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Vi arresteremo! Vi tortureremo! Così smetterete di informare

16 Novembre 2012 6 min lettura

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Vi arresteremo! Vi tortureremo! Così smetterete di informare

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Sattar Beheshti, 35 anni, blogger iraniano, era stato prelevato da casa il 30 ottobre scorso per aver commesso presunti reati informatici. Condotto al carcere di Evin, a nord di Teheran, è stato consegnato alla Fata, la polizia informatica, per subire l'interrogatorio il giorno stesso. Il 3 novembre è morto. Il 6 novembre la famiglia ha ricevuto una telefonata che chiedeva di prelevare il corpo.  Da quando si è diffusa la notizia della sua morte organizzazioni come Amnesty InternationalHuman Rights Watch e Reporter senza frontiere hanno immediatamente chiesto l'apertura di un'indagine approfondita per far luce sulle cause del decesso, sospettando che Sattar Beheshti sia stato sottoposto a torture che potrebbero essere state fatali. Anche l'Unione Europea, il Dipartimento di Stato americano e le Nazioni Unite si sono rivolte alle autorità iraniane affinché conducano un'inchiesta che  determini cosa sia realmente accaduto.

Il 29 ottobre, il giorno precedente al suo arresto, Sattar Beheshti ha scritto il suo ultimo post, tradotto in inglese dall'istituto iraniano di e-learning Tavaana. Qui c'è la versione italiana.

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Da qualche tempo, utilizzando tutti i tipi di misure repressive, incluse la tortura e la minaccia di esecuzione, il regime islamico sta aumentando la pressione sugli attivisti iraniani indipendenti per impedire di esprimere le proprie opinioni sui temi di attualità del paese. Un regime che, quotidianamente, crea ogni tipo di problema. E-mail intimidatorie, controllo dei media on-line e arresti sono il minimo di ciò che il regime fa ogni giorno.

Non più tardi di ieri, gli agenti del regime mi hanno detto che presto mia madre avrebbe dovuto vestirsi a lutto. “Non tieni la bocca chiusa”, mi hanno detto. “Non ne ho bisogno”, ho risposto. “Parli troppo”, hanno obiettato. “Io scrivo solo quello che vedo e che sento”, ho insistito. “Faremo tutto ciò che vogliamo! Faremo comunque quello che ci piace! E tu dovrai smettere con le buone o sarai fermato una volta per tutte, senza responsabilità di nessuno, anonimamente! Senza che nessuno sappia niente di te o di quello che ti sarà accaduto”.

Continuano a dire a me e ad altri come me che “i popoli della Palestina e del Bahrein sono torturati, e non c’è nessuno che ne parli, mentre tu, tu sei un traditore del tuo paese”. Ma io non sono un traditore, quelli come me non sono traditori, non stiamo tradendo il nostro paese, amiamo il nostro paese e la nostra gente e se ci sono traditori quelli siete voi che state tradendo il nostro paese e la nostra gente, non io, non noi.

Telefonate intimidatorie incessanti, giorno e notte. È come se non avessimo alternativa se non quella di chiudere la bocca. Non come traditore, ma come iraniano, dico che non posso mantenere la bocca chiusa di fronte a tutta questa tragedia; sto dicendo che voi, signori, siete quelli che parlano troppo, quelli che, con le stronzate quotidiane, stanno trascinando il paese sempre più verso il disastro, giorno per giorno. Non me ne starò in silenzio, anche se si profila la morte all’orizzonte. Minacce e pericoli, non importa da dove provengano, non sono più efficaci. Non rimarrò in silenzio, non importa dove sono o dove sarò. Voi, signori, voi dovrete chiudere la bocca. Fermate la vostra ingiustizia, così che possa smettere di denunciarla.

Il regime islamico piange la tragedia dei popoli della Palestina, del Bahrein e di altri paesi e lamenta la mancanza di informazioni e di sostegno. Ma non dice una parola su tutta la propaganda dei propri servizi e delle trasmissioni televisive, così altamente professionali: film ed inchieste, tutti concentrati sulla cosiddetta tragedia dei popoli della Palestina e del Bahrein, tutto rivolto al popolo dell’Iran, per fare il lavaggio del cervello alla nostra gente. Così, il regime alimenta forzatamente la gente, per tutto il giorno, con questo materiale di propaganda unilaterale, in modo che i suoi canali televisivi islamici diventino sdolcinatamente disgustosi per tutti.

Ma non dice una sola parola sulle condizioni disastrose in cui versa la nostra gente, né sulla continua violazione dei diritti umani nel nostro paese, l’Iran! Non una parola sugli arresti quotidiani, sugli imprigionamenti, sulle torture e sulle esecuzioni di massa. Per piegare la volontà dei nostri prigionieri politici, li mantengono nelle peggiori condizioni possibili, non solo senza dire una sola parola ai loro avvocati, ma non permettendogli proprio di avere accesso a un avvocato. Non solo lasciano le famiglie completamente all’oscuro su dove siano i loro cari, ma intimano minacce anche a loro, ripetendo che non hanno alcun diritto di parlare dei propri congiunti. Non contenti di impedire la trasmissione di notizie, estendono le loro molestie permanenti minacciando i membri delle famiglie dei prigionieri. Dicono che se non si sottometteranno alla volontà delle autorità e non terranno la bocca chiusa “proseguiranno e arresteranno le loro figlie”. “State zitti! Non dite una parola!”, continuano a urlare contro di loro.

Signori! Potreste dirmi che tipo di leggi sono queste? O dove leggi come queste siano state stabilite? Ditemi dove l’abbiate trovate prima di portarle in dono al popolo dell’Iran. È possibile trovare leggi del genere in qualsiasi altro posto che non sia una dittatura? Credetemi, neanche nei peggiori paesi con regimi dittatoriali si potrebbero trovare leggi così. E anche in paesi del genere, leggi come queste sarebbero state attuate, non in nome di Dio o della religione di Dio, ma in nome del governo.

Perché dovreste arrestare, torturare e giustiziare, e tutte le famiglie rimanere in silenzio? Perché non lasciate il posto che occupate e vi sottoponete ad un governo come il vostro così che possiate assaporare il gusto di cosa significhi essere oggetto di un tale governo? Leggi come le vostre non possono vigere neanche nella giungla. Se siete così certi di quello che state facendo, allora perché fuggite e non siete orgogliosi di ciò che fate? Perché non permettete la libera circolazione delle informazioni sulle vostre azioni, così che gli altri paesi nel mondo possano imparare da voi e dal vostro genere di democrazia? E se siete perfettamente consapevoli di quanto odiosamente mediocri siate e di quanto forte il mondo riderà di voi, allora perché continuate ad essere quello che siete? Perché proseguite a fare ciò che fate? Come mai i vostri reporter e i vostri giornalisti possono andare ovunque vogliano, nel mondo, riportando tutto quello che vogliono, mentre nessun giornalista straniero può venire in Iran e riportare ciò di cui lui o lei è stato testimone in Iran? Rimanere al potere per qualche giorno in più davvero giustifica il perseverare di tanta ingiustizia? La vostra stessa legge ha qualche valore nella vostra coscienza?

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Ora lasciate che vi dica una cosa. Se avete paura della diffusione delle informazioni, o vi dimettete dall’incarico, o smettete di commettere ingiustizie. Non arrestate persone, non torturatele, non massacratele, così non saranno costrette a denunciarvi. In caso contrario, le informazioni e le denunce continueranno e la vostra stessa ingiustizia finirà cadendo a pezzi sulle vostre teste. Informare gli altri delle miserie di qualsiasi essere umano è responsabilità di ciascuno di noi, e se qualcuno non lo fa, lui o lei avrà tradito la propria coscienza. Chiunque ometta di informare gli altri crea, innanzitutto, un problema verso sé stesso. Voi, signori, che intendete mettere a tacere tutti, anche singolarmente, chiunque intenda far sentire la propria voce, non minacciateci più, non c’è più spazio nei nostri cuori per la paura. Né la frusta, né la tortura possono spaventarci o impedirci di informare gli altri.

“Vi arresteremo! Vi tortureremo! Così smetterete di informare gli altri”. Se il vostro slogan è questo, il nostro è quest’altro: “Siamo entrati in questa arena e non cederemo finché non ci saremo liberati dalle catene dell’esistenza o avremo spezzato le catene dell’ingiustizia!”

Viva l’Iran e gli Iraniani! La mia vita per l’Iran!

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