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Trump, Putin e il bluff della pace in Ucraina

24 Ottobre 2025 6 min lettura

Trump, Putin e il bluff della pace in Ucraina

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L’esibito ottimismo di Donald Trump sulla possibilità di porre fine alla guerra in Ucraina, che un anno fa aveva promesso di fermare in appena 24 ore, si è nuovamente infranto contro il muro della realtà.

Il Cremlino ha ancora una volta mostrato di non avere alcuna intenzione di sedersi al tavolo dei negoziati se questi dovessero partire da condizioni che Kyiv e l’Unione Europea, in linea con il diritto internazionale, considerano non negoziabili: il riconoscimento dell’illegalità delle occupazioni russe seguite all’invasione del 24 febbraio 2022. A queste si aggiungono l’annessione illegale della Crimea nel 2014, così come  la guerra ibrida che nello stesso anno portò alla nascita delle autoproclamate repubbliche popolari di Donec’k e Luhans’k, entità mai riconosciute dalla comunità internazionale. Come noto, Mosca occupa oggi circa un quinto del territorio sovrano ucraino, i cui confini sono stati stabiliti nel 1991 e ulteriormente riconosciuti dalla Federazione Russa con il Memorandum di Budapest del 1994.

Per lo scorso giovedì era previsto un vertice tra il Segretario di Stato americano, Marco Rubio, e il Ministro degli Affari Esteri russo, Sergej Lavrov, in preparazione di un incontro tra Vladimir Putin e Trump, annunciato dallo stesso presidente degli Stati Uniti la scorsa settimana, e che avrebbe dovuto tenersi nelle prossime settimane a Budapest. Alla fine, Rubio e Lavrov si sono telefonati lunedì, con la Casa Bianca che ha parlato in modo ambiguo di una chiamata ‘produttiva’ ma che un incontro di persona tra i due non fosse più necessario. Con il significato implicito che un nuovo vertice tra Putin e Trump, dopo quello del 15 agosto in Alaska, fosse congelato.

Nonostante questo dietrofront, però, il primo ministro ungherese, Viktor Orban, ha ribadito che i preparativi per il summit tra Putin e Trump a Budapest stessero continuando, proprio mentre il suo ministro degli Esteri, Péter Szijjártó, era in visita a Washington. Da parte sua, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha dichiarato che l’incontro fra i due presidenti fosse ancora ‘benvenuto’ denunciando una presunta ‘disinformazione’ attorno all’organizzazione.

Nel frattempo, la Russia ha risposto alle evoluzioni diplomatiche con intensi bombardamenti su Kyiv, con sei morti nella capitale ucraina, tra cui un neonato e una bambina di 12 anni. Nello stesso giorno, un drone russo ha colpito in pieno giorno un asilo a Kharkiv, causando un morto e sei feriti. Due giornalisti ucraini, Olena Gubanova del canale Freedom Tv e il cameraman Yevhen Karmazi sono stati uccisi da un drone russo nei pressi di Kramatorsk. Si tratta della collega del canale Freedom Tv Olena Gubanova e del cameraman Yevhen Karmazi: 132 reporter morti dall'inizio del conflitto. I crimini di guerra proseguono quasi nell’inerzia dell’opinione pubblica internazionale.

Non è chiaro se siano stati questi sviluppi ad aver convinto Trump ad annunciare nuove sanzioni nei confronti del settore energetico russo, in particolare contro le due principali compagnie petrolifere Rosneft e Lukoil; un settore che, da solo, compone circa un quarto del prodotto interno russo, rendendo le nuove sanzioni pericolose per la stabilità dell’economia di guerra russa, e definite difatti da Putin un “atto ostile”. Contestualmente, il presidente statunitense ha però confermato la cancellazione dell’incontro con l’omologo russo, “poiché non saremmo arrivati dove volevo arrivare” ha detto, lasciando però aperta la porta per un incontro futuro.

Nonostante abbia di nuovo ribadito il rifiuto di trasferire i missili da crociera americani Tomahawk richiesti da Kyiv, le mosse di Trump si sono rivelate una svolta rispetto all’incontro avvenuto la scorsa settimana con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Un incontro definito 'burrascoso' dal Financial Times, in cui Trump avrebbe sostanzialmente chiesto a Zelensky di accettare le condizioni di Putin spingendo l’Ucraina a una pacificazione forzata con l’aggressore, e che aveva raffreddato le aspettative della delegazione ucraina, convinta di aver trovato, negli scorsi mesi, un rinnovato rapporto di fiducia con l’amministrazione Trump, dopo il disastroso incontro allo Studio Ovale dello scorso 28 febbraio.

L’ennesima svolta di Trump sulle sanzioni al settore energetico russo ha trovato il supporto dell’Unione Europea, che proprio lo scorso giovedì ha approvato il diciannovesimo pacchetto di sanzioni contro Mosca, durante il primo giorno di incontri del Consiglio Europeo.

Non si sono però viste evoluzioni per quanto riguarda il grande tema dello scongelamento dei beni russi, che se sbloccati favorirebbero un prestito da 140 miliardi a Kyiv, utili a rimpinguare il budget ucraino del prossimo anno e l’eventuale ricostruzione del paese. Ciò è successo soprattutto per l’opposizione di paesi come il Belgio, con il primo ministro, Bart de Wever, che ha chiesto la distribuzione del rischio legale della decisione, che metterebbe in difficoltà la stabilità finanziaria dei paesi in cui questi fondi sono più presenti, come appunto il Belgio. Le trattative tra de Wever e gli altri leader dell’UE su questo aspetto non si sono però smosse nella giornata del 23 ottobre.

La questione dei beni russi congelati rimane centrale nel piano proposto dalla ‘coalizione dei volenterosi’ europea, che negli scorsi giorni ha dichiarato di voler supportare la presunta proposta trumpiana di far cessare i combattimenti il prima possibile e congelare la guerra sulle attuali linee di contatto tra i due eserciti, prospettiva definita da Zelensky stesso ‘un buon compromesso’.

Tuttavia, la formulazione sembra suggerire, più che una condivisione, una vera e propria pressione sullo stesso presidente statunitense che, a più riprese,  si è dimostrato ambiguo nelle sue posizioni sull’integrità territoriale ucraina, lasciando talvolta intendere, anche dopo l’ultimo incontro con Zelensky, di essere potenzialmente disposto a cedere alle richieste di Mosca che vorrebbe l’annessione dell’intera oblast’ di Donec’k, senza averne il pieno controllo militare, pur di far terminare la guerra al più presto.

“Le tattiche dilatorie della Russia hanno dimostrato più e più volte che l’Ucraina è l’unica parte realmente impegnata nella pace. È evidente a tutti che Putin continua a scegliere la violenza e la distruzione”, si legge nella dichiarazione firmata dai leader della coalizione dei volenterosi, cioè da Regno Unito, Francia, Germania, Italia, Polonia, Finlandia, Danimarca, Norvegia, Commissione Europea e Consiglio Europeo.

Secondo Bloomberg, questi paesi, insieme a UE e Ucraina, starebbero preparando un piano in 12 punti per il cessate il fuoco in Ucraina, anche traendo spunto dal piano di Trump per Gaza (ad esempio con la composizione di un peace board simile a quello proposto dagli americani per la gestione della Palestina) al fine di conquistare il suo beneplacito.

Ancora una volta, rimangono però non risolti i nodi centrali: garanzie di sicurezza per Kyiv, e, oltre ai beni russi congelati (Zelensky ha dichiarato al Consiglio europeo che questi andrebbero usati per la produzione di armi in Ucraina), un impegno europeo per il progresso dei negoziati di accesso dell’Ucraina nell’Unione. 

“L’Ucraina ha fatto tutto il necessario per aprire i cluster [capitoli tecnici parte del processo di adesione all’UE, nda] nei tempi previsti. Il blocco è artificiale e dobbiamo trovare un modo per andare avanti”, ha detto Zelensky, sempre giovedì. “Invito l’UE a trovare una soluzione per mantenere la sua promessa, così come l’Ucraina sta mantenendo la propria”.

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Tra i vari bluff di Trump e quelli di Mosca, che comincia a intravedere le prime crepe nella sua economia di guerra, si sta assistendo infatti a uno scaricabarile di responsabilità tra i paesi occidentali per sostenere l’Ucraina nel suo sforzo di concludere la guerra, giungendo allo stesso tempo a una pace giusta e sostenibile. Dapprima dalla sostanziale delega degli Stati Uniti trumpiani del sostegno all’Ucraina all’UE e agli alleati NATO; poi all’interno della stessa coalizione dei volenterosi, che non riesce a imporre a una linea comune per le decisioni chiave, appellandosi alla regola dell’unanimità e al sabotaggio prima di Ungheria e Slovacchia per quanto riguardo l’accesso all’UE, ora anche di Belgio per i beni russi congelati e di paesi come l’Austria, che hanno chiesto un alleggerimento delle sanzioni per salvaguardare i propri interessi economici. 

L’egoismo dei singoli paesi e la mancanza di coraggio nelle decisioni collettive dell’Europa potrebbero far pagare un caro prezzo a Kyiv, indebolendo la sua posizione a un tavolo delle trattative quanto mai traballante, mentre l’esercito russo continua ogni giorno a uccidere gli ucraini, oltre a distruggere le città e infrastrutture del paese alla vigilia del quarto inverno di guerra su larga scala.

Immagine in anteprima: frame video NBC News via YouTube

3 Commenti
  1. R

    Non solo Zelensky non può fidarsi delle garanzie del presidente Trump neppure il Cremlino o l'Europa può. Si perde tempo a inseguire un cessate il fuoco l'unico modo è una sconfitta militare strategica della Federazione Russa e il suo successivo disarmo e frazionamento. Sembrano le parole di un invasato, certo, ma l'alternativa non è la sconfitta dell'Ucraina. L'alternativa è la fine del progetto Europeo perché la Russia non si fermerá. La Russia è in guerra con noi ed è ormai evidenziato da continui sconfinamenti di droni aerei sabotaggi e campagne di disinformazione. La Russia è il nemico. Mi ricordo prima del 2014 quando compiva sistematiche violazioni come quelle elencate sopra sui cieli ucraini e io mi chiedevo se ci sarebbe stata una guerra. Il nemico è la e bisogna aprire gli occhi e sconfiggerlo altrimenti sarà la fine di tutti i paesi europei. Chi non ci crede avrà la cortesia di fare almeno un esempio nella storia di un caso in cui cedendo alle richieste di un regime reazionario imperialista guerrafondaio e sanguinario sia scoppiata la pace e non un conflitto più grande.

    • R

      Per sconfiggere Mosca non ci vuole in verità molto. 1) Bisogna stabilire che l'obbiettivo è la sconfitta militare e strategica della federazione russa. non aiutare Kyiv a resistere ma aiutarla a vincere e a riprendere i suoi territori e idealmente anche una bella fetta di Russia. 2) Mosca non può sostenere un secondo fronte. La nato potrebbe passeggiare fino a Mosca e San Pietroburgo attualmente. 3) dici tu le atomiche? ma ci sono diversi problemi tra cui spicca che mentre l'Occidente deve solo mettere a segno 5 o 6 colpi per cancellare la Russia dalla storia in quanto le città russe maggiori quelle sono, loro avrebbero bisogno di usare migliaia di missili. E non c'è li hanno. Hanno già perso. Ma nei fatti tutto questo non serve perché il regime può essere fatto crollare senza usare missili atomici o eserciti regolati. Basta rendersi conto che i russi sono deboli e stanno vincendo solo su internet e nelle immaginazioni dei propri coloni in Europa

  2. Valerio

    E come pensi di sconfiggerlo?

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