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Risvegli

8 Novembre 2011 2 min lettura

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Risvegli

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1 min lettura

È successo alla fine di marzo, il 29, per la precisione, sono svenuta, o per meglio dire collassata, in ufficio e mi sono risvegliata – mi hanno poi detto che ero in coma – dopo 2 giorni, in ospedale.
Avete presente nei film, quando riprendono il risveglio del comatoso dalla sua prospettiva? Uguale.

Visi deformati, voci ovattate, parole intelligibili, bisogno di richiudere gli occhi e tornare a dormire.
Poi capisci che qualcosa non va e pronunci le fatidiche parole: Beh, che c’è? Dove sono?
Qualcuno, credo mia figlia, deve avermi risposto, perché ho chiesto subito quale ospedale e alla risposta “Sei al Malpighi” mi sono sentita sollevata e in salvo. Perché ero al policlinico universitario, il migliore della città (Bologna), nel reparto di Semeiotica, il cui primario è un luminare. Poi sono ripiombata nel sonno.
Al secondo risveglio, un giovane medico, che ho poi scoperto essere un neuropsichiatra, ha tentato di farmi delle domande, per capire se ero in grado di intendere e di volere, ma non ricordo se ho risposto o meno, perché mi sono riaddormentata di botto.
Insomma, sono andata avanti tra lunghi sonni e brevissimi risvegli fino alla domenica, è stato come perdere una settimana o quasi di vita.
Non ho ricordi chiari, solo brevi flash. E non è bello. E non è bello nemmeno accorgersi di avere un braccio, per fortuna il sinistro, gonfio come… un elefante. Infatti, da quel momento, per riderci su – e si fa molta meno fatica a riderci su che a piangerci sopra – viene soprannominato Dumbo, e diventerà noto tra tutto il personale.
Eddie Murphy, anche nei suoi migliori travestimenti, a me mi fa un baffo.
Lia Bencivenni
@valigia blu - riproduzione consigliata

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