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I cibi del futuro: non dite al Governo Meloni che non c’è solo la carne coltivata

22 Novembre 2023 5 min lettura

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I cibi del futuro: non dite al Governo Meloni che non c’è solo la carne coltivata

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Il 16 novembre la Camera dei Deputati ha approvato il disegno di legge per vietare la produzione e la vendita della cosiddetta carne coltivata, ossia la carne prodotta in laboratorio attraverso colture di cellule staminali animali. L’Italia è il primo paese europeo a introdurre un divieto di questo tipo, che è di tipo “preventivo” dato che la produzione di carne coltivata non è stata ancora avviata in Europa. Ma, come scrivevamo in questo articolo, il provvedimento rischia però di essere un flop annunciato, poiché prima di tutto è inapplicabile: innanzitutto perché va di fatto a vietare qualcosa che è già vietato, poiché non ancora autorizzato dalla Commissione Europea; e poi, anche nel caso in cui la Commissione lo autorizzasse, il divieto resterebbe comunque inapplicabile, poiché entrerebbe in contrasto con il principio di libera circolazione delle merci, che è uno dei principi fondanti dell'Unione Europea.

Il disegno di legge è stato proposto dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida e sostenuto da Coldiretti, associazione di rappresentanza nel settore agricolo italiano molto influente a livello politico. Da quando è stato eletto, Lollobrigida ha portato avanti la sua battaglia per la “sovranità alimentare”, dichiarando che “ogni nazione dovrebbe avere il dovere e il diritto di difendere le proprie eccellenze alimentari” e andando contro le “degenerazioni di cui nessuno parla, come la produzione di carne in laboratorio. Trovarsi nel piatto un prodotto così fa schifo”.

Ma la carne coltivata non è l’unico “cibo del futuro” su cui oggi punta l’industria agroalimentare: ne esistono molti altri, di cui il governo italiano sembra essersi dimenticato. Fermentazione di precisione, proteine sintetizzate dalla Co2, fattorie verticali, space food, ma anche i più noti insetti e le alghe: si tratta di cibi pensati per ridurre l’impatto ambientale e rendere più sostenibile la produzione e il consumo di alimenti, in particolare delle proteine. 

Partiamo da un dato di fatto: nel mondo stiamo assistendo a un costante aumento del fabbisogno di cibo di una popolazione in continua crescita. Secondo le Nazioni Unite, alla fine del secolo il pianeta ospiterà 11 miliardi di persone. Come garantire cibo per tutti? L’agricoltura consuma più acqua di qualsiasi altra attività umana, e di questa circa tre quarti è destinato agli allevamenti intensivi per sfamare gli animali. L’industria della carne è responsabile del 14,5% delle emissioni globali di gas serra: produrre e mangiare così tanta carne, insomma, non è più sostenibile. Servono alternative. Ecco perché si discute sempre di più di “cibi del futuro”, o novel food: alimenti innovativi, iperenergetici, rispettosi dell’ambiente, della salute e del benessere animale, prodotti utilizzando nuove tecnologie che consumano poca energia e rilasciano basse emissioni.

Tra le frontiere più pionieristiche c’è quella di creare proteine partendo dalla Co2: l’anno scorso la start up NovoNutrients ha raccolto fondi per 4,7 milioni di dollari per catturare l’anidride carbonica dalle emissioni di impianti di petrolio e gas, trasformandola in proteine per uso umano e animale. Il processo si basa su batteri che si nutrono delle emissioni di anidride carbonica, fermentando: sono poi queste colonie microbiche, messe a seccare, a diventare fonte di proteine. Il processo però è ancora molto costoso e su scala ridotta: ci vorrà tempo per valutarne la scalabilità.

Arrivata a una fase più avanzata di sperimentazione è invece l’agricoltura cellulare, già considerata da molti una possibile soluzione per risolvere la crisi climatica. Si tratta di una branca della biotecnologia che riproduce qualsiasi tipo di cibo in laboratorio a partire dalle cellule staminali: la crescita avviene in bioreattori che sfruttano le capacità fermentative e trasformative di microrganismi, come batteri e lieviti. È la cosiddetta “fermentazione di precisione”, che dà origine al lab grown food, il cibo “costruito” in laboratorio. Tra questi c’è anche la carne coltivata, ma non solo: una start up spagnola sta provando a riprodurre in laboratorio il latte di mucca, mentre la britannica Primeval Foods sta sperimentando prodotti che prima proprio non esistevano, come la bistecca di leone o il sushi di zebra.

Oltre alle proteine animali, l’industria del cibo guarda con interesse al mondo delle proteine vegetali. Tra gli alimenti che ne contengono di più ci sono i legumi ma anche le alghe, che hanno grandi proprietà benefiche e sono facili da reperire e da coltivare. Già nel 2008 la FAO (l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) aveva portato l’esempio dell’alga spirulina come alimento sul quale puntare. In questo caso si parla di plant-based food: hamburger di legumi, wurstel veggie, latte di mandorla, riso o avena, formaggio di soia e salmone veg. Prodotti che è ormai comune trovare nelle corsie dei nostri supermercati. E poi ci sono i cosiddetti hamburger “impossibili”, hamburger vegetali il cui aspetto, consistenza, gusto e odore ricordano in tutto e per tutto la carne, arrivando a riprodurre perfino il sangue tipico della bistecca poco cotta.

Infine c’è il mondo degli insetti. Dal sud est asiatico all’Africa subsahariana, fino al centro-sud America, sono molti i paesi in cui gli insetti fanno parte della tradizione alimentare: vengono perlopiù consumati interi, essiccati al sole oppure cucinati in umido. Nei paesi occidentali i consumatori non sono abituati a vedere la forma dell’insetto, e così si sta puntando su sottoprodotti come le farine, che vengono inserite in cibi processati per dare un maggior apporto proteico. L’ultimo autorizzato dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) è il grillo, il primo era stato – a gennaio 2021 – la tarma della farina, seguita dalla locusta migratoria.

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L’innovazione nel settore alimentare non si circoscrive al settore delle proteine alternative, ma spazia anche in quello dell’agricoltura. I crescenti bisogni di cibo fresco hanno portato allo sviluppo del vertical farming, le fattorie verticali con ortaggi su più livelli sovrapposti, per massimizzare il numero di piante a metro cubo. E poi c’è la space economy, che nasce per nutrire gli astronauti durante le esplorazioni spaziali: a farla da padrone sono gli alimenti liofilizzati, i cui ingredienti si combinano attraverso l’energia solare e minime quantità di acqua. Non si tratta di una tecnologia nuova, ma oggi la svolta potrebbe arrivare con il cibo stampato in 3D.

Per i cibi del futuro, insomma, le sfide sono tante: riuscire a ottenerne determinate quantità, abbassare le emissioni dei processi produttivi, ma anche rispettare i valori nutritivi. E, naturalmente, non far lievitare eccessivamente i costi. Per il momento, scalabilità e prezzi competitivi sono tutt’altro che raggiunti, ma la ricerca va avanti e gli esperti concordano sul fatto che, sulle nostre tavole, tra qualche anno spunteranno cibi che oggi non abbiamo neanche sentito nominare.

Immagine in anteprima via foodweb.it

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