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Caso Santanchè: se la maggioranza salva l’indifendibile allora vale tutto

6 Luglio 2023 6 min lettura

Caso Santanchè: se la maggioranza salva l’indifendibile allora vale tutto

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Se mai qualcuno avesse avuto dubbi sul fatto che la seduta al Senato in cui la ministra Santanchè ha riferito circa la situazione delle sue aziende e delle indagini che la riguardano (qui la puntata di Report che ha sollevato il caso, qui una sintesi degli aspetti più critici) non fosse una cosa seria, le prime immagini della seduta dovrebbero aver tolto ogni dubbio.

A presiederla, infatti, è stato Ignazio La Russa. Ovvero l’avvocato dell'omonimo studio legale, che avrebbe firmato atti sia per Visibilia, la società di Daniela Santanchè sia per conto del fondo Negma, il misterioso fondo di Dubai arrivato in soccorso di Visibilia stessa e ad altre società della ministra. Fondo il cui intervento avrebbe fatto crollare i valori dei titoli, secondo uno schema consolidato

A presiederla, dunque, è stato uno che, a voler fare i pignoli, un’oretta o più per riferire a Senato sulla questione potrebbe spenderla. Anche perché, quando gli è stato chiesto conto della sua attività legale, ha dato una risposta che definire evasiva sarebbe riduttivo. Ma La Russa si è mostrato ieri persino gioviale, anzi avvertendo che nel gestire i tempi di replica sarebbe stato comprensivo.

Del resto siamo in Italia, il paese in cui si piange come padre della patria uno che del conflitto d’interessi ha fatto “rivoluzione liberale”. E, tra le colonne scricchiolanti di quello schema piramidale fondato su sogni a buon mercato, c’è ancora chi se la beve, e anzi ti spiega che sei tu a non aver capito, a non aver colto lo spirito del tempo, eccetera e così via. Per cui fa curriculum avere l’amico avvocato, nonché parlamentare, nonché presidente del Senato che, all’occorrenza ti fa un favore, e lo fa pure al fondo che magari ha fatto un favore a te, ma non agli altri azionisti. L'Italia è insomma una Repubblica rifondata sui favori. 

Ecco allora che la seduta di ieri è andata avanti come nulla fosse, e ci ha regalato la straordinaria storia di una ministra che infila dichiarazioni contraddittorie, incongruenti o grossolane, per giunta scritte da un team di avvocati che chissà quanto si è impegnato. Viene quasi da immaginare lo Studio Azzeccagarbugli & Associati che prova a districarsi nel campo minato di TFR da pagare, casse integrazioni a zero ore, indagini per bancarotta e falso in bilancio, cercando frasi che non facciano saltare in aria la credibilità dell'importante cliente.

Così, una procedura che dovrebbe essere basilare, ovvero un membro del governo che riferisce per trasparenza su questioni di rilevanza pubblica che lo riguardano, si trasforma in un teatrino a uso e consumo del proprio ego e dei propri sodali. Santanchè ha infatti sciorinato un repertorio purtroppo prevedibile: l’attacco ai giornalisti che hanno fatto il loro lavoro (“sporche schifose pratiche”), la narrazione autoriferita dell’imprenditrice di successo (con tanto di pretesa di applauso), la demonizzazione di chi accusa.

Il potere, invece di rispondere al proprio operato, ha messo in scena la più classica delle inversioni di responsabilità. E prima ancora, avevamo naturalmente assistito agli avvertimenti non proprio amichevoli, tra annunci di querela (sempre Santanchè) e allusioni a “dossier” che possono colpire chiunque (Crosetto). 

Tuttavia ieri, nel bel mezzo dell’esecuzione di un repertorio ormai classico, di quella prevedibilità che piace solo ai fan più sfegatati, sono risuonate le esplosioni del campo minato di cui sopra - con buona pace dello Studio Azzeccagarbugli & Associati. Santanchè ha infatti glissato ampiamente sull’essere indagata (“se avessi ricevuto avviso di garanzia ve lo avrei detto perché per me non sarebbe cambiato nulla”), anzi ha chiamato in causa i giornalisti che han dato la notizia, che avrebbero diffuso informazioni “secretate”. Ma in Italia esistono ancora giornalisti in grado di fare bene il loro lavoro. Tra questi, Luigi Ferrarella, che sul Corriere spiega il trucco:

Che Santanchè sia indagata per falso in bilancio nelle comunicazioni 2016-2020 di Visibilia Editore spa è infatti noto da quando lo si scrisse (qui il 2 e 3 novembre 2022) non in forza di chissà quale riuscito scoop, ma banalmente perché — tra gli atti della richiesta della Procura al Tribunale Fallimentare di staccare la spina e mettere in liquidazione quattro società del gruppo Visibilia dell’imprenditrice, indebitate per lo più con il Fisco – una annotazione del 30 settembre 2022 del Gruppo Tutela Mercati della Guardia di Finanza di Milano già era palese nell’additare ai pm «la sussistenza del reato di false comunicazioni sociali».

E quando in quell’inizio novembre per provare a smentire la notizia Santanchè sbandierò la certificazione di routine della Procura all’istanza dei suoi legali contemplata dall’articolo 335 del codice di procedura («non risultano iscrizioni suscettibili di comunicazione»), si capì subito che era un possibile caso di ricorso dei pm al 3 bis di quell’art.335, cioè alla facoltà in caso di indagini complesse di ritardare (per un massimo di 3 mesi) la comunicazione dell’iscrizione.

Già solo per questo, Santanchè dovrebbe dimettersi. Ma c’è dell’altro, come anticipato. Circa le numerose multe che avrebbe preso un auto a lei riconducibile, delle quali risulterebbe pagata una sola a fronte di 462, si è difesa dicendo che l’auto era stata data “in comodato d’uso ai carabinieri” per non gravare così sulle auto di scorta assegnate dallo Stato. E quindi le multe, fa intendere, sarebbero una faccenda dell’Arma. A rigor di logica, ora il ministro competente, Crosetto, dovrebbe spiegare al Parlamento come mai dei carabinieri abbiano guidato un’auto di scorta fornita da un altro membro del governo, senza registrare il fatto da nessuna parte.

Infine, circa la dipendente di Visibilia che avrebbe lavorato regolarmente, pur essendo in cassa integrazione a zero ore (circostanza gravata, come rivelato da Report, da una denuncia per truffa aggravata ai danni dello Stato), Santanchè ha spiegato che in realtà la dipendente non aveva mai lavorato in quel periodo, ma tuttavia Visibilia ha sanato la questione. E mentre andava in scena il teatrino, va ricordato, ci sono ancora ex dipendenti del Ki Group che aspettano il TFR.  

Insomma, il problema, come capita spesso, è persino a monte. Santanchè non avrebbe dovuto essere nominata ministra del Turismo. Va ricordato che da subito fu sollevato il conflitto tra il suo ruolo nell’esecutivo e l’essere proprietaria del Twiga, uno stabilimento balneare. Conflitto che si era detto risolto affidando ad altri le deleghe in materia, mentre ora si scopre che potrebbe essere andata diversamente.

Vediamo perciò in azione due fondamentali regole della politica italiana, di cui Santanchè è regola, non certo eccezione. La prima è che se c’è un conflitto tra i fatti e un membro del governo, la maggioranza pensa bene di risolverlo a favore del secondo. Ecco allora che omissioni, giri di parole, gaffe, ammissioni a mezze parole sono ampiamente digeribili. Tanto, cosa volete che accada? Chi vince prende tutto, chi perde deve farsene una ragione e smettere di rosicare, eccetera e così via.

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La seconda regola è che qualora i fatti si dovessero rivelare troppo insistenti, e non ne volessero sapere di conformarsi alla volontà della maggioranza al potere, allora si fa la conta dei santi e dei fanti. Quanti dei primi tiene Santanchè in paradiso? Ma soprattutto, quanti dei secondi tiene nella maggioranza? Se dovessero essere pochi, allora è probabile che Santanchè verrà convinta - per usare un eufemismo - a dimettersi. Lo sa bene Josefa Idem, che nel 2013 si dimise da ministra delle Pari Opportunità e dello Sport per l’Imu non pagata e per un’inchiesta sulla titolarità di una palestra. 

Altrimenti, si farà ancora più carta straccia di concetti come trasparenza, decoro, onore e senso delle istituzioni, applicando per quanto possibile una serie di diversivi o aggressioni istituzionali. Magari trovando un nemico di turno per polarizzare l’opinione pubblica, secondo una strategia consolidata, proponendo una legge inaccettabile, per esempio sulla stampa e la cronaca giudiziaria, o un bel decreto "anti-dossier". Nel mentre, bisognerà capire quanto spesso Santanchè (o chi per lei) andrà imperterrita in televisione a magnificare la sua storia di imprenditrice di successo, in sfarzosi avanspettacoli in cui si spiega che se guadagni poco è perché non ti impegni abbastanza, che in natura nulla si crea e nulla si distrugge a parte i posti di lavoro per effetto degli imprenditori, che il reddito di cittadinanza impigrisce. A fare, insomma, la guerra di classe dall'alto verso il basso. Eccetera e così via.

(Immagine in anteprima: grab via YouTube)

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