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Elezioni spagnole: perché la vittoria della destra alle amministrative ha costretto il premier socialista Pedro Sánchez al voto anticipato

1 Giugno 2023 5 min lettura

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Elezioni spagnole: perché la vittoria della destra alle amministrative ha costretto il premier socialista Pedro Sánchez al voto anticipato

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di Juan Luis Manfredi

Le elezioni locali e regionali del 28 maggio hanno sconvolto il quadro politico spagnolo. Il Partido Popular, partito di destra, ha ottenuto la maggior parte dei voti e ora ha il maggior numero di seggi nei governi locali e regionali.

I socialisti del PSOE sono riusciti a mantenere solo due governi regionali; in Navarra dovranno stringere un patto con il partito nazionalista basco di sinistra EH Bildu per rimanere al potere. Questa debacle segna l'inizio di una nuova epoca. Solo tre città delle 20 più popolate hanno ora un sindaco socialista. In un colpo solo, il partito socialista ha perso circa il 70% del potere locale e regionale che aveva.

Di fronte alla terribile sconfitta subita dal suo partito, il presidente Pedro Sánchez ha anticipato al 23 luglio le elezioni generali che avrebbero dovuto svolgersi a novembre o dicembre. La mossa deriva da un misto di audacia e dalla sensazione che il voto nazionale sia la sua unica possibilità di mantenere il potere.

L'obiettivo di Sánchez è riconquistare l'iniziativa, forzando un plebiscito sul suo mandato e dimostrando di avere ancora la fiducia dei cittadini.

Identità nazionale

Identità e nazionalismo hanno assunto un ruolo importante in quelle che dovevano essere elezioni su questioni locali. In particolare, durante l'ultima settimana di campagna elettorale, le questioni nazionali hanno dominato il discorso. Un'associazione di vittime del terrorismo (Covite) ha denunciato che 44 candidati dell'EH Bildu appartenevano al gruppo terroristico dell’ETA, e che sette di loro erano stati condannati per crimini violenti. Le campagne dei partiti di destra si sono poi trasformate in una denuncia dei patti tra il governo centrale e l'EH Bildu, con l'accusa ai socialisti di "associarsi all'ETA".

Il Partido Popular ha costruito una retorica incentrata sull'essere l'unico partito che difende la Costituzione e l'unione del paese. La sua interpretazione costituzionale è conservatrice, ma il messaggio funziona. I suoi elettori sono i più fedeli dell'elettorato spagnolo e la sua aspirazione a occupare il centrodestra si è consolidata.

Il partito, presieduto da Alberto Núñez Feijóo, ha assorbito i principali elettori di Ciudadanos, la start-up politica catalana che ha avuto un successo fenomenale quando è salita alla ribalta nazionale nel 2015, ma che ora è già quasi scomparsa. I loro voti sono stati trasferiti al PP, che ha incassato anche il 10% dei socialisti conservatori stanchi della leadership di Sánchez e dei suoi accordi con i nazionalisti baschi e catalani.

Nel frattempo, i successi elettorali del partito di estrema destra Vox ne fanno il terzo partito delle amministrazioni locali. Il suo sostegno sarà essenziale per approvare i bilanci e far passare le iniziative legislative. Il suo impatto reale sulle politiche pubbliche è minore, ma ha una forza simbolica. La posizione di Vox sulle questioni di genere, sui programmi scolastici e una certa nostalgia per il passato guidano un discorso nazional-populista in linea con altri partiti europei, come ad esempio Diritto e Giustizia in Polonia, Fratelli d'Italia, Soluzione Greca, il Partito Civico Democratico nella Repubblica Ceca e il Partito dei Finlandesi.

A sinistra, la questione nazionalista è marginale. Nei Paesi Baschi, il sostegno all'EH Bildu è aumentato, mentre il PNV conservatore ha perso trazione. In Catalogna, il partito nazionalista di sinistra ERC è passato dalla prima alla terza forza politica, dietro ai socialisti e ai nazionalisti di destra di Junts per Catalunya (Insieme per la Catalogna). In Galizia, i popolari e socialisti si sono divisi le principali città.

Leadership politica

Pedro Sánchez è alla guida sulla base della sua personalità e del suo carisma, presentandosi come una sorta di supereroe democratico, con una forte presenza mediatica e istituzionale. Il leader dei socialisti fonde il suo status di presidente con quello di candidato in una campagna elettorale permanente. È riuscito a rafforzare la sua immagine internazionale con buone performance in Europa e visite occasionali a Washington e Pechino.

Ci sono dubbi, tuttavia, che questa immagine esterna possa portagli voti.

Tutto ciò deve ora passare in secondo piano, mentre cerca di riconquistare il sostegno popolare in patria e il controllo sul suo stesso partito, dove cresce il numero di voci discordanti e diminuisce il potere locale.

Yolanda Díaz, attuale vicepresidente, ha formato un nuovo partito, Sumar, che si è già registrato come candidato alle elezioni. Cerca di unire tutte le forze a sinistra del PSOE e di ottenere così più voti e più rappresentanza.

Ma c'è poco tempo per Sumar per stabilire una strategia che possa trasformare un movimento sociale in un'entità politica con rappresentanza nelle province. Per il momento, le sue scommesse elettorali per le elezioni comunali e regionali non hanno avuto molto successo e Podemos, il partito che un tempo governava in coalizione con il PSOE, è andato a picco.

Nel frattempo, Alberto Núñez Feijoo, del Partito Popolare Spagnolo, propugna una leadership all'insegna della pacatezza. Nella sua campagna elettorale, si affiderà all'esperienza maturata nel governare la Galizia. Concentrandosi sull'aumento del costo della vita, della disoccupazione e dell'inflazione, rafforzerà un'agenda filoclericale ma pratica.

Plebiscito

Per la campagna nazionale, Sánchez sta basando il suo mandato sulla retorica di un leader contro il mondo.

Sánchez trionfa quando si oppone ai suoi - si è dimesso da leader dei socialisti nel 2016 in seguito a disaccordi pubblici con l'esecutivo del partito ed è stato nuovamente rieletto un anno dopo, nel 2017 - ma non è chiaro se la sua strategia vincerà le elezioni. Ha perso tre deputati nelle elezioni di ballottaggio del 2019 e ora ha perso terreno in molte regioni. In Catalogna, il suo consenso sta crescendo, ma i seggi che porta alle elezioni generali non sono sufficienti.

In questa situazione, l'unica possibilità per Sánchez è quella di avvicinarsi il più possibile agli attuali 120 seggi parlamentari. Non può farlo da solo e ha bisogno del sostegno del resto dei partiti di sinistra. La strategia elettorale consiste nel fermare lo spostamento dell'elettorato verso destra, nell'offrire un contrappeso istituzionale e nell'unificare il voto in un unico blocco.

La sua idea è corretta, ma potrebbe non bastare. I governi di Sánchez hanno funzionato perché sono stati in grado di incorporare le sensibilità nelle divisioni dell'identità (nazionalismo) e della politica sociale (sinistra). Nessuna di queste forze sembra attualmente in crescita.

Il sanchismo sta mostrando segni di esaurimento. Potrebbe essere in grado di mantenere un numero ragionevole di seggi, ma - senza i suoi sostenitori tradizionali -  potrebbe già essere giunto al capolinea.

La politica spagnola è in fase di transizione. Non possiamo anticipare l'esito delle elezioni e non è consigliabile estrapolare i risultati comunali come un blocco unico. L'esperienza dimostra inoltre che il voto locale non corrisponde alle elezioni generali, ma varia in modo significativo.

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Sebbene le elezioni locali non dovessero essere un plebiscito sul governo nazionale, il prossimo 23 luglio sembra essere la replica di un'elezione generale il cui primo turno si è svolto lo scorso fine settimana.

Juan Luis Manfredi è professore emerito alla Georgetown University e professore associato all'Università di Castiglia-La Mancia.

Questo articolo è una traduzione dell'originale pubblicato in inglese su The Conversation con licenza Creative Commons.

Immagine in anteprima via flickr.com

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