe anche profili di incostituzionalità.

Considerazioni di esperti e associazioni

Tra agosto e settembre, prima della votazione del testo unificato, la Commissione Giustizia del Senato ha ascoltato in audizione, associazioni ed esperti sui diversi disegni di legge di riforma della legittima difesa: le associazioni delle vittime si sono dette favorevoli a disegni di legge di modifica dell’articolo 52. Quelle di categoria, come commercianti, benzinai, farmacisti, tabaccai, maggiormente coinvolte, hanno sì aperto alla riforma ma hanno anche chiesto interventi di prevenzione ai possibili crimini nei loro confronti. Infine, magistrati, avvocati e professori di diritto penale sono quelli che hanno più criticato dal punto di vista tecnico i vari testi di riforma presentati in Commissione, affermato che non c'è bisogno di una riforma dell'articolo 52 del codice penale e sottolineato, principalmente, come sia imprescindibile il ruolo del magistrato nello stabilire, in base a quanto emerso delle indagini, se esiste o meno il principio di proporzionalità tra offesa e difesa.  

Le associazioni delle vittime

Per Elisabetta Aldrovandi, avvocato e presidente dell’Osservatorio nazionale sostegno vittime, “la volontà di modifica legislativa va nella giusta direzione” perché “l’attuale formulazione normativa” della legittima difesa può prestarsi a interpretazioni “più che a certe e stringenti applicazioni”. Per questo motivo l’appoggio dell’associazione è “pieno”.

L’Unione Nazionale Vittime (UNAVI), un'altra associazione che promuove la legittima difesa, tramite la sua presidente Paola Radaelli, dichiara di condividere il principio secondo cui “la difesa sia sempre legittima” e specifica che tramite la riforma si dovrà impedire interpretazioni contrastanti che lasciano “le vittime in balia della discrezionalità dei pubblici ministeri e degli avvocati degli imputati”. Questo però, aggiunge l’associazione, “non deve significare licenza di uccidere, o reazione sconsiderata e scriteriata”, ma porre l’obiettivo di valutare, tramite una normativa adeguata, “che in quei momenti il comune cittadino è impreparato per comportarsi al meglio e che la paura muove solo istinti basilari, primo fra tutti quello della sopravvivenza”. 

Le associazioni di categoria: commercianti, benzinai, farmacisti, orefici, tabaccai

La Confcommercio sottolinea innanzitutto come la principale richiesta degli imprenditori per la sicurezza rimane, come in passato, la certezza della pena, con un aumento della richiesta di maggiore tutela da parte delle forze dell’ordine. Riguardo poi gli strumenti di difesa personale, l’associazione spiega che, in base ai propri dati, emerge che la quasi totalità degli imprenditori “non si è dotata di un’arma per la difesa personale”. In estrema sintesi, continua Confcommercio, “gli imprenditori non si sentono al sicuro nelle proprie attività, ma non vogliono difendersi da soli”. Infatti, secondo l’associazione, “detenere un’arma per difesa personale, potrebbe non costituire un deterrente nei confronti di potenziali aggressori /rapinatori, mentre, al contrario potrebbe accentuare i rischi per le vittime”.

Riguardo poi la riforma della legittima difesa, Confcommercio non entra nel dettaglio delle misure, ma sottolinea che il compito della Stato, “che non è stato in grado di tutelare l’aggredito nel momento della necessità”, deve essere quello di “garantire che il criterio con cui valutare la legittima difesa sia quello della presunzione di non colpevolezza, sancita dalla Costituzione Italiana, dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e da ultimo ribadita dalla Direttiva dell’Unione Europea (UE) 2016/343 che ha come obiettivo il rafforzamento della presunzione di innocenza”. Inoltre, per Confcommercio sempre lo Stato dovrebbe dimostrare “la propria presenza e sostenere l’aggredito con ulteriori misure concrete”, come ad esempio “la costituzione di un fondo che copra le spese di assistenza legale di chi, vittima di aggressione, è stato costretto alla legittima difesa”.

La Federazione autonoma italiana Benzinai (Faib), nel richiedere in particolare misure idonee a contrastare i reati, afferma che i disegni di legge presentati “colgono la domanda di maggior sicurezza avvertita dagli operatori del nostro settore, ampiamente condivisa” e per questo Faib chiarisce di apprezzare e condividere le proposte di legge finalizzate ad ampliare la legittima difesa, anche con un depotenziamento del requisito della proporzione.

La Federazione italiana tabaccai (FIT) sottolinea l’importanza di misure di prevenzione e della certezza della pena, chiarisce di non sostenere una giustizia fai da te, né di puntare a incentivare l'uso delle armi, ma chiede allo Stato “un inquadramento più specifico della legittima difesa”. Per FIT quindi “appare auspicabile prevedere la non punibilità dell’eccesso” di reazione nella difesa nei casi in cui derivi da situazioni psicologiche di forte stress emotivo, come la paura, il panico o il forte turbamento.

Federfarma spiega che continuerà a spendersi “per far attivare politiche preventive di contrasto”, ma che in caso di rapine, “occorre trovare delle misure che stabiliscano un diritto generale del cittadino a difendersi e al proprietario dell’azienda di difendere la propria persona e i propri beni contro chi inequivocabilmente stia commettendo azioni dirette a minacciare concretamente e attualmente una violenza nei confronti delle persone”. Per questo motivo Federfarma ritiene condivisibile una riforma della legittima difesa. 

Magistrati e avvocati

Massimo Cusatti, giudice del tribunale di Genova, afferma che la legittima difesa “non sembra meritare particolari aggiustamenti” e che la discrezionalità delle indagini e delle decisione del giudice non possa comunque venire meno, in quanto si tratta di “aspetti di vita troppo delicati per essere regolati in maniera tassativa”. Non è possibile, infatti, spiega Cusatti, “ricavare schematicamente da una qualche tipizzazione normativa argomenti idonei in ogni caso ad affermare o a escludere la sussistenza della legittima difesa: si pensi, ad esempio, all’ipotesi di più colpi da sparo inferti dalla vittima dell’aggressione alla schiena del malvivente, riconducibili prima all’ipotesi di una fuga in atto da parte di quest’ultimo – dunque, a pericolo ormai sfumato – e a una natura ritorsiva della condotta, piuttosto che di difesa legittima”. Eppure, continua il magistrato, potrebbe anche essere possibile, in linea astratta, che quei colpi siano stati esplosi dalla persona sopraggiunta alle spalle dell’aggressore mentre quest’ultimo stava minacciando di morte il proprio figlio.

Sulla necessità e l’importanza dell’intervento di un giudice nei casi di legittima difesa parla (qui il video dell’audizione) anche Francesco Minisci, presidente dell’Associazione Nazionale dei Magistrati (ANM): “Serve una valutazione concreta caso per caso da parte di pm e giudici che devono vagliare le circostanze del fatto. Non sono possibili automatismi. Non può bastare la parola dell’aggredito per evitare che inizi un procedimento penale: tali dichiarazioni devono essere supportate da accertamenti imprescindibili e questo per eliminare possibili zone d’ombra, a tutela di tutti”. Minisci specifica così che “non c’è la necessità di ulteriori interventi normativi”.

Secondo il Consiglio nazionale forense, la precedente formulazione della legittima difesa in Italia era già adeguata a “bilanciare i contrapposti interessi, tra la difesa posta in essere da chi viene ingiustamente aggredito e il diritto alla vita e all'incolumità dell'aggressore”. Per questo motivo non è ritenuto opportuno un ampliamento della legittima difesa. Per l’associazione di avvocati, infatti, la riforma del 2006 ha, “in pratica, già allargato le maglie della legittima difesa, introducendo una vera e propria forma di autotutela mai prevista prima, rendendo la reazione sempre (o quasi) ‘proporzionata’”. Inoltre, i rappresentanti del Consiglio nazionale forense tengono a specificare come nei processi per stabilire se c’è stata o meno legittima difesa, “l’esperienza giudiziaria ci rimanda solo casi di condanna per 'manifesta' sproporzione”: “Noi avvocati riscontriamo l’uso di un metro di giudizio molto prudente, molto sbilanciato verso la comprensione e l’apprezzamento delle motivazioni di chi abbia reagito a una intrusione nel proprio domicilio”. Gli avvocati concludono il loro intervento affermando che “ampliare i margini di operatività della legittima difesa”, nel modo in cui intendono farlo la maggior parte dei Ddl in esame in Commissione, reca con sé “il rischio di legittimare, nella prassi, l’immagine di un ‘cittadino giustiziere’, chiamato a coadiuvare o al limite, sostituire, l’azione di prevenzione e repressione dei reati”.

L’Unione delle Camere Penali Italiane (UCPI), un'organizzazione di avvocati che lavorano nel diritto penale, si dice innanzitutto nettamente contraria all’aumento delle pene di alcuni reati, come la rapina o la violazione di domicilio, perché l’aumento delle pene non è ha alcuna utilità in termini deterrenti e dissuasivi, “in quanto non è mai servito a scoraggiare la commissione dei reati in genere (ed in particolare di questa tipologia di reati), introducendo peraltro all’interno del sistema sanzionatorio delle pericolose sproporzioni”. Riguardo poi alla legittima difesa, l’UCPI ritiene l’articolo 52 “non debba essere minimamente modificato”. Gli avvocati penalisti sottolineano la necessità della discrezionalità del giudice: “Non sarà mai possibile evitare, tanto più negli episodi più gravi e controversi, che la Magistratura intervenga per valutare doverosamente la sussistenza della liceità del comportamento ‘difensivo’”. L’Unione della Camere Penali, invece, è interessata per l’articolo 55 alla possibilità di introdurre “una presunzione di assenza di colpevolezza, a certe condizioni, per chi reagisce sulla spinta emotiva della particolare condizioni in cui è avvenuta l’aggressione. In questo modo non si stravolge l’istituto e si conferisce il giusto peso ai ‘diritti della paura’”.

I professori di diritto

L’avvocato Gaetano Insolera, professore ordinario di diritto penale a Bologna, afferma di non ritenere urgente riformare la legittima difesa. Inoltre, riguardo i disegni di legge presentati il professore aggiunge di non riscontrare “quella ponderazione necessaria per rimettere mano alla questione”. Insolera sottolinea poi quanto già detto da altri e cioè che “non è logicamente possibile escludere un vaglio giudiziale per decidere della liceità del comportamento difensivo”. Infatti, “la convinzione di dettare regole che costituiscono linee guida insuperabili in sede applicativa è sbagliata” perché si ritiene che sia possibile evitare un’indagine a carico della persona che si è difesa “nei casi difficili in cui la questione si pone”, a meno che non si voglia scardinare l’intero impianto costituzionale del diritto e del processo penale: decisione del PM, apertura di un’indagine, iscrizione dell’indagato, possibile richiesta di archiviazione. Argomenti condivisi in un’altra audizione anche da Francesco Palazzo, già ordinario di diritto penale nell’Università degli Studi di Firenze.

Anche per Tullio Padovani, ex professore di diritto penale presso la Scuola Superiore Sant'Anna, infine, l’articolo 52 “non necessita di alcuna riforma, perché esprime già compiutamente ed esaustivamente il fondamento e i limiti del diritti di difesa”. Il professore Giovanni Caruso, ordinario di diritto penale all’università di Padova, dichiara invece possibile e utile una modifica dell’articolo 55 per cui si prevede la non punizione dell’autore se eccede i limiti della legittima difesa per terrore, turbamento o panico.

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Quali saranno le conseguenze della riforma?

Magistrati, penalisti ed esperti di diritto si sono espressi criticamente anche durante le fasi di approvazione del provvedimento del governo. A iter concluso, il presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati, Francesco Minisci, dichiara che «la nuova legge sulla legittima difesa non tutelerà i cittadini più di quanto erano già tutelati fino ad oggi; al contrario introduce concetti che poco hanno a che fare con il diritto, prevede pericolosi automatismi e restringe gli spazi di valutazione dei magistrati, oltre a portare con sé grandi difficoltà di interpretazione: tutto ciò significa che tutti saranno meno garantiti». Minisci denuncia inoltre che il testo presenta «numerosi dubbi di incostituzionalità» e precisa però che «in ogni caso, in presenza di un ipotetico caso di legittima difesa, anche con questa nuova legge, un procedimento penale dovrà essere sempre aperto e le indagini andranno comunque fatte, a garanzia dei cittadini, questo va detto con chiarezza da parte di tutti, altrimenti si danno messaggi sbagliati portatori di gravi rischi e si rende un cattivo servizio alla collettività». Un punto, quest'ultimo, su cui concorda anche Gian Domenico Caiazza, presidente dell’Unione Camere Penali che intervistato da Pagella Politica denuncia il rischio di creare un «equivoco culturale» che consiste nel credere «che la presunzione affranchi il fatto dalla valutazione del giudice, che invece dovrà sempre esserci».

Che questa riforma non eviti indagini da parte di pubblici ministeri e processi nei possibili casi di legittima difesa, lo puntualizza chiaramente anche il segretario dell'Anm Alcide Maritati, coordinatore dei gip a Lecce a Repubblica: «Sarà sempre necessaria una valutazione caso per caso, che dovrà essere compiuta dall'autorità giudiziaria e che dovrà accertare se ricorrano i presupposti dell'attualità del pericolo, dell'oggettività dello stesso, e quindi della possibilità di applicare la presunzione di proporzionalità tra offesa e difesa». Maritati passa poi ad analizzare quali potrebbero essere gli aspetti di incostituzionalità della riforma: «La ragione sta nell'equiparazione che il legislatore sembra voler fare tra beni di livello diverso nella scala dei valori costituzionali. Per esempio ritenendo sempre legittimo il comportamento violento di chi si difende e lede il bene della vita per opporsi a un comportamento di aggressione al bene della proprietà. La conseguenza di un eventuale intervento della Consulta potrebbe essere una dichiarazione di incostituzionalità della riforma stessa per violazione dell'articolo 3 della Costituzione, perché verrebbero disciplinate in maniera uguale situazioni completamente differenti, cioè la difesa della vita rispetto alla difesa della proprietà. (...)».

Foto in anteprima via Ansa.

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