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Sudan, centinaia di vittime dopo la ripresa del conflitto. Perché si combatte e qual è la posta in gioco nella regione

17 Aprile 2023 6 min lettura

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Sudan, centinaia di vittime dopo la ripresa del conflitto. Perché si combatte e qual è la posta in gioco nella regione

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Sudan, accordo tra le parti in guerra per un ulteriore cessate il fuoco di 3 giorni. Tre modi in cui il conflitto potrebbe svilupparsi

Aggiornamento 28 aprile 2023: Le Forze Armate Sudanesi (SAF) e le Forze di Supporto Rapido (RSF) hanno annunciato un ulteriore cessate il fuoco di tre giorni. Tuttavia, le due parti si sono scambiate accuse di attacchi condotti contro le loro posizioni in diverse aree della capitale, Khartoum. L'esercito sudanese ha accusato l'RSF di aver bombardato l'area del Comando Generale, le strutture circostanti, le istituzioni civili e le aree residenziali, causando vittime tra i civili. La RSF ha invece affermato di aver respinto un attacco delle forze dell'esercito sudanese alle sue postazioni nella zona di Kafori, a Khartoum. Nonostante la tregua, sono in pochi a credere che il cessate il fuoco possa portare alla fine del conflitto. Un articolo della BBC individua tre possibili sviluppi.

a) Una rapida vittoria militare

Sembra improbabile, poiché entrambe le parti hanno vantaggi che le favoriscono nelle diverse fasi del conflitto. Secondo l'analista indipendente Jonas Horner, entrambe le parti possono anche ricorrere all'aiuto di sostenitori esterni, che potrebbero contribuire a prolungare i combattimenti. Si pensa che l'esercito abbia il pieno appoggio della potenza regionale dell'Egitto, anche se ufficialmente il vicino settentrionale è rimasto neutrale. L'RSF, invece, ha dalla sua parte gli Emirati Arabi Uniti (EAU), il gruppo mercenario russo Wagner e altre milizie regionali.

b) Un conflitto prolungato

Il conflitto potrebbe evolversi in molti modi, nessuno dei quali positivo per il popolo sudanese. “Ha sicuramente tutti gli elementi per diventare una guerra civile prolungata”, pensa Mohanad Hashim della BBC, anch'egli sudanese. “Prima dell'inizio della guerra, abbiamo visto sia Hemedti che il generale Burhan fomentare le divisioni etniche, rivolgendosi ai propri collegi elettorali", prosegue Hashim.

“Potremmo assistere a uno scenario in cui l'RSF, avendo reclutato persone in parti emarginate del paese, cerca di presentarsi come una figura in grado di unificare le aree rurali”, afferma Ahmed Soliman del think tank Chatham House.

Questo potrebbe dividere il paese, con l'RSF che si sposterebbe “verso le sue terre d'origine del Darfur per cercare di rifornirsi e mobilitare più combattenti”.

c) Un accordo di pace

I diplomatici stanno cercando di convincere i due generali a prolungare il cessate il fuoco, ma nessuno pensa che i colloqui di pace possano iniziare a breve. C'è anche la questione di cosa potrebbe essere accettabile per la popolazione.

“C'è ancora uno spiraglio per i colloqui di pace. La sfida è che non c'è la volontà di una de-escalation da entrambe le parti. E purtroppo l'attenzione diplomatica a breve termine rimane concentrata su ciò che vogliono i due generali, a scapito delle ambizioni democratiche dei civili”, spiega Soliman di Chatham House.

Tuttavia, in molti temono che se i colloqui di pace non inizieranno presto - come si sta proponendo di fare nel vicino Sud Sudan - il conflitto potrebbe frammentarsi rendendo più difficile trovare una soluzione.

Dopo un breve cessate il fuoco per consentire a chi era rimasto bloccato nel palazzo presidenziale, nei pressi del comando generale dell'esercito, di poter fuggire e alcuni soccorsi, sono ripresi i combattimenti in Sudan, non limitandosi alla capitale Karthoum. 

Gli scontri, iniziati il 15 aprile, tra l'esercito sudanese e le forze paramilitari della Rapid Support Forces (RSF), sono i primi da quando le fazioni rivali hanno unito le forze per destituire il Presidente del Sudan Omar al-Bashir nel 2019 e sono state scatenate da un mancato accordo sull'integrazione della RSF nell'esercito come parte di una transizione verso un governo civile. La RSF era stata fondata proprio da Bashir per reprimere una ribellione nel Darfur iniziata più di 20 anni fa a causa dell'emarginazione politica ed economica della popolazione locale da parte del governo centrale del Sudan. 

Le ostilità sono scoppiate dopo settimane di lotte di potere tra il capo dell'esercito Abdel Fattah al-Burhan e il suo vice, Mohamed Hamdan Dagalo, noto anche come Hemedti, a guida della RSF. Ognuno dei due ha accusato l'altro di aver dato inizio agli scontri. 

Un tempo stretto alleato di Bashir e comandante militare a capo delle sue campagne criminali in Darfur, Burhan ha presieduto il Consiglio militare di transizione, un organismo istituito per supervisionare la transizione del Sudan verso un regime democratico, dopo cambio di potere del 2019. Tuttavia, con l'avvicinarsi della scadenza per il passaggio di consegne all’amministrazione civile, nell'ottobre 2021 Burhan ha messo in atto un colpo di Stato, rovesciando il Primo Ministro civile Abdalla Hamdok e mettendo a repentaglio la transizione democratica del paese.

Anche Hemedti ha goduto di una forte posizione di potere sotto il governo di Bashir. Proveniente da una famiglia di pastori di cammelli lontani dalla capitale, Hemedti ha scalato i ranghi fino a diventare il leader delle milizie, poi diventate RSF. Come Burhan, anche Hemedti ha avuto un ruolo nella transizione fino al colpo di Stato del 2021. 

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Le cause dietro gli scontri sono diverse. A dicembre 2022, in seguito anche a forti pressioni internazionali, era stato raggiunto un accordo che avrebbe portato a un’amministrazione civile in cambio di aiuti economici della comunità internazionale. Una delle condizioni era appunto lo scioglimento e l’integrazione della RSF nell’esercito sotto un unico comando. Hemedti si è opposto temendo di perdere potere. 

I civili avevano chiesto anche che l’esercito rinunciasse alle partecipazioni nell’agricoltura, nel commercio e in altre industrie, che rappresentavano “una fonte di potere cruciale”, riporta il Guardian. Infine, i civili chiedono giustizia per le accuse di crimini di guerra da parte dell'esercito e dei suoi alleati nel conflitto in Darfur dal 2003. La Corte penale internazionale sta cercando di processare Bashir e altri sudanesi sospettati.

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La RSF ha affermato di aver conquistato il palazzo presidenziale, l'aeroporto di Khartoum e altri luoghi strategici, ma l'esercito ha ribadito di avere ancora il controllo. Secondo quanto riportato dalla Reuters, raid aerei dell'esercito hanno colpito le basi della RSF a Omdurman, la città gemella di Khartoum dall'altra parte del Nilo, e nei distretti di Kafouri e Sharg En Nile dell'adiacente Bahri. Combattimenti sono scoppiati anche nella regione occidentale del Darfur e nello Stato di Kassala, al confine orientale, dove un testimone ha detto che l'esercito ha sparato con l'artiglieria contro un campo della RSF.

Le vittime sarebbero almeno cento. L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha comunicato che “molti dei nove ospedali di Khartoum che ricevono i civili feriti hanno esaurito il sangue, le attrezzature per le trasfusioni, i fluidi endovenosi e altre forniture vitali”.

Le Nazioni Unite hanno dichiarato che tre dipendenti del World Food Programme sono stati uccisi sabato in scontri nel Darfur settentrionale e hanno annunciato un "arresto temporaneo di tutte le operazioni in Sudan".

Dopo la loro morte e quella di altri civili, il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha chiesto “giustizia senza ritardi”. In precedenza aveva avvertito che un'escalation dei combattimenti avrebbe “ulteriormente aggravato la già precaria situazione umanitaria”.

Secondo le Nazioni Unite, un terzo della popolazione sudanese ha bisogno di aiuti umanitari. Appelli per porre fine ai combattimenti sono giunti da tutta la regione e dal mondo intero, compresi Stati Uniti, Regno Unito, Cina, Unione Europea e Russia, mentre Papa Francesco ha dichiarato di seguire gli eventi “con preoccupazione” e ha esortato al dialogo. Anche l'Unione Africana ha dichiarato che un alto funzionario si recherà "immediatamente" in Sudan per una missione di cessate il fuoco.

L’Autorità intergovernativa regionale per lo sviluppo (IGAD) ha chiesto “un'azione decisiva sulla crisi in Sudan”, ha lanciato un appello per una “cessazione immediata delle ostilità tra le parti in conflitto” e ha dichiarato di voler inviare al più presto a Khartoum i presidenti di Kenya, Sud Sudan e Gibuti per riconciliare i gruppi in conflitto. “Il Sudan è fondamentale per la stabilità sociale ed economica della regione”, ha dichiarato William Ruto, presidente del Kenya.

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Il Sudan si trova in una regione instabile. Molti dei paesi vicini - tra cui l'Etiopia, il Ciad e il Sud Sudan - sono stati colpiti da sconvolgimenti politici e conflitti, e le relazioni del Sudan con l'Etiopia, in particolare, sono state tese per questioni che includono terreni agricoli contesi lungo il loro confine. Sono in gioco anche importanti questioni di carattere geopolitico, con Russia, Stati Uniti, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e altre potenze che si contendono l'influenza in Sudan.

I sauditi e gli Emirati Arabi Uniti hanno visto nella transizione del Sudan un'opportunità per contrastare l'influenza islamista nella regione. Insieme a Stati Uniti e Gran Bretagna, formano il "Quadrilatero", che ha sponsorizzato la mediazione in Sudan insieme alle Nazioni Unite e all'Unione Africana. Le potenze occidentali temono la possibilità di una base russa sul Mar Rosso, alla quale i leader militari sudanesi hanno espresso la loro disponibilità.

Immagine in anteprima: frame video Guardian

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