Alcuni paesi, memori delle esperienze con altre pericolose sindromi respiratorie come SARS e MERS, hanno deciso di intervenire con misure di distanziamento sociale, chiusura del traffico aereo e campagne di test, tracciamento dei contatti e procedure di isolamento tempestive, prima che si creassero grandi focolai del nuovo coronavirus mettendo in difficoltà le strutture ospedaliere. È questo il caso, ad esempio, della Nuova Zelanda e dell'Australia che, in questo modo, sono riuscite a tenere bassi il numero di casi rilevati di contagio e dei decessi. "Questi paesi sono ora in una posizione migliore per uscire dal lockdown e far ripartire la loro economia e la società. È la situazione migliore, la più vicina possibile a una win-win per uno Stato impegnato a contrastare la trasmissione di SARS-CoV-2", scrive Devi Sridhar, titolare della cattedra di Salute pubblica globale all'Università di Edimburgo. Attualmente, sappiamo troppo poco su questo virus, su come il nostro organismo reagisce alla sua infezione, sulla produzione di anticorpi e sulla risposta delle difese immunitarie, sui tempi e l'efficacia di vaccini o terapie antivirali, su chi più di altri è vulnerabile ed esposto, sulle implicazioni per la salute a lungo termine. In questa incertezza, i paesi che stanno attivamente lavorando per contenere COVID-19 e e mantenere il più basso possibile il numero di contagi stanno guadagnando tempo per il futuro, proteggendo contemporaneamente le proprie economie e società. Altri, lasciando che il virus si diffonda lentamente (solo appiattendo la curva invece di fermare completamente la diffusione), stanno giocando d'azzardo. [Leggi l'articolo sul Guardian]