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Scandalo Frontex: si dimette il direttore esecutivo, ma i problemi dell’agenzia restano

5 Maggio 2022 8 min lettura

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Scandalo Frontex: si dimette il direttore esecutivo, ma i problemi dell’agenzia restano

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Le recenti dimissioni del direttore esecutivo di Frontex, Fabrice Leggeri, rappresentano solo l'ultimo tassello di un mosaico di denunceinchieste giornalisticheindagini sull'operato dell'Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, accusata di gravissime violazioni dei diritti umani.

Il passo indietro del 54enne politico francese, a capo dell'agenzia dal 2015, sarebbe dovuto ai contenuti di un rapporto riservato dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF). L'indagine, secondo quanto riferito da una fonte interna di Frontex, “individua precise responsabilità dell’agenzia e di Leggeri per alcuni respingimenti avvenuti in Grecia” e indica “un legame diretto fra la riunione in cui si dovevano decidere i provvedimenti disciplinari e le dimissioni di Leggeri”.

Il direttore generale dell'OLAF, Ville Itälä, commentando l'inchiesta con alcuni eurodeputati, avrebbe definito Leggeri “sleale verso l'Ue” e responsabile di una “cattiva gestione del personale”.

Fonti europee presenti a un'audizione a porte chiuse di Itälä davanti alle commissioni per il controllo dei bilanci (CONT) e per le libertà civili (LIBE) del Parlamento Europeo parlano di “almeno tre persone coinvolte in violazioni dei diritti umani“. Violazioni che “coinvolgono la leadership di Frontex” e mostrano “forti indicazioni che siano state commesse di proposito”.

Un quadro già emerso in parte lo scorso luglio, quando è stata presentata dal Frontex Scrutiny Working Group (FSWG) la “Relazione sull’indagine conoscitiva su Frontex relativa alle presunte violazioni dei diritti fondamentali”. Il gruppo di europarlamentari guidato dalla commissione per le Libertà civili, la giustizia e gli affari interni del Parlamento europeo era stato istituito per verificare il presunto coinvolgimento dell'agenzia in respingimenti illegali di migranti e richiedenti asilo alla frontiere esterne dell’Unione.

Il report evidenzia “carenze nei meccanismi di monitoraggio dell’agenzia nel segnalare e valutare la situazione dei diritti fondamentali” e accusa Leggeri di non aver coinvolto il responsabile dei diritti fondamentali e il Forum Consultivo – organismo che riunisce istituzioni e organizzazioni della società civile per fornire supporto all’agenzia in materia di diritti fondamentali – ignorando più volte le loro richieste.

Una gestione talmente opaca da spingere un alto funzionario di Frontex ad affermare in un’intervista rilasciata a The Outlaw Ocean Project che all’agenzia non erano più sicuri che Frontex stesse rispettando il suo obbligo più essenziale: assicurarsi che fossero rispettati i diritti delle persone più vulnerabili del mondo. Per la fonte “L’influenza della politica è un problema quando si ha a che fare con diritti umani fondamentali” e “anche se la sua partecipazione al rimpatrio dei migranti in Libia è indiretta, Frontex potrebbe violare la legge dell’Ue”.

In un rapporto del maggio 2021 intitolato Crimini dell'Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera Frontex nel Mar Mediterraneo centrale, l'ONG Sea Watch spiega come la ricognizione aerea consente a Frontex di raccogliere informazioni sulle barche in pericolo e comunicarle alle “autorità competenti”, senza doversi occupare in prima persona dei soccorsi. 

Quando avvista una barca nella zona libica di ricerca e salvataggio (SAR, search and rescue) l'agenzia informa solo la cosiddetta guardia costiera libica, ignorando navi commerciali o delle ONG nelle vicinanze. “Frontex coordina e facilita le intercettazioni e i respingimenti illegali di chi è in pericolo in Libia, realizzando così l'obiettivo primario dell'Ue e cioè impedire alle persone di raggiungere l'Europa in sicurezza. Ricondurle in Libia significa riportarle in un luogo in cui sono esposte a gravi violazioni dei diritti umani umani e costituisce un'infrazione del diritto internazionale”, denuncia Sea Watch.

Come spiegato dal professor Giuseppe Campesi, docente presso il Dipartimento di Scienze politiche dell’Università Aldo Moro di Bari,

Frontex si inserisce in un disegno complessivo che è quello di attuare una strategia che fa leva sulla collaborazione dei paesi terzi, come la Turchia, o delle Agenzie di paesi terzi, come la cosiddetta guardia costiera libica, non tanto per respingere ma per riportare indietro i migranti diretti verso l’Unione europea limitando per quanto è possibile l’intervento diretto di Agenzie nazionali o appunto di Frontex stessa. Quindi diciamo che l’Agenzia ha cercato, per quanto possibile, di non operare direttamente respingimenti ma ha attivamente collaborato offrendo supporto logistico e cooperazione alle attività di 'pull-back' [respingimento delegato, ndr] svolte dalle agenzie dei Paesi terzi con cui cooperiamo. Questo è un disegno strategico complessivo su cui tutti i Paesi membri in un certo senso concordano e che anche Frontex contribuisce ad attuare.

Si inserisce in questa politica di “esternalizzazione delle frontiere” l’accordo che l’Unione europea sta negoziando con il Senegal per schierare nel paese dell’Africa Occidentale gli uomini di Frontex. Sarebbe la prima missione dell'agenzia fuori dall’Europa e sul territorio di uno Stato africano, con truppe armate e dotate di attrezzature di sorveglianza.

È anche per affrontare missioni del genere che l'agenzia ha visto crescere in maniera considerevole il proprio budget dai 6 milioni del 2005 ai 754 del 2022, mentre l'anno scorso è avvenuto il debutto del corpo permanente della guardia di frontiera e costiera europea. Per l'Ue si tratta del primo servizio europeo in uniforme. In totale, entro il 2027 saranno 10.000 le unità che avranno il compito di sorvegliare le frontiere, nonché di effettuare registrazione, identificazione e screening dei migranti irregolari che attraversano i confini. 3.000 guardie di frontiera verranno assunte direttamente da Frontex e gli altri 7.000 agenti saranno distaccati dagli Stati membri dell’Ue.

Frontex può contare su un budget di circa 5,6 miliardi di euro fino al 2027. Secondo uno studio di 22 ONG europee, la creazione di un programma di ricerca e salvataggio nel Mar Mediterraneo – la rotta migratoria più letale al mondo con 24.000 tra morti e dispersi dal 2014 a oggi – richiederebbe solo un terzo del budget che l’Ue concede alle operazioni di Frontex. 

Le priorità dell'agenzia sono assai diverse da quelle delle ONG che salvano vite in mare, come risulta evidente osservando l'uso che Frontex fa del suo ingente bilancio, scrivono le 22 organizzazioni europee: dal 2015 al 2021, a fronte di 100 milioni di euro spesi per i mezzi aerei da utilizzare nelle sue operazioni (compresi droni di sorveglianza), non c’è stato alcun investimento per l’acquisizione o il leasing di beni marittimi. Molto chiare a tal proposito le parole di Leggeri: “Noi siamo rispettosi delle procedure, ma non siamo un organo di difesa dei diritti umani, né un'agenzia umanitaria”.

Nel 2020 Frontex ha impiegato i fondi a sua disposizione per l’acquisto di navi, veicoli, aerei droni e radar. Tra il 2017 e il 2019, secondo il rapporto “Lobbying Fortress Europe. The making of a border-industrial complex” del Corporate Europe Observatory, l'agenzia si è incontrata con 138 enti privati (tra cui 10 tra centri di ricerca e think tank e solo una ong). Ben cinque gli incontri con l'impresa di difesa italiana Leonardo

Un altro aspetto interessante del report è la relazione tra Frontex e i lobbisti. Durante il processo di approvazione del bilancio dell'agenzia per il 2016 gli eurodeputati hanno chiesto a Frontex come gestisse le riunioni con le lobby. Frontex ha risposto di aver "incontrato solo i lobbisti segnati nel Registro per la Trasparenza dell’Unione europea e che nel 2017 non c'erano stati incontri”. 

Una risposta smentita dalle informazioni presenti nei fascicoli Frontex. Solo nel 2017 l'agenzia aveva organizzato almeno quattro riunioni e dei 24 enti privati che avevano preso parte a questi incontri – perlopiù aziende – oltre la metà (14) non erano iscritti nel Registro per la Trasparenza dell'Ue.

Ma le discrepanze non finiscono qui. Nel 2018 e nel 2019, il 72% (91 su 125) di tutti i lobbisti incontrati da Frontex non erano segnati nel Registro per la Trasparenza dell'Ue.

In Italia l'agenzia ha avviato l'anno scorso una collaborazione con il Politecnico di Torino attraverso un bando da quattro milioni di euro per la produzione di mappe e infografiche “per supportare le attività” di Frontex.

L'accordo siglato tra il Dipartimento Interateneo di Scienze, Progetto e Politiche del Territorio (DIST) del Politecnico di Torino, Ithaca Srl e Frontex ha trovato in Michele Lancione, professore ordinario di Geografia politico-economica, un fiero oppositore:

Il problema qui non è solo nel tipo di dato che Ithaca e il mio Dipartimento forniranno a Frontex. I ricercatori coinvolti nel progetto dicono che si tratti di dati open source, innocui. Posto che nessun dato è mai innocuo, la questione sta nel prestare il proprio nome – individuale e istituzionale – alla legittimazione dell’operato di una agenzia come Frontex. Perché quello si fa, quando si collabora: si aiuta l’apparato violento e espulsivo dell’Unione europea a legittimarsi, a rivestirsi di oggettività scientifica, a ridurre tutto a una questione tecnica che riproduce il suo male riducendolo a un passaggio di carte tra mani. In Europa la storia dovrebbe averci insegnato qualcosa in tal senso, ma chiaramente non abbiamo imparato nulla.

Nonostante le proteste di Lancione e una lettera aperta di attiviste e attivisti impegnati nella difesa dei diritti umani delle persone migranti, il 14 dicembre 2021 il Senato accademico dell'ateneo ha deliberato la firma del contratto con Frontex, introducendo una “clausola vincolante che specifichi l’impegno tanto del personale docente coinvolto quanto del committente ad agire in osservanza del rispetto dei diritti umani e fondamentali delle persone, oltre che dei principi dell’integrità della ricerca”. 

Il 18 marzo Lancione ha scritto al Magnifico Rettore, alla Prorettrice, ai membri del Senato accademico, al Direttore e ai Vicedirettori del DIST per “chiedere chiarezza su quella famosa clausola che dovrebbe vincolare il Politecnico e Frontex al rispetto dei diritti umani”. “Nessuno mi ha mai risposto”, dice a Valigia Blu.

Tra i firmatari della lettera aperta indirizzata al Politecnico c'è anche Baobab Experience, una delle organizzazioni che fanno parte di Abolish Frontex, una rete decentralizzata e autonoma di gruppi e individui che non sono interessati a riformare o migliorare Frontex. La critica alle politiche e al sistema che mantengono l'agenzia in piedi è radicale, così come l'obiettivo finale: costruire una società in cui le persone siano libere di muoversi e vivere.

Le realtà che fanno parte di Abolish Frontex in Italia le abbiamo conosciute in questi anni di attivismo a Como, Ventimiglia, Trieste e alle frontiere della cosiddetta Fortezza Europa. Per quella che è la mia esperienza è la prima volta che si tenta di contrastare collettivamente il lavoro di quest'agenzia”, spiega a Valigia Blu Andrea Costa, presidente di Baobab Experience.

Costa, rientrato un mese fa da una missione umanitaria al confine tra Moldavia e Ucraina, ha affrontato un processo per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, rischiando fino a 18 anni di reclusione. Sei anni fa insieme ad altri volontari e volontarie di Baobab aiutò otto ragazzi sudanesi e un ragazzo ciadiano a raggiungere il campo della Croce Rossa di Ventimiglia dopo lo sgombero del centro di accoglienza di via Cupa, dietro la stazione ferroviaria Tiburtina. È stato assolto perché "il fatto non sussiste".

Per questa condotta, Andrea Costa è stato equiparato dall’accusa ai tanti trafficanti che agiscono impunemente nelle Stazioni italiane e che quel biglietto se lo fanno pagare caro, anche con la vita, che vendono documentazione falsa al prezzo di una illusione e speculano sulla fragilità di persone abbandonate a loro stesse”, ricostruiva Baobab in un comunicato.

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Costa ricorda che nel 2021 sono arrivati in Italia 67.000 migranti e la maggior parte non si è fermata in Italia. Negli ultimi due mesi sono arrivate circa centomila persone dall'Ucraina. Questa volta non si è gridato all'invasione e noi siamo contenti, ma per quanto ci riguarda non c'era un'invasione neanche prima”.

Frontex non si limita ad alzare muri, spinge molto sulla criminalizzazione della solidarietà e tutte le persone che incontriamo con i nostri presidi sulla rotta balcanica o nelle città italiane sono costrette a fare quello che fanno anche per via di quest'agenzia”, spiega Costa. Ed è questa consapevolezza a motivare le attività dei gruppi e degli individui che hanno aderito ad Abolish Frontex.

Immagine in anteprima: Mstyslav Chernov/Unframe, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

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