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Viaggio nella politica italiana #7 – Conversazione con Gianfranco Pasquino e Dino Amenduni [podcast]

16 Giugno 2023 3 min lettura

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Viaggio nella politica italiana #7 – Conversazione con Gianfranco Pasquino e Dino Amenduni [podcast]

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Lo sconvolgimento emotivo legato alla morte di Silvio Berlusconi poteva essere certamente prevedibile. Ha rappresentato l'Italia, la politica italiana e anche lo sport, i media, e per certi versi l'evoluzione del costume del nostro paese negli ultimi 40 anni.

Quello a cui in molti, forse, non erano pronti (e certamente non lo eravamo noi che curiamo questo podcast) è rappresentato dalla portata della sua beatificazione postuma. Gli elogi stanno arrivando da chiunque, anche da chi è stato oggettivamente penalizzato nella sua carriera dalle scelte dell'ex-Premier o da chi l'ha osteggiato per tutta la propria vita professionale. Nella giornata del 12 giugno tutte le principali tv nazionali, pubbliche e private, hanno mandato in onda trasmissioni speciali durate ore, in cui è stato praticamente impossibile trovare analisi critiche sul berlusconismo, che invece erano presenti su quasi tutti i media internazionali.

I funerali di Stato, il lutto nazionale, il rinvio della direzione nazionale del PD, l'interruzione delle votazioni in Parlamento per una settimana sono reazioni politiche che non si ricordano nella storia recente del nostro paese e che appaiono sproporzionate rispetto a un personaggio a dir poco controverso e discutibile, che di fatto ha privatizzato la nostra democrazia per decenni.

Che cosa ha veramente fatto Berlusconi all’Italia: ritratto di un magnate che ha privatizzato una democrazia

In queste ore Berlusconi è stato definito un genio, un visionario, un uomo col sole in tasca, e in sintesi una persona che ha cambiato l'Italia. Su quest'ultimo concetto c'è poco da obiettare, ma per contestualizzare meglio l'eredità politica e umana del Cavaliere sarebbe opportuno porsi una domanda in più: è vero, ha cambiato il nostro paese, ma come?

E cosa succederà ora in Forza Italia, nel centrodestra, nel governo, in Mediaset, in tutti i centri di potere grazie ai quali Berlusconi è riuscito a esercitare un controllo enorme sul nostro paese, anche quando non era presidente del Consiglio?

Ha scritto il filosofo Federico Zuolo su Domani: “I coccodrilli adulatori verso il Berlusconi morto completano una tendenza in atto già da qualche anno: il considerarlo un moderato o padre nobile della destra. Ma molte distorsioni populiste e molti eccessi attuali erano già stati introdotti di da Berlusconi stesso A prescindere da singole questioni e dalla sua storia giudiziaria, il più grave danno fatto da Berlusconi all’Italia è stato il rendere normale un agire politico puramente autointeressato ed esente da qualsiasi obbligo legale, politico e morale”.

L’essersi abituati a considerare come accettabile una persona che, anche quando non fosse risultata penalmente colpevole in un certo processo, risultava comunque troppo implicata in trame losche, accordi sotto banco e in una sfrontata ricerca del proprio interesse.

L’essersi abituati alla normalità di tutto questo è la pesantissima eredità che Berlusconi ha lasciato alla politica italiana, in particolare a destra. I danni materiali sono innumerevoli (leggi sbagliate, aumento del debito pubblico, corruzione e promozione dell’evasione fiscale), ma paiono tutto sommato pochi di fronte al danno culturale dell’aver reso normale la propria figura.
Non ci sono vie facili di uscita. Le attuali tendenze comunicative populiste e improntate all’immagine di persona vincente sono state preconizzate da Berlusconi prima dell’avvento dei social e al momento pare impossibile uscirne completamente.

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Tra le tante cose da fare, possiamo almeno ricordarci chi ha contribuito a rendere Berlusconi un fenomeno politicamente normale (su tutti il Corriere della Sera nel ripetere la balla della rivoluzione liberale promessa da Berlusconi) e chi lo ha preso come modello politico da imitare (tra i tanti, i due Matteo e l’attuale presidentessa del consiglio). La politica della memoria, senza azioni che vadano in senso contrario, può non essere sufficiente. Ma è un primo passo per uscire responsabilmente dal pantano di un’eredità insostenibile”.

Ed è esattamente quello che abbiamo provato a fare in questa settima tappa del nostro viaggio nella politica italiana: ad accompagnarci il politologo Gianfranco Pasquino, Professore emerito di Scienza politica nell'Università di Bologna. Autore, tra gli altri, di Partiti, istituzioni, democrazie (per il Mulino), e come sempre il nostro Dino Amenduni.

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