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Politica e coerenza: come ti cambio idea senza tanti perché

20 Gennaio 2012 4 min lettura

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Politica e coerenza: come ti cambio idea senza tanti perché

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Dino Amenduni @doonie
valigiablu - riproduzione consigliata

La coerenza in politica è un valore non assoluto e spesso non è neanche coltivato. 
Esiste però una certa sistematicità nel cambiare posizione su alcuni temi sulla base della propria convenienza del momento che caratterizza tutte le forze politiche italiane e che alla lunga sta comportando, a mio avviso, una generale perdita di credibilità dell'intero sistema e a prescindere dal singolo episodio. La ricerca del consenso nell'immediato è sempre e comunque un atteggiamento difensivo e dunque non paga nel medio e lungo termine, soprattutto quando all'interno di un arco di tempo limitato si è costretti a fare la doppia piroetta. 
Ad onor del vero c'è da dire che anche i cittadini, gli elettori, i sostenitori non sono esenti da responsabilità: anche loro, quando c'è da difendere l'indifendibile, si lasciano andare al rovesciamento della propria idea di partenza.

Ho isolato alcuni temi su cui abbiamo assistito a prese di posizione opposte da parte dello stesso soggetto politico nel corso di questi anni. 

Lo spread 
Quando c'era Berlusconi al governo, l'opposizione sosteneva che la caduta del Premier avrebbe portato a una riduzione automatica di 100-200 punti base di questo dato; la maggioranza invece continuava ad incolpare la crisi globale e non l'azione di governo. 
Oggi, con Monti Premier e il differenziale tra titoli di stato italiani e tedeschi ancora pericolosamente attorno a quota 500 ascoltiamo nuove teorie. 
Da sinistra dicono che questo dato resta alto perché la Banca Centrale Europea non compra più titoli di Stato, dando così parzialmente ragione a Berlusconi sull'indipendenza dello spread dall'azione politica italiana; da destra non si perde occasione per ricordare che con il Monti lo spread non è sceso, dando così parzialmente ragione a chi sosteneva che lo spread fosse un buon indicatore dell'efficacia dei governi nazionali. 
Le agenzie di rating 
Con Berlusconi Premier, le decisioni delle agenzie di rating non avevano alcuna capacità di sintesi politica per la maggioranza, mentre per l'opposizione rappresentavano la bocciatura del mondo economico-finanziario italiano nei confronti del nostro Paese. 
Con Monti Premier le agenzie di rating sono diventati avamposti del capitalismo finanziario americano che tenta, così, di scaricare sull'Europa tutte le colpe della crisi mondiale. Almeno questa è la posizione di sinistra, Pd e Terzo Polo. Per la ex-maggioranza, invece, le attuali valutazioni di Standard&Poor's dimostrano che il Governo Berlusconi non era poi così male: il Pdl attribuisce dunque un significato politico a queste valutazioni, negato con forza quando conveniva farlo. 
In Francia, per la cronaca, i socialisti protestano contro le agenzie di rating dopo il declassamento del debito sovrano e la perdita della Tripla A sebbene questa bocciatura possa essere letta come un fallimento della politica economica del governo Sarkozy. 
La Chiesa 
Quando le alte sfere vaticane hanno attaccato gli usi e i costumi privati e politici di Berlusconi e della sua maggioranza, da sinistra sono fioccati messaggi di approvazione ed è seguita la richiesta dell'opposizione alla maggioranza di far tesoro dei moniti dei porporati mentre da destra, senza mai contrattaccare, sono giunte imbarazzate richieste di mantenimento dell'autonomia tra Stato e Chiesa. 
Quando invece il Vaticano dice la propria su biotestamento, unioni civili, diritti individuali e collettivi, da sinistra si alza un appello accorato a difesa della laicità dello Stato, da destra invece non sono mancano i richiami ad ascoltare il messaggio della Chiesa. 
Le sentenze della Corte Costituzionale 
Quanto tempo è passato tra l'incostituzionalità del Lodo Alfano (7 ottobre 2009) e l'inammissibilità dei referendum (12 gennaio 2012)? Poco più di due anni. Eppure la Consulta è riuscita ad unire Paolo Bonaiuti e Antonio Di Pietro, parte del centrodestra e parte del centrosinistra. "sentenza politica", hanno tuonato entrambi, il primo nel caso del Lodo Alfano, il secondo per i quesiti sulla legge elettorale. E con loro hanno gridato allo scandalo i 'popoli politici' di riferimento: una sentenza contro Berlusconi nel primo caso, contro i cittadini nel secondo. 
Da non dimenticare, ovviamente, la reazione a parti invertite. Per Di Pietro la sentenza di bocciatura del Lodo Alfano era sufficiente per chiedere le dimissioni di Berlusconi, mentre oggi rappresenta una preoccupante deriva democratica, mentre da destra si sostiene che la valutazione della Corte sui referendum era di metodo e incontestabile, di fatto rovesciando la propria idea di cosa sia la Corte Costituzionale e di quali prerogative abbia in soli due anni. 
Gli indagati 
Quando il politico indagato è nelle proprie fila, si attende fiduciosi l'esito delle indagini e si ha fiducia nell'operato della magistratura, quando è dall'altra parte si chiede un passo indietro. E viceversa. 
Qui il discorso è leggermente più complesso che negli altri casi: in linea di massima appare piuttosto evidente la differenza culturale tra centrosinistra e centrodestra, con i primi maggiormente disposti a prendere provvedimenti disciplinari già prima del rinvio a giudizio e della condanna, mentre i secondi difendono la posizione dell'indagato fino a quando è possibile. 
In ogni caso, quando il politico decide di dimettersi, sono tutti d'accordo, sinistra e destra, maggioranza e opposizione: lui lo fa per senso dello Stato e per rispetto delle istituzioni, non prima di aver detto di essere stato vittima di una campagna mediatica, mentre chi accetta le dimissioni non può che apprezzare il grande atto di responsabilità nei confronti del Partito, del Governo, del Paese.

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