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Abusi nella ginnastica: le testimonianze delle ginnaste italiane rivelano una cultura tossica che non riguarda solo l’Italia

22 Novembre 2022 15 min lettura

Abusi nella ginnastica: le testimonianze delle ginnaste italiane rivelano una cultura tossica che non riguarda solo l’Italia

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Nina Corradini è un’ex ginnasta ritmica, ha 19 anni ed è stata la prima ad aver raccontato pubblicamente e ai media degli abusi e delle pressioni psicologiche che avrebbe subito durante la sua carriera agonistica. A fine ottobre infatti Corradini ha rilasciato un’intervista a Repubblica in cui ha raccontato i mesi tra settembre 2019 e giugno 2021 trascorsi presso l’Accademia Internazionale di Ginnastica a Desio, in Brianza, dove, ha detto l’ex atleta, è stata vittima di pressioni per il suo peso, la sua forma fisica e le sue prestazioni.

Al centro federale di Desio si allena la Nazionale di ginnastica ritmica italiana, conosciuta anche con il nome emblematico di Farfalle, sotto la guida della direttrice tecnica Emanuela Maccarani che è anche membro della giunta CONI. A Repubblica Corradini ha raccontato:

Dicevano che bisognava essere magre, anzi magrissime per essere sempre più forti. E io non mangiavo, […] non bevevo. Eppure, ogni mattina salivo sulla bilancia e non andavo bene: per due anni ho continuato a subire offese quotidiane. Ci riunivano tutte nello spogliatoio, in mutande, per farci salire sulla bilancia. […] Il cibo era diventato un incubo.

Corradini prosegue riferendo dei continui commenti da parte di un’allenatrice ("Vergognati", "mangia di meno", "come fai a vederti allo specchio? Ma davvero riesci a guardarti?"), della farmacia in cui andava due volte al giorno per comprare un lassativo che definisce “un tentativo estremo per dimagrire”, del fatto che a un certo punto non avesse più forze e si ammalasse spesso.

Dopo Corradini, è l’ex atleta azzurra Anna Basta a raccontare gli anni in cui si è allenata al centro di Desio. Basta, che ha fatto parte della Nazionale di ginnastica ritmica dal 2016 al 2020 e che già sui social aveva scritto del suo vissuto, ha parlato degli attacchi di panico, dei pensieri suicidi, delle notti che passava a piangere e di quella che era ormai diventata un’ossessione per il dimagrimento. Prima di lasciare la Nazionale, Basta avrebbe provato a spiegare la situazione alla Federazione, facendo “riferimento alle umiliazioni e ai problemi con il cibo”, ma senza successo.

Anche Giulia Galtarossa, che della squadra nazionale italiana è stata prima atleta titolare dal 2009 al 2012 e poi assistente tecnica fino al 2016, ha scelto di raccontare la sua esperienza a Desio. “Una volta”, ha detto l’ex atleta, “le allenatrici fecero schierare tutte le compagne davanti a me, poi mi chiesero di fare un passo indietro e di girarmi di spalle per far vedere quanto fosse grosso, a loro dire, il mio sedere”. E ha spiegato che “l’aspetto peggiore […] erano i commenti che seguivano i controlli” del peso. Galtarossa, che è stata poi ospite in un centro per disturbi dell’alimentazione, ha detto: “Se mi chiedono di riconsegnare le medaglie vinte nella ritmica per riavere la felicità non avrei dubbi: direi di sì. L'esperienza all'Accademia di Desio mi ha rovinato la vita”.

Luisa Rizzitelli, fondatrice e presidente dell’associazione che si occupa dei diritti delle atlete agoniste Assist, racconta a Valigia Blu che in seguito alla lettura delle accuse fatte dalle ginnaste “ci sono state due emozioni contrastanti. Una è un dolore enorme, il dispiacere e anche un pizzico di rabbia”, perché “sentire i racconti di queste ragazze che non abbiamo saputo proteggere da quello che evidentemente non è tutto il sistema, ma è una parte che esiste, è veramente un dolore grande”. Dall’altra parte però c’è “l’immensa ammirazione per il coraggio di queste ragazze. Vedere il coraggio di queste ginnaste, sapendo benissimo che la questione avrebbe sollevato grandi critiche e commenti, mi ha fatto dire che è arrivato il momento di scoperchiare un vaso di pandora chiuso per troppo tempo”.

Nessuna sorpresa però per l’associazione. Rizzitelli infatti ha spiegato: “Come ha detto una grande atleta come Vanessa Ferrari, non ci siamo stupite per niente. Che ci fossero questi problemi sui comportamenti alimentari, le pressioni psicologiche, le modalità di allenare e anche alcune cose che sembrano un po’ trascurate ma che non sono meno importanti, come la rincorsa feroce alla performance quando questa viene fatta con comportamenti che creano disagio, sono cose che noi conosciamo. Abbiamo sempre detto che bisognava lavorare su questo”.

Altre atlete si sono fatte avanti per testimoniare di aver vissuto situazioni simili a quelle descritte da Corradini, Basta e Galtarossa. Una situazione diversa emerge dalle dichiarazioni dell’attuale capitana della Nazionale di ginnastica ritmica Alessia Maurelli e dall’ex atleta Laura Zacchilli, le quali, manifestando la speranza che le indagini facciano chiarezza e che vengano presi eventuali provvedimenti, descrivono un ambiente sì rigido ma tutto sommato positivo.

In linea generale, secondo Rizzitelli è importante non “scambiare le parole ‘disciplina’, ‘rigore’, ‘sacrificio’, ‘dedizione’ con le parole ‘disagio’, ‘prevaricazione’, ‘turbamento’, ‘dolore’. Una ragazza che dice che avrebbe preferito non vincere le medaglie che ha vinto è una sconfitta per tutti”.

Dopo giorni di quello che lei stessa ha definito come “silenzio forzatissimo”, Emanuela Maccarani, allenatrice della Nazionale di ginnastica ritmica, ha inviato un audio ad allenatrici e allenatori della Federazione per commentare ciò che è accaduto. Secondo Maccarani il problema risiede fuori dalla Federazione, dalla palestra e dal contesto sportivo e piuttosto bisognerebbe attribuirlo a “una società che ha perso completamente il controllo di quello che è l’educazione, il senso civico, la responsabilità genitoriale, non supportata da un’attività scolastica di base che non forma e non prepara i nostri ragazzi a quello che è la vita, con tutto ciò che sono le responsabilità e l’integrità morale che occorre per condurla” e agli “abusi di alcuni adulti […] che in questo momento stanno vicino” alle ragazze che hanno raccontato delle presunte violenze subite.

Le reazioni dalla politica alla Federazione

Il 2 novembre il Presidente della Federazione Ginnastica d’Italia Gherardo Tecchi, il Ministro per lo Sport Andrea Abodi e il Presidente del CONI Giovanni Malagò hanno tenuto una conferenza stampa in cui hanno espresso l’intenzione di capire, verificare e occuparsi di ciò che è successo. Il Ministro Abodi ha detto che “non ci sarà mai una medaglia che coprirà comportamenti che non sono adeguati. Non ci sarà nessuna ragione per la quale per vincere una medaglia si possa superare un certo limite”. A queste frasi, Malagò ha risposto dicendo che “bisogna verificare se il limite è stato superato”.

Il Presidente del CONI ha inoltre definito le denunce dei giorni precedenti come “discorsi generici” più che come accuse specifiche e la ginnastica ritmica come il “fiore all’occhiello del sistema sportivo italiano” e un “movimento sano, serio, rispettoso delle regole”. Malagò ha parlato anche di “infiniti casi di testimonianze che invece parlano di eccellenza” del settore “e non certo di problematiche, di criticità, addirittura di vessazioni. Se questi casi ci sono stati, sono delle eccezioni, non sono accettabili e siamo qui per questo”. In un’intervista successiva il Presidente del CONI si è scusato con “le atlete ed ex atlete che hanno sofferto a causa di comportamenti inappropriati”, invitando comunque a “non fare di tutta l'erba un fascio” e descrivendo la direttrice tecnica Emanuela Maccarani come persona “straordinaria dal punto di vista umano e professionale” e come “in assoluto l'allenatrice che ha vinto più titoli”.

Il Presidente della Federazione Ginnastica d’Italia Tecchi ha dichiarato di voler sistemare le cose e che “l'ambiente sia più lindo e trasparente possibile”. Solo dopo a un cronista di Repubblica avrebbe detto: “Non pensa che sia molto strano che queste ragazze trovino il coraggio di parlare dopo molti anni dai fatti? Lo sa che in passato avevano fatto richiesta per entrare nello staff della Federazione? Se il sistema era così sbagliato, perché volevano entrarci?”

Una risposta a queste domande arriva in qualche modo dall’intervista rilasciata da Giulia Galtarossa, che racconta del periodo dopo il suo ritiro, della “sindrome da alimentazione incontrollata” sviluppata e di quella chiamata dalla Federazione che ha definito come una “luce”: “Erano già tre mesi che non uscivo di casa”, ha detto Galtarossa, “ma in quel ruolo, mi sono sempre rifiutata di pesare le ginnaste. Mi sono battuta più volte, invano, fino a quando ho rivissuto delle scene brutte”.

Il 3 novembre Tecchi ha deciso di commissariare il centro di Desio finora guidato da Emanuela Maccarani e affidarlo al vice presidente Valter Peroni, a cui verrà affiancata la psicologa sportiva Marcella Bounous in qualità di Duty officer, che avrà il compito di monitorare il rapporto tra atlete e tecnici. Maccarani, ha detto Tecchi, “è allibita, mai si sarebbe immaginata una simile situazione […] le sono stati tolti i poteri di gestione del centro” ma continuerà ad allenare le ragazze. Un altro ruolo fondamentale secondo il Presidente della Federginnastica è quello che svolto in questo frangente dal Safeguarding Office, “un centro di avanguardia, nato per fornire ascolto psicologico e assistenza legale”, a cui le altete possono rivolgersi anche anonimamente. Intanto, la procura federale a cui la Federginnastica si è rivolta sta anch’essa indagando sui fatti e ha già ascoltato Nina Corradini e Anna Basta e, appena finiti i colloqui con le altre atlete di Desio, sentirà anche Maccarani.

Secondo Luisa Rizzitelli da qui emergono due problemi fondamentali: il fatto che siano degli organi interni alla Federazione a indagare quanto è accaduto e che la Federazione abbia disatteso il suo intrinseco ruolo di vigilanza e responsabilità.

“Tutto va verificato e vanno fatte le dovute indagini”, ma più che dire che verranno verificate le storie e gli episodi, secondo Rizzitelli infatti “bisogna dire ‘verificheremo come si è potuti arrivare a una situazione del genere’” e ha aggiunto che “Lo sport italiano ha il dovere di vigilare su che cosa accade nelle proprie strutture federali” e qui questo compito “è stato completamente disatteso e non va bene che ora dicano che ‘è una questione eccezionale’: non lo è se coinvolge così tante atlete, in un centro federale dove le bambine vanno a vivere”.

“Il tema della violenza contro le donne e delle molestie, in qualunque forma esse vengano agite, da sempre ha un livello di emersione bassissimo”, dice la Presidente di Assist, per cui “nello sport, che è un sistema chiuso, che non si apre” diventa necessario “un controllo, un aiuto, un confronto esterno”.

Per questo motivo Assist ha chiesto “un tavolo permanente su questi temi” con “rappresentanti delle atlete, centri antiviolenza, e tutti gli attori che fanno parte del mondo dello sport” e “dove non ci siano soltanto le procure della giustizia sportiva che sono nominate all’interno dello stesso sistema sportivo e delle federazioni. Al di là del fatto che i procuratori siano persone di grandissimo valore che fanno in coscienza il loro lavoro da soggetti terzi, non è questo il modo in cui si può affrontare un problema così”.

Anche secondo Daniela Simonetti, giornalista e fondatrice dell’associazione che si occupa di contrastare la violenza sessuale e gli abusi su donne e minori Change the Game, è necessario un ente esterno: “Serve una commissione indipendente di inchiesta che accerti le responsabilità senza nessun componente federale, del CONI o del Governo”, ha detto Simonetti a Valigia Blu, “perché non ci possiamo permettere un colpo di spugna anche su questo caso, non è più quel tempo, quel tempo è finito. Al di là di come finirà, un colpo di spugna dopo questa ondata non potrà che danneggiare ulteriormente il mondo sportivo”.

Le reazioni della ginnastica

In seguito ai racconti delle ex atlete della Nazionale di ginnastica artistica, moltissime altre atlete e atleti provenienti anche dalla ginnastica aerobica e artistica hanno dimostrato il loro sostegno alle ragazze che hanno denunciato gli abusi, esprimendo vicinanza e condividendo episodi simili. Daniele Donati, ex ginnasta di aerobica, ha raccontato del trattamento e delle discriminazioni che le sue compagne subivano ai raduni mensili, quando ad esempio a tavola venivano divise tra “magre” e “grasse”. Donati sostiene anche di aver riferito alla Federazione cosa stesse succedendo ma che questo non abbia portato ad alcun cambiamento. Vanessa Ferrari, campionessa di ginnastica artistica, ha detto di conoscere “perfettamente” i problemi riportati dalle atlete di ritmica come aveva già raccontato nel suo libro, e che spera “che finalmente si possa intervenire definitivamente affinché la ginnastica, lo sport che amiamo, senza distinzione di sezioni o di livello sia pulito”.

Gli abusi di cui molte ginnaste stanno parlando infatti non sembrano riguardare una sola disciplina, un solo centro né tantomeno solo il livello agonistico, come dimostrerebbero le storie emerse nelle scorse settimane. Alla Procura di Brescia ad esempio è stato presentato un esposto da parte della mamma di due ginnaste ritmiche minorenni, la quale ha denunciato i maltrattamenti psicologici che le figlie avrebbero subito da parte degli allenatori della palestra dove si allenavano. Nella denuncia non figurano nomi di allenatori o dirigenti. Altri genitori di giovani ginnaste a livello amatoriale hanno raccontato di comportamenti simili, di umiliazioni subite, di esposti fatti alla federazione e degli scarsi riscontri ottenuti.

Molte di queste storie sono state raccolte proprio dall’associazione Change the Game e a questo proposito Simonetti ha detto di star riscontrando un “sentimento di sgomento e di protezione” tra le famiglie che denunciano. A Valigia Blu la fondatrice di Change the Game ha raccontato: “Una mamma mi ha detto ‘le hanno tolto un sogno, le hanno distrutto un sogno’, e questo forse è il commento che meglio rappresenta l’atteggiamento di tante famiglie, che stanno in qualche modo cercando di contrastare un sistema tossico”.

Secondo Simonetti, “è vero che esiste il partito delle medaglie che sovrasta il partito dell’etica e della morale. Nel caso delle ginnaste italiane però, quello che ho notato anche scorrendo” tutte le denunce riportate all’associazione “è che in tanti casi parliamo di ragazzine che amano la ginnastica e che non necessariamente aspirano a o sono state reclutate per interesse nazionale. Esiste un sistema che si è diffuso a macchia d’olio, che ha contagiato anche tutto l’ambito non agonistico. È talmente radicato e diffuso che è come se non esistesse più un modello alternativo. Bisogna interrogarsi sul perché si è arrivati a questo tipo di allenamento, appiattito completamente su dei criteri che si stanno rivelando non solo sbagliati, ma anche dolorosi e pericolosi”.

Risulta quindi necessario, secondo la fondatrice di Change the Game, agire su due fronti: le sanzioni e la cultura. “Gli aspetti sanzionatori sono importanti”, ha detto Simonetti a Valigia Blu, “serve un certo rigore nella sanzione disciplinare. Questo lassismo, queste reti a maglie larghe frustrano tutte le atlete che intendono denunciare perché non si aspettano molto, perché sono sfiduciate. Nel caso della ginnastica, abbiamo visto sanzioni tra quaranta giorni e i tre mesi con tante archiviazioni e credo che questa risposta sia assolutamente frustrante e che vada a incidere sulle denunce che diventano sempre meno. Poi sicuramente bisogna lavorare tanto su una cultura sportiva che, abbiamo visto, è completamente assente”. Secondo Simonetti, “formazione obbligatoria e rispetto delle corpo delle bambine” sono dunque fondamentali.

La ginnastica negli altri paesi

Anche in altri paesi il mondo della ginnastica si è ritrovato al centro di accuse e problemi su più livelli. A giugno 2022 è stato pubblicato un report sul benessere e lo stato delle ginnaste e ginnasti nel Regno Unito con un focus tra il 2008 e il 2020. Il report è stato commissionato dall’ente pubblico che si occupa dei maggiori eventi sportivi UK Sport e dall’ente governativo indipendente Sport England dopo che nell’estate 2020 diverse ginnaste avevano raccontato di aver subito abusi e maltrattamenti in ambito sportivo. Il report ha rilevato che non solo il benessere delle atlete e degli atleti è stato messo in secondo piano rispetto alla necessità di vincere delle medaglie, ma che anche la gestione dei reclami da parte della British Gymnastics, la Federazione della ginnastica nel Regno Unito, non è stata rigorosa o appropriata.

Ne è emersa una “cultura della paura” che si è protratta nella vita di ginnasti e ginnaste anche dopo il loro ritiro e svariate forme di abuso, da quelli fisici come le punizioni corporali e gli allenamenti di durata eccessiva, a quelli emotivi, che comprendevano urla, insulti, umiliazioni di fronte al resto della squadra, svilimento dell’atleta, delle sue opinioni e delle sue emozioni. Sono soprattutto le atlete di livello agonistico le principali vittime di questi maltrattamenti. Lo studio parla anche di “tirannia della bilancia”, riferendo di una gestione del peso ossessiva e di pressioni che le ragazze subivano nel mantenere una forma fisica prepuberale.

Il problema principale è che spesso questi atteggiamenti vengono considerati normali, dice il report. Alcuni coach, infatti, hanno definito il loro modo di allenare come funzionale al raggiungimento del successo.

Che la violenza fosse “l’unico modo per sviluppare una mentalità vincente” era anche ciò in cui credeva Gerrit Beltman, l’ex allenatore della Nazionale di ginnastica olandese accusato di aver avuto comportamenti abusanti e violenti nei confronti delle atlete. “Volevo vincere a tutti costi”, ha dichiarato Beltman in un’intervista rilasciata nel 2020 al giornale olandese Noordhollands Dagblad. “Oggi me ne vergogno profondamente”, ha aggiunto.

È di questi giorni invece la notizia che in Canada circa 500 atlete tra ginnaste ed ex ginnaste stanno chiedendo alla federazione canadese di avviare un’inchiesta contro quella che hanno definito come una cultura sportiva tossica. Le atlete hanno infatti denunciato di aver subito abusi emotivi e fisici durante la loro carriera e dell’ambiente di terrore che si respirava durante gli allenamenti. Gymnasts for Change Canada, l’associazione che riunisce le atlete che hanno denunciato tali abusi, ha accusato proprio la federazione di negligenza e di aver scelto di non avviare un’inchiesta indipendente ma di avere affidato la questione a un comitato interno.

Uno dei casi che più ha avuto risonanza a livello mondiale è stato quello che ha riguardato la ginnastica americana. Nel 2018, 156 donne hanno testimoniato contro Larry Nassar, ex medico sportivo della Federazione americana USA Gymnastics e dell’Università del Michigan, per aver abusato di loro. Più di 500 sono quelle che la Federazione deve risarcire, e non solo per le violenze perpetrate dall’ex medico ma anche da altri membri dello staff. Il problema infatti non era circoscritto a una sola persona: dalle accuse a Nassar è venuto fuori un quadro fatto di abusi sessuali ed emotivi, maltrattamenti fisici e violenze psicologiche che toccano tutto il sistema. “Ce ne sono molti come lui nella USA Gymnastics”, ha detto a questo proposito Shenea Booth, atleta che oggi ha 36 anni e che ha dichiarato di essere stata molestata da un suo allenatore per la prima volta a 15 anni.

Nel documentario Atleta A, uscito su Netflix nel giugno 2020, viene infatti raccontato come le violenze fisiche ed emotive fossero a un certo punto diventate la norma nel mondo della ginnastica, di come bambine e adolescenti venissero manipolate, maltrattate e abusate anche sessualmente, rese obbedienti e impotenti da un intero sistema che approfittava della loro passione e del sogno di andare alle Olimpiadi, così come di quella condizione di vulnerabilità dovuta principalmente alla giovane, spesso giovanissima età, che rendeva difficile alle atlete comprendere la differenza tra un comportamento abusante e un metodo di allenamento rigido ma rispettoso.

Alle violenze e ai maltrattamenti, si sono aggiunti poi il silenzio, la negligenza e la minimizzazione da parte di chi avrebbe dovuto occuparsi della tutela delle atlete. Simone Biles, ginnasta statunitense di fama mondiale che ha rivelato di essere stata abusata anche lei da Nassar, si è rivolta alla USA Gymnastics dicendo: “Avevi un compito da svolgere. Avevi letteralmente un compito da svolgere e non sei riuscita a proteggerci”. Biles è anche tra le atlete che hanno accusato l’FBI di non aver fatto nulla per fermare l’ex medico della USA Gymnastics. “Per essere chiari”, ha detto Biles, “io accuso Larry Nassar e accuso anche un intero sistema che ha permesso e perpetrato il suo abuso”.

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La necessità di cambiamento

In seguito all’uscita di Atleta A, alcune ginnaste britanniche hanno pubblicato un comunicato sui social media in cui dichiaravano la loro solidarietà verso tutte le atlete survivor e la loro condanna a un sistema che aveva permesso che ciò accadesse. Il comunicato era accompagnato dall’hashtag #gymnastalliance sotto cui poi ginnaste di tutto il mondo hanno iniziato a raccontare le loro storie di abusi e umiliazioni, a esprimere sostegno e supporto alle atlete vittime di violenze, a chiedere alle proprie federazioni di agire contro i maltrattamenti e le vessazioni, nella speranza di costruire un “ambiente sano” e un “futuro migliore” per la ginnastica e chi la pratica.

Uno dei sentimenti più ricorrenti, scorrendo le varie testimonianze, è la consapevolezza che la ginnastica sia uno sport difficile e competitivo, che richiede rigore, applicazione costante e dedizione. Eppure, dicono molte altete, il “duro lavoro” non richiede “il sacrificio del benessere delle persone giovani o il silenziare le loro voci”. Nicole Pavier, ex ginnasta dell’Inghilterra che aveva denunciato gli abusi mentali ed emotivi subiti durante la sua carriera, a questo proposito ha detto: “La ginnastica è uno sport bellissimo e gratificante quando fatto in un ambiente sano e motivante”, che “può insegnare e dare così tanto a una persona giovane”. E, dopo aver ripercorso le umiliazioni e le violenze vissute e tutto ciò che questo ha comportato anche dopo il suo ritiro dalla ginnastica, ha detto: “È tempo che le cose cambino in meglio”.

Immagine in anteprima: Nina Corradini intervista agli Europei di Budapest nel 2017 – Frame video Federazione Ginnastica d'Italia via YouTube

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