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8 Maggio 2020

Perché non si può dire che ci sono più ceppi del nuovo coronavirus in circolazione, e non lo si potrà sostenere per diversi mesi

Alcuni giorni fa il Los Angeles Times ha pubblicato un articolo in cui diceva sostanzialmente che secondo lo studio di un gruppo di ricercatori del Los Alamos National Laboratory negli Stati Uniti si sarebbe diffuso un ceppo del nuovo coronavirus mutato in Europa (e approdato negli USA) molto più contagioso di quello originario rilevato in Cina. Secondo lo studio, pubblicato in pre-print (e, dunque, ancora in attesa di peer-review) un nuovo ceppo di SARS-CoV-2 “ha iniziato a diffondersi in Europa all'inizio di febbraio”. Ogni volta che appariva in un nuovo posto, compresi gli Stati Uniti, prevaleva su altre sequenze del virus, probabilmente per una mutazione della proteina “spike” (il piccone che consente di agganciare le cellule umane, per poi penetrare all’interno). L’articolo del Los Angeles Times è diventato presto virale ma le conclusioni cui sono giunti i ricercatori non sono giustificate dai dati presentati nello studio e sono più una suggestione per ulteriori approfondimenti e ricerche, spiega Ed Yong su The Atlantic.
Ogni volta che un virus infetta un ospite, crea nuove copie di se stesso e si trasmette e riproduce duplicando i suoi geni. Durante la riproduzione si generano degli errori nelle sequenze genomiche. Questi errori sono chiamate mutazioni, l'equivalente genetico dei refusi. Mentre si diffondono, i virus accumulano naturalmente e gradualmente mutazioni. Man mano che un’epidemia progredisce, l'albero genealogico del virus fa crescere nuovi rami e ramoscelli, nuovi lignaggi che sono caratterizzati da diversi insiemi di mutazioni. Ma un nuovo lignaggio non corrisponde automaticamente a un nuovo ceppo. Si parla di nuovi ceppi solo quando ci si trova di fronte a un lignaggio che differisce dai suoi simili in modo molto significativo. Un virus potrebbe variare dai suoi simili per facilità di diffusione (trasmissibilità), per la sua capacità di causare malattie (virulenza), se viene riconosciuto dal sistema immunitario allo stesso modo (antigenicità) o per quanto è vulnerabile ai farmaci (resistenza). Alcune mutazioni influenzano queste proprietà ma non necessariamente portano a nuovi ceppi. È come per le razze canine, scrive Young. Un corgi è chiaramente diverso da un alano, ma un corgi dal pelo nero è simile non è di una razza diversa da uno con il pelo chiaro.
La confusione nasce perché ogni anno si parla di nuovi ceppi di influenza. Si tratta di virus che mutano rapidamente e cambiano la forma delle proteine sulla loro superficie rendendoli irriconoscibili ai nostri sistemi immunitari. Per questo motivo il vaccino antinfluenzale viene aggiornato ogni anno. Non è questo il caso dei coronavirus che appartengono a una famiglia completamente separata dai virus dell’influenza e mutano a un decimo della velocità. “SARS-CoV-2 è mutato tanto da quando c’è stato il salto di specie nell’uomo, ma non più di quanto gli scienziati avevano previsto. Sì, il suo albero genealogico si è ramificato in diversi lignaggi, ma nessuno sembra materialmente diverso dagli altri”, spiega Nathan Grubaugh (Yale University) È ancora un'epidemia così giovane che, dato il lento tasso di mutazione, sarebbe una sorpresa se vedessimo un nuovo ceppo così presto”, aggiunge Charlotte Houldcroft (Cambridge University).
Di che cosa parla, dunque, la ricerca del gruppo di Los Alamos? Come detto, il team guidato da Bette Korber ha scoperto una mutazione della proteina “spike” che aggancia le cellule ospiti. Il virus rilevato in Europa ha una mutazione, nota come D614G, rispetto a quello emerso per la prima volta a Wuhan in Cina. I virus con la mutazione G, relativamente rari a febbraio, da aprile sono diventati predominanti rispetto a quelli originari in gran parte dell’Europa, del Nord America e dell’Australia. Ma, spiegano i diversi studiosi sentiti da Young, questo non è sufficiente per parlare di nuovo ceppo né per sostenere che i virus con la mutazione siano più contagiosi. È anzi possibile che questa mutazione non sia rilevante e si sia trattato di una casualità. Man mano che si è diffuso il virus ha iniziato a mutare già in Cina. È molto probabile che le drastiche misure di distanziamento sociale applicate in Cina abbiamo tenuto molti altri lignaggi di coronavirus all’interno del paese asiatico impedendo di diffondersi ulteriormente, mentre il virus con la mutazione G sia riuscito ad arrivare in Europa e poi a diffondersi, sostiene Bill Hanage, esperto dell’evoluzione dei patogeni all’Università di Harvard.
Questo non vuol dire che lo studio di Los Alamos sia sbagliato. Significa soltanto che il suo studio non è definitivo e può essere uno spunto per ulteriori analisi. Per poter arrivare a una conclusione, si dovrebbero abbinare 2 gruppi di persone con i due lignaggi diversi, avere dati clinici affidabili, le sequenze virali di ognuno di queste persone e tanti dati da poter comparare di pari passo. Poi, andrebbero fatti test in laboratorio da gruppi di ricerca diversi. Un lavoro che richiede tanti dati e tanti mesi.
Ad esempio, nel 2016, due team indipendenti di scienziati avevano dimostrato che durante l'epidemia di Ebola nell'Africa occidentale, il virus aveva avuto una mutazione che lo rendeva più infettivo alle sperimentazioni in laboratorio. Tuttavia, per quanto i dati a disposizione fossero più robusti di quelli in mano al team di Los Alamos, i due gruppi di ricerca giunsero alla conclusione che quella mutazione non era stata rilevante rispetto al corso dell’epidemia. Lo stesso discorso va fatto per due studi fatti a Singapore e in Arizona, negli USA, secondo i quali ci sarebbero dei lignaggi del nuovo coronavirus meno pericolosi e che questo farebbe pensare a un indebolimento del virus.
Ci vorrà del tempo per stabilire se ci sono più ceppi di SARS-CoV-2, se, in tal caso, uno sarà più (o meno) pericoloso degli altri e se saranno in grado di determinare l’andamento della pandemia nel mondo. [Leggi l'articolo su The Atlantic]

13 Ottobre 2020 17:18
Trump, il super diffusore di disinformazione (con l’aiuto dei media)

Trump non ha bisogno dei russi per diffondere disinformazione. Ci pensano benissimo i media mainstream a dargli una mano. Il voto postale è sicuro, casi di frode sono rarissimi e hanno una portata talmente limitata da essere irrilevanti. Eppure milioni di americani, secondo diversi sondaggi, si sono convinti che il voto postale sia causa di brogli elettorali di massa.
Si potrebbe pensare che sia colpa delle "fake news", dei social media e delle infiltrazioni russe. E invece sorpresa: la principale fonte di disinformazione sul voto postale è il presidente degli Stati Uniti d'America, Donald Trump. In questo aiutato dai media mainstream di tutto lo spettro politico, che sistematicamente ne amplificano il messaggio. A dimostrarlo un nuovo studio del Berkman Klein Center for Internet and Society at Harvard University, che ha analizzato, quantitativamente e qualitativamente, 55mila storie pubblicate dai media online (inclusi siti online di TV, giornali e radio locali e fonti esclusivamente online, forum di siti che vanno da Huffington Post e Breitbart a Townhall o DailyKos fino a blog personali) attraverso Media Cloud, 5 milioni di tweet attraverso Brandwatch, 75mila post di pagine Facebook usando CrowdTangle, relativi al voto per posta e al rischio brogli, pubblicati fra il 1 marzo e il 31 agosto 2020.

1 Ottobre 2020 17:16
Cosa sappiamo delle prove della virologa cinese, Li-Meng Yan, sul virus fabbricato in laboratorio

A settembre Li-Meng Yan, virologa cinese, intervistata da Fox News, ha raccontato senza dubbi o esitazioni che il virus SARS-CoV-2, responsabile della pandemia in corso, è stato creato in laboratorio, come ha cercato poi di dimostrare in un articolo pubblicato su una piattaforma open access. Dall'isolamento del SARS-CoV-2 i tentativi di sostenere che il virus provenisse dal laboratorio di massima sicurezza di Wuhan (WIV) sono stati tanti. Ma erano affermazioni non supportate da evidenze o ricostruzioni pseudo-scientifiche inattendibili, secondo cui era stato disperso per negligenza un virus isolato in natura e studiato al WIV, o che al WIV stavano modificando per motivi sperimentali. Se così fosse stato, quei virus avrebbero riportato nella loro sequenza una precisa impronta molecolare e qualche traccia delle manipolazioni, che SARS-CoV-2 invece non ha. Nell'articolo, Li-Meng Yan costruisce una narrazione molto articolata, cerca di dimostrare con dovizia di dettagli, che chi non ha competenze in biologia molecolare fatica a seguire, come SARS-CoV-2 sia stato (o potrebbe essere stato) creato in laboratorio, per collocare alla fine la pistola fumante nelle mani di Shi ZhengLi, ricercatrice del laboratorio WIV. Ma, a un'analisi attenta, l'articolo risulta pieno di lacune e con chiari intenti politici.

18 Settembre 2020 17:15
Limitazione delle scorte di cibo, aumento dei prezzi e impoverimento dei redditi: la pandemia sta aggravando le disuguaglianze economiche

Limitazione delle scorte di cibo, aumento dei prezzi e impoverimento dei redditi. Tra le principali conseguenze negative della pandemia di COVID-19 c'è il rafforzamento delle diseguaglianze economiche. Secondo il Fondo Monetario Internazionali (FMI) nel 2020 la crescita globale prevista sarà di –4,9%, mentre la ripresa dovrebbe essere più graduale di quanto stimato in precedenza. L'FMI spiega inoltre che l'impatto negativo sulle famiglie a basso reddito è particolarmente pesante. Una situazione che mette "a repentaglio i significativi progressi compiuti nella riduzione della povertà estrema nel mondo gli anni '90". L'impatto socio-economico della pandemia COVID-19 rischia di colpire in maniera particolare i minori, secondo l’UNICEF. In particolar modo nell'Africa subsahariana e nell'Asia meridionale. Aumento di disuguaglianze e povertà non sono però fenomeni limitati ai paesi più poveri. Infatti, persone che prima lavoravano e che non si erano mai sentite obbligate a cercare aiuto ora stanno facendo la fila ai banchi alimentari anche ad esempio negli Stati Uniti, in Spagna e in Gran Bretagna.

17 Settembre 2020 17:13
La corsa geopolitica al vaccino che rischia di minare la fiducia dei cittadini

Quando è iniziata la corsa per la produzione dei vaccini per debellare la COVID-19, uno degli scenari più temuti dagli scienziati e dagli esperti di salute pubblica di tutto il mondo era rappresentato dal sacrificio della sicurezza di un eventuale vaccino in nome della velocità. Da subito, politica e scienza hanno parlato linguaggi diversi, tra chi annunciava che avremmo avuto un vaccino “entro 12 o 18 mesi” e chi, invece, predicava prudenza e invitava a non fare proclami, cercando di spiegare quanto fosse lungo l’iter di approvazione di un vaccino. Questo perché creare un vaccino è, per certi versi, la parte più semplice. Dimostrare che è sicuro ed efficace e che può essere usato in grandi fasce della popolazione e in grandi quantità, può richiedere invece anche decenni. «Sembra che ci sia una corsa per comprimere i tempi, sopprimere le scadenze e ignorare i problemi di sicurezza», ha detto Paul Offit, capo del Vaccine Education Center del Children's Hospital di Filadelfia, negli USA. Il risultato è che sempre più persone, non necessariamente antivacciniste, stanno nutrendo dubbi sulla sicurezza di un eventuale vaccino contro il nuovo coronavirus e non sono predisposte a essere vaccinate, rischiando così di pregiudicare l’efficacia di un’eventuale campagna di vaccinazione.

12 Settembre 2020 17:12
QAnon, la nuova ‘religione’ complottista dell’era Trump nata sul web, entrata nella realtà ed esplosa con la pandemia

Anche se può sembrare strano, il potere negli Stati Uniti non lo esercita il governo federale. Tutt’altro: è in mano ad un’oscura cricca di potenti pedofili che adorano Satana, succhiano il sangue dei bambini per rimanere in salute, e si sono infiltrati in tutti i gangli delle istituzioni politiche, mediatiche e culturali – Hollywood compresa. Fortunatamente, a tenere testa a questo “Stato nello Stato” ci sono Donald Trump e un gruppo di militari sotto copertura. Il presidente e altri “patrioti” stanno segretamente conducendo una guerra contro questa cricca, e tra poco i traditori finiranno a Guantanamo a scontare il resto dei loro giorni. Un anonimo funzionario dell’intelligence, conosciuto come “Q”, racconta questa grande battaglia attraverso messaggi criptici postati online. O almeno, questa è la convinzione centrale di “QAnon”- il nome della più assurda, complicata e diffusa teoria del complotto negli Stati Uniti. Sebbene le teorie del complotto facciano più presa in tempi di grandi sconvolgimenti politici e sociali, secondo diversi esperti QAnon è un qualcosa di profondamente diverso da quanto abbiamo visto finora. “È sicuramente alimentato da paranoia e populismo”, ha scritto la giornalista Adrianne LaFrance, “ma anche dalla fede religiosa. QAnon combina il fascino per il cospirazionismo con l’aspettativa di un futuro radicalmente diverso e migliore”. Preso alla lettera, tuttavia, il futuro di QAnon è apocalittico e violento. Se i tuoi avversari politici smettono di essere tali, e sono raffigurati come adoratori di Satana che bevono il sangue di bambini innocenti, eliminarli fisicamente diventa una soluzione praticabile. E il “Grande Risveglio” – il momento in cui la cricca sarà sconfitta – è di fatto un colpo di stato militare in cui politici e oppositori spariscono in campi di concentramento senza alcun processo. Non a caso, l’FBI l’ha inserito nella lista delle “minacce domestiche”. Nonostante ciò, Donald Trump si è rifiutato di prendere le distanze; anzi, l’ha velatamente supportata, definendo i seguaci della teoria come “persone che amano il loro paese”. In questo lungo articolo abbiamo ripercorso la storia di QAnon, rintracciato i suoi precedenti storici e culturali, e cercato di capire come mai delle previsioni completamente sballate abbiano generato un movimento globale.