Chi finanzia i movimenti contro l’aborto e i diritti LGBTQ+ in Europa
7 min letturaNel 2017 sulla piattaforma di whistle-blowing Wikileaks è stato pubblicato un file riservato chiamato “Restoring the Natural Order: an Agenda for Europe”. Il documento era il manifesto di un network transatlantico di oltre 100 gruppi ultra cattolici perlopiù nati tra il 2013 e il 2014, riuniti sotto il nome di Agenda Europe, e conteneva una strategia dettagliata su come erodere diritti come aborto, divorzio, accesso alla contraccezione, diritti delle persone LGBTQ+.
La pubblicazione del documento e le successive inchieste giornalistiche e di gruppi di ricerca indipendenti hanno mostrato per la prima volta come, anche in Europa, esistesse una rete organizzazioni contro i diritti, finanziata da ingenti somme di denaro provenienti da Russia e Stati Uniti e pronta a collaborare con i partiti di destra ed estrema destra in ascesa a livello globale. In Italia erano gli anni immediatamente successivi ai Family Day, culminati poi con il Congresso Mondiale delle Famiglie (WCF) di Verona nel 2019, organizzato con il sostegno della Lega e dell’allora ministro per la Famiglia Lorenzo Fontana e la partecipazione di Giorgia Meloni.
Quasi dieci anni più tardi l’emersione del progetto Agenda Europe, il movimento anti-gender in Europa ha cambiato pelle e si è evoluto. Dismessi i panni più movimentisti e legati alla società civile, non cerca più alleanze con la politica. Adesso siede direttamente nei palazzi di governo e nei parlamenti dove i partiti di estrema destra hanno vinto le elezioni, comprese le istituzioni europee. Ha a disposizione strumenti legislativi, piattaforme mediatiche e tantissimi soldi, anche pubblici. E un nuovo centro nevralgico nell’Ungheria di Viktor Orbán.
I flussi di denaro
Lo European Parliamentary Forum for Sexual and Reproductive Rights (EPF), una rete parlamentare pro-choice che promuove i diritti sessuali e riproduttivi in Europa che nel 2018 aveva lavorato sull’emersione di Agenda Europe, ha recentemente pubblicato un report intitolato “The Next Wave”.
L’analisi prende in considerazione 275 attori anti-gender: gruppi di advocacy, media, ONG, partiti politici e think tank impegnati nell’opposizione a diritti sessuali e riproduttivi, aborto, contraccezione, divorzio, diritti LGBTQ+, educazione sessuale e affettiva.
Quello che emerge è che tra il 2019 e il 2023 sono stati spesi 1,18 miliardi di dollari per iniziative anti-gender in Europa.
Secondo il rapporto, le somme annuali sono aumentate costantemente, da 220 milioni del 2019 a 271 milioni di dollari nel 2022. Ma se in passato gran parte di questi fondi arrivava dalle élite conservatrici statunitensi o dagli oligarchi russi, oggi il 73% del denaro proviene direttamente da organizzazioni europee.
Le fonti sono diverse: famiglie aristocratiche, imprenditori tech, aziende. Almeno 171 milioni di dollari, però, secondo EPF provengono da denaro pubblico: finanziamenti statali diretti o programmi legati all'Unione Europea. Ad esempio il programma Erasmus, i cui fondi vengono dirottati su progetti anti-gender mascherati da iniziative educative per i giovani che infiltrano la rete educativa e sanitaria.
Tra questi progetti, il report cita quelli portati avanti da World Youth Alliance (WYA), organizzazione non governativa cattolica antiabortista le cui filiali dal 2019 hanno ricevuto oltre un milione di euro in finanziamenti dell'UE. WYA è una ChONGO (Church Organised Non Governative Organisations), ossia un'organizzazione non governativa che si presenta come società civile ma è in realtà gestita e in parte finanziate dalla chiesa: pur definendosi un "gruppo giovanile laico che difende la salute riproduttiva e la dignità umana", si legge nel rapporto, "promuove in modo aggressivo un programma contro i diritti sessuali e riproduttivi radicato nella dottrina cattolica ultraconservatrice" e ha "profondi legami con le élite cattoliche".
Un'altra ChONGO citata nel report è Teen Star, un programma educativo fondato nel 1980 e oggi presente in 38 paesi nel mondo. In Italia se ne è parlato all'inizio del 2025, quando alcuni genitori di alunni di una scuola di San Donà di Piave avevano denunciato in alcune classi la presenza di corsi di educazione sessuale di forte matrice cattolica. Anche Teen Star si definisce un "programma laico", tuttavia, come ricostruito anche da Pagella Politica, i legami con il mondo religioso sono numerosi.
Come i movimenti anti-scelta si stanno infiltrando nelle scuole
Le somme maggiori per iniziative anti-gender arrivano da Ungheria, Francia, Regno Unito, Polonia e Spagna. L’Italia non figura tra i grandi finanziatori, ma questo è dovuto anche alla scarsa trasparenza finanziaria sui conti pubblici delle persone giuridiche, spiegano dall’EPF.
Dal paese del primo ministro Orbán arrivano 172,2 milioni di dollari per iniziative anti-gender in Europa. Di questi, il 77% è passato attraverso cinque grandi enti pubblici controllati dallo stato: think tank, media, organizzazioni di advocacy, istituti di ricerca e gruppi di pressione tutti allineati all’agenda di governativa di Fidesz.
Secondo il rapporto, il modello ungherese è “una delle strategie anti-gender più strutturate e dotate di risorse in Europa, che eclissa gli attori tradizionali religiosi e ultra-conservatori sia in termini di dimensioni che di coordinamento” e “rappresenta una minaccia significativa per le norme democratiche europee e per la parità di genere”.
Piattaforme per l’agenda anti-gender
Oltre all'aspetto finanziario, nella nuova strategia anti-gender ha grande rilevanza anche quello delle alleanze e delle occasioni di incontro.
All’inizio di dicembre 2024 in una delle sale del Senato spagnolo a Madrid si è tenuto un summit internazionale “per la libertà e la cultura della vita”. Nel corso di un’intera giornata, decine di speaker si sono alternati ai microfoni dell’Antiguo Salon de Sesiones pronunciando discorsi su come limitare - o eliminare del tutto - l’aborto dalle legislazioni nazionali, sui pericoli della cultura woke e dell’ideologia del gender, contro l’eutanasia, il divorzio, l’avanzamento dei diritti LGBTQ+. Per la famiglia, quella cosiddetta naturale: eterosessuale, sposata, bianca, con figli.
A concedere una sala all’interno del parlamento di uno dei paesi più progressisti d’Europa è stato, non senza polemiche, il Partido Popular (PP), il maggiore partito di opposizione al governo di Pedro Sánchez, che però detiene la maggioranza al Senato. Il summit è stato organizzato dal Political Network for Values (PNfV), una rete transnazionale fondata nel 2014 e formata da organizzazioni e politici anti-gender provenienti da Stati Uniti, America Latina ed Europa (tra cui Jaime Mayor Oreja, ex ministro con il PP e figura di spicco del mondo ultracattolico spagnolo ed europeo).
All’evento di Madrid - che è il sesto Transatlantic Summit - hanno partecipato rappresentanti di partiti di destra e estrema destra a livello globale. Tra gli europei, Vox e una piccola delegazione del PP, Fratelli d’Italia, l’ungherese Fidesz, il polacco Diritto e Giustizia, il Partito Popolare Austriaco (ÖVP), il croato Movimento della Patria (Domovinski Pokret).
A fare da sponsor all’evento, diverse grosse organizzazioni statunitensi. Ad esempio l’International Organization for the Family (IOF), con il suo presidente Brian Brown, fervente sostenitore di Donald Trump e organizzatore del Congresso Mondiale delle Famiglie (WCF). O l’Heritage Foundation, think tank USA che sta dietro al Project 2025, l’agenda ultraconservatrice per il secondo mandato Trump.
Ma, come raccontato nel podcast La Famiglia Giusta, è quella ungherese la rappresentanza che salta maggiormente all’occhio, sin dalla serata inaugurale. Tra gli sponsor europei dell’evento ci sono la Foundation for a Civic Hungary, istituita nel 2003 da Fidesz per promuovere i “valori cristiani”; e il Center for Fundamental Rights: un think thank di destra legato al governo ungherese, e da questo finanziato.
Secondo un’inchiesta di VSquare, il Center for Fundamental Rights riceve fondi da Budapest attraverso la Batthyány Lajos Foundation. Produce documenti legali, amplifica le idee governative sui media, organizza eventi e stringe alleanze e collaborazioni con altri think tank ultraconservatori in Europa (ad esempio Ordo Iuris in Polonia, o Nazione Futura in Italia) e oltreoceano.
Per Bulcsú Hunyadi, capo del Radicalisation and Extremism Programme del think tank ungherese Political Capital, l’Ungheria usa piattaforme come il PNfV per ottenere “accesso a network internazionali e presentarsi sulla scena internazionale come pioniera” delle “politiche per la famiglia tradizionale”, in modo da rafforzare l'importanza dell'Ungheria a livello internazionale.
Il Center for Fundamental Rights è anche la stessa organizzazione che dal 2022 organizza la Conservative Political Action Conference (CPAC) Budapest, versione ungherese dell’evento nato negli Stati Uniti che raduna esponenti di destra ed estrema destra da diverse parti del mondo. Evento in cui il discorso anti-gender è sempre presente.
PNfV e CPAC sono due entità distinte, differenti per origine e storia. Hanno però due cose in comune: il coinvolgimento del Center for Fundamental Rights (per quanto riguarda CPAC nella sua versione ungherese) e l’essere piattaforme di incontro e allineamento per figure politiche che aderiscono all’agenda anti-gender, consentendogli di oltrepassare i confini nazionali.
“Le politiche e le narrazioni contro l'uguaglianza di genere sono i prodotti più ben congegnati dell'attuale svolta antiliberale”, ha spiegato Andrea Pető, professoressa al dipartimento di Gender Studies alla Central European University, che ha sede a Vienna dopo la chiusura della sede di Budapest voluta da Orbán. “La retorica anti-gender è uno strumento di politica estera che pone il governo ungherese all'avanguardia delle forze illiberali internazionali”.
Un’altra organizzazione citata nel report EPF è il Mathias Corvinus Collegium (MCC) che ha ricevuto fondi da diverse entità controllate da Budapest. MCC è una GONGO (associazione non governativa organizzata dal governo), con sedi in diverse città. A Bruxelles opera come un think thank specializzato in affari europei. Nei mesi scorsi era emerso un incontro a porte chiuse tra MCC, il think thank ultraconservatore polacco Ordo Iuris e la statunitense Heritage Foundation, per discutere il progetto di una “revisione istituzionale” dell'Unione Europea.
La politica come epicentro
Secondo l'analisi di EPF, “il profondo coinvolgimento finanziario e strategico dell'Ungheria nelle reti paneuropee di estrema destra dimostra come l'attivismo anti-gender sia ormai strettamente intrecciato ai progetti politici illiberali”.
Il rapporto mostra come a livello europeo siano tre i gruppi politici a svolgere un ruolo fondamentale: il Partito dei Conservatori e dei Riformisti Europei (ECR, dove siede Fratelli d’Italia, presieduto dal polacco Diritto e Giustizia), Patriots for Europe (voluto da Viktor Orbán, presieduto da Vox e all’interno del quale c’è anche la Lega), e il Partito Politico Cristiano Europeo (ECPM).
L’ECR ha sponsorizzato una serie di eventi con un’agenda anti-gender, tra cui l’European Family Congress organizzato nel 2023 e nel 2024 a Dubrovnik, con rappresentanti delle principali organizzazioni contro i diritti, come l’americano Brian Brown, e del governo italiano, come la ministra per la Famiglia Eugenia Roccella. Fa parte dell’ECR, ad esempio, il croato Stjepo Bartulica, da dicembre 2024 presidente del Political Network for Values.
Per Neil Datta, oggi “la dimensione politica è davvero l'epicentro del movimento anti-gender. Quindici anni fa il fulcro era nel mondo delle istituzioni religiose, dieci anni fa della società civile. Ora è il mondo della politica, e in particolare dell’estrema destra o destra populista”.
La portata delle risorse finanziarie, “il coordinamento internazionale e l'integrazione politica degli attori anti-gender non hanno precedenti. La reazione contro decenni di progressi in materia di uguaglianza di genere e salute e diritti sessuali e riproduttivi è al centro della strategia dell'estrema destra per conquistare il potere in tutta Europa”.
Immagine in anteprima: frame video YouTube








EmmE
Se “la dimensione politica è davvero l'epicentro del movimento anti-gender" è ora che la politica torni ad occuparsi della difesa dei diritti acquisiti. In questi giorni sono state validate le firme raccolte da My Voice My Choice per garantire l'aborto libero sicuro tempestivo e gratuito in Europa e oggi iniziano gli incontri a Bruxelles tra istituzioni e organizzatrici. Dobbiamo fare eco e proteggere questa iniziativa. La politica deve riuscire a contrastare l'erosione dei diritti fin qui conquistati. Non ci possiamo permettere di essere passivi. È cruciale.