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Brasile, i giudici avrebbero cospirato contro l’ex presidente Lula. Lo scoop del sito investigativo The Intercept

12 Giugno 2019 4 min lettura

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Brasile, i giudici avrebbero cospirato contro l’ex presidente Lula. Lo scoop del sito investigativo The Intercept

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Secondo quanto emerso da uno scoop pubblicato dal sito The Intercept, sarebbero stati compiuti atti illeciti e comportamenti non etici da parte di alcuni giudici contro l’ex presidente del Brasile Lula de Silva, condannato per corruzione e riciclaggio a 8 anni e 10 mesi di carcere, per bloccare la possibilità di una vittoria del suo Partito dei lavoratori (PT) alle elezioni presidenziali dello scorso anno.

La condanna di Lula è una delle conseguenze dell’indagine nota come “Operação Lava Jato”, iniziata nel 2014, che ha scoperchiato tangenti legate alla compagnia petrolifera nazionale Petrobras e che ha portato in carcere centinaia di dirigenti, politici e intermediari. Nell’aprile 2018, l’ex presidente, allora favorito nei sondaggi, è stato arrestato e per questo non ha potuto partecipare alle elezioni, vinte poi da Jair Bolsonaro, candidato di estrema destra del Partito Social-Liberale.

Il lavoro del sito investigativo, guidato dal premio Pulitzer Glenn Greenwald, si basa su un enorme archivio mai divulgato prima – composto da chat private, registrazioni audio, video, foto e altri documenti – fornito da una fonte anonima.

I giornalisti di The Intercept raccontano così, in base al contenuto di alcune chat su Telegram, di come diversi procuratori federali, che hanno lavorato al caso giudiziario dell’ex presidente brasiliane, abbiano tramato contro il PT, pensando a diverse strategie per bloccare, minimizzare o ritardare un’intervista che Lula avrebbe dovuto dare dal carcere, dopo aver ricevuto l’autorizzazione della Corte Suprema, all’importante quotidiano Folha de São Paulo, dieci giorni prima il primo turno di votazioni presidenziali. I pubblici ministeri avevano il timore che le parole di Lula avrebbero aiutato il partito dei lavoratori a vincere le elezioni, spiegano i giornalisti.

Secondo l’inchiesta, inoltre, il giudice Sergio Moro, che ha emesso una sentenza di condanna nei confronti di Lula, ha ripetutamente consigliato tramite chat su Telegram il procuratore Deltan Dallagnol, che stava portando avanti da più di due anni l“Operação Lava Jato”. In altre parole, il giudice – che per legge deve essere neutrale nel valutare le prove e arrivare a formulare una sentenza, senza collaborare segretamente con una delle parti – avrebbe consigliato il team di procuratori su come portare avanti le indagini, oltrepassando i confini etici che definiscono il suo ruolo.

Le conversazioni in chat tra Moro e Dallagnol rivelano che, nel corso di oltre due anni, il giudice ha suggerito al procuratore capo di modificare la sequenza delle persone da indagare, ha insistito nel ridurre i tempi dei mandati di perquisizione e degli interrogatori, ha dato consigli strategici e suggerimenti informali, ha informato in anticipo i pubblici ministeri delle sue decisioni, ha dato consulenza per migliorare alcuni passaggi giudiziari e ha rimproverato Dallagnol, come se il procuratore fosse un suo dipendente.

Altri documenti, inoltre, dimostrano che le prove per formulare l’impianto accusatorio a carico di Lula sarebbero state ritenute carenti. L’ex presidente del Brasile era accusato di aver ricevuto un appartamento triplex sulla spiaggia di Guaruja per aver facilitato contratti multimilionari alla compagnia petrolifera statale Petrobras. Nelle chat, Dallagnol scrive ai suoi colleghi di avere dubbi su due elementi chiave sul caso: se il triplex fosse in realtà di Lula e se avesse qualcosa a che fare con Petrobras. In pratica, gli elementi su cui si basava l’accusa che, se non provati, avrebbero fatto crollare tutto.

Quando rivelò l’impianto accusatorio durante una conferenza stampa, Dallagnol presentò un power point (che mostrava Lula al centro di un sistema corruttivo) che fu molto criticato per la debolezza degli elementi in mano ai pubblici ministeri. Due giorni dopo la conferenza, Dallagnol scrisse a Moro di aver fatto di tutto per definire Lula il centro del sistema di corruzione, ma ammise di non avere prove materiali. Moro rispose pochi giorni dopo rassicurandolo: "Sicuramente, le critiche alla tua presentazione sono sproporzionate”. Meno di un anno dopo, il giudice ha condannato l'ex presidente. Nel novembre 2018, Moro è stato poi nominato, tra le polemiche, ministro della Giustizia del governo Bolsonero.

Nel corso degli anni, i procuratori federali hanno sempre respinto le accuse di essere mossi nella loro azione giudiziaria da intenti politici di qualsiasi tipo. L’ex presidente, invece, ha più volte sostenuto che le accuse nei suoi confronti sono false e che il processo che l’ha visto imputato è stato segnato da irregolarità, chiedendone per questo l’annullamento.

In risposta ai contenuti pubblicati da The Intercept, Moro ha dichiarato che i messaggi non mostrano che abbia agito in modo inappropriato. L’attuale ministro della giustizia brasiliano e i procuratori federali hanno inoltre difeso l'integrità del loro lavoro e criticato il sito investigativo per aver pubblicato gli articoli senza chiedere loro il commento in anticipo. The Intercept ha risposto di non aver chiesto commenti ai funzionari menzionati negli articoli prima di pubblicarli per il timore che il governo potesse cercare di impedire la pubblicazione dell’inchiesta, riporta il New York Times. Lunedì, l'Associazione degli avvocati brasiliani ha chiesto la sospensione del ministro della Giustizia e di tutti coloro coinvolti, nell’attesa di un'indagine. Martedì Bolsonaro ha incontrato Moro riguardo a quanto pubblicato da The Intercept.

La Corte Suprema brasiliana ha inoltre comunicato che sarà riesaminato un appello di Lula, in seguito agli sviluppi dell'inchiesta giornalistica.

Immagine in anteprima via The Intercept 

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