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Agenzia Internazionale dell’Energia: “Le emissioni globali di CO2 cresceranno meno dell’1% quest’anno grazie alle energie rinnovabili”

26 Ottobre 2022 11 min lettura

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Agenzia Internazionale dell’Energia: “Le emissioni globali di CO2 cresceranno meno dell’1% quest’anno grazie alle energie rinnovabili”

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Il round-up settimanale sulla crisi climatica e i dati sui livelli di anidride carbonica nell'atmosfera.

Le emissioni globali di anidride carbonica prodotte dai combustibili fossili aumenteranno quest'anno meno dell'1% (molto meno dell'aumento di quasi il 4% registrato l'anno scorso) grazie alla rapida crescita delle energie rinnovabili e dei veicoli elettrici che ha superato la domanda di carbone. È quanto emerge da una nuova analisi dell'Agenzia Internazionale dell'Energia (IEA), secondo la quale l'aumento di quasi 300 milioni di tonnellate (MtCO2) è stato molto più contenuto dell’incremento di quasi 2 miliardi di tonnellate previsto per il 2021. 

Tuttavia, si prevede che la domanda di petrolio è destinata a crescere più di ogni altro combustibile fossile nel 2022, con un aumento delle emissioni di CO2 di circa 180 milioni di tonnellate, determinato in gran parte dal settore dei trasporti, dopo l’allentamento delle restrizioni legate alla pandemia. Il settore dell'aviazione contribuisce per circa tre quarti all'aumento delle emissioni derivanti dall'uso del petrolio, in particolare per l'aumento dei viaggi aerei internazionali, sebbene le emissioni del settore aereo siano ancora all'80% rispetto ai livelli pre-pandemia.

“La crisi energetica globale innescata dall'invasione dell'Ucraina da parte della Russia ha spinto molti paesi a ricorrere ad altre fonti energetiche per sostituire le forniture di gas naturale russo. La notizia incoraggiante è che il solare e l'eolico stanno colmando gran parte del divario, mentre l'aumento del carbone sembra essere relativamente poco consistente e temporaneo”, ha commentato Fatih Birol, direttore esecutivo della IEA.

Secondo il rapporto, quest'anno il solare fotovoltaico e l'eolico hanno portato a un aumento della produzione globale di elettricità da fonti rinnovabili di oltre 700 terawattora (TWh), il più grande incremento annuale mai registrato. Senza questo aumento, le emissioni globali di CO2 sarebbero state superiori di oltre 600 milioni di tonnellate quest'anno.

Nonostante la siccità in diverse regioni, anche la produzione mondiale di energia idroelettrica è aumentata rispetto all'anno precedente, contribuendo per oltre un quinto alla crescita prevista dell'energia rinnovabile.

Le emissioni di CO2 dell'Unione Europea sono destinate a diminuire quest'anno, nonostante l'aumento delle emissioni di carbone che si presume essere temporaneo, prosegue la IEA. In Cina, le emissioni di CO2 dovrebbero rimanere sostanzialmente invariate per una concatenazione di fattori, tra cui una crescita economica più debole, l'impatto della siccità sull'energia idroelettrica e la diffusione dell'energia solare ed eolica.

Tuttavia, secondo un recente studio dell’Istituto Internazionale per lo Sviluppo Sostenibile (IISD) – che ha elaborato tutti i percorsi “fattibili” per limitare l’aumento del riscaldamento globale a 1,5°C dall’età pre-industriale – gli investimenti in fonti energetiche a basse emissioni di carbonio sono insufficienti per rispettare gli obiettivi climatici. Tutti gli studi pubblicati, scrive IISD, concordano sul fatto che lo sviluppo di nuovi giacimenti di petrolio e gas sia “incompatibile” con l'obiettivo di 1,5°C. Pertanto, riorientando i 570 miliardi di dollari di investimenti annuali previsti per il petrolio e il gas si potrebbe “finanziare completamente” l'espansione dell'eolico e del solare, in linea con l'obiettivo di 1,5°C.

“La comunità internazionale dovrebbe essere sei volte più ambiziosa di quanto non sia stata quest’anno se vuole evitare cambiamenti climatici catastrofici e mantenere il riscaldamento globale a 1,5°C entro la fine del secolo”, aggiunge Bloomberg rilanciando un altro studio pubblicato dal gruppo di ricerca no-profit World Resources Institute (WRI).

Secondo la ricerca del WRI, che ha fatto il punto sull’attuazione dei contributi nazionali per la riduzione delle emissioni (NDC), gli impegni presi finora consentirebbero una riduzione delle emissioni globali di gas serra solo del 7% rispetto ai livelli del 2019 entro il 2030. Una percentuale molto lontana dal 43%, necessario per allinearsi a ciò che il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite (IPCC) afferma essere sufficiente per raggiungere l'obiettivo dell'Accordo di Parigi.

“Se si dovesse mantenere il ritmo avuto finora, il mondo non solo non rispetterà gli obiettivi dell'Accordo di Parigi, ma li mancherà di tanto”, si legge nel rapporto.

UE, ancora nessun accordo sul tetto al prezzo del gas: tutto rinviato al 24 novembre

Ricomincio da capo. Neanche nell’incontro di martedì 25 ottobre in Lussemburgo i ministri dell’Energia dell’Unione Europea sono riusciti a trovare un accordo su uno schema che fissi un limite al prezzo del gas e hanno deciso di tenere un’altra riunione di emergenza, tra un mese, il 24 novembre. Si tratterà del quarto incontro da quando lo scorso luglio, l’UE ha approvato in fretta e furia misure volte a risparmiare carburante, a riempire i depositi di stoccaggio del gas e ad arginare il caro bollette.

La scorsa settimana, la Commissione Europea ha presentato una serie di misure per la cui stesura serve l’approvazione degli Stati membri. Tra queste l’introduzione di un “tetto dinamico ai prezzi dell'elettricità e del gas” presso il mercato olandese del gas, dove vengono fissati i prezzi di riferimento per l’Unione Europeo, e la proposta di acquisto congiunto del gas da parte dei paesi UE.

Alcuni diplomatici hanno detto a Reuters che il vertice in Lussemburgo è stato inconcludente come gli incontri precedenti. Germania e Paesi Bassi continuano a essere scettici, sostenendo che un tetto massimo al prezzo del gas potrebbe provocare un aumento del consumo o mettere in difficoltà i diversi paesi nell'acquisto di una quantità sufficiente di gas, mentre l’Italia e altri 14 paesi continuano a chiederne l’introduzione per limitare l'inflazione.

“La questione principale è come assicurare che il tetto massimo ci permetta di acquistare il gas di cui abbiamo bisogno sul mercato”, ha dichiarato il ministro dell'Energia ceco Jozef Síkela, il cui paese detiene attualmente la presidenza di turno del Consiglio dell’UE.

Sul tavolo c’è anche la possibilità di estendere a tutta l’UE il cosiddetto modello spagnolo, un programma di aiuti di Stato, introdotto in Spagna e Portogallo quest’estate, che copre parzialmente il prezzo elevato del gas utilizzato per produrre elettricità. Il sussidio viene concesso alle centrali elettriche a gas e compensa la differenza tra il prezzo reale di mercato e il prezzo massimo. Ciò si traduce in bollette più basse per i consumatori e le imprese.

In un documento informale, riporta Euronews, la Commissione Europea ha detto che l'applicazione di questo sistema a tutta l'UE porterebbe circa 13 miliardi di euro di benefici netti, ma al tempo stesso potrebbe portare a un aumento della domanda di gas tra i 5 e i 9 miliardi di metri cubi (bcm). In quanto programma di aiuti di Stato, il modello spagnolo potrebbe comportare costi elevati per i paesi che dipendono in larga misura dalle centrali elettriche a gas, come Germania, Paesi Bassi e Italia. Anche i paesi dell'Est, quelli nordici e baltici potrebbero godere di minori benefici dalla misura, considerati i loro diversi mix energetici. La Francia sarebbe, invece, il “maggior beneficiario netto”, secondo le stime della Commissione.

“Spetta agli Stati membri trovare una soluzione, soprattutto su come affrontare i flussi verso i paesi terzi o su come concordare i principi di condivisione dei costi”, ha detto la Commissaria europea per l’energia Kadri Simson.

Nel documento informale, la Commissione propone una strada alternativa: un nuovo tipo di contratto a lungo termine che si applicherebbe solo alle energie rinnovabili e alle centrali nucleari, per evitare l'effetto contagio dei prezzi del gas.

Nel frattempo, i prezzi del gas sono scesi sotto i 100 euro per i megawattora per la prima volta da metà giugno. Tuttavia, il ministro dell’Energia ceco Síkela ha commentato che “la partita non è finita, abbiamo bisogno di una misura di emergenza, indipendentemente dalla posizione nella curva [dei prezzi]”.

Intanto, anche la Francia, dopo Spagna, Polonia e Paesi Bassi, si è sfilata dal Trattato sulla Carta dell'energia (TCE), un accordo tra 53 paesi progettato negli anni ‘90 per “proteggere gli investimenti privati in combustibili fossili, dall’estrazione al consumo, da cambiamenti politici che avrebbero potuto minacciare i loro profitti”, come scrive il Guardian. Il trattato, aggiunge il Financial Times, dissuade i governi dall'eliminare gradualmente i combustibili fossili per paura di azioni legali nei loro confronti. Gli investitori possono, infatti, citare in giudizio gli Stati firmatari del patto, se ritengono che i loro beni siano minacciati da modifiche legislative o politiche. Tre gruppi energetici, tra cui la tedesca RWE, stanno facendo causa a tre governi europei in relazione agli investimenti in combustibili fossili. L'Italia si è ritirata dal patto nel 2016, ma rimane vincolata da una clausola di decadenza di 20 anni. Il prossimo mese in Mongolia verrà discussa una proposta di “modernizzazione” del trattato presentata dalla Commissione Europea. 

Infine, i ministri dell'Energia hanno raggiunto un accordo politico sulla revisione della direttiva UE sul rendimento energetico nell'edilizia (EPBD) con l'obiettivo di arrivare a un parco edifici all’interno dell'Unione Europea completamente decarbonizzato e a zero emissioni entro il 2050.

La COP27 in Egitto è il greenwashing di uno Stato di polizia

Secondo un’email visionata dal Guardian, le organizzazioni della società civile e i governi potrebbero essere costretti a cancellare gli eventi che si terranno nei giorni di apertura del vertice delle Nazioni Unite sul clima, fatta eccezione per gli incontri che riguardano i capi di Stato, per un rafforzamento delle misure di sicurezza da parte degli organizzatori egiziani. 

Nei primi due giorni della COP i leader mondiali si riuniranno al centro congressi per i colloqui e per dirigere le loro squadre negoziali. E proprio la loro presenza avrebbe reso necessaria la chiusura dei padiglioni presenti nella “zona blu”, dove si svolgono i negoziati e dove le ONG, gli osservatori e i media possono mescolarsi alle delegazioni. Sebbene sezioni della zona blu siano sempre chiuse per il segmento del vertice dei leader della Cops, l'annullamento di eventi che erano stati programmati è un'azione molto insolita da parte del paese ospitante.

Le ONG temono che l'Egitto possa avere l’intenzione di limitare le loro attività per tutta la durata della COP e di impedire anche le manifestazioni nelle strade, una parte importante delle precedenti Conferenze sul Clima per fare pressione sui governi.

“Una cosa è certa”, scrive Naomi Klein in un editoriale sul Guardian: “Non riusciremo a ottenere il tipo di cambiamento che la crisi climatica richiede senza la libertà di manifestare, di fare sit-in, di dire la verità in pubblico. Se le manifestazioni vengono vietate e i fatti scomodi vengono definiti ‘notizie false’, come avviene nell'Egitto di al-Sisi, allora il gioco è fatto. Senza gli scioperi, le proteste e le ricerche investigative, saremmo in condizioni ben peggiori di quelle in cui ci troviamo. E ognuna di queste attività sarebbe sufficiente a far finire un attivista o un giornalista egiziano in una cella buia accanto a quella di Abd El-Fattah”, l’attivista simbolo della Primavera araba in carcere in Egitto.

A detta di tutti, prosegue Klein, il governo egiziano sta costruendo una bolla a Sharm el-Sheikh, dove reciterà la parte di qualcosa che assomiglia a una democrazia. La domanda che pongono i gruppi della società civile a chi parteciperà alla Conferenza sul Clima è: starete al gioco o farete il possibile per rovinare lo spettacolo?

John Kerry: “Dobbiamo riprendere i colloqui con la Cina per vincere la battaglia sul clima”

In un’intervista al Guardian, l’inviato speciale per il clima degli Stati Uniti, John Kerry, ha esortato la Cina a tornare al tavolo dei negoziati con gli USA sulla crisi climatica, per rilanciare i progressi globali in fase di stallo sulla riduzione delle emissioni di gas serra.

“La Cina rappresenta il 30% di tutte le emissioni. Dobbiamo coinvolgere la Cina”, ha detto Kerry. I rapporti tra i due paesi sono entrati in crisi dopo la visita di Nancy Pelosi, presidente della Camera dei Rappresentanti, a Taiwan questa estate. Questa visita è stata considerata una grave provocazione da parte di Pechino, che rivendica la sovranità sulle isole contese, e le relazioni diplomatiche si sono di fatto interrotte.

“Penso che Cina e Stati Uniti debbano lavorare insieme per vincere questa battaglia [sul clima]. E sono davvero molto preoccupato per l'interruzione dei rapporti a causa di eventi che non hanno nulla a che fare con il clima”, ha commentato Kerry che si è detto molto contrariato per quanto accaduto. “Personalmente sono in forte disaccordo. Il clima è una questione universale, una minaccia universale. Senza ideologia politica, senza partito politico. Non rappresenta una competizione globale. Rappresenta una minaccia globale per il mondo, di cui i due maggiori emettitori e le due maggiori economie potrebbero beneficiare enormemente unendosi e cooperando per cercare di affrontarla”.

Rispetto alla Conferenza sul Clima che inizierà il 6 novembre in Egitto, Kerry ha detto di non aspettarsi né una svolta significativa né una singola grande decisione che possa cambiare il corso della crisi climatica, ma di sperare in una serie di iniziative da parte dei paesi e nella volontà di progredire nella riduzione delle emissioni.

UNICEF: “1 bambino su 4 nel mondo è esposto a intense e frequenti ondate di calore. Entro il 2050 tutti i bambini potrebbero esserne colpiti”

In un anno che sta registrando temperature record, uno studio dell’UNICEF evidenzia che 559 milioni di bambini sono stati colpiti da una frequenza elevata di ondate di calore. Il rapporto stima inoltre che entro il 2050 tutti i 2,02 miliardi di bambini del mondo saranno esposti a un'elevata frequenza di ondate di calore, indipendentemente dal fatto che il mondo raggiunga uno “scenario a basse emissioni di gas serra”, con un riscaldamento stimato di 1,7 gradi nel 2050, o uno “scenario ad altissime emissioni di gas serra” con un riscaldamento stimato di 2,4 gradi nel 2050.

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“Già oggi 1 bambino su 3 vive in paesi che devono affrontare temperature estreme e quasi 1 bambino su 4 è esposto a una frequenza elevata di ondate di calore”, ha dichiarato il Direttore esecutivo dell'UNICEF, Catherine Russell. E la situazione è destinata a peggiorare. “Nei prossimi trent'anni un numero maggiore di bambini sarà colpito da ondate di calore più lunghe, più calde e più frequenti, che minacceranno la loro salute e il loro benessere. La portata di questi cambiamenti dipende dalle azioni che intraprenderemo ora. Come minimo, i governi devono limitare urgentemente il riscaldamento globale a 1,5°C e raddoppiare i finanziamenti per l'adattamento entro il 2025. Questo è l'unico modo per salvare le vite e il futuro dei bambini - e il futuro del pianeta”.

Le ondate di calore sono particolarmente dannose per i bambini, meno capaci di regolare la loro temperatura corporea rispetto agli adulti. Più i bambini sono esposti alle ondate di calore, maggiore è la possibilità di problemi di salute, tra cui asma e malattie cardiovascolari. I neonati e i bambini piccoli sono i più esposti al rischio di mortalità legata al caldo. Le ondate di calore possono anche influire sull'ambiente in cui vivono i bambini, sulla loro sicurezza, sulla nutrizione e sull'accesso all'acqua, nonché sulla loro istruzione e sul loro futuro sostentamento.

Immagine in anteprima: catazul via Pixabay 

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