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Il rapporto del governo UK che nega il razzismo sistemico e ‘glorifica’ la tratta degli schiavi in nome di una nuova storia da raccontare

11 Aprile 2021 13 min lettura

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Il rapporto del governo UK che nega il razzismo sistemico e ‘glorifica’ la tratta degli schiavi in nome di una nuova storia da raccontare

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Per gli esperti delle Nazioni Unite il rapporto UK sulle discriminazioni razziali cerca di normalizzare il suprematismo bianco

Aggiornamento 20 aprile 2021: Botta e risposta tra il gruppo di lavoro di esperti dell'ONU sulle persone di origine africana (WGEPAD) e un portavoce del primo ministro britannico Boris Johnson sul rapporto commissionato dal governo sulle discriminazioni razziali nel paese pubblicato alla fine del mese scorso.

“È sbalorditivo leggere nel 2021 un rapporto su razza ed etnia che riconfeziona retoriche e stereotipi razzisti, distorcendo dati e usando erroneamente statistiche e studi per giungere a conclusioni infondate e attacchi ad hominem contro persone di origine africana”, hanno dichiarato i cinque membri che compongono l'organismo delle Nazioni Unite, aggiungendo che lo studio non ha fornito alcuna prova convincente che non esista il razzismo sistemico nel Regno Unito.

Gli esperti hanno inoltre evidenziato l'attenzione riservata dal rapporto alla struttura familiare come elemento per spiegare le disparità razziali, descrivendola come “un tentativo mal riuscito di rifiutare la realtà vissuta dalle persone di origine africana e da altre minoranze etniche”.

Duro il commento sul riferimento alla schiavitù contenuto nel documento, ritenuto un tentativo di ripulire il passato, che tante critiche aveva sollevato e a cui la Commissione aveva risposto con una dichiarazione rilasciata due giorni dopo la pubblicazione del rapporto, affermando che lo studio “sostiene semplicemente che di fronte alla disumanità della schiavitù, il popolo africano ha preservato la propria umanità e cultura”.

“Questo tentativo di normalizzare il suprematismo bianco nonostante ricerche autorevoli e prove tangibili del razzismo istituzionale è un tentativo sfortunato di eludere l'opportunità di riconoscere le atrocità del passato e il contributo di tutti per andare avanti”, si legge nella dichiarazione del gruppo di lavoro che non ha mancato di sottolineare come siano stati omessi riferimenti a rapporti e analisi precedenti come quella svolta dal WGEPAD nel 2012, le osservazioni conclusive del 2016 del Comitato per l'eliminazione della discriminazione razziale e il documento della Relatrice speciale delle Nazioni Unite, Tendayi Achiume, sulle forme contemporanee di razzismo, all'indomani della sua visita nel Regno Unito nel 2018, che concludeva che “la dura realtà è che razza, etnia, religione, genere, disabilità e categorie correlate continuano a determinare le possibilità di vita e il benessere delle persone in Gran Bretagna in modi inaccettabili e in molti casi illegali”.

Per un portavoce del primo ministro l'organismo delle Nazioni Unite ha travisato i risultati della Commissione.

«La nostra opinione è che questa dichiarazione [delle Nazioni Unite] travisi i risultati. Continuiamo ad essere orgogliosi della lunga storia del Regno Unito nel sostenere i diritti umani e incoraggiamo tutti a leggere integralmente il rapporto originale. Questo rapporto non giustifica in alcun modo il comportamento razzista sottolineando che razzismo e disuguaglianza sono ancora presenti nel nostro paese», ha rilevato.

IL WGEPAD ha infine invitato il governo britannico a respingere le risultanze del rapporto, esortandolo a garantire una “riflessione accurata dei fatti storici”, aggiungendo che “distorsione e falsificazione dei fatti possono legittimare un ulteriore razzismo, la promozione di stereotipi razziali negativi e la discriminazione razziale”.

Un portavoce della Commissione che ha curato il rapporto ha espresso la propria delusione ritenendo che il gruppo di lavoro di esperti sulle persone di origine africana abbia travisato grossolanamente i risultati in quella che è sembrata più una risposta alla copertura negativa della stampa che alla sostanza del contenuto.

La scorsa settimana il governo del Regno Unito ha pubblicato un rapporto di 258 pagine redatto da una Commissione indipendente istituita da Downing Street per indagare sulle discriminazioni razziali nel paese a seguito delle proteste del movimento Black Lives Matter che si sono diffuse nell'estate del 2020 anche in Gran Bretagna dopo l'omicidio dell’afroamericano George Floyd per mano della polizia statunitense a Minneapolis, in Minnesota.

Nel documento – la cui pubblicazione è stata più volte rimandata – i membri della commissione sostengono – pur riconoscendo che razzismo e ingiustizia razziale esistono – di non vedere più “una Gran Bretagna in cui il sistema sia deliberatamente manipolato contro le minoranze etniche” rilevando, invece, come aspetti geografici, familiari, socio-economici, culturali e religiosi abbiano avuto un impatto maggiore e migliore sulle loro condizioni di vita.

Tra i cambiamenti positivi che il rapporto rileva ci sono l'aumento dell'eterogeneità in alcune professioni che richiedono ampie conoscenze professionali, la diminuzione del divario retributivo tra lavoratori bianchi e minoranze etniche (sceso al 2,3%, il livello più basso negli ultimi dieci anni) e i buoni risultati ottenuti nel campo dell'istruzione obbligatoria dagli studenti di varie comunità etniche che hanno un rendimento pari o migliore a quello degli alunni bianchi.

Quest'ultima analisi, però, è in netto contrasto con un'indagine svolta dal Guardian su razza e istruzione nel Regno Unito che ha rivelato che negli ultimi cinque anni sono stati registrati più di 60.000 incidenti razzisti nelle scuole e tassi di esclusione più elevati per gli allievi di alcune minoranze.

Lo studio – che riconosce al Regno Unito di essere “un modello” di integrazione e di inclusione delle comunità nere, un esempio da seguire per i paesi con maggioranza di popolazione bianca – perviene alla conclusione che “un certo ottimismo è giustificato” e che “troppe persone nei movimenti progressisti e antirazzisti sembrano riluttanti a riconoscere i risultati passati”, apparentemente non considerando che la maggior parte del movimento Black Lives Matters è composta da membri di età giovane, poco inclini ad accettare di buon grado una tesi secondo cui solo perché c'è meno razzismo rispetto a quaranta anni fa il problema non debba essere percepito oggi come urgente e grave.

Nel documento sono incluse 24 raccomandazioni rivolte al governo tra le quali il finanziamento della Commissione per l'uguaglianza e i diritti umani, una formazione più accurata per gli agenti di polizia e l'inserimento del requisito di residenza locale per il reclutamento, la creazione di un ufficio per le disuguaglianze nel settore della sanità, l'accesso all'apprendistato, l'insegnamento di un “percorso formativo inclusivo” e la fine dell'utilizzo dell'acronimo BAME usato per indicare le comunità nere, quelle asiatiche e le minoranze etniche.

Respingendo, quindi, le argomentazioni di Black Lives Matter, il rapporto afferma che “l'idealismo” dei “giovani ben intenzionati” del movimento, la cui narrazione afferma che nulla è cambiato in meglio, finirà per alienare gli elementi ad oggi comuni a tutte le etnie.

Gli attivisti per i diritti umani hanno chiesto al primo ministro Boris Johnson di ritirare il rapporto e di seguire le raccomandazioni indicate da studi precedenti. Vari gruppi, tra cui Black Lives Matter UK, hanno dichiarato che il documento ha "provocato l'indignazione nazionale".

In una lettera aperta indirizzata a Johnson più organizzazioni hanno evidenziato come il rapporto "cancella le sfide quotidiane affrontate dalle comunità nere e minoritarie" senza riconoscerne i diritti e l'impatto negativo delle politiche in determinati contesti tutt'oggi ostili.

Nei giorni precedenti alla pubblicazione del rapporto – ampiamente condannato da parlamentari, sindacalisti e attivisti per l'uguaglianza dei diritti e considerato “divisivo” e “un'opportunità mancata per un vero cambiamento sistemico” – già circolavano voci che sarebbe stata respinta del tutto l'idea di “razzismo istituzionale”.

Gli autori della ricerca sostengono che un uso eccessivo di questa espressione, quando non ci siano prove di un pregiudizio istituzionale in quel contesto, abbia finito per “diluire la sua credibilità”. Laddove tali affermazioni vengono fatte – suggerisce il rapporto – vanno sempre dimostrate, tralasciando però difficoltà e ostacoli nel riuscire a raggiungere questo obiettivo.

Nella prefazione del rapporto il presidente della commissione, il consulente educativo Tony Sewell, ha rilevato come alcune comunità siano ossessionate dal razzismo storico esistendo una “riluttanza a riconoscere che il Regno Unito sia diventato più aperto e più equo”.

Simon Woolley – che ha ricoperto la carica di capo del Gruppo consultivo sulle disuguaglianze razziali di Downing Street fino all'estate scorsa – ha criticato duramente la Commissione per aver mancato di rispetto e non aver tenuto conto delle esperienze vissute dalle persone.

«Se neghi la disuguaglianza razziale strutturale, non hai capito niente e questo di per sé è un problema enorme. Il razzismo strutturale esisteva prima della COVID-19 di e Black Lives Matter in tutte le aree e a tutti i livelli della nostra società. Ci sono disuguaglianze scioccanti ed effetti devastanti nei campi della salute, dell'istruzione e dell'alloggio. Ecco perché abbiamo istituito un Gruppo sulla razza e sulle disuguaglianze», ha detto Woolley.

«La COVID-19 ha messo a nudo queste disuguaglianze strutturali e le ha peggiorate. [I membri delle comunità BAME] Muoiono in numero maggiore, si ammalano gravemente in numero superiore e perdono il lavoro. Quindi non solo negarlo ma addirittura dire: “Di cosa ti lamenti? Viviamo in una società che è molto meglio di quanto fosse cento anni fa” è una colossale mancanza di rispetto e di disprezzo delle esperienze vissute dalle persone, ma soprattutto un'opportunità persa di cambiamento sistemico», ha proseguito.

Nonostante sia stato detto che le dimissioni non fossero state causate dal rapporto, il giorno successivo alla sua pubblicazione, il consigliere di Boris Johnson con competenze relative alle minoranze, Samuel Kasumu, ha comunicato che dal prossimo mese abbandonerà il suo incarico.

Simon Woolley – che ha nominato Kasumu nel Gruppo sulle disuguaglianze razziali di Downing Street quando il primo ministro era Theresa May – ha dichiarato che le dimissioni di Kasumu erano collegate ai risultati “ignobili e divisivi” del rapporto.

«L'unico alto consigliere di colore ha ritenuto che la sua unica risorsa contro questo rapporto ignobile e divisivo fosse dimettersi. Sono stato io a nominare Samuel nel gruppo consultivo sulle disuguaglianze razziali quando lo abbiamo lanciato per la prima volta. È un uomo perbene la cui energia è orientata a servire il suo paese e ad affrontare il razzismo sistemico», ha commentato Woolley.

Rispondendo a uno dei passaggi più controversi del rapporto (incluso in un pezzo della prefazione sull'insegnamento del periodo del colonialismo inglese) che sostiene quanto sia necessario raccontare una “nuova storia” sulla tratta degli schiavi che tenga conto non solo del profitto e della sofferenza ma che metta in luce come gli africani abbiano potuto trasformarsi culturalmente in afro-britannici “rimodellati”, la segretaria di Stato ombra per le donne e le pari opportunità, Marsha De Cordova, ha chiesto al governo di spiegare con urgenza perché siano stati pubblicati contenuti che glorificano la tratta degli schiavi, appellandosi affinché ci si dissoci immediatamente da simili conclusioni.

Una cospicua sezione del rapporto (circa sessanta pagine) dedicata alla criminalità e al mantenimento dell'ordine pubblico da parte della polizia, affronta quasi esclusivamente la pratica di stop and search (fermo e perquisizione) senza affrontare il tema annoso delle disuguaglianze razziali nel sistema di giustizia penale.

La pioggia di critiche che c'è stata all'indomani della pubblicazione del rapporto è arrivata da più parti e fonti autorevoli.

In un editoriale il Guardian si è chiesto come possa essere negato il razzismo strutturale in una società in cui un uomo di colore ha probabilità 19 volte maggiori di essere fermato e perquisito dalla polizia rispetto a un suo amico bianco, una giovane madre nera ha quattro volte più probabilità di morire di parto e tre operatori sanitari su cinque uccisi dal coronavirus sono neri, asiatici o appartenenti ad altre minoranze etniche, nonostante rappresentino solo uno su cinque membri del personale.

I sindacati lo hanno definito uno studio "profondamente cinico", che ignora le preoccupazioni dei lavoratori delle minoranze etniche e di colore. Rehana Azam, del sindacato GMB, ha dichiarato che il razzismo istituzionale esiste nelle esperienze vissute da milioni di lavoratori neri e delle minoranze etniche.

Gli esperti di salute pubblica lo hanno giudicato imperfetto e fuorviante per aver affermato che esistono poche evidenze di differenze sistemiche nel campo della sanità dovute all'etnia, sottolineando come gli autori abbiano “scelto accuratamente” i dati e manchino di esperienza.

I principali accademici citati nel rapporto, inoltre, hanno dichiarato di non essere stati adeguatamente consultati e di non essere mai stati incaricati di produrre ricerche specifiche per la commissione.

«È fatto molto male, è molto debole», ha detto il professor Azeem Majeed, capo del dipartimento di cure primarie e salute pubblica dell'Imperial College di Londra. «La commissione non include al suo interno esperti sanitari e non tiene conto di 30, 40 anni di prove di disuguaglianze in campo sanitario». «È molto, molto deludente, per niente sistematico. E la salute è una delle aree che più colpisce i gruppi minoritari nel Regno Unito».

Majeed è uno dei tre accademici che hanno scritto un articolo pubblicato su British Medical Journal (BMJ) che ha definito le conclusioni della commissione in ambito sanitario “un manifesto politico piuttosto che un autorevole rapporto di esperti”.

Kalwant Bhopal, direttrice del Center for Research in Race and Education presso l'Università di Birmingham ha sottolineato sul Guardian come ignorare l'evidenza che il razzismo istituzionale giochi un ruolo chiave nell'educazione degli alunni neri e delle minoranze sia assurdo a fronte delle numerose esperienze raccontate. Gli insegnanti di etnia nera e delle minoranze hanno detto di sperimentare quotidianamente un razzismo sistemico e palese. Gli studenti neri dei Caraibi hanno cinque volte più probabilità di essere esclusi in alcune zone dell'Inghilterra rispetto a membri di altri gruppi. Gli insegnanti non riescono ad affrontare il razzismo che molti alunni neri sperimentano nelle scuole.

Una delle affermazioni fatte da questo rapporto – prosegue Bhopal – è che gli studenti bianchi provenienti dalla classe operaia risultino essere svantaggiati rispetto ai loro coetanei di quasi tutti i gruppi di minoranze etniche. Una volta che lo stato socioeconomico è “controllato”, scrivono gli autori, “tutti i principali gruppi etnici ottengono risultati migliori rispetto agli alunni bianchi britannici ad eccezione degli alunni neri dei Caraibi”. Tuttavia, sebbene statistiche come queste possano avere qualche utilità per mappare tendenze generali, sono tutt'altro che perfette perché modellate su ipotesi, teorie e interessi degli autori. Non sono neutrali e per questo possono introdurre pregiudizi non intenzionali.

Il tentativo di “controllare” diversi fattori si basa su un fondamentale fraintendimento di come funziona il razzismo. Spesso, vari fattori statistici, come lo stato socioeconomico o l'ubicazione geografica delle persone, sono essi stessi prodotti del razzismo. Ad esempio, se un'indagine sui risultati scolastici controllasse il livello di povertà, potrebbe sembrare, almeno sulla carta, che il razzismo abbia un ruolo meno significativo. Ma ciò ignora la realtà che la povertà è spesso intrinsecamente correlata al razzismo ed è vissuta in modo sproporzionato nel Regno Unito dalle minoranze etniche.

In sostanza, più i fattori vengono “controllati” nelle statistiche, minore sarà l'impatto di ciascuno di questi fattori. In questo modo, le statistiche possono essere utilizzate per spiegare il razzismo e sottovalutarne l'importanza. Questo approccio è particolarmente pericoloso quando in un'analisi vengono utilizzate quante più variabili possibili: i calcoli sembrano essere scientifici, ma in realtà non hanno senso.

L'affermazione che gli studenti della classe operaia bianca sono più svantaggiati rispetto a quelli di altri gruppi di minoranze etniche è stata spesso ripetuta, ma la ricerca utilizzata per supportare questa idea si basa spesso su un numero esiguo di famiglie bianche, individuate in base all'accesso al diritto ai pasti scolastici gratuiti. Vale la pena notare che la stragrande maggioranza degli studenti bianchi non ha diritto ai pasti scolastici gratuiti e che quelli di origine nera e asiatica hanno entrambi proporzionalmente maggiori probabilità di averne diritto e di sperimentare svantaggi educativi simili.

Tali affermazioni spesso alimentano idee pericolosamente fuorvianti sugli svantaggi della classe operaia bianca. Prima della pandemia, circa il 12% degli studenti bianchi chiedeva pasti scolastici gratuiti, ma circa il 60% si considerava appartenente alla “classe operaia”. L'etichetta “classe operaia” è così nebulosa che può essere facilmente utilizzata impropriamente per fornire un'immagine completamente falsata degli studenti bianchi come vittime della razza.

Per Bhopal il rifiuto di riconoscere il razzismo istituzionale si concretizzerà nella mancanza di intervento da parte del governo mentre i gli studenti di etnia nera e delle minoranze saranno accusati dei loro fallimenti. La negazione del razzismo istituzionale da parte della Commissione si basa su una meritocrazia illusoria in cui gli individui sono totalmente responsabili del proprio successo per cui gli studenti neri e delle minoranze etniche devono semplicemente lavorare di più e rimboccarsi le maniche se vogliono avere successo.

L'istruzione – conclude Bhopal – è un diritto e non un privilegio e ogni alunno, indipendentemente dalla sua etnia, ha diritto a un'istruzione dignitosa senza timore di discriminazione. Chiaramente, per molti ragazzi, questo non sta accadendo. Tutto quello che il rapporto evidenzia è quanto ancora c'è necessità di lottare.

Per Doreen Lawrence, che ha portato avanti una campagna durata 18 anni per ottenere giustizia per la morte di suo figlio Stephen assassinato da un gruppo di bianchi in un attacco razzista, un rapporto che afferma che il Regno Unito non abbia un sistema manipolato contro le minoranze può solo permettere al razzismo di prosperare.

«Mio figlio è stato assassinato a causa del razzismo e non possiamo dimenticarlo. Una volta che si inizia a nasconderlo, si sta dando via libera ai razzisti. Immaginiamo cosa potrebbe accadere domani. Cosa potrebbe accadere ai nostri giovani nelle nostre strade», ha detto Lawrence.


«Negano che persone come mio figlio siano state assassinate a causa del razzismo e il fatto che ci siano voluti 18 anni per ottenere giustizia. Quel rapporto nega tutto questo».

La morte di Stephen Lawrence, avvenuta nel 1993, ha determinato l'apertura di un'inchiesta pubblica nel 1998 condotta dal giudice dell'Alta corte Sir William Macpherson che ha esaminato le indagini della polizia sulla morte del giovane stabilendo che le forze della polizia metropolitana erano istituzionalmente razziste.

La pubblicazione nel 1999 del rapporto di Macpherson è stata definita uno dei momenti più importanti nella storia moderna della giustizia penale in Gran Bretagna.

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In un intervento nel corso di una conferenza in streaming organizzata dalla Università De Montfort di Leicester Lawrence ha dichiarato che il rapporto del governo ha cercato di minare e negare i progressi compiuti dalla morte del figlio nel riconoscere il razzismo endemico.

«Le persone che hanno marciato per Black Lives Matter? Il rapporto sta negando tutto. La storia di George Floyd? Negata anche quella. Per questo chi sta dietro a questo rapporto e dice che il razzismo non esiste o non esiste più ha bisogno di parlare con i ragazzi che vengono fermati e perquisiti costantemente per strada. Ha bisogno di parlare con quei giovani. Fondamentalmente loro non sono in contatto con la realtà. Quando si è privilegiati non si vivono quel tipo di esperienze».

Immagine anteprima Mathias P.R. Reding via Pexels

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