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Riscaldamento globale: siamo vicini al punto di non ritorno?

20 Gennaio 2015 5 min lettura

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Riscaldamento globale: siamo vicini al punto di non ritorno?

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3 min lettura

di Emanuele Del Rosso 

Il nostro pianeta è sempre più caldo. Il 2014 ha fatto segnare le temperature più alte mai registrate, con un incremento medio di 0,57 gradi centigradi, secondo i dati dell’Amministrazione Nazionale Oceanica ed Atmosferica (NOAA). Le aree più colpite dal global warming sono state Europa, Asia e parte della zona artica. In generale comunque, a parte alcune eccezioni, l’intero pianeta è febbricitante.

Eppure, a dispetto delle recenti promesse e prese di posizione, quel che stiamo facendo potrebbe non essere abbastanza – e potrebbe comunque essere già tardi.

via Mother Jones

Se ne sentono tante sul clima, e qualcuno ci scherza anche sopra. In fondo, a chi non piacciono le primavere temperate e gli inverni miti?

C’è poco da ridere, però, secondo la maggioranza degli esperti. Anche quelli della NASA, l’agenzia aerospaziale americana, si sono fatti scuri in volto. Gli ultimi studi condotti posizionano gli anni dal 2000 ad oggi tra i più caldi di sempre. I grafici di NOAA e NASA, quando sovrapposti, praticamente coincidono:

via Mother Jones

La situazione sembra davvero drammatica. E tocca a noi risolvere il problema. Sì, perché è altamente probabile che sia colpa nostra se la terra scotta.

Per capirlo basta dare un’occhiata a studi di lungo periodo come questo, che ci mostrano come il riscaldamento globale sia antropogenico. Infatti, se smettessimo di produrre gas serra nell’atmosfera, il pianeta probabilmente si raffredderebbe.

via Mother Jones

Bisogna agire in fretta, quindi. Certo, nel 2014 non siamo stati con le mani in mano. Lo scorso anno, infatti, è stato florido di eventi organizzati per far sì che i governi mondiali prendessero coscienza della situazione, e si proponessero nuove azioni a riguardo. Un impegno che è culminato con la Ventesima Conferenza delle Parti dell’UNFCCC, tenutasi a Lima dall’1 al 12 dicembre, dalla quale è nata la prima bozza di un accordo per fermare il riscaldamento globale.

Eppure, il rischio è che questo non basti.

Alcuni giorni prima di Natale ho parlato del problema con il Professor Christiaan Both, esperto di cambiamenti climatici e docente all’Università di Groningen (Paesi Bassi). Questo è un estratto – tradotto dall’inglese – della mia intervista.

Professor Both, quanto siamo vicini al punto di non ritorno?

L’idea è che se superassimo i 2 gradi centigradi di incremento nella temperatura globale, potremmo scatenare una serie di effetti a catena. Il permafrost nella Tundra si scioglierebbe e ci sarebbe un rilascio di gas CH4 [metano], che è un gas serra molto più potente dell’anidride carbonica. Potremmo rapidamente raggiungere un incremento di 6 gradi centigradi, e ciò sarebbe devastante per moltissimi ecosistemi della Terra, e anche per la specie umana.

I leader mondiali troveranno mai un accordo?

A mio parere lo faranno soltanto quando la situazione sarà davvero disastrosa. Personalmente, ho paura che sia già troppo tardi per intervenire.

Con il Professor Both ho discusso anche delle giornate di Lima dello scorso dicembre. Both si è detto scettico riguardo alla reale utilità pratica di quello che, ai più, è sembrato un summit ideato per dare alla popolazione mondiale l’impressione che ogni Paese stia lavorando per fermare i cambiamenti climatici.

Gli accordi di Lima sono stati firmati da tutti gli Stati partecipanti, circa 200. Un evento singolare, dato che la storia ci insegna che, quando si parla di ridurre le emissioni di gas serra, quasi tutti i leader fanno spallucce o si guardano attorno inebetiti.

E infatti, pare che ci sia una ragione specifica per questa incredibile buona volontà. Il fatto che nessuno è obbligato a fare niente di specifico, come si legge dal testo uscito dalle negoziazioni (tradotto da me, qui la versione integrale in inglese):

La conferenza delle Parti,

decide che il protocollo […] deve riguardare nei modi congrui, tra cui, mitigamenti, adattamenti, finanze, sviluppo tecnologico e capacità di costruzione, e trasparenza di azione e di supporto;

Gli Stati membri hanno fissato una scadenza per il 31 marzo, giorno in cui ogni stato che abbia firmato gli accordi dovrà impegnarsi in “specifici tagli ai gas serra” attraverso “apporti determinati in maniera nazionale” alla luce “di differenti circostanze nazionali”.

Per quanto sia forse comprensibile che non tutti possano sostenere lo stesso livello di tagli alle emissioni, quello che si dice negli accordi di Lima è che ciascuno è autorizzato a decidere per se stesso – è difficile non cedere allo scetticismo e aspettarsi soltanto piccoli sforzi.

Questa libertà d’azione potrebbe essere il motivo per cui più di 200 paesi hanno ratificato la carta.

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Ad ogni modo, l’UNFCCC ha pubblicato una tabella di marcia per il 2015, tabella che porterà agli “Accordi di Parigi”:

Il passo più importante sarà fatto il primo di novembre. Quel giorno si calcolerà la reale portata degli attesi “ambiziosi impegni nazionali” – come il Segretario Generale dell’ONU, Ban Ki Moon, li ha definiti. Allora sapremo quanti hanno deciso, per conto loro, di fare il primo reale passo per fermare i cambiamenti climatici.

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