Alfonso Signorini conta più di un hashtag
2 min letturadi Pietro Raffa
I media e il consenso elettorale. Chi conta veramente nell’era della comunicazione orizzontale?
Il Censis ha pubblicato un interessante studio dal titolo “Il primato dell’opinione nella comunicazione orizzontale”, contenente, tra le altre cose, dati significativi sul peso dei media nella formazione del consenso elettorale. E su questo ci soffermeremo, benché il lavoro offra spunti di ogni tipo.
Sorpresa: è ancora la TV che conta
Si parte da un dato inequivocabile: la televisione resta il principale mezzo utilizzato dagli italiani per informarsi sull’offerta politica e formarsi un’opinione.
In occasione delle ultime elezioni politiche, infatti, più della metà degli elettori ha tratto le informazioni in base alle quali scegliere per chi votare dalle notizie e dai commenti trasmessi dai telegiornali (55,3%), più di un terzo (36,8%) ha attinto ai programmi di approfondimento proposti dalle stesse televisioni, come ad esempio “Porta a porta” o “Servizio pubblico”, mentre solo meno di un quarto (22,2%) ha avuto come punto di riferimento i giornali, poco più del 16% le tv all news, il 9% la lettura del materiale di propaganda dei partiti e il 7,5% i programmi radiofonici.
E il web?
Fa un po’ impressione constatare che, a fronte di un forte arretramento dei telegiornali, solo il 5,9% di elettori si faccia condizionare dai siti web di partiti e movimenti e solamente l’8,7% formi la propria opinione grazie a blog, forum e social network (il 14,2% tra i giovani).
Va detto che, rispetto al dato medio, gli elettori di centrosinistra propendono un po’ di più per i giornali (32,7%), mentre l’elettorato di centrodestra predilige ancor di più la tv (65,7%). E la tv conta in modo prevalente anche per il Movimento 5 Stelle: è vero che il web tra i suoi elettori conta di più della media, con blog e Facebook al 22,3%, ma bisogna tenere conto del fatto che il 46,3% sceglie chi votare affidandosi alla tv.
Grazie, ma mi fido di più degli amici
Sì. Perché tra il 2009 e il 2013 l’utilizzo del canale parenti/amici per la scelta del voto è cresciuto di quasi 25 punti percentuali, passando dal 19% al 43,9%. Questo significa che è indispensabile che la politica si sforzi di instaurare un contatto diretto con i cittadini, coltivando relazioni sul modello associativo.
Twitter o dell’irrilevanza?
All'interno di questo quadro Twitter sembra condannato a essere minoranza, ma solo a livello quantitativo.
In realtà è diventato uno strumento con un’apparente grande influenza sulle vicende pubbliche, probabilmente perché Twitter è frequentato in modo massiccio dai giornalisti e dai politici - quasi sempre in modalità broadcast e non veramente social. E l’autoreferenzialità, inevitabilmente, prevale anche nel racconto giornalistico di quel che accade in questo ambiente.
È sempre questione di fiducia
È tuttavia necessario incrociare questi numeri con i dati sul livello di fiducia nei media. E successivamente va ricordato che, in assenza di credibilità e di una buona reputazione, convincere è cosa assai difficile.
Occorre però tenere conto dei diversi pubblici e dell’intensità di fiducia riposta, in ogni media, nei riguardi dei singoli protagonisti. Dunque, di questi tempi, una cosa è certa: un programma condotto da Alfonso Signorini influenza le opinioni degli italiani molto più di un hashtag. Mentre l'inseguimento di un trending topic fine a se stesso, senza una precedente costruzione di significato, non porta da nessuna parte.