La morte in diretta dello streamer Raphaël Graven
8 min letturaLa morte in diretta di Raphaël Graven, 46enne conosciuto in Francia per lunghe dirette online in cui subiva violenze e umiliazioni, ha riacceso il dibattito sui contenuti pubblicati sulle piattaforme di streaming online e sulla regolamentazione di Internet.
Graven, noto con lo pseudonimo di Jean Pormanove, è morto il 18 agosto durante una diretta in streaming su Kick, una piattaforma di dirette video simile a Twitch, durata 298 ore, più di dodici giorni, in circostanze ancora da chiarire. Nei suoi video compariva spesso insieme ad altre tre persone: Owen Cenazandotti, come Naruto; Safine Hamadi, o Safine; un uomo con disabilità conosciuto come “Coudoux”.
Durante le dirette Graven e Coudoux venivano regolarmente maltrattati e picchiati da Naruto e Safine, a volte per quelle che venivano definite sfide estreme, altre volte senza motivo. L’ultimo video, girato a Contes, vicino a Nizza, si interrompe quando Graven sembra essere già morto, mentre Naruto e Safine sono a terra.
A un certo punto, si vede Naruto leggere un messaggio che Graven avrebbe inviato a sua madre, in cui affermava che il gioco stava “andando troppo oltre” e che si sentiva come un ‘prigioniero’ all'interno di un “concetto di merda”. In un altro video, secondo la CNN, si sente la madre di Pormanove rimproverare suo figlio dicendogli: “Ti trattano come una merda”.
La procura di Nizza ha aperto un’indagine per stabilire le cause della morte e accertare anche se Graven sia stato costretto o abbia scelto liberamente di sottoporsi a queste violenze. Un procuratore ha dichiarato che, in seguito a una prima autopsia, parrebbe che la morte di Graven non sia stata causata da un trauma fisico inflitto da terzi, ma che sia stata più probabilmente il risultato di fattori “medici e/o tossicologici”. Sono stati ordinati ulteriori esami. Tuttavia, secondo quanto riferito da una fonte vicina alle indagini a Le Monde, alcune questioni rimangono irrisolte, come ad esempio stabilire se le condizioni in cui si è svolto lo streaming, come la privazione del sonno, possano aver causato un infarto.
Dopo la morte di Graven, è circolato un vecchio video in cui Naruto e Safine gli chiedevano di affermare, in diretta davanti alla telecamera, che se fosse morto improvvisamente, non sarebbe stato a causa dei loro comportamenti, ma della sua “salute di merda” e dei suoi “quarantasei anni di vita dissoluta”. Dopo un iniziale rifiuto, Pormanove aveva accettato di pronunciare quelle parole e aveva detto che, se gli fosse successo qualcosa durante uno streaming, la responsabilità sarebbe stata interamente sua. In altri video circolati sempre in questi giorni, Graven si lamentava delle violenze subite e diceva di doverle accettare per guadagnare soldi.
Lo scorso dicembre la polizia di Nizza aveva già aperto un’indagine in seguito a un’inchiesta di Mediapart che aveva evidenziato l’esistenza di video di abusi e maltrattamenti contro persone vulnerabili con migliaia di visualizzazioni, in particolare su Kick. Le ipotesi di reato erano quelle di incitamento all’odio e alla violenza contro persone o un gruppo di persone per via della loro disabilità, violenza di gruppo e diffusione di contenuti legati a reati contro la persona. Nell’ambito delle indagini erano stato arrestati (e poi liberati) Naruto e Safine ed erano stati interrogati anche Graven e Coudoux.
Tutti, compreso Graven, avevano negato alle autorità che fossero stati commessi dei reati, anzi, avevano definito i loro streaming umoristici. Naruto avrebbe affermato: “Sappiamo cosa fa ridere la gente e cosa no”. Un avvocato di Naruto aveva poi voluto precisare che le situazioni mostrate negli streaming erano tutte delle messe in scena, compresi i segmenti con la madre di Graven. Affermazioni parzialmente smentite da un avvocato di Safine che aveva detto a un’emittente televisiva francese che la violenza non era sempre “simulata”, seppur del tutto consensuale.
La realtà ha superato la finzione, ha commentato un editoriale di Le Monde, riferendosi alla morte di Graven. In altri due articoli, Le Monde e Reuters hanno paragonato l’accaduto agli “episodi più agghiaccianti” della satira distopica Black Mirror, mentre c’è stato chi ha citato ‘La Mort en Direct’, un film di fantascienza francese in cui una donna affetta da una malattia terminale viene filmata per un reality show televisivo.
La vicenda ha suscitato l’indignazione delle autorità francesi. La commissaria per l’infanzia, Sarah El Haïry, ha definito “orrende” le circostanze che hanno portato alla morte di Graven, mentre la ministra francese che si occupa di Intelligenza artificiale e Affari digitali, Clara Chappaz, ha voluto evidenziare come il livestreamer sia stato “umiliato e maltrattato per mesi in diretta su Kick”.
Nel dibattito pubblico gran parte dell'attenzione si è concentrata su Kick, la piattaforma che ospitava i video. Nonostante le violenze, video come quelli di Graven, Naruto e Safine sono presentati come contenuti di intrattenimento, e chi li fa guadagna soldi grazie agli abbonamenti e alle donazioni degli utenti che li seguono, invogliati a contribuire dalla promessa di poter assistere a situazioni sempre più estreme in una spirale che spinge verso abusi sempre maggiori. Alla fine della diretta in cui è morto Graven, il contatore nel video mostrava che erano stati raccolti 36mila euro.
Fondata nel 2022 come concorrente di Twitch, leader nel campo dello streaming di proprietà di Amazon, Kick è la terza piattaforma di dirette streaming più usata al mondo, ha controlli meno rigidi rispetto a Twitch e offre la possibilità di guadagni maggiori per i creatori di contenuti: per esempio trattiene solo il 5 per cento delle quote pagate dagli utenti rispetto al 30-50% richiesto ad esempio sempre da Twitch. In questo modo è riuscita ad attirare figure come il rapper Drake e Adin Ross, personaggio mediatico a cui in seguito è stato attribuito il merito di aver aiutato Donald Trump a tornare alla presidenza come parte della più ampia “maschiosfera”.
Già dopo un anno di attività, nel 2023, la piattaforma era finita sotto esame per i bassi standard di moderazione dei contenuti che molti critici percepivano: Ross ha ospitato personaggi come il nazionalista bianco Nick Fuentes e il trafficante di esseri umani, Andrew Tate, e a un certo punto ha trasmesso in streaming materiale pornografico. Una coppia di streamer ha invece filmato l'incontro di un uomo con una prostituta (a cui è stato impedito di fuggire dopo che la donna aveva scoperto che gli influencer stavano guardando da un'altra stanza dello stesso appartamento) mentre nella chat di accompagnamento alla diretta streaming Ed Craven, CEO di Kick, pubblicava emoji che ridevano in una chat e faceva una donazione agli streamer.
“Il Far West del livestreaming” aveva scritto all’epoca un articolo del New York Times. Al NYT Craven aveva dichiarato di essersi pentito dell’accaduto e aveva annunciato che la piattaforma stava cercando di capire come migliorare i propri standard di moderazione e dove tracciare il confine. “Penso che le persone stiano capendo che più sono controverse, più i loro contenuti sono scioccanti, più spettatori ottengono. E a volte questo può essere un mix pericoloso”, aveva detto Craven.
Dopo la morte di Graven la scorsa settimana, Kick ha espresso il proprio cordoglio, ha dichiarato che avrebbe rivisto i propri contenuti in lingua francese e ha bandito gli streamer coinvolti. Il 21 agosto, lo stesso giorno in cui sono stati resi noti i risultati dell'autopsia, i funzionari della piattaforma avrebbero incontrato un'autorità di regolamentazione francese e promesso piena collaborazione e una revisione approfondita delle proprie pratiche di moderazione.
Tuttavia, l'azienda ha continuato a essere oggetto di critiche. Poco dopo l'incontro, Kick ha nuovamente sbloccato il canale di Graven, pare per facilitare l'accesso degli investigatori ai contenuti, ma l'autorità di regolamentazione ha condannato la decisione e il canale è stato bloccato nuovamente. La ministra Chappaz, ha avviato un procedimento legale contro Kick.
Tutto questo, ovviamente, si ricollega a un dibattito globale molto più ampio su come regolamentare al meglio Internet. La Francia è vincolata dal Digital Services Act dell’Unione Europea che regolamenta le piattaforme straniere disponibili in Europa e includono disposizioni non solo sulla moderazione, ma anche su aspetti quali la trasparenza e la rappresentanza legale. Kick però non sarebbe abbastanza grande da rientrare nei requisiti più severi del DSA. La scorsa settimana, Chappaz ha affermato che prima della morte di Pormanove l'azienda non aveva ancora un rappresentante legale designato in Europa (ora ne avrebbe uno a Malta) e ha anche riconosciuto i limiti del proprio potere.
Non sono mancati i commenti di chi – in un immancabile gioco dello scaricabarile, osserva Jon Allsop su Columbia Journalism Review – ha proposto di ridurre l’accesso a Internet ai minori invece di intervenire sulla regolamentazione dei contenuti diffusi dalle piattaforme online. Alcuni politici francesi hanno suggerito di adottare misure ancora più severe. Gabriel Attal, ex primo ministro, ha suggerito di sottoporre i giovani a test per verificare la loro dipendenza dagli schermi, di limitare il tempo trascorso davanti allo schermo dagli adolescenti (anche imponendo che le immagini diventino in bianco e nero dopo mezz'ora di uso continuo) e di vietare completamente i social media ai minori di quindici anni sulla scia di una legge simile in fase di approvazione in Australia.
Infine, c’è stato chi ha sottolineato il fascino dei contenuti violenti ed eccentrici e il ruolo dei media nel fare da loro cassa di risonanza. La morte di Graven “ci invita a mettere in discussione il nostro rapporto contemporaneo con l'umiliazione e i molteplici significati che essa assume”, ha osservato su Le Monde la sociologa Julie Alev Dilmaç. Mentre su Substack, il commentatore tecnologico statunitense Max Read ha sottolineato come la fascinazione per questo tipo di contenuti ha “ampi precedenti nei media pre-Internet, almeno negli Stati Uniti, dove lo sfruttamento di persone eccentriche o vulnerabili è stato per decenni una pratica comune nella TV diurna, nella radio drive-time e nel boom dei reality show all'inizio del millennio”. Sempre su Le Monde, Nathalie Tehio, avvocata e membro del board nazionale della Ligue des droits de l'homme, è tra coloro che ha fatto riferimento al film ‘La Mort en Direct’, evidenziando come già nel 1980 (anno di produzione del film) denunciasse “il voyeurismo e la società dello spettacolo”. Prima di allora, ha aggiunto Tehio, c'erano i giochi circensi e le esecuzioni pubbliche. La gente ha sempre amato la violenza o, almeno, ha faticato a distogliere lo sguardo.
Il successo di questi contenuti è colpa degli spettatori, dunque? Secondo Read, i media sono stati complici della loro pervasività: “Ci sono cose che i mezzi di informazione possono fare per combatterla, dal trattare tutte le persone con dignità al far riflettere un pubblico sempre più ampio sulle violazioni di tale dignità”. Tuttavia, osserva Allsop sempre su Columbia Journalism Review, nell’attuale ecosistema il potere dei media è molto più limitato rispetto al passato, in alcuni casi è osteggiato dagli stessi creatori di contenuti digitali e bisognerebbe intervenire per regolamentare le piattaforme invece di puntare il dito solo su una parte degli agenti della Rete, spesso gli utenti passivi.
Immagine in anteprima: frame video Sky via YouTube







