«Dopo aver parlato con la proprietaria di casa, siamo arrivate a un accordo: pagare la metà dell'affitto. La proprietaria, dopo una lunga chiacchierata, mi ha spiegato che ha tre figlie e solo una con un contratto, quindi in cassa integrazione, e quella minima entrata le è utilissima per aiutare le due figlie che lavoravano in nero. Stiamo cercando anche noi di non pagarlo l'affitto, siamo due persone in cassa integrazione e due studenti che lavoravano in nero. Personalmente, non so come comportarmi. Perché se non paghiamo lei sta in difficoltà, se paghiamo il mensile pieno noi stiamo sotto un treno. Siamo giunte ad un accordo di pagare la metà, e poi vedremo. Di certo non possiamo privarci del cibo per pagare l'affitto». Questa è solo una delle tante storie che circolano in questi giorni, durante l'emergenza COVID-19, nei gruppi Facebook di inquilini e proprietari costretti ad arrangiarsi con accordi privati, perché finora le misure del governo hanno dimenticato chi abita in affitto. Su pressione dei sindacati degli inquilini, nel decreto “Cura Italia”, il governo ha approvato il blocco degli sfratti fino al 30 giugno 2020. Ma questo provvedimento da solo non basta, sostengono i sindacati per la casa. Il SUNIA chiede di rifinanziare il fondo per il sussidio all’affitto, un contributo del 70% del canone da erogare ai proprietari e la possibilità di rinegoziazione del canone con il passaggio al canone concordato. Senza ulteriori misure, il blocco degli sfratti infatti scarica sui proprietari e sugli inquilini ritardi e mancati pagamenti, a fronte di una possibile diminuzione del reddito di entrambi. [Leggi l'articolo su Valigia Blu]