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“Fate le rinnovabili, non fate la guerra”. Il ritorno degli scioperi globali per il clima

28 Marzo 2022 11 min lettura

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“Fate le rinnovabili, non fate la guerra”. Il ritorno degli scioperi globali per il clima

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Il round-up settimanale sulla crisi climatica e i dati sui livelli di anidride carbonica nell'atmosfera.

Centinaia di migliaia di giovani hanno manifestato venerdì scorso in tutto il pianeta per chiedere ai leader mondiali di ridurre le emissioni globali di gas serra e coniugare la lotta contro la crisi climatica a un impegno contro le guerre e per la giustizia sociale. 

“I risarcimenti non sono una carità, sono l'obbligo del nord globale”, si leggeva in un tweet di Friday for Future MAPA (“Persone e aree più colpite”) a proposito della giustizia e della finanza climatica, considerata il vero fallimento della Conferenza delle Nazioni Unite sul Clima di Glasgow (COP26).

Tra gli slogan delle manifestazioni in tutto il mondo, tanti i richiami al superamento del sistema capitalista per un nuovo modello di società, di economia e di sviluppo. “Persone, non profitti”, “Il capitalismo non è una legge di natura”, “La lotta per il clima è lotta di classe”, hanno scandito i giovani scesi per le strade di tutto il mondo. “Colonizzatori e capitalisti sono al centro di tutti i sistemi di oppressione che hanno causato la crisi climatica, e la decolonizzazione, utilizzando lo strumento dei risarcimenti climatici, è il miglior tipo di azione per il clima”, si legge in un comunicato di Fridays For Future. “L'1% capitalista più ricco deve essere ritenuto responsabile delle sue azioni e della sua deliberata ignoranza. Il loro profitto è la nostra morte. Il loro profitto è la nostra sofferenza”.

Si tratta del primo sciopero globale per il clima dal 2019, dopo le restrizioni per frenare i contagi di SARS-CoV-2. “Siamo stati incredibilmente isolati, abbiamo bisogno di riaccendere la speranza e di tornare a scioperare per spingere i nostri leader ad agire”, ha detto a Inside Climate News Liv Schroeder, coordinatrice nazionale e direttrice politica di Friday for Future USA. “Voglio che chi è al potere ci ascolti molto attentamente. Siamo arrabbiati, e voglio che le società dei combustibili fossili siano spaventate quanto noi”.

Circa 700 le manifestazioni organizzate in tutti e sette i continenti, 78 in Italia. 

Ogni paese ha declinato in modo diverso lo slogan “Persone, non profitti” sottolineando le molteplici implicazioni della crisi climatica. A Tokyo, gli studenti delle scuole superiori hanno protestato nei pressi di una banca di investimenti, chiedendo che smetta di finanziare nuove centrali a carbone. A Manila, nelle Filippine, le proteste hanno coinciso con la campagna elettorale: gli attivisti hanno chiesto la fine del governo di Rodrigo Duterte e una migliore leadership sul clima. In Bangladesh, gli attivisti di Cox's Bazar si sono presentati con le teste coperte da cappucci neri per protestare contro il finanziamento di una nuova centrale a carbone, e tanti giovani – tra cui parecchi ragazzini neanche adolescenti – avevano l’acqua fino alla vita per chiedere ai leader mondiali azioni più incisive contro l’innalzamento del livello dei mari che stanno provocando sempre più inondazioni nelle loro città. Gli attivisti messicani hanno sollevato la questione dei diritti delle comunità indigene, LGBT e delle donne per mostrare come le loro esperienze si intrecciano agli effetti del cambiamento climatico. In Antartide, gli scienziati della struttura di ricerca Neumayer Station III hanno manifestato tenendo dei cartelli con il loro laboratorio e la tundra alle spalle per sensibilizzare sullo scioglimento dei ghiacciai e delle calotte polari. 

In Europa, la lotta per il clima si è unita alle proteste contro la guerra. “Fate le rinnovabili non la guerra”, si leggeva su uno striscione esposto nella manifestazione di Glasgow, in Scozia. A Bruxelles, gli attivisti climatici ucraini e di altri paesi dell’est Europa hanno fatto pressione per un embargo sui combustibili fossili russi. 

“Spesso tendiamo ad analizzare ogni cosa in compartimenti stagni e questo ci porta a considerarli due argomenti separati, ma le connessioni tra guerra e crisi climatica sono molteplici. Provando a leggere la realtà con uno sguardo globale e olistico, non possiamo non vedere i legami tra guerra, clima, ambiente e giustizia sociale”, scrive Fridays For Future Italia. “Torniamo in piazza per la giustizia climatica e ambientale, contro ogni guerra e contro la crisi climatica. Scendiamo nelle piazze di tutto il mondo poiché crediamo che il capitalismo sia il filo rosso che tiene insieme pandemie, guerre e crisi climatica. Questo modello di sviluppo capitalistico estrattivista ed ecocida non fa altro che dividerci mentre continua ad avvelenare e devastare i nostri territori”. 

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“Non ci sarà una vera pace in un pianeta insostenibile. Non ci sarà una vera pace in un mondo in cui i nostri sistemi energetici dipendono dalla cordialità di un autocrate della porta accanto. Ecco perché la pace e la giustizia climatica non possono essere separate l'una dall'altra”, ha commentato a DW Luisa Neubauer di Fridays For Future Germania.

La necessità di doversi incontrare a distanza, solo online, imposta dalla pandemia, ha permesso agli attivisti di Fridays For Future di condividere esperienze, lotte, esigenze contingenti, diritti da conquistare. In questi due anni, il movimento ha lavorato per integrare in una piattaforma comune le diverse implicazioni ambientali, economiche e sociali del cambiamento climatico nelle diverse regioni del mondo. 

“Abbiamo imparato a conoscere la resistenza e le lotte degli altri”, spiega sempre a DW Yusuf Baluch, responsabile del gruppo MAPA di Fridays For Future. “Abbiamo iniziato a parlare di più di come questioni come l'uguaglianza di genere, l'Ucraina, la Palestina, l'Afghanistan... siano interconnesse con la crisi climatica”.

“È facile collegare le diverse questioni perché la crisi climatica è anche una crisi sociale”, aggiunge Regina Cabrera di Friday for Future Messico. “È difficile distinguere le questioni ambientali dal consumo di suolo, dalla lotta per le risorse limitate o dal consumo eccessivo”.

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Dobbiamo guardare con serietà a questa generazione di attivisti che “ha ereditato una serie di crisi e di incertezze che si sono sommate tra di loro”, scrive la giornalista del New York Times Somini Sengupta. I giovani di Fridays For Future “stanno crescendo in una pandemia, in un'epoca di leader forti e con la crisi climatica che incombe sulle loro stesse vite”. Senza prendere in considerazione questi aspetti non potremo capire la rabbia, il senso di sfiducia nelle democrazie occidentali e la percezione di distanza delle istituzioni che alimenta il loro attivismo per una società diversa da quella odierna.

Il piano di Stati Uniti ed Unione Europea per ridurre le importazioni di petrolio e gas russo

Nello stesso giorno in cui gli attivisti di Fridays For Future manifestavano per un mondo non alimentato con energia prodotta da fonti fossili, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha annunciato un accordo con i leader europei per aumentare le spedizioni di gas naturale liquefatto per aiutare l'Europa a svincolarsi dal gas e dal petrolio russo.

Non sono stati forniti grandi dettagli, ma il piano prevede che gli Stati Uniti invieranno 15 miliardi di metri cubi di gas naturale liquefatto in più all'Europa quest'anno (circa il 10-12% delle attuali esportazioni annuali degli Stati Uniti verso tutti i paesi) per arrivare a una fornitura di 50 miliardi di metri cubi l’anno entro il 2030. Anche il Canada – riporta Reuters – ha detto di poter aumentare le esportazioni di petrolio e gas per sostituire la fornitura russa.

L’annuncio di Biden ha colto di sorpresa persino l’industria energetica statunitense, che avrebbe dovuto calare le sue produzioni per raggiungere gli obiettivi climatici e che ora è stata chiamata in causa per ridurre la dipendenza dell’Europa dal gas russo. Tuttavia, i dirigenti delle società di petrolio e gas hanno detto che sarà il mercato a decidere chi venderà il gas a chi. “Questo è un sistema capitalista”, ha detto Charif Souki, dirigente della Tellurian, società produttrice di gas statunitense che sta progettando di costruire un terminale di esportazione in Louisiana. “Sono le persone come me che prendono queste decisioni. Il governo non può dirci dove mandare il gas”.

Biden e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, scrive il New York Times, hanno parlato di una futura task force che lavorerà per ridurre la dipendenza dell'Europa dal petrolio e dal gas russo senza però compromettere le rispettive politiche climatiche. Sul campo un maggiore efficientamento energetico, la diffusione delle pompe di calore e l’uso dell’idrogeno. Tra i nodi da sciogliere, le infrastrutture insufficienti per spedire e ricevere più gas da una parte e l’altra dell’oceano.

Earthjustice, un’organizzazione di diritto ambientale, ha criticato il piano annunciato da Biden e von der Leyen, nonostante i due leader abbiamo detto di volersi impegnare per diminuire le emissioni di gas serra dalle infrastrutture e dalle condutture di GNL e di ridurre il rilascio di metano dalle operazioni del gas. 

Il 23 marzo, la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento per frenare la crescita dei prezzi dell’energia. Fra i punti chiave c’è l’obbligo di riempire gli impianti di stoccaggio almeno all'80% entro il primo novembre del 2022, salendo al 90% della capacità per gli anni successivi.

Intanto, 31 ministri dell’Energia di tutto il mondo (tra cui USA e gran parte dell’Europa) hanno rilasciato una dichiarazione congiunta per la riduzione “radicale” delle importazioni di petrolio e gas russo dopo la sua invasione dell'Ucraina, garantendo però di mantenere gli impegni presi per la lotta al cambiamento climatico. 

Trovate per la prima volta microplastiche nel sangue umano

Uno studio condotto dal prof. Dick Vethaak, un ecotossicologo della Vrije Universiteit Amsterdam nei Paesi Bassi, ha rilevato per la prima volta nel sangue umano l'inquinamento da microplastiche. Il gruppo di ricerca ha trovato le piccole particelle in quasi l'80% delle persone testate. 

L'impatto sulla salute è ancora sconosciuto, ma i ricercatori sono preoccupati perché negli studi di laboratorio le microplastiche hanno mostrato di causare danni alle cellule umane e le particelle di inquinamento atmosferico sono già note per entrare nel corpo e causare milioni di morti premature all'anno.

Gli scienziati hanno analizzato campioni di sangue di 22 donatori anonimi, tutti adulti sani e hanno trovato particelle di plastica in 17 di loro. La metà dei campioni conteneva plastica comunemente usata nelle bottiglie delle bevande, mentre un terzo conteneva polistirolo, usato per imballare il cibo e altri prodotti. Un quarto dei campioni di sangue conteneva polietilene, di cui sono fatti i sacchetti di plastica.

“Ora dobbiamo capire quali sono gli effetti nel nostro corpo”, ha detto il prof. Vethaak. “Le particelle vengono trattenute? Sono trasportate ad alcuni organi, in particolare? E questi livelli rinvenuti sono sufficientemente alti da provocare delle malattie? Abbiamo urgente bisogno di finanziare ulteriori ricerche per poterlo scoprire”.

“La produzione di plastica è destinata a raddoppiare entro il 2040”, ha detto Jo Royle, fondatore dell'associazione Common Seas. “Abbiamo il diritto di sapere cosa provoca tutta questa plastica ai nostri corpi”. 

Per la prima volta una piattaforma di ghiaccio si è disintegrata nell'Antartide orientale

Per la prima volta da quando i satelliti hanno iniziato a osservare l'Antartide quasi mezzo secolo fa, una piattaforma di ghiaccio è crollata nella parte orientale del continente dove si stavano registrando temperature insolitamente alte, circa 30 gradi in più rispetto alla media abituale nello stesso periodo dell’anno. Le temperature record, riporta il Guardian, sarebbero il risultato di un fiume atmosferico che ha intrappolato il calore ma gli scienziati non sono in grado di collegare direttamente l'ondata di aria calda che ha avvolto la regione con il collasso della piattaforma. 

La banchisa Conger, che si estendeva per circa 1.200 Km quadrati al largo della costa nell'Antartide orientale, si è completamente staccata intorno al 17 marzo. Il crollo è stato individuato dagli scienziati dell'Australian Bureau of Meteorology ed è apparso nelle immagini satellitari scattate il 17 marzo, secondo lo U.S. National Ice Center (USNIC)

Il risultato di questo crollo è un nuovo iceberg, denominato C-38 dall’USNIC: “L'iceberg C-38 si è staccato dalla banchisa Conger nella regione di Wilkes Land in Antartide […] C-38 comprendeva praticamente tutto quel che rimaneva della piattaforma di ghiaccio Conger, che era adiacente alla piattaforma Glenzer che si è staccata la settimana scorsa come iceberg C-37”. 

Per quanto la piattaforma Conger sia relativamente piccola, il fenomeno ha destato interesse perché ha riguardato un’area del continente, l’Antartide orientale, di solito molto stabile. Le dimensioni della piattaforma Conger erano circa un terzo di quelle della Larsen B, che si è disintegrata nel 2002. 

“Non avrà effetti enormi, molto probabilmente, ma è un segno di ciò a cui andiamo incontro”, ha commentato Catherine Walker, scienziata della Terra presso la NASA e la Woods Hole Oceanographic Institution. La Conger, ha spiegato Walker, ha cominciato ad assottigliarsi gradualmente a partire dalla metà degli anni 2000 fino all'inizio del 2020. In questi primi mesi del 2022 l'accelerazione.

Zambia, gli abitanti di Kabwe potranno chiedere giustizia per la contaminazione dei loro terreni e l’avvelenamento da piombo

Dopo decenni di avvelenamento per il suolo inquinato dalle miniere di piombo, gli abitanti di Kabwe in Zambia potranno chiedere giustizia attraverso una causa collettiva. La scorsa settimana, gli studi legali per i diritti umani Mbuyisa Moleele in Sudafrica e Leigh Day nel Regno Unito hanno presentato prove dettagliate nella causa contro il gigante minerario Anglo American South Africa (AASA).

Un secolo di attività mineraria ha lasciato il terreno dove i bambini di Kabwe giocano con livelli spaventosi di contaminazione da piombo. I livelli del veleno nel sangue dei bambini sono molte volte più alti di quelli che hanno portato recentemente a un accordo da 640 milioni di dollari con una società di acqua a Flint, nel Michigan, negli Stati Uniti.

Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), non esiste un livello sicuro conosciuto di concentrazione di piombo nel sangue. Anche concentrazioni basse, come 5 microgrammi per decilitro, possono danneggiare il cervello dei bambini. Due delle dodici persone che ha presentato la causa hanno livelli di piombo sopra i 100 µg/dL, nove sono sopra i 45 µg/dL. Uno studio del 2015 ha trovato che tutti i 246 bambini di Kabwe testati avevano un livello oltre i 5 µg/dl.

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Gli avvocati sostengono che il coinvolgimento passato di AASA nella gestione della miniera significa che sono responsabili della contaminazione, e che la compagnia ha rifiutato il consiglio di ripulire l'ambiente per motivi di costo. Mentre il coinvolgimento diretto di AASA nella miniera è terminato nel 1974, gli avvocati dicono che la maggior parte del piombo è stato prodotto prima. La miniera ha chiuso nel 1994.

“Anglo è stata consapevole per decenni della portata e della gravità dell'avvelenamento da piombo per i bambini di Kabwe e tuttavia non ha fatto nulla per alleviare la loro sofferenza”, dice Richard Meeran di Leigh Day. “Questo è completamente in contrasto con i principi dei diritti umani che Anglo sostiene di sottoscrivere”. Gli avvocati chiedono un risarcimento per le persone colpite, uno screening completo del sangue, un trattamento medico e una bonifica dei suoli. Entro metà anno si saprà se ci sarà il processo.

Immagine in anteprima via Fridays For Future Italia

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