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I giovani attivisti del clima stanno diventando finalmente un blocco elettorale potente

29 Settembre 2023 11 min lettura

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I giovani attivisti del clima stanno diventando finalmente un blocco elettorale potente

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Il round-up settimanale sulla crisi climatica e i dati sui livelli di anidride carbonica nell'atmosfera.

Mentre i leader mondiali erano riuniti per l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite e il successivo “vertice sull’ambizione climatica”, oltre 70mila attivisti per il clima hanno riempito le strade di New York domenica 17 settembre, per chiedere al presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, di stoppare l'approvazione di nuovi progetti di combustibili fossili. La manifestazione era sostenuta da più di 700 organizzazioni mondiali per il clima che hanno partecipato alle proteste in numerosi altri paesi. 

“In tutto il mondo migliaia di persone stanno tornando nelle strade per chiedere di fermare quello che ci sta uccidendo. Dobbiamo pensare a chi vivrà sul nostro pianeta tra 30, 40, 50 anni. E non sono contemplate risposte negative”, ha detto la deputata democratica Alexandria Ocasio-Cortez durante la manifestazione.

Tra i partecipanti c'era Athena Wilson, 8 anni, di Boca Raton, in Florida. Lei e sua madre Maleah sono volate dalla Florida a New York. Abbiamo a cuore il nostro pianeta. Voglio davvero che la Terra stia meglio”, ha detto Athena.

“Le persone del Sud, soprattutto dove si trova l'industria petrolifera, e del Sud globale, non si sentono ascoltate”, ha aggiunto Alexandria Gordon, 23 anni, originaria di Houston, in Texas, uno degli Stati americani che ha fondato gran parte del proprio sviluppo sull’industria dei combustibili fossili, da cui dipende ancora fortemente.

Il 15% dei manifestanti partecipava per la prima volta a una manifestazione ed era composto in maggioranza da donne, ha spiegato la sociologa dell'American University Dana Fisher, che studia i movimenti ambientalisti e ha fatto una ricerca tra i partecipanti alla marcia.

Tra le persone con cui la Fisher ha parlato, l'86% ha sperimentato di recente ondate di caldo estremo, il 21% inondazioni e il 18% una grave siccità. La maggior parte ha riferito di sentirsi triste e arrabbiata. 

Le manifestazioni di protesta sono proseguite il giorno successivo. Il 18 settembre più di 100 manifestanti sono stati arrestati davanti alla Federal Reserve Bank di New York, in quella che è stata la più grande disobbedienza civile legata al clima a New York dopo l'azione Flood Wall Street del 2014, riporta Inside Climate News.

La protesta, organizzata da Climate Defenders, New York Communities for Change (NYCC), Oil and Gas Action Network e Planet over Profit, chiedeva alle banche centrali e alle autorità di regolamentazione finanziaria di inasprire le norme sugli investimenti nei combustibili fossili.

Eren Ileri, sostenitore delle politiche di Stop the Money Pipeline, ha affermato che le azioni della Fed non riflettono l'urgenza della crisi climatica: “Abbiamo cinque anni per porre fine all'industria dei combustibili fossili”, ha detto. "Stiamo davvero parlando di un enorme cambiamento nella capacità di sopravvivenza della nostra civiltà nei prossimi 10 anni. Non vedo un attore migliore dei regolatori finanziari per fare ciò che è necessario".

Le proteste non si sono limitate agli Stati Uniti. Sempre il 17 settembre, centinaia di attivisti per il clima hanno marciato a Edimburgo e a Berlino, dove i manifestanti hanno spruzzato vernice arancione e gialla sulle colonne della Porta di Brandeburgo. 

A L’Aia, nei Paesi Bassi, la polizia olandese ha usato cannoni ad acqua per sgomberare diverse centinaia di persone che bloccavano l'autostrada. In Svezia, Greta Thunberg e altri attivisti del gruppo ambientalista Reclaim the Future hanno bloccato la strada per i camion che trasportano petrolio nel porto di Malmö e sono stati allontanati con la forza dalla polizia.

E non si fermano nemmeno le cause climatiche. Dopo il successo della causa presentata da 8 giovani contro il Montana, sei ragazzi portoghesi, dagli 11 ai 24 anni, hanno portato 32 paesi alla Corte europea dei diritti umani. I sei giovani attivisti sosterranno nella grande camera della corte di Strasburgo che le politiche delle nazioni per affrontare il riscaldamento globale sono inadeguate e in violazione dei loro obblighi in materia di diritti umani.

Insomma, i manifestanti per il clima tornano a battere un colpo in modo massiccio e partecipato dopo quattro anni. Dopo essere stati frenati dalla pandemia proprio mentre il movimento per il clima era in piena ascesa, pochi mesi dopo il suo più grande sciopero globale, nel settembre del 2019, quando milioni di persone in tutto il mondo, la  maggior parte giovani, sono scese in piazza.

E non era scontato. “Mantenere vivi i movimenti è un duro lavoro: corrono sull’energia dei volontari e possono deragliare per i troppi successi, i troppi fallimenti, i troppi conflitti interni, i troppi interessi in competizione”, scrive Bill McKibben sul New Yorker

La Marcia del 17 settembre per porre fine ai combustibili fossili non era grande come la manifestazione di 4 anni fa, ma non era questo l’aspetto più importante. Quel che contava era tornare per strada e pur tuttavia “la marcia è stata considerevolmente più partecipata di quanto gli organizzatori si aspettassero”, spiega ancora McKibben. “Ora è il momento di tornare a espandersi: i nostri cittadini continuano a marciare. Non possiamo far finta di non sentirli”. 

La grossa difficoltà è tradurre in rappresentanza politica tutta questa energia e questa propositività. “Anche se la crisi climatica è la questione più importante che l’umanità deve affrontare, non è percepita ancora come il tema più importante di una campagna elettorale. Siamo lontani anni luce. Non è sentito come un problema da politici e cittadini e noi del movimento per il clima dobbiamo ammetterlo”, spiega a NPR Nathaniel Stinnett, fondatore di un progetto per gli elettori ambientali negli Stati Uniti. “Tuttavia, le cose stanno cambiando e i dati sono abbastanza chiari sul fatto che gli elettori del clima stanno diventando un blocco elettorale più potente”.

A New York il primo vertice delle Nazioni Unite sull’ambizione climatica. Il Segretario Generale dell’ONU Guterres esclude Cina, USA, Regno Unito, India ed Emirati Arabi

Nell'ambito della 78ma Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York, il segretario generale dell’ONU, António Guterres, ha convocato il primo vertice sull’“ambizione climatica”, al quale sono stati invitati i leader di 34 paesi “come riconoscimento della loro forte azione sul cambiamento climatico”. Ha fatto notizia l’esclusione di Stati Uniti, Regno Unito, Cina, India e degli Emirati Arabi Uniti che ospiteranno la prossima Conferenza delle Nazioni Unite sul Clima, proprio per la loro inazione. “Ogni continente, ogni regione e ogni paese sta soffrendo il caldo, ma non sono sicuro che tutti i leader di quei paesi lo sentano allo stesso modo”, ha detto nel suo discorso di apertura ai presidenti e ai primi ministri riuniti per il loro incontro annuale all'Assemblea Generale. “È ora di capire che l'era dei combustibili fossili è fallita”. 

Solo nell’ultimo anno i governi hanno solo aumentato i sussidi ai combustibili fossili nel 2022, raggiungendo la cifra record di 7.000 miliardi di dollari. Per capire meglio la portata di questi sussidi, si tratta di 13 milioni di dollari al minuto o di quasi mille dollari a persona all'anno: e tutto questo va a un'industria che nello stesso anno ha registrato profitti record e che ha tagliato gli obiettivi climatici e ridotto i finanziamenti ai programmi di energia pulita.

Durante il vertice, Guterres ha invitato i leader mondiali a “recuperare il tempo perduto a causa dei ritardi, dei tentativi di braccio di ferro e della nuda avidità di interessi radicati che rastrellano miliardi dai combustibili fossili” e ha esortato i paesi più ricchi ad aderire a un “Patto di solidarietà per il clima”, in base al quale gli Stati che hanno contribuito maggiormente all'emergenza climatica devono “accelerare” la riduzione delle emissioni e aiutare le economie in difficoltà a passare nella transizione a forme di energia più pulita. 

Guterres, al suo secondo e ultimo mandato, ha fatto dell'azione per il clima il suo tema centrale e col passare del tempo sta sempre più insistendo sulla necessità di ridurre la produzione di combustibili fossili e di concentrarsi sulla riduzione delle emissioni di gas serra derivanti dal loro utilizzo. “Abbiamo aperto le porte dell’umanità all’inferno”, ha aggiunto. “Le terribili ondate di calore stanno avendo effetti devastanti. Agricoltori sconvolti che vedono i raccolti portati via dalle inondazioni, temperature soffocanti che provocano malattie: ci stiamo dirigendo verso un mondo pericoloso e instabile”. 

Dennis Francis, diplomatico di Trinidad e Tobago, ha messo in guardia il vertice dagli effetti catastrofici dell’innalzamento del livello del mare, raccontando come “fertili delta fluviali come il Mississippi, il Mekong e il Nilo” stiano sprofondando. 

Ma la risposta agli appelli di Guterres è stata deludente. Se Cina e Stati Uniti, i due principali inquinatori del mondo, non hanno avuto la possibilità di parlare, segnali poco incoraggianti sono arrivati dal Regno Unito, che ha fatto marcia indietro sul ritmo dei suoi impegni verso le emissioni zero nette, e dall’Unione Europea che ha insistito sulla bontà del lavoro fatto finora e si è opposta, per bocca della Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, alla richiesta di Guterres di anticipare il raggiungimento della neutralità climatica al 2040 (l’UE punta a diventare neutrale dal punto di vista climatico entro il 2050). 

Durante l’Assemblea Generale, i leader di diverse nazioni insulari hanno criticato i paesi ricchi. Il presidente delle Isole Marshall, David Kabua, ha chiesto “l'istituzione di uno strumento di finanziamento internazionale per assistere le piccole nazioni insulari e gli atolli a bassa quota particolarmente esposti agli effetti della crisi climatica”. Anche Surangel Whipps Jr, presidente di Palau, ha chiesto “un aumento dei finanziamenti per il clima che riconosca adeguatamente il contesto” dei piccoli Stati insulari in via di sviluppo, mentre il presidente nigeriano Bola Tinubu ha dichiarato che la lotta dell'Africa contro il cambiamento climatico deve avvenire “alle nostre condizioni”.

L’impressione generale, scrive Politico, è che i singoli Stati non condividano il senso di urgenza che Guterres sta cercando di imprimere all’azione per il clima, chiedendo ai paesi di accelerare la neutralità climatica, di rafforzare gli investimenti in energia pulita e di eliminare gradualmente i combustibili fossili. Il pianeta è già più caldo di 1,1°C rispetto all'era pre-industriale e le stime dicono che il riscaldamento globale potrebbe raggiungere i 2,8°C se i paesi industrializzati - responsabili dell'80% delle emissioni globali - non riusciranno a ridurre rapidamente l'inquinamento da gas serra.

“Le regole della diplomazia multilaterale e dei vertici multilaterali non sono adatte alla risposta rapida ed efficace di cui abbiamo bisogno”, commenta Richard Gowan, esperto dell’International Crisis Group.

Ma non ci sono state solo cattive notizie. La più grande novità è arrivata dal Brasile che ha annunciato un piano per annullare i tagli dell'ex presidente Jair Bolsonaro e rafforzare ulteriormente i suoi obiettivi climatici. Il paese carioca prevede di ridurre le emissioni del 48% entro il 2025 e del 53% entro il 2030. 

Per la prima volta in assoluto si sono riuniti i ministri dell'Ambiente e del Clima del Commonwealth che hanno “preso atto del ruolo degli approcci basati sugli ecosistemi, dell'azione sugli oceani, del ripristino del territorio e delle trasformazioni dei sistemi alimentari nella resilienza climatica e nello sviluppo sostenibile”. Sempre nel corso dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, 76 paesi e l'UE hanno firmato il trattato sugli alti mari “per proteggere la biodiversità marina nelle acque internazionali”. Ogni Stato dovrà ora ratificare il trattato secondo le proprie procedure.

L’inversione a U sulle politiche climatiche del primo ministro conservatore del Regno Unito, Rishi Sunak

Il primo ministro del Regno Unito, Rishi Sunak, ha fortemente ridimensionato le politiche climatiche del paese, annunciando “esenzioni e ritardi” a una serie di piani e programmi previsti dai precedenti esecutivi. Tra questi, il rinvio di cinque anni del divieto di circolazione di nuove auto a benzina e diesel, originariamente previsto per il 2030. Il primo ministro ha respinto le accuse di “aver "annacquato gli impegni del governo per l'azzeramento delle emissioni”. 

Il governo potrebbe trovarsi di fronte a una serie di cause legali. Good Law Project e Friends of the Earth hanno infatti scritto ai ministri paventando la possibilità di azioni legali. Nonostante il clamore dell’annuncio di Sunak, i laburisti non sembrano intenzionati a contrastare la decisione del primo ministro conservatore, andando in palese contrasto con i loro programmi sulla transizione energetica,  a dimostrazione di quanto sia diventato difficile l'abbandono del riscaldamento a combustibili fossili da parte della Gran Bretagna.  

Secondo un approfondimento del sito britannico Carbon Brief, le  proposte di Sunak potrebbero mettere a rischio gli obiettivi cliamtici legalmente vincolanti del Regno Unito e gli impegni sottoscritti nell'ambito dell'Accordo di Parigi. 

Tuttavia, potrebbe non essere ancora stata scritta l’ultima parola. Secondo i termini della legge sul cambiamento climatico del 2008, la decisione di Sunak necessita probabilmente dell'approvazione della Camera dei Comuni e dei Lord per poter passare. Questo significa che il provvedimento potrebbe essere bloccato da alcuni Conservatori “ribelli” (almeno una ventina) che si oppongono alla riduzione delle politiche climatiche. 

Lo Stato della California ha fatto causa alle principali compagnie petrolifere per aver mentito sul cambiamento climatico 

Lo Stato della California ha citato in giudizio alcune delle più grandi compagnie petrolifere del mondo, sostenendo che le loro azioni hanno causato danni per decine di miliardi di dollari e che hanno ingannato l’opinione pubblica sminuendo i rischi posti derivanti dai combustibili fossili. 

La causa civile, depositata a San Francisco, rappresenta la più significativa azione legale nei confronti delle compagnie petrolifere, del gas e del carbone per il loro ruolo nel cambiamento climatico. La causa, contro Exxon Mobil, Shell, BP, ConocoPhillips e Chevron, chiede la creazione di un fondo di abbattimento per pagare i danni futuri causati dai disastri climatici nello Stato. 

“Queste persone sapevano e ci hanno mentito. Avremmo potuto evitare alcune delle conseguenze più significative... È vergognoso. Ti disgusta nel profondo”, ha dichiarato il Governatore della California, Gavin Newsom che ha annunciato anche che firmerà una legge storica sul clima che impone alle grandi aziende di rendere pubbliche le loro emissioni di gas serra.

Brasile, sentenza storica della Corte Suprema: la terra resterà agli indigeni

Con 9 voti contro 2, la Corte Suprema Federale (STF) ha stabilito che usare la data dell’introduzione della Costituzione brasiliana per definire  i diritti sulle terre indigene è incostituzionale. Si tratta di una sentenza storica che chiude una controversia iniziata nel 2016.

La tesi del “marco temporal” considera terre indigene solo quelle effettivamente occupate dai nativi nel momento dell’entrata in vigore della Costituzione, il 5 ottobre 1988. Se fosse passata, questa tesi avrebbe impedito agli Indigeni di rivendicare le terre tradizionali che non avevano occupato fisicamente prima del 5 ottobre 1988, data di promulgazione della Costituzione brasiliana. Secondo Brazil Reports, questa disposizione avrebbe "trascurato il fatto che durante la dittatura militare brasiliana (1964-85), molti popoli indigeni sono stati perseguitati e costretti a lasciare le loro terre", oltre alle "ovvie difficoltà" nell'ottenere la prova dell'occupazione della terra. 

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Secondo il Guardian, la sentenza "rimodellerà il modo in cui lo Stato affronta i diritti fondiari degli indigeni in Brasile", creando un precedente che avrà "implicazioni diffuse per tutte le dispute sui confini della terra in Brasile". Tuttavia, secondo il quotidiano, la sentenza non risolverà completamente le tensioni di lunga data legate ai conflitti fondiari. I leader indigeni hanno dichiarato di essere ancora "preoccupati per gli attacchi da parte di affittuari non indigeni". Anche gli agricoltori hanno dichiarato di essere preoccupati per i potenziali conflitti, poiché "emergono attriti quando allevatori e agricoltori indigeni vivono nella stessa regione".

La sentenza della Corte aumenta la pressione sul Congresso che invece sta votando un disegno di legge che va nella direzione opposta.

I dati sui livelli di anidride carbonica nell'atmosfera

Immagine in anteprima: frame video New York Times

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