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Putin è volato in Bielorussia da Lukašenka: cosa tramano i due ‘co-aggressori’?

23 Dicembre 2022 8 min lettura

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Putin è volato in Bielorussia da Lukašenka: cosa tramano i due ‘co-aggressori’?

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Dopo ben tre anni, lunedì 19 dicembre Vladimir Putin è volato a Minsk per incontrare il suo fedelissimo alleato Aljaksandr Lukašenka. Sebbene quest’ultimo sia stato a Mosca ben dodici volte negli ultimi due anni, l’ultima visita del presidente russo in Belarus’ risale al giugno 2019, in occasione della cerimonia di chiusura dei Secondi Giochi europei. Cosa ha veramente spinto il capo del Cremlino a uscire dal suo bunker, pur sempre accompagnato dal ministro della Difesa Sergej Šojgu e dal ministro degli Affari Esteri Sergej Lavrov, e su cosa si sono accordati i due capi di stato che hanno entrambi definito “fruttuoso” il loro incontro?

“Minsk è un alleato nel vero senso della parola”

Lunedì 19 dicembre tre diversi aerei presidenziali sarebbero decollati in direzione di Minsk, uno da Mosca e altri due da San Pietroburgo, al fine di creare un diversivo per la stampa e garantire la sicurezza del presidente russo che ha lasciato il suolo bielorusso solo nella tarda notte del 20 dicembre, dopo essersi recato in visita alla residenza di Lukašenka a Astrašycki Garadok, nei pressi di Minsk.

Attesa e inaspettata allo stesso tempo, la visita ufficiale di Putin a Lukašenka è stata inquadrata da molti nel contesto della guerra in Ucraina, sebbene Mosca abbia negato qualsiasi voce a riguardo sin da subito: “Le notizie secondo cui Vladimir Putin si sarebbe recato a Minsk per risolvere la questione del coinvolgimento della Belarus’ nell’azione militare in Ucraina dovrebbero essere considerate sciocche e prive di fondamento”, ha dichiarato il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ancor prima dell’inizio dei colloqui. Eppure, le questioni economiche, energetiche e di cooperazione sarebbero state liquidate abbastanza velocemente durante le due ore e mezza di colloquio, finendo per portare l’argomento ‘sicurezza e difesa’ (e quindi ‘guerra’) al centro della conversazione. 

All’inizio dell’incontro, Putin ha dichiarato che avrebbero parlato principalmente di economia, questione chiave che è stata risolta con successo, come riporta anche Interfax: “La Russia fornisce alla Belarus’ petrolio e gas a condizioni molto favorevoli e preferenziali, il che conferma la natura privilegiata della nostra partnership e il nostro serio sostegno all’economia bielorussa”, non ha dimenticato di ricordare il presidente russo, il quale, pur non fornendo dati e cifre troppo specifici, si aspetta che il commercio russo-bielorusso raggiunga un nuovo record perché l’economia è una priorità nello sviluppo delle relazioni tra i due paesi. La Russia è inoltre pronta a investire ulteriormente nei progetti nucleari in Belarus’, così come a formarne il personale tecnico nonché sviluppare programmi congiunti per l’esplorazione spaziale (l’anno prossimo è previsto il volo di un cosmonauta bielorusso verso la Stazione spaziale internazionale).

Dal canto suo, Lukašenka ritiene che la visita di Putin sia stata necessaria al fine di rafforzare le relazioni bilaterali in risposta alla rapida evoluzione della situazione mondiale: i due paesi, secondo la sua opinione, sono riusciti a superare le conseguenze negative della pressione delle sanzioni grazie al lavoro congiunto; dalla loro volontà politica dipende anche il posto che occuperanno un domani nel nuovo sistema di coordinate internazionali. D’altronde, pare che il suo omologo russo sia d’accordo sui risultati ottenuti in vari campi, affermando che Minsk è “un alleato nel vero senso della parola” e che “dovremmo essere soddisfatti del modo in cui stiamo costruendo le nostre relazioni”.

“Lavorare insieme per garantire la sicurezza dei nostri due paesi”

“Abbiamo deciso di comune accordo di continuare a lavorare insieme per adottare tutte le misure necessarie a garantire in modo affidabile la sicurezza dei nostri due paesi. Concordiamo di dare priorità all’addestramento delle nostre truppe, di aumentarne la prontezza e le capacità di combattimento e di continuare a praticare regolarmente esercitazioni congiunte e altre attività di addestramento operativo e di combattimento. Ci forniremo reciprocamente le armi necessarie e produrremo insieme nuovo materiale militare.  Ritengo possibile continuare ad attuare le proposte del presidente della Belarus’ sull’addestramento degli equipaggi degli aerei da combattimento bielorussi, che sono già stati riequipaggiati per l’eventuale uso di munizioni aviotrasportate con una testata speciale”, ha dichiarato il presidente Putin quando il suo omologo bielorusso ha fatto notare di essere preoccupato per la situazione lungo il perimetro dello Stato dell’Unione Russia-Bielorussia, soprattutto verso il confine occidentale. Lukašenka ha ribadito che la Russia è “il suo più stretto alleato e partner strategico” e che la Belarus’ “non può proteggere la sua indipendenza da sola”.

Da anni il Cremlino cerca di approfondire l’integrazione con Minsk, che dipende fortemente da Mosca per gas, petrolio e prestiti a prezzi scontati. Lukašenka ha resistito in passato a una vera e propria unificazione con la Russia, nonostante il crescente isolamento del paese dall’Occidente dopo la brutale repressione delle proteste antigovernative sorte a seguito delle elezioni del 2020. Mentre gli Stati Uniti, l’Unione Europea e la gran parte degli altri paesi occidentali si sono rifiutati di riconoscere la vittoria elettorale di Lukašenka, Putin si è congratulato con lui per la vittoria e ha subito annunciato di essere pronto a inviare forze di sicurezza russe in Belarus’ per soffocare le proteste dell’opposizione. Tuttavia, oggi Putin  sottolinea di non voler “assorbire” nessuno e ha accusato non meglio precisati “nemici” di voler semplicemente sabotare le relazioni bilaterali tra Mosca e Minsk.

Al termine dei colloqui, i giornalisti non hanno posto domande dirette sulla guerra, nonostante molti esperti - perlopiù occidentali - la considerassero uno dei temi principali dell’incontro tra Putin e Lukašenka. In particolare, gli analisti dell'Istituto americano per lo studio della guerra (ISW), alla vigilia dei colloqui, scrivevano che durante la sua visita Putin avrebbe cercato di fare pressione sul presidente bielorusso per fare concessioni sull’integrazione dei due paesi e per creare le condizioni ideali per una nuova offensiva sull’Ucraina (l’incontro si è effettivamente svolto sullo sfondo di un massiccio attacco alla capitale ucraina di droni di fabbricazione iraniana, che hanno nuovamente danneggiato altre infrastrutture energetiche della città). Detto questo, ISW ritiene altamente improbabile che Mosca riesca a coinvolgere Minsk in un’azione militare diretta contro l’Ucraina. La pensa allo stesso modo la maggior parte degli esperti, non propensa a credere che l’attuale visita del presidente russo a Minsk sia stata finalizzata a esercitare pressioni su Lukašenka su questioni di portata geopolitica.

A Kyiv non sono, tuttavia, tranquilli visti i precedenti: secondo il comandante delle forze armate ucraine, Serhij Najev, il livello di minaccia militare proveniente dalla Belarus’ negli ultimi tempi sta crescendo, anche a causa del famoso piano di forze congiunte bielorusse-russe; ma lo Stato Maggiore sta prendendo tutte le misure necessarie per rispondere a un’eventuale nuova offensiva da nord. Il rappresentante dell’intelligence ucraina, Andrij Jusov, ha ribadito, però, che l’esercito bielorusso non ha alcun interesse a entrare in guerra e ad attaccare l’Ucraina, decisioni che sarebbero un vero e proprio suicidio per il regime di Lukašenka, pressato dall’opposizione. Minsk si limiterà probabilmente ad aiutare la Russia fornendo armi, attrezzature e munizioni e offrendo il territorio bielorusso come terreno di addestramento.

“Sa, noi due siamo ‘co-aggressori’, siamo le persone più ‘nocive’ e ‘tossiche’ di questo pianeta. Discutiamo solo su una cosa: chi lo è di più? Vladimir Vladimirovič dice che sono io. Ma io comincio a pensare che sia lui. Alla fine abbiamo deciso che lo siamo insieme, allo stesso modo. Tutto qui”. Volendo suonare ironico, Aljaksandr Lukašenka non si è reso conto di come sia davvero un co-aggressore al fianco del suo alleato, almeno secondo il diritto internazionale e la definizione di aggressione della Carta delle Nazioni Unite. Eppure, i due paesi alleati non sono ancora considerati dal mondo come partecipanti a pieno titolo all’aggressione: il 16 marzo la Corte penale internazionale dell’Aia ha chiesto alla Russia di fermare immediatamente la guerra in Ucraina, ma la Belarus’ non compare nella sentenza del tribunale, né rientra nell’ultimo pacchetto di sanzioni contro Mosca. Il mondo avrebbe quindi già deciso chi è l’aggressore più ‘tossico’?

Leggere tra le righe

Dopo il colloquio privato tra i due capi di Stato solo due giornalisti sono stati autorizzati a porre loro delle domande: la corrispondente russa di RIA Novosti ha chiesto informazioni sul Mondiale di calcio in Qatar e sui prezzi del gas, mentre la giornalista bielorussa del canale televisivo Belarus 1 si è informata sulla possibile integrazione della Belarus’ da parte della Russia. Nel breve tempo concesso alla stampa, entrambi i politici hanno dato voce a diverse informazioni piuttosto opinabili, soprattutto per quanto riguardo lo Stato dell’Unione, questione un po’ nebulosa.

L’opposizione politica bielorussa, in gran parte costretta all’esilio, al silenzio o in carcere, teme un’annessione graduale, un ‘assorbimento’ da parte della Russia. “La Belarus’ non è in vendita. La nostra indipendenza non è in vendita. Il dittatore Lukašenka non può fare accordi a nome del nostro popolo, rappresenta solo se stesso. E non si salverà la pelle: sarà ritenuto responsabile dei suoi crimini contro bielorussi e ucraini”, scrive su Twitter la leader dell’opposizione in esilio Svjatlana Cichanoŭskaja.

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“La Russia non ha interesse ad ‘assorbire’ nessuno”, ribadisce Putin. Ma sono parole che suonano strane nel contesto degli ultimi anni della storia russa e tre eventi esemplificativi chiariscono bene il concetto: la guerra in Georgia nel 2008, l’annessione della Crimea e l’occupazione dei territori del Donbas nel 2014. 

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Nel 2008 la Russia è entrata nel territorio della Georgia “in difesa” delle due repubbliche autonome che facevano parte della repubblica socialista georgiana e che, all’inizio degli anni ‘90, si sono proclamate indipendenti. Negli anni Duemila, l’ex presidente georgiano Mikheil Saakashvili (attualmente in carcere a Tbilisi) si è impegnato a ripristinare l’integrità territoriale del paese, mentre la Russia ha concesso attivamente la cittadinanza ai residenti dei due territori non riconosciuti e ha generosamente sponsorizzato le repubbliche che erano sotto il suo pieno controllo. L’8 agosto 2008 le truppe georgiane hanno iniziato a bombardare e poi a prendere d’assalto la capitale osseta di Tskhinvali. Da parte sua, la Russia ha attribuito l’ingresso delle truppe alla necessità di salvare i propri cittadini, in quanto Saakashvili avrebbe “preparato una guerra in Ossezia del Sud dal 2004” e avrebbe pianificato “il genocidio dei residenti osseti”. La commissione d’inchiesta dell’UE sul conflitto russo-georgiano non ha, tuttavia, mai confermato le tesi di entrambe le parti. In pochi giorni, i russi hanno cacciato l’esercito georgiano dall’Ossezia del Sud e dalla gola di Kodori in Abcasia prendendo il controllo di queste regioni ma ritirando le sue truppe dalla Georgia il 22 agosto. Quest’anno in Ossezia del Sud era previsto un referendum sull’adesione alla Russia, che però alla fine non si è mai svolto.

Nel 2014 l’aggressione russa si è spostata in Ucraina. Dopo gli eventi di Maidan, quando gli ucraini hanno rovesciato il presidente Viktor Janukovyč, sono iniziate le proteste filorusse nella penisola di Crimea. Il 27 febbraio gli “omini verdi” (armati in uniformi mimetiche non identificate) hanno preso il loro controllo della regione, dove il 16 marzo si è tenuto un referendum illegale per l’adesione alla Russia, che ha portato Mosca ad annettere la penisola. L’aggressione non si è fermata qui: nella primavera del 2014 le repubbliche separatiste di Donec’k e Luhans’k sono state proclamate autonome e hanno aperto il fronte al conflitto armato russo-ucraino di cui oggi conosciamo le dinamiche. 

Pertanto, affermando che la Federazione Russa “non vuole assorbire nessuno”, il presidente Vladimir Putin bara al tavolo da gioco: queste realtà mostrano esattamente il contrario. Il dubbio rimane per quanto riguarda Minsk: Putin ha affermato che le voci secondo cui la Russia starebbe cercando di assorbire la Belarus' provengono da "malintenzionati", il portavoce del Dipartimento di Stato statunitense, Ned Price, esprime apertamente i propri dubbi: "Penso che un'affermazione del genere debba essere trattata come il massimo dell'ironia da parte di un leader che sta cercando in questo momento - proprio ora - di assorbire violentemente il suo vicino pacifico. Abbiamo visto il regime di Lukašenka cedere essenzialmente la propria sovranità - cedere la propria indipendenza - alla Russia. Probabilmente, almeno per ora, l'alleanza con Lukašenka, sembra sufficiente a garantire che un assorbimento non è necessario”.

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