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Tensioni interne e morti sospette: la crisi interna ucraina alla vigilia del secondo inverno di guerra

7 Novembre 2023 9 min lettura

Tensioni interne e morti sospette: la crisi interna ucraina alla vigilia del secondo inverno di guerra

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8 min lettura
Le voci sul licenziamento del comandante delle forze armate, Valerij Zaluzhny, e il conflitto irrisolto tra i vertici politici e militari dell'Ucraina

Aggiornamento 31 gennaio 2024: Negli ultimi giorni in Ucraina è rimbalzata nei media locali l’indiscrezione di un imminente licenziamento del comandante delle forze armate, Valerij Zaluzhny. Le voci si sono amplificate lo scorso lunedì, tanto da costringere il ministero della Difesa ucraino a una smentita ufficiale sui propri canali social: “Gentili giornalisti, rispondiamo a tutti: no, non è vero”. A ruota sono seguite pure quelle dell’amministrazione presidenziale. 

Diversi analisti segnalano da diverse settimane un conflitto politico fra il presidente Volodymyr Zelensky e Zaluzhny, mentre secondo i più recenti sondaggi la popolarità del generale ha per la prima volta superato quella del presidente.

Proprio per questi motivi, in pochi hanno pensato che la notizia facesse parte dell’ennesima campagna di destabilizzazione informativa della propaganda russa. La verosimiglianza della notizia avrebbe fondamento proprio nelle divergenze iniziate per lo meno dall’intervista rilasciata da Zaluzhny all’Economist, pubblicata lo scorso 1 novembre, in cui il generale per la prima volta si è discostato dalla linea ufficiale del governo e dell’ufficio presidenziale. Per di più, Zelensky da mesi spingerebbe per un cambio al vertice in seguito al fallimento della controffensiva estiva, e gli screzi fra apparato politico e militare sono solo aumentati nel processo decisionale che porterà a una nuova campagna di mobilitazione su vasta scala nelle prossime settimane.

Tensioni interne, mobilitazioni e stanchezza di guerra: quale futuro per l’Ucraina?

La sera del 30 gennaio 2024 la notizia, seppur non confermata e a più riprese smentita, ha preso banco pure nella stampa estera. Zelensky avrebbe chiesto a Zaluzhny di dimettersi, ricevendo tuttavia un rifiuto da parte del genere. Questa è la tesi sia del Financial Times che del Guardian. La fonte primaria di quest’ultimo è il parlamentare ucraino Oleksii Goncharenko del partito Solidarietà Europea di Petro Poroshenko, principale rivale politico interno di Zelensky. Che su Zaluzhny, o meglio sul suo profilo carismatico e autorevole costruitosi negli ultimi due anni di guerra, suonino le sirene di Poroshenko non è un segreto in Ucraina. E ciò renderebbe le accuse di Goncharenko per lo meno strumentali.

Anche secondo il politologo ucraino, Volodymyr Fesenko, l’indiscrezione è veritiera, e a farla trapelare nel sistema informativo ucraino sarebbe stato proprio lo staff di Zaluzhny, al fine di testare la reazione popolare (la notizia si è diffusa dapprima da blogger e giornalisti fortemente critici verso il governo) o per semplice vendetta. In ogni caso, nelle smentite e nei silenzi, secondo Fesenko il licenziamento di Zaluzhny è unicamente “una questione di tempo e di momento adatto” per Zelensky. Dello stesso avviso è l’analista britannico Mark Galeotti, le cui fonti confermano come il governo ucraino abbia deciso di stravolgere la gerarchia militare nelle prossime settimane. Galeotti ha pure sottolineato come la rivalità fra i due corra in parallelo insieme alle crescenti difficoltà ucraine sul campo.

Nella notte fra il 29 e il 30 gennaio, Zaluzhny ha inusualmente pubblicato un selfie sul proprio profilo Facebook insieme al generale Serhij Shaptala, senza aggiungere alcuna descrizione al post.

Il conflitto fra il vertice politico e militare dell’Ucraina continua ad autoalimentarsi da diversi mesi, rimanendo in definitiva irrisolto: secondo la CNN, però, la risoluzione potrebbe arrivare a giorni, a sfavore del generale. Per il Washington Post, i vertici ucraini hanno già informato gli Stati Uniti della decisione, seppur non sia ancora deciso il nome del sostituto. 

Negli scorsi giorni hanno tenuto banco in Ucraina una rimozione eccellente nei ranghi dell’esercito all’insaputa dei comandanti e, lunedì 6 novembre del 2023, la morte di un alto profilo militare mentre festeggiava il compleanno in un’abitazione nella periferia di Kyiv.

Complice la copertura mediatica della guerra Israele-Hamas, e una stanchezza di guerra della politica occidentale pronunciata a denti stretti al di fuori dei colloqui diplomatici reali o farseschi, il ventesimo mese della resistenza ucraina è quello più opaco da decifrare, ma certamente il più difficile per Kyiv dall’inizio dell’invasione russa nel febbraio 2022.

Elezioni interne, crisi politiche e stanchezza di guerra: l’impatto sul sostegno all’Ucraina

L’Ucraina si sta preparando al suo secondo inverno di guerra. Questa volta può contare su una maggiore esperienza nel contrastare attacchi (e ricatti) russi sulle infrastrutture civili ed energetiche. Tuttavia, il paese ha meno vigore e adrenalina rispetto allo scorso anno, quando le conquiste di Charkiv e Cherson alla vigilia della stagione fredda avevano dato quell’impulso ottimistico che faceva sperare, anche dal basso, in una rapida e favorevole fine della guerra. Una prospettiva che però non si è realizzata in seguito alla controffensiva degli ultimi mesi.

Proprio in conseguenza dei mancati successi territoriali, si sono aperte delle voragini nella leadership e società ucraina che, fino a pochi mesi fa, potevano essere facilmente derubricati come manipolazioni inflazionate dalla propaganda russa. Fra queste, il punto più dibattuto negli ultimi giorni è un presunto conflitto interno fra il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e il comandante delle forze armate Valerij Zalužnyj.

Sono in effetti gli eventi dell’ultima settimana ad aver accelerato le congetture attorno ai rapporti dei due uomini più importanti per il presente e futuro di un paese il cui 20% del territorio continua a essere occupato da Mosca.

Elezioni interne, crisi politiche e stanchezza di guerra: l’impatto sul sostegno all’Ucraina

Prima è arrivata un’intervista di Zalužnyj all’Economist in cui, fra le altre cose, il generale ucraino ha parlato di stallo nella guerra russo-ucraina, dichiarando di fatto la fine della controffensiva e paragonando l’attuale condizione sul campo a quella della Prima guerra mondiale.

Poi, pochi giorni dopo, mentre incontrava la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen a Kyiv, Zelensky ha apertamente smentito il proprio generale: “La situazione è difficile ma non c’è alcuno stallo”, ha dichiarato. Un suo consigliere, Ihor Žovka, ha persino accusato il generale – i cui livelli di popolarità e affidabilità presso la popolazione competono con quelli del presidente – di “facilitare il lavoro al nemico”, sebbene il portavoce di Putin Dmitrij Peskov sia andato pure oltre affermando che in effetti non c’è nessuno stallo e ha invitato per l'ennesima volta Kyiv a ritirarsi.

All’inizio, quella fra Zelensky e Zalužnyj è sembrata una controversia prevalentemente comunicativa. In ciò risultava rilevante l’articolo del Time, in cui Zelensky viene sostanzialmente dipinto come un uomo solo al comando, impantanato in una guerra ad oltranza e sordo ai consigli dei suoi collaboratori e militari. Così come insidiato dagli stessi: in primis dalla stessa autorità di Zalužnyj, secondo la propaganda russa, ma pure da ambienti politici vicini all’ex presidente Petro Porošenko e dell’area nazionalista.

Per di più, nel momento probabilmente meno opportuno, ha annunciato la candidatura alle prossime presidenziali (teoricamente da tenere nel marzo 2024) il controverso ex consigliere presidenziale Oleksij Arestovyč. Se a inizio guerra era fra i più ottimisti sull’imminente collasso russo e conseguente vittoria ucraina, oggi è diventato uno dei più feroci critici delle strategie di Zelensky e dei vertici di Kyiv. Secondo alcuni, Arestovyč sarebbe pure l’informatore contattato da Shuster per dipingere il ritratto dell’eroe abbandonato dell’attuale presidente ucraino, circostanza però smentita dallo stesso giornalista americano.

Ma la frattura tra Zelensky e Zalužnyj non si è fermata alla sola divergenza sulla valutazione operativa del fronte. Nelle stesse ore è avvenuta infatti la rimozione di Viktor Khorenko, comandante delle forze per le operazioni speciali e fra gli uomini più fidati di Valerij Zalužnyj. Il tutto all’insaputa dello stesso Khorenko, stando almeno alle sue dichiarazioni a caldo, rilasciate lo scorso 3 novembre a un giornalista che l’aveva raggiunto al telefono:

Personalmente non conosco il motivo del licenziamento. L’ho saputo dai media. Ne ho parlato con il comandante in capo [Zalužnyj - NdT] e anche lui non ha saputo spiegarmelo. Dovrebbe essere il comandante in capo a farne richiesta, ma mi ha detto di non averlo fatto. Non capisco cosa sia successo.

Poche ore dopo, Zelensky ha parzialmente ripiegato, parlando di riassestamento operativo all’interno dell’esercito e prefigurando nuovi incarichi nell’intelligence per Khorenko. Il giorno successivo, l’ufficio presidenziale ha “scaricato” le responsabilità della decisione al neo ministro della Difesa, Rustam Umierov. Una vicenda che segnala bene la confusione e anarchia degli scorsi giorni da parte di tutti gli attori coinvolti.

L’episodio in cui è rimasto ucciso un altro consigliere molto vicino a Zalužnyj, il trentanovenne Hennadij Častjakov, è invece ancor più indecifrabile e tragico. La morte del consigliere è arrivata a due giorni di distanza dagli episodi prima riportati, aprendo così subito la strada a dietrologie di vario tipo, sia all’estero che nella stessa Ucraina.

Il consigliere militare di Zalužnyj – che ha subito rivolto le proprie condoglianze a Častjakov definendolo un “grande amico” – è morto in un’esplosione avvenuta nella propria abitazione privata, mentre festeggiava il proprio compleanno in compagnia della famiglia. Secondo la moglie di Častjakov, l’esplosione è originata da una delle buste contenenti dei regali, con le quali il marito era rientrato a casa dal lavoro. Anche il figlio tredicenne della coppia è rimasto gravemente ferito in seguito allo scoppio.

Stando alle prime fonti di Ukrainska Pravda, secondo la moglie della vittima, nella busta da cui è partita l’esplosione ci sarebbero state “una bottiglia di alcol e bicchierini a forma di granate”. Nella ricostruzione del ministro degli Interni ucraino, Ihor Klymenko, invece, le granate sono vere, sei di numero e regalate da un collega militare di Častjakov. Secondo Klymenko, l’uomo stava mostrando una di queste granate al figlio che ha cominciato a far ruotare la spoletta. Il padre avrebbe strappato la granata dalle mani del figlio, togliendo definitivamente la spoletta e provocando l’esplosione fatale.

La versione ufficiale è, però, da verificare sia per i tempi (circa cinque o sei secondi) che trascorrono tra la rimozione della spoletta e l’esplosione di una granata di tipo classico (le altre granate rinvenute sono state sequestrate per controlli), e soprattutto per la preparazione militare confermata dagli amici più stretti di Častjakov, che renderebbe altamente improbabile un incidente di questo genere con un’arma tra le più semplici da maneggiare. Pure il generale Zalužnyj è sembrato far intendere, nel messaggio di addio, di sospettare un’esplosione provocata dall’apertura del pacchetto, e quindi di un attentato ai danni di un uomo a lui vicino.

L’incidente stradale del politico di opposizione, V″jačeslav Čornovil (1999), la scomparsa del giornalista investigativo, Georgi Gongandze, alla base del Kuchmagate (2000), molti dei morti a Maidan e Odesa (2014), l’agguato allo scrittore filorusso, Oles’ Buzina (2015), l’uccisione dell’importante giornalista bielorusso anti-Lukashenko, Pavel Šaramet (2016). Questa è una lista parziale di alcuni degli omicidi che sono diventati, per diversi motivi, dei crocevia nella moderna storia politica ucraina ma sono rimasti tutt’oggi irrisolti. A volte per depistaggi, più spesso per l’inaffidabilità della giustizia ucraina, i casi hanno generato un clima di sospetto e sfiducia verso le versioni ufficiali attorno.

La vicenda di Hennadij Častjakov non è da meno, per di più inserita nella frattura tra Zelensky e Zalužnyj che ha assunto, volente o nolente, contorni politici. 

L’interpretazione degli eventi, a poche ore dal tragico avvenimento, si è già divisa in Ucraina. Da una parte ci sono i fedeli alla versione del ministero, tacciati di essere dei creduloni di fronte alla sfacciataggine di alcuni apparati dello Stato, oltre che fanatici di Zelensky. Dall’altra ci sono quelli che convinti di un malriuscito depistaggio delle autorità per coprire le pressioni al comandante Zalužnyj.

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Opinioni come quest’ultima sono tacciate tanto di provenire dal Cremlino quanto di favorire politicamente l’ultranazionalista di facciata Petro Porošenko. Il quale, nella sua silenziosa crociata anti-Zelensky, ha interesse nell’accrescere la sfiducia verso il governo ucraino (e appropriarsi indirettamente della popolarità di Zalužnyj). Il tutto alla soglia di elezioni che, di settimana in settimana, sembrano salire alla ribalta nei media e nelle dichiarazioni dei politici ucraini a scapito degli obiettivi di sopravvivenza statale, anche di fronte all’aggressione russa. Tuttavia, Zelensky ha di recente ribadito che parlare di elezioni col protrarsi della guerra è “irresponsabile”, invitando a all’unità di fronte a discussioni giudicate prive di senso.

Già quest’estate la coesione panucraina a cui si è assistito nei primi mesi del 2022 sembrava una chimera difficile da raggiungere nuovamente, sia per fattori fisiologici che per altri legati alla polarizzazione artificiale della società ucraina, in passato fomentata da Mosca, ma, come evidente, non solo. Le faide interne sono ricominciate, e ciò non è una buona notizia per nessuno. Tranne che per Putin.

Immagine in anteprima via RawPixel

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