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Il Ponte sullo Stretto di Messina e il “populismo infrastrutturale”

22 Maggio 2023 13 min lettura

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Il Ponte sullo Stretto di Messina e il “populismo infrastrutturale”

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Ponte sullo Stretto: arriva l’approvazione del progetto definitivo ma non è come la racconta Salvini

Aggiornamento 7 agosto 2025: Ieri il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica e lo Sviluppo Sostenibile (CIPESS) ha approvato il progetto definitivo del ponte sullo Stretto di Messina. Non è “una pagina di storia” di un progetto di cui “si parla dagli antichi romani”, come annunciato con toni trionfalistici dal ministro alle Infrastrutture, Matteo Salvini, ma si tratta in ogni caso di un passaggio importante verso l’avvio dei cantieri. 

Il CIPESS è un organo interministeriale a cui spetta il compito di valutare la spesa per la costruzione di grandi opere pubbliche in coerenza con la programmazione economica nazionale. E l’approvazione rilasciata ieri certifica la validità del progetto sotto il profilo tecnico, economico e finanziario. 

Se realizzato, il ponte sullo Stretto di Messina farà parte della rete transeuropea dei trasporti (TEN-T), il Corridoio Scandinavo-Mediterraneo, una delle nove dorsali strategiche individuate dall’Unione Europea per garantire l’integrazione modale e l’efficienza dei collegamenti infrastrutturali continentali.

Il progetto definitivo è stato aggiornato nel 2023 sulla base del progetto approvato nel 2011, con integrazioni tecniche e aggiornamenti normativi. A marzo 2024 è stata pubblicata la proposta aggiornata, che ha avviato le procedure di verifica e valutazione da parte degli enti competenti. Il progetto prevede la costruzione del ponte a campata unica più lungo del mondo, lungo 3.666 metri, con una campata sospesa di 3.300 metri e due torri alte 399 metri, formate da due piloni collegati tra loro da tre grandi travi orizzontali. Secondo quanto riportato nel Documento di economia e finanza 2024, il costo complessivo dell’opera è stimato in 13,5 miliardi di euro, coperti da risorse pubbliche nazionali, fondi europei, nell’ambito dei programmi per le reti TEN-T e aumento di capitale della società Stretto di Messina.

Tuttavia, al di là delle dichiarazioni del ministro Salvini, che prevede l’avvio dei lavori entro la fine dell’anno e la conclusione nel 2033, l’iter riserva ancora una serie di passaggi dai tempi piuttosto incerti. Inoltre, lo stesso CIPESS ha rilevato alcune criticità che andranno risolte per poter dare avvio ai lavori: la resistenza al vento, la resistenza sismica, l’interazione tra carichi e vento, la verifica della qualità e della provenienza dei materiali.

La delibera approvata dal CIPESS dovrà passare alla Ragioneria dello Stato e infine alla Corte dei Conti per un controllo più formale da concludere con la cosiddetta “bollinatura”, prima di essere pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. 

La Corte dei Conti dovrà accertare la legittimità degli atti del progetto, verificando la conformità degli atti alle leggi e ai regolamenti, nonché la regolarità delle procedure amministrative e contabili. Questa verifica dovrebbe iniziare entro due mesi.   

Ci sono poi i tempi dei cosiddetti cantieri propedeutici, ovvero “le attività preliminari, propedeutiche alla realizzazione dell’opera: le viabilità locali, la risoluzione delle interferenze, la bonifica degli ordigni bellici, le indagini archeologiche, geognostiche e geotecniche e la predisposizione delle cantierizzazioni”.

Contemporaneamente ai cantieri propedeutici, ci sarà la stesura del progetto esecutivo che richiederà circa due anni di tempo e che dovrà recepire le osservazioni e le implementazioni tecniche richieste dalla commissione di Valutazione di impatto ambientale (che ha dato l’ok all’opera all’unanimità ma ha raccomandato 62 nuove prescrizioni) e degli enti locali, particolarmente interessati alle opere di viabilità secondaria e di connessione del ponte con le reti stradali e ferroviarie esistenti (al riguardo si parla di opere tra Calabria e Sicilia per un totale di 40 chilometri).

Sul progetto sta vigilando anche l’Unione Europea. Un portavoce dell’esecutivo UE ha affermato che Bruxelles sta “esaminando la documentazione ricevuta” dall'Italia l'11 giugno sul progetto del ponte di Messina nel quadro della direttiva habitat, che tutela la biodiversità nei siti d'interesse UE, “e valuterà a tempo debito se e come reagire”. L’UE valuterà “l’incidenza ambientale” prevista dalla normativa, “i motivi imperativi d'interesse pubblico” che giustificherebbero l'opera e “le misure compensative proposte”. 

Infine sull’intero iter pende la minaccia dei ricorsi da parte delle associazioni e degli enti locali. “Non è l’inizio dei lavori. È l’inizio della fine di una bugia”, commenta in un post su Facebook l’associazione “Invece del ponte”. Con l’approvazione del CIPESS “non si darà il via a nessun cantiere, né inizieranno i lavori. (...) Il progetto dovrà passare al vaglio della Corte dei Conti, che non potrà ignorare i gravi profili di illegittimità amministrativa, tecnica ed economica. Si dovrà arrivare all’approvazione di un progetto esecutivo che dovrà rispondere a decine e decine di prescrizioni ancora irrisolte, su cui i proponenti tacciono o minimizzano. E soprattutto, si aprirà finalmente il fronte dei ricorsi legali, in tutte le sedi nazionali ed europee. Chi pensa di poter forzare procedure, vincoli, normative e diritti dovrà rispondere davanti a giudici indipendenti”.

L’ultimo ricorso in ordine di tempo è stato presentato da WWF, Lipu, Legambiente e Greenpeace alla Commissione europea chiedendo l’apertura di una procedura di infrazione: “L’impatto ambientale del ponte è certo, documentato e, dopo anni di negazioni, ammesso dagli stessi proponenti l’opera. Per superare questa impasse è stata avviata una procedura speciale che ne consentirebbe comunque la realizzazione secondo condizioni precise fissate dalle norme comunitarie, condizioni che però non sono state rispettate”. Le associazioni contestano il ricorso alla procedura di autorizzazione in deroga, attivata in seguito al parere della commissione Via/Vas che dava via libera al ponte condizionandolo a 62 prescrizioni.

Ponte sullo Stretto: il ministro Salvini nomina un negazionista climatico a capo del comitato scientifico

Aggiornamento 22 settembre 2023: Con l’assenso della regione Sicilia e della regione Calabria, il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, ha definito la rosa di esperti che comporrà il comitato scientifico che valuterà pro e contro del Ponte sullo Stretto. Al vertice del comitato ci sarà un negazionista del cambiamento climatico: Alberto Prestininzi, ordinario di Ingegneria della Terra alla Sapienza Università di Roma, tra i primi firmatari della petizione “There is no climate emergency” che sostiene che l’emergenza climatica non esiste.

Nel novembre del 2018 Prestininzi è stato tra i partecipanti di un convegno che si è tenuto proprio a La Sapienza e che ha visto tra i relatori anche Franco Battaglia, docente di chimica fisica all'Università di Modena. Battaglia non è uno studioso di clima ma ha acquisito una certa notorietà, in Italia, per le posizioni negazioniste climatiche che sostiene da molti anni e che ha difeso, tra l'altro, in diversi articoli pubblicati sul quotidiano Il Giornale.

Secondo Prestininzi e gli altri firmatari dell’appello “l’archivio geologico rivela che il clima della Terra è variato da quando il pianeta esiste, con fasi naturali fredde e calde. La piccola era glaciale si è conclusa nel 1850. Pertanto, non sorprende che ora stiamo vivendo un periodo di riscaldamento”. E ancora: “Non esiste un’emergenza climatica. Non vi è quindi motivo di panico e allarme. Ci opponiamo fermamente alla dannosa e irrealistica politica di zero emissioni di CO2 proposta per il 2050. Lo scopo della politica globale dovrebbe essere la prosperità per tutti fornendo energia affidabile e conveniente in ogni momento”.

La mera constatazione che il clima del nostro pianeta sia andato incontro, già in passato, a importanti cambiamenti non ci dice nulla sul cambiamento climatico attuale. «Il clima sulla Terra è sempre cambiato» è un'affermazione di per sé vera, come abbiamo visto, ma che se non viene precisata e sviluppata finisce per liquidare il cambiamento che sperimentiamo oggi come un evento normale e di poco conto.

E rispetto all’inesistenza di un’emergenza climatica, i principali modelli climatici che sono stati elaborati dagli anni '70 hanno prodotto proiezioni che si sono dimostrate piuttosto in linea con le successive osservazioni sulle temperature. Anzi, in alcuni casi il riscaldamento globale è stato sottostimato. Contrariamente a quanto sostiene chi ancora oggi parla di esagerazioni, allarmismo e catastrofismo, è probabile che fino ad oggi abbiamo più spesso sottostimato, che sovrastimato, gli impatti del riscaldamento globale.

“La fiducia a quest’aula che il governo ha chiesto segna il calcio d’inizio di un’impresa storica che può cambiare il volto del nostro Mezzogiorno”. La metafora calcistica scelta dal deputato centrista Pino Bicchielli apre, il 16 maggio 2023, l’ennesima discussione parlamentare sul Ponte sullo Stretto di Messina. Questa volta l’occasione è il cosiddetto “dl Ponte”, vale a dire il decreto legge n°35/2023 presentato dal governo Meloni e “recante disposizioni urgenti per la realizzazione del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria”. Con 103 voti favorevoli, 49 contrari e tre astenuti, è arrivato poi il voto di fiducia al Senato che ha approvato la conversione in legge del decreto. "È una decisione storica, definitiva, attesa da più di 50 anni", ha detto il vicepremier e ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, Matteo Salvini che ha aggiunto: "Nel Def la cifra" per il Ponte "è intorno ai 14 miliardi, ovviamente sono in corso gli studi aggiornati da parte di società". Ma è proprio sul reperimento delle risorse economiche necessarie a realizzare l’infrastruttura più discussa della storia d’Italia che inizia ora, è proprio il caso di dirlo, una partita, per mantenere la metafora parlamentare, ancora più importante. 

Del ponte si conoscono le caratteristiche tecniche: si sa che il governo ha ripreso in mano il progetto del 2011 (bloccato nel 2013 dal governo Monti), che si tratterà, o tratterebbe, di un ponte a campata unica, dalla lunghezza complessiva di 3.666 metri, composto da sei corsie stradali e due binari ferroviari. Poco o nulla, invece, si sa delle coperture economiche. Che al momento non sembrano essere la priorità né del ministro Matteo Salvini, il più acceso tifoso dell’opera che ha invitato ad aspettare i prossimi mesi, né del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che poco più di un mese fa salutava con favore l’arrivo di eventuali “investimenti esteri”, peraltro da quella stessa Cina così bistrattata, invece, nella svolta energetica all’elettrico. 

Entrare nel merito del Ponte sullo Stretto meriterebbe una trattazione a parte. Tuttavia alle incertezze economiche vanno sommate quelle che da tempo si addensano su un’opera così complessa e che inevitabilmente si rifletteranno ulteriormente, in caso di problemi, sui costi: la lunghezza del tratto sospeso è circa il doppio del ponte giapponese di Akashi Kaykyo, tra i più lunghi al mondo (il più lungo è il ponte dei Dardanelli, inaugurato lo scorso anno), con tutto ciò che ne consegue in termini di piloni (altezza prevista 400 metri) e cavi (quattro, contro i canonici due di solito utilizzati); il rischio sismico, dato che Sicilia e Calabria si spostano relativamente di qualche millimetro (il devastante terremoto del 1908 non è mai stato dimenticato); l’azione inusitata dei venti, con il progetto del 2011 che prevede una particolare innovazione che però non è mai stata testata sul campo. Già nel 2021, d’altra parte, i tecnici del ministero delle Infrastrutture avevano consegnato uno studio sulle soluzioni per il sistema di attraversamento stabile, suggerendo l’ipotesi di un ponte a tre campate, in quanto «rispetto al ponte a campata unica, potrebbe avere una maggiore estensione complessiva e mantenere al tempo stesso la lunghezza della campata massima simile a quelle già realizzate altrove. E quindi di usufruire di esperienze consolidate, anche dal punto di vista di tempi e costi di realizzazione». Valutazioni che appena due anni dopo vengono sostituite dal ritorno del vecchio progetto caro al centrodestra.

“Senza picciuli u parrini missa unni canta”

Del Ponte sullo Stretto si parla da più di 50 anni - di più, i primissimi riferimenti risalgono all’epoca degli Antichi Romani. Chiunque sia nato in Sicilia o in Calabria dal dopoguerra in poi avrà dovuto prima o poi affrontare, nel corso della sua esistenza, il tema del ponte, dovendo prendere per forza posizione. Perché il Ponte è uno di quei temi di cui in Italia basta farsi un’opinione: la conoscenza del contesto e dei dettagli è superflua, quel che conta è dire la propria, in quanto dalla singola opera viene fuori la propria visione del mondo. A sorprendere però questa volta non è tanto l’eterno riproporsi del giorno della marmotta quanto piuttosto il rinvio a data da destinarsi di una domanda fondamentale per un’opera che si preannuncia faraonica: dove sono i soldi per realizzare il Ponte sullo Stretto? 

È la domanda attorno a cui ruotano, sin dai primi annunci risalenti all’anno scorso, i dubbi maggiori. Sintetizzati in maniera efficace da Today pochi minuti dopo il sì da parte del primo ramo del Parlamento:

Dopo aver ottenuto alla Camera la fiducia sul "dl Ponte", il ministro delle Infrastrutture e trasporti Matteo Salvini vuole mettere la firma sull'opera e legarla a sé per sempre, nel bene, ma anche nel male. Al momento, infatti, quello del governo sembra più un azzardo elettorale che una programmazione di un'opera definita "strategica" sostenuta da evidenze e coperture economiche, soprattutto: non è chiaro da dove si prenderanno i soldi, mentre è noto che i costi per la realizzazione dell'opera sono in aumento da anni e non ancora del tutto stimati. In più, mancano alcune parti fondamentali del progetto - che è sempre quello del 2011 -, tra cui la valutazione d'impatto ambientale. Dunque: di cosa stiamo parlando?

Da una parte, dunque, il governo accelera sull’iter per il ponte e dall’altra, però, mette nero su bianco che al momento le coperture economiche non ci sono. A dirlo, un mese fa, è il Documento di Economia e Finanza, cioè il principale strumento di programmazione economico-finanziaria in Italia, proposto ogni anno dal governo e approvato dal Parlamento. In esso si legge che:

Il costo dell’opera oggetto di concessione, pertanto, dagli aggiornamenti svolti, risulta di 13,5 miliardi di euro. Le opere complementari e di ottimizzazione alle connessioni ferroviarie, lato Sicilia e lato Calabria, che dovranno essere oggetto del contratto di programma con RFI, si stima avranno un costo di 1,1 miliardi di euro. Le opere di ottimizzazione e complementari alle connessioni stradali, invece, di minor impatto economico, verranno meglio definite e dettagliate nell’ambito dei prossimi contratti di programma con ANAS. Ad oggi non esistono coperture finanziarie disponibili a legislazione vigente; pertanto, queste dovranno essere individuate in sede di definizione del disegno di legge di bilancio. Al finanziamento dell’opera si intende provvedere mediante: 

  • le risorse messe a disposizione dalle Regioni a valere, in particolare, sui Fondi per lo Sviluppo e la Coesione; 

  • l’individuazione, in sede di definizione della legge di bilancio 2024, della copertura finanziaria pluriennale a carico del bilancio dello Stato; 

  • i finanziamenti all’uopo contratti sul mercato nazionale e internazionale: saranno a tal fine considerate prioritarie le interlocuzioni con finanziatori istituzionali quali la Banca europea degli investimenti e Cassa depositi e prestiti;

  • l’accesso alle sovvenzioni di cui al programma Connecting Europe Facility - CEF (partecipazione al bando entro settembre 2023).

Circa 15 miliardi di euro: tanto dovrebbe costare, secondo il governo Meloni, la realizzazione completa del Ponte sullo Stretto. Ciascuno dei quattro possibili reperimenti indicati nel DEF, poi, è quantomeno problematico: 

  • Quali sono le Regioni che dovranno mettere a disposizione i propri fondi europei? Dando per scontate la Sicilia e la Calabria, in teoria anche le altre dovrebbero contribuire, visto il portato nazionale dell’opera. Col governo che si accinge a varare l’autonomia differenziata, è uno scenario plausibile?
  • La finestra dell’aumento della spesa pubblica, apertasi con l’arrivo del Covid-19, in Europa sembra già essersi richiusa. Difficilmente le istituzioni europee vedranno di buon occhio un ulteriore indebitamento “pluriennale”, specie in uno Stato come l’Italia che nell’ultimo aggiornamento di marzo ha visto il debito pubblico raggiungere la nuova cifra record di 2.789,8 miliardi di euro.
  • A marzo si è tenuto al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti un incontro con la vicepresidente della Banca Europea degli Investimenti (BEI) Gelsomina Vigliotti. Al centro dell’incontro gli investimenti della BEI in Italia. Dal comunicato stampa del ministero si apprende che “la BEI, in caso di richiesta ufficiale, è disponibile a valutare il ruolo di partner finanziario per il Ponte sullo Stretto: gli uffici del Mit sono già al lavoro per fornire tutti i necessari dettagli tecnici con particolare riferimento alla sostenibilità ambientale”. Un po’ poco, specie per un progetto su cui pendono seri dubbi dal punto di vista ambientale, acuiti dal fatto che dal 2011 a oggi la legislazione ambientale si è fatta più severa, probabilmente servirà avviare un nuovo procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale sul progetto definitivo e sarà necessario effettuare un’analisi del ciclo di vita dell’opera: dall'estrazione delle materie prime alle fasi di costruzione, esercizio e manutenzione.

Perplessità che aumentano se si riflette sul momento storico che stiamo vivendo: la crisi energetica è superata ma il sistema che ha portato i prezzi del gas alle stelle è rimasto immutato, così come resta minacciosa il rischio di un’escalation della guerra in Ucraina, mentre l’inflazione, secondo le ultime stime della Commissione europea, continuerà a farsi sentire anche nel 2024, seppur in calo rispetto al picco storico di marzo (+7,6%). A questi dubbi strutturali vanno poi aggiunte le specifiche obiezioni sollevate dalla stessa Camera dei Deputati. Da Il Sole 24 ore si apprende che:

A rimescolare le carte, certificando le incertezze sui numeri, è arrivato anche il dossier della Camera dei deputati - il numero 64 del 9 maggio - sulla verifica delle quantificazioni. Nelle 11 pagine della relazione, i funzionari di Montecitorio sollevano perplessità non solo sull’assenza di coperture ma proprio sulla mancata indicazione dell’ammontare delle risorse per la costruzione dell’opera.

In sintesi, i funzionari della Camera evidenziano che “sotto il profilo tecnico il decreto è incompleto perché dagli elementi contenuti nel provvedimento non si coglie il punto di caduta dei costi dell’infrastruttura”.

Uno dei proverbi più noti in Sicilia recita che “u parrinu senza picciuli missa unni canta” (senza soldi il prete non canta la messa). E invece qui canta chiunque. Cantano gli esponenti e le esponenti della maggioranza parlamentare (da mesi si sprecano i riferimenti al “modello Genova”), canta su tutti i media il ministro Salvini (rinnegando un passato, neppure troppo lontano, in cui era contrario all’opera), cantano i fautori dell’opera che ne lodano le caratteristiche tecniche (ma nulla dicono, appunto, sul reperimento delle risorse), cantano pure le società incaricate di realizzare l’opera, sostenendo che “il Ponte sullo Stretto assicurerà un incremento della ricchezza prodotta su scala nazionale pari a 2,9 miliardi di euro l’anno, equivalente allo 0,17% del PIL”. Senza specificare, però, la fonte del dato. Perché sul Ponte sullo Stretto, da sempre, vale tutto. Aurelio Angelini, professore di Sociologia all’università di Palermo e autore del volume “Il mitico Ponte sullo Stretto di Messina”, ha parlato su Wired USA di “populismo infrastrutturale”, aggiungendo che “la retorica intorno al ponte trasuda nazionalismo” e che “l’idea è vista come un simbolo della grandezza dell’Italia, o della capacità di costruire un ponte più lungo di quanto chiunque altro abbia mai fatto”. 

Forse è questo il senso reale del Ponte sullo Stretto di Messina: solleticare l’ego di un paese stremato, incattivito, più povero e dove si registra un costante calo delle nascite, abbarbicato alle proprie tradizioni, reali o presunte che siano, che vuole fargliela vedere agli altri paesi e sogna un riscatto portentoso. Sognare, si sa, non costa nulla.

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Aggiornamenti

Aggiornamento 22 maggio 2023: Erroneamente in una prima versione dell'articolo era stato riportato che il ponte sospeso più lungo al mondo era quello di Akashi Kaykyo in Giappone. Abbiamo corretto riportando che lo scorso anno è stato inaugurato il ponte dei Dardanelli.

Immagine in anteprima: frame video Telemia via YouTube

1 Commenti
  1. Antonino

    Perché inserire in un articolo valido "il commento di un post Facebook" che racconta un mucchio di fesserie? Non fate commentare su Facebook perché i commenti non sono moderati e poi li riportate nei vostri articoli? MAH

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