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Perché ancora oggi è importante festeggiare il 25 aprile e ha senso definirsi antifascisti

25 Aprile 2023 4 min lettura

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Perché ancora oggi è importante festeggiare il 25 aprile e ha senso definirsi antifascisti

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Non trascorre ormai giorno in cui non si assista a sgangherate uscite revisioniste e nazionaliste da parte di esponenti del governo e più in generale dell’estrema destra italiana: il senso comune appare da tempo irrimediabilmente inquinato da luoghi comuni duri a morire, nutriti da deliberate mistificazioni. Cosa si può rispondere? Come si può reagire? Riportiamo qui un’intervista allo storico Carlo Greppi realizzata da Riccardo Di Blasi e uscita oggi su Orticalab. 

Perché, ancora oggi, è importante festeggiare il 25 aprile?

Celebriamo la liberazione da vent’anni di dittatura e di guerre, cinque anni di conflitto mondiale, venti mesi di guerra civile. Una libertà conquistata, con e senza le armi, da una nutrita minoranza: un esercito di volontari e volontarie. È il momento più alto della storia d’Italia, e deve ispirarci.

Perché invece, a 78 anni di distanza, c'è ancora chi fa fatica, soprattutto a destra, a celebrare la Liberazione?

O perché rimpiange il fascismo, oppure perché non si rende conto del fatto che quella lotta fu trasversale: coinvolse forze politiche dagli anarchici ai monarchici – dagli azionisti ai liberali, dai democristiani ai comunisti, dagli “autonomi” ai socialisti –, sostenute da numerosi stranieri, che rappresentavano e rappresentano tutti gli italiani. Tranne, appunto, i fascisti.

Cosa ha significato per l'Italia la Resistenza partigiana?

La capacità di partire politicamente divisi e arrivare alla fine uniti, per parafrasare Ferruccio Parri. Fu un miracolo organizzativo, guidato dalla spontaneità di decine di migliaia di giovani; fu una convergenza tra generazioni, generi, provenienze geografiche e sociali, nazionalità. Fu un sorprendente riscatto,  nel paese che aveva inventato il fascismo, uno dei prodotti del “made in Italy” più duraturo. 

Ai fini della sconfitta del nazifascismo in Italia, il contributo dato dalla lotta partigiana, anche in termini militari, è stato determinante o trascurabile?

Determinante. Il partigianato arrivò a liberare nell’ultimo mese di guerra 125 città prima dell’arrivo degli Alleati, e nell’anno e mezzo precedente fu una spina nel fianco nelle retrovie nazifasciste. Un solo esempio: se non fosse stato vitale per la risalita alleata della penisola come si spiegherebbero gli ininterrotti lanci? Perché sprecare uomini, armamenti e ogni sorta di materiale per foraggiare i partigiani, se erano così irrilevanti? Un consiglio di lettura spassionato: Anche i partigiani però… di Chiara Colombini (Laterza 2021).

Negli ultimi anni si è insistito molto sui cosiddetti crimini dei partigiani dopo il 25 aprile: siamo di fronte ad un'operazione verità o ad uso strumentale della storia?

La domanda mi pare retorica: è un uso strumentale. Una guerra civile, ragion di più se conclude vent’anni di dittatura, non termina con il suono del gong: la violenza inerziale è fisiologica, così come lo sono le violenze private, i regolamenti di conti. Il fatto che la storia sia complessa nulla toglie alle ragioni e ai torti dell’una e dell’altra parte: per dirla con Calvino, nel celebre monologo del partigiano Kim, “qua si risolve qualcosa, là ci si ribadisce la catena”. E le stragi di civili le facevano i nazifascisti, mica i partigiani. E non solo in Italia nel 1943-45.

Quando si parla degli errori e orrori del fascismo si fa sempre riferimento alle leggi razziali, all'alleanza con Hitler, alla entrata in guerra. Spesso ci si dimentica del colonialismo, dell'occupazione, dei crimini commessi in Libia e in Africa Orientale: come mai questa storia è ancora così poco conosciuta?

Appunto. Ho fatto la stessa domanda a una scolaresca il 18 gennaio 2023 (ho verificato), e un ragazzo di nome Luca del liceo Carducci di Milano ha risposto senza esitazioni: “Perché erano guerre coloniali?”. Centinaia di migliaia di morti, pratiche genocidarie e stragi mostruose – in Cirenaica, in Etiopia –, repressioni indiscriminate: gli anni Venti e in particolare gli anni Trenta sono l’esibizione della più radicale ferocia oltre i confini europei, mentre la scure calava anche in patria, contro gli oppositori e poi contro gli ebrei. Le leggi razziali furono scritte sulla falsa riga della legislazione coloniale, ricordiamolo sempre. E lo sterminio che travolse l’Europa aveva i suoi prodromi in Africa. 

Che Mussolini abbia fatto anche cose buone è convinzione molto diffusa. C'è qualcosa da salvare del fascismo?

Tutte le presunte “cose buone” di ordinaria circolazione sono bufale di dimensioni elefantiache, polverizzate dal libro di Francesco Filippi Mussolini ha fatto anche cose buone. Le idiozie che continuano a circolare sul fascismo (Bollati Boringhieri 2019). Restano quelle vaghe: come ha dimostrato Paul Corner, però, persino il processo di modernizzazione, tratto comune delle nazioni europee di quel periodo e dunque non una peculiarità dell’Italia fascista, è stato rallentato dal regime. Ma la domanda dev’essere un’altra, credo. Se facciamo finta che le menzogne siano verità, queste presunte “cose buone” potrebbero bilanciare in qualche misura milioni di morti dall’Africa all’Europa, l’annientamento di ogni libertà, vent’anni di dittatura? Questa è una domanda retorica a tutti gli effetti.

Perché in Italia la nostalgia per il fascismo è ancora così diffusa?

Perché lo si conosce poco – e vale per molti – e/o, come dicevo, perché lo si rimpiange, ed è il solito nocciolo duro di qualche centinaia di migliaia di persone assai rumorose e, oggi, parecchio influenti. Si deve continuare a lavorare su chi è in buona fede, e contrastare chi è semplicemente [prefisso]fascista, anche se ricopre ruoli istituzionali. Quelli celebrano i loro leader e omaggiano i loro morti: non stupisce, ma disgusta. 

Il presidente del Senato Ignazio la Russa è di recente finito nella bufera per alcune considerazioni sull'attentato di Via Rasella. Secondo lei, alla luce delle cose dette, è adatto a ricoprire il ruolo di seconda carica dello Stato?

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No, ma non lo era neanche prima.

Ha ancora senso oggi definirsi antifascisti?

Sì, certo. È la prima Festa della Liberazione con i [prefisso]fascisti al governo, perché non dovrebbe esserlo? 

Immagine in anteprima via anpi-deutschland.de

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