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L’attacco ai diritti è globale, la resistenza è femminista

18 Aprile 2019 7 min lettura

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L’attacco ai diritti è globale, la resistenza è femminista

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Nella tarda mattinata di domenica 31 marzo nove donne vestite come le ancelle della serie tv tratta dal romanzo di Margaret Atwood The Handmaid's Tale camminavano lentamente e a testa bassa per le strade di Verona, dove si stava tenendo l’ultimo dei tre giorni del XIII Congresso Mondiale delle Famiglie (World Congress of Families, WCF), il più importante meeting internazionale tra organizzazioni e associazioni anti-femministe, anti-Lgbti e anti-abortiste che quest’anno ha visto la partecipazione di ministri del governo italiano. Sotto gli abiti da ancelle c’erano attiviste di movimenti femministi di diversi paesi, dirette davanti alla chiesa dove i partecipanti al WCF stavano seguendo una messa prima di radunarsi per l’evento finale del Congresso.

Arrivate a destinazione le donne si sono appoggiate al muro in riga di fronte l’edificio a testa bassa e in silenzio. Finita la funzione, alcuni partecipanti hanno insultato o deriso le ancelle, altri hanno intonato un Ave Maria verso di loro. Un uomo uscito dalla chiesa spingendo un passeggino con lo sguardo rivolto alle attiviste ha commentato ad alta voce: «Dieci donne che non parlano. Impeccabile».

Le ancelle erano zitte, eppure la loro presenza aveva avuto l'effetto di un rumore assordante nei timpani dei presenti – che infatti hanno reagito stizziti.

Il desiderio delle forze conservatrici in Italia, in Europa e a livello globale è quello di vedere delle donne mute, inermi, accondiscendenti. E invece accade l’esatto contrario, e in tutto il mondo i movimenti femministi si mobilitano, fanno sentire la loro voce contro la violenza e le politiche che ledono libertà individuali e diritti.

Resistenza femminista

Nell’introduzione all’ultimo rapporto “Rights Today” in occasione del 70° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani lo scorso dicembre, Kumi Naidoo, Segretaria generale di Amnesty International, ha scritto che assistiamo oggi “all’ascesa di personaggi politici boriosi, che utilizzano atteggiamenti machisti, misoginia, xenofobia e omofobia, per fornire l’immagine del leader come ‘uomo forte’”, e che molti di questi leader nel 2018 hanno cercato “d’indebolire il principio stesso di uguaglianza, pietra angolare delle norme sui diritti umani”. Tuttavia, ha aggiunto, “quest’anno nessuna lotta per l’uguaglianza ha avuto tanta risonanza e visibilità quanto quella per i diritti delle donne”.

La resistenza alle derive conservatrici parte dalle donne, perché è sui loro corpi che in prima battuta passa l’offensiva ai diritti. Secondo la giornalista e attivista del movimento femminista italiano Non Una di Meno Giulia Siviero, «sicuramente le donne sono un bersaglio da colpire e da affondare, ma sono anche ciò che serve al sistema per riprodursi». E quindi donne intese come uteri per fare figli per la patria, oppure corpi da difendere dagli stupratori venuti da lontano, utili a discorsi identitari e razzisti. In generale, «tutti i movimenti estremisti nel mondo, nelle loro differenze, utilizzano la violenza contro le donne e la limitazione della loro libertà. Il corpo delle donne diventa oggetto del contendere e campo di battaglia».

In Italia in questo momento, ha aggiunto Siviero, l’attacco è larghissimo e si è «saldato tra destre radicali, integralisti cattolici, governi che fanno tagli al welfare e organizzano il mercato del lavoro in modo ostile alle donne, amministrazioni locali che approvano mozioni anti-aborto o sgomberano spazi femministi. E poi ci sono alcuni uomini per i quali libertà femminile è un pericolo, sentono che le donne sono fuori controllo e aggressive, e che le loro libertà e loro diritti hanno messo in discussione la loro mascolinità alla quale non hanno mai davvero pensato».

La scrittrice Michela Murgia vede in questo momento un attacco non solo al corpo delle donne, ma anche alla loro volontà, e alla «capacità di fare rete maturata in questi anni. Il femminismo è l’unico movimento politico che ha provato a immaginare un altro modello di potere (…) non chiede semplicemente che le donne occupino più posti di potere all’interno di questa struttura, ma vuole modificare la struttura». Questo, secondo la scrittrice, è il motivo per cui le donne sono l’obiettivo delle politiche repressive, ma allo stesso tempo «sembrano essere anche il baluardo più stabile contro questa deriva».

Con questo governo e proposte di legge come ad esempio il ddl Pillon sull’affido condiviso, aggiunge Murgia, «probabilmente per la prima volta vediamo in faccia la forma di chi sta cercando di abbattere i diritti che abbiamo costruito. Siamo in pericolo, non è una cosa che possiamo stare a guardare, e giustamente stiamo scendendo in piazza. Esistono solo i diritti che siamo in grado di difendere, se ci distraiamo un attimo e non li difendiamo, quei diritti ce li porteranno via».

Lo scorso 8 marzo, durante la Giornata internazionale della donna, i movimenti femministi hanno aderito a uno sciopero globale, inondando le strade di città in oltre 50 paesi del mondo. In Spagna la partecipazione è stata enorme, con circa 350.000 manifestanti a Madrid e 200.000 a Barcellona.

L'appello è partito dall'Argentina, dove dal 2015 le donne protestano contro la violenza e i femminicidi, e chiedono che l'aborto sia sicuro e legale. «Il 3 giugno 2015, abbiamo invaso le strade con il dolore e l’indignazione davanti agli omicidi quotidiani di donne e transessuali, che portano nel corpo le ferite della violenza machista», ha detto Marta Dillon, una delle fondatrici del movimento femminista Ni Una Menos, a Internazionale. «Quel giorno abbiamo cambiato il mondo, anche se i femminicidi continuano al ritmo di uno ogni 30 ore, anche se il patriarcato continua a trattarci con crudeltà. Lo abbiamo cambiato perché non tacciamo più e perché quando una donna parla e denuncia possiamo dirle "ti credo, sorella"».

In Polonia le femministe lottano contro una delle legislazioni sulle interruzioni di gravidanza più restrittive d'Europa. In Brasile le donne stanno guidando il movimento contro le crescenti repressioni dei diritti umani ad opera del governo Bolsonaro. In Irlanda le proteste hanno portato alla vittoria della campagna referendaria per la legalizzazione dell'aborto.

Le lotte e le proteste femministe si contagiano e creano alleanze. Così come l'attacco, la risposta è globale.

Il 30 marzo a Verona decine di migliaia di attiviste sono scese in piazza per la manifestazione organizzata dal movimento femminista Non Una di Meno in occasione del World Congress of Families. Il corteo ha visto la partecipazione di attiviste da ogni parte d’Italia, e di movimenti provenienti da Spagna, Francia, Germania, Polonia, Croazia, Regno Unito, Olanda, Svizzera, Bielorussia e Argentina. La manifestazione è stata probabilmente la più grande mai vista in città, e la maggiore anche nella storia del Congresso Mondiale delle Famiglie. Ricercatori e analisti ritengono che l’evento non abbia mai ricevuto una tale contestazione.

 

Il giorno dopo in città si è tenuta una grande assemblea transnazionale, a cui hanno partecipato circa 400 attiviste, che hanno condiviso pratiche, problemi, obiettivi e le loro esperienze di contesti diversi.

«Questo femminismo è quello che qualcuna ha definito del 99%. È radicale perché vuole cambiare il sistema, è intersezionale e transnazionale per definizione, e unisce la lotta al fascismo, al razzismo, all’omotransfobia, al sessismo e al maschilismo, alla lotta di classe alla lotta sul lavoro. Ed è per questo che è così potente», spiega Siviero. «Non si tratta di sfondare il soffitto di cristallo e lasciare che le altre raccolgano i cocci».

Un femminismo che aspira a provocare un radicale cambiamento nella società e che si definisce “intersezionale”: significa che il suo orizzonte va ben oltre il superamento del divario di genere, e si interseca con altre oppressioni, divenendo collettore per i diversi gruppi colpiti da politiche conservatrici e reazionarie.

«Il femminismo intersezionale si occupa di tutte le marginalizzazioni - e non sto parlando di minoranze. Dico che se non sei maschio, bianco ed eterosessuale probabilmente hai più difficoltà in questo mondo. Le femministe sono state laboratorio per le marginalizzazioni: abbiamo uno storico di metodo, di reti, di relazioni che ci permette di essere più reattive nel momento in cui si verifica l’atto violento», dice Murgia. «Ed è il motivo per cui in questo momento in tutto il mondo i movimenti femministi stanno reagendo con più forza».

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Guardando al futuro, Siviero ritiene che «l’alleanza con gli uomini sia fondamentale oggi per il movimento femminista, perché la libertà di una società si misura sulla libertà delle donne e quindi anche degli uomini. Ci sono in Non Una di Meno tante ragazze molto giovani, e anche per i ragazzi la parola ‘femminismo’ non viene percepita come una parolaccia. È uno spazio politico che potrebbe funzionare proprio perché non è separatista, funziona sulle alleanze e non si occupa solo di donne».

Nonostante il movimento non sia immune da divergenze al suo interno, secondo Murgia, «quando si tratta di toccare i diritti acquisiti il fronte torna unico. Sappiamo litigare tra di noi, ma sappiamo chi è il nemico. E sicuramente non è dentro di noi».

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