Il fronte di guerra a Pokrovsk è diventato una “zona grigia”
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La caduta di Pokrovsk assomiglia sempre di più a Godot, il personaggio dell’omonima commedia di Samuel Beckett. Ne parlano tutti, tutti l’aspettano, ma lei sembra non dover arrivare mai.
Un tempo snodo fondamentale per la logistica ucraina nel Donbas, questa cittadina - che all’inizio dell’invasione contava circa sessantamila abitanti - ha iniziato a salire all’onore delle cronache nell’estate del 2024. Il 19 luglio, infatti, sfruttando lo slancio offensivo generato dalla conquista di Avdiivka, la forza d’invasione russa riusciva a catturare il villaggio di Prohres, dopo due giorni di intensi combattimenti.
Quella che fino ad allora era stata una porzione stabile del fronte era collassata, consentendo la rapida avanzata delle forze armate russe nel settore. Lo sfondamento era stato reso possibile da pesanti bombardamenti aerei, che avevano costretto alla ritirata due brigate meccanizzate ucraine, la centodecima e la quarantasettesima.
Il giorno seguente, a nord di Prohres, i russi riuscivano a occupare anche la maggior parte del villaggio di Lozuvatske, iniziando una manovra a tenaglia per accerchiare due battaglioni ucraini della trentunesima brigata meccanizzata, presenti nell’area. I soldati ucraini riuscivano a sfuggire all’accerchiamento sei giorni dopo, il 26 luglio, grazie all’azione coordinata di droni e artiglieria, non senza subire un elevato numero di perdite umane e materiali.
Questi due eventi segnano l’inizio della battaglia per la conquista di Pokrovsk, che si è sviluppata durante i sedici mesi successivi. Nel corso del mese di agosto, i russi continuano ad avanzare in direzione della città e, nello stesso tempo, consolidano i fianchi delle direttrici di avanzamento per espandere e stabilizzare il proprio saliente. In questa fase, vengono conquistati numerosi villaggi, mentre le truppe ucraine indietreggiano alla ricerca di posizioni difensive più solide.
In settembre i russi non si fermano, ma concentrano i loro sforzi più a sud, per conquistare il villaggio di Ukrainsk e continuare a consolidare il saliente, evitando di allungarlo troppo ed esporre la loro logistica al contrattacco nemico. Durante l’inverno i russi continuano ad avanzare nella porzione meridionale del settore. Alla fine di febbraio 2025, le posizioni russe non distano più di 2 chilometri dai confini di Pokrovsk e le principali linee di rifornimento ucraine risultano ormai stabilmente a portata dell’artiglieria nemica.
Nel corso della primavera, nonostante alcuni contrattacchi locali che la rallentano, l’azione russa prosegue e, alla fine del mese di maggio, l’autostrada T0504 viene completamente tagliata da un’avanzata a nord della città. Pokrovsk si trova così minacciata da tre lati e, durante l’estate, i russi iniziano a stringerla d’assedio, avanzando lentamente ai suoi fianchi fino all’inizio di settembre, mese in cui vengono registrate le prime operazioni di infiltrazione e di assalto contro la città.
Le operazioni proseguono nel corso di ottobre con un’intensità tale che, all’inizio di novembre, molti commentatori considerano Pokrovsk destinata a cadere di lì a poco o, addirittura, già conquistata dalle truppe russe. La realtà si rivela però piuttosto diversa, e nonostante all’inizio di dicembre il generale Gerasimov abbia comunicato al presidente Putin che la città è caduta in mano russa, pochi giorni dopo le truppe ucraine hanno issato nel centro di Pokrovsk una bandiera, dimostrando che nell’insediamento si combatte ancora e la situazione è meno definita di quanto la propaganda nemica voglia far credere.
Non è la prima volta che accade. Fin dalle prime battute dell’offensiva contro la città, Pokrovsk è stata descritta come in procinto di cadere, per poi continuare a resistere per giorni, settimane, mesi. Per capire il perché di questa confusione bisogna comprendere il modo in cui la guerra contro l’Ucraina è stata combattuta da entrambe le forze in campo nel corso del 2025.
L’impatto dell’uso di droni
Quello combattuto quest’anno è stato, infatti, un conflitto diverso da quello che è stato combattuto nei due anni precedenti e addirittura molto diverso da quello che è stato combattuto nel 2022, il primo anno dell’invasione russa su larga scala. A renderlo tale è l’uso sempre più diffuso, massiccio ed efficace dei droni, l’innovazione tecnologica che, più di ogni altra, sta plasmando le dinamiche tattiche, operative e strategiche di questa guerra.
In una testimonianza raccolta dal giornalista David Kirichenko per un articolo pubblicato nel giugno del 2025, il colonnello Kostiantyn Humeniuk, chirurgo capo delle forze di medicina militare, ha affermato che, nei primi mesi dell’anno, circa il 70% delle perdite subite dalla fanteria ucraina era stato causato da droni.
Il dato è sufficiente a dare la misura di quanto questo tipo di dispositivi rappresenti ormai la nuova normalità di una guerra che si sta rivelando il più potente acceleratore di tecnologia bellica e dottrina militare del nostro tempo, generando cambiamenti profondi e sostanziali nel modo di combattere. L’estensione della profondità del fronte è tra quelle che stanno avendo il maggior impatto sulle dinamiche del dominio terrestre del campo di battaglia.
Alla fine di agosto, motivando il proprio rifiuto di istituire una “zona cuscinetto” come parte di un possibile accordo di pace tra il suo paese e la Russia, il presidente ucraino ha spiegato che lungo la linea del fronte esiste già una zona cuscinetto, che separa di fatto le forze armate del suo paese da quelle dell’aggressore. Zelensky la chiama col nome di “zona morta”, riferendosi all’area in cui i droni sono in grado di operare, trasformando tutto ciò che si muove al suo interno in un potenziale bersaglio.
L’ampiezza dell’area è aumentata costantemente nel corso del conflitto, seguendo di pari passo l’incremento del raggio d’azione dei droni impiegati per le operazioni di sorveglianza e bombardamento tattico.
Inizialmente limitato a pochi chilometri di distanza, il raggio d’azione dei droni più usati nelle operazioni di fanteria - FPV, bombardieri multicottero e droni a medio raggio - si aggira oggi intorno a una distanza media compresa tra 10 e 15 chilometri per i modelli comandati a distanza e una compresa tra 20 e 40 chilometri per quelli comandati attraverso bobine di cavi in fibra ottica.
A causa del loro impiego, la profondità del fronte smette di essere determinata dalla gittata delle artiglierie da campo - mortai, obici e sistemi lanciarazzi multipli (MLRS) - e si estende al punto da cancellare le retrovie, ridisegnando completamente il fronte che, oggi, non ha più la forma lineare con cui siamo abituati a descriverlo (“la linea del fronte”), ma diventa molto più simile a una figura solida (“la zona grigia” o zona morta) che si estende lungo le tre dimensioni dello spazio.
A essere ridisegnate non sono solo le operazioni logistiche (rifornimenti e rotazioni) e le procedure di medicina tattica, ma la natura stessa del combattimento di fanteria. A causa della saturazione dello spazio operata dall’impiego massiccio dei droni, in particolare di quelli aerei, l’utilizzo dei mezzi corazzati è diventato pericoloso e complesso.
Grazie a questi dispositivi è possibile individuare e colpire carri armati, veicoli da combattimento o da trasporto truppe corazzati in modo molto più rapido e preciso che con l’artiglieria ma, soprattutto, è possibile farlo molto prima che questi possano raggiungere la linea di contatto con il nemico.
La strategia dei mille morsi
Questo cambiamento ha costretto la fanteria a effettuare ogni suo movimento a piedi o usando veicoli leggeri come motociclette, quad o automobili, e ha portato i russi a elaborare una tattica di assalto che i comandanti ucraini hanno battezzato “strategia dei mille morsi”. Consiste nell’utilizzare squadre d’assalto di dimensioni ridotte - a volte composte anche solo di uno o due soldati - per andare alla ricerca di varchi nelle posizioni avanzate ucraine.
Queste infatti, data la scarsità di personale dovuta alle difficoltà di reclutamento che il paese sta incontrando, possono essere distanti fino a un chilometro le une dalle altre e, in molti casi, non riescono a estendersi in profondità anche a causa dell’estensione della linea del fronte. Quando viene trovata una breccia, i comandi russi vi riversano all’interno fanteria e droni, con l’obiettivo di trovare ed eliminare gli operatori di droni ucraini colpendoli alle spalle.
Viene così a prodursi una situazione in cui è estremamente difficile definire dove corra la linea del fronte perché, come già visto, questa si estende in profondità e, al suo interno, le posizioni di entrambi gli schieramenti risultano estremamente fluide, proprio a causa della porosità del fronte stesso.
Tuttavia, anche quando riescono a sfruttare questa porosità con successo, non è detto che le unità russe che occupano una posizione e la segnalano, per esempio issando una bandiera, siano poi in grado di mantenere e consolidare quella posizione.
È a causa di tale porosità che le unità russe riescono a infiltrarsi all’interno della “zona morta” per occupare una posizione e, in alcuni casi, per segnalarla, ad esempio issando una bandiera. Ma non è detto che poi riescano a mantenerla e, soprattutto, a consolidarla abbastanza a lungo da poterla usare per creare un vantaggio tattico. In molti casi, le squadre russe vengono individuate ed eliminate proprio a causa del loro isolamento e della distanza dalle linee di rifornimento.
“Una massa di fanteria incurante delle perdite”
La recente disfatta russa a Kupyansk è figlia proprio di questa dinamica. Perché, come nota l’OSINT @Majakovsk73, l’esercito russo “è ridotto a una massa di fanteria che preme incurante delle perdite, priva di capacità di manovra e senza velocità. Cerca l’aggiramento non per scelta tattica, ma perché frontalmente non riesce più [...] ad assaltare una città. [...] L’esercito russo ha perso anche la capacità di costringere gli ucraini alla ritirata dopo averne tagliato la logistica. Oggi gli aggiramenti servono soprattutto a favorire infiltrazioni e bombardamenti sulle linee logistiche, creando problemi agli ucraini ma senza capacità di sfruttare i progressi. La fanteria finisce per sfrangiarsi in un’area vasta, dominata dai droni, con problemi logistici per entrambi. Questa mancanza di pressione produce il minestrone di posizioni di Pokrovsk [...]: posizioni a macchia di leopardo, difficili da rifornire con il maltempo, che favorisce le rotazioni ed acceca i droni.”
Se la caduta di Pokrovsk viene di continuo considerata imminente a dispetto della realtà del campo, è proprio perché la natura della guerra per come si è evoluta sfida la nostra abituale comprensione di questo fenomeno.
Se non abbiamo chiaro che il fronte oggi è costituito da una zona fluida dove occupare una posizione non equivale a controllarla, difficilmente potremmo comprendere la dinamica dei combattimenti in atto e, soprattutto, il ritmo lento con cui si svolgono le operazioni offensive e difensive. A differenza dei primi mesi di guerra, estremamente dinamici, l’invasione dell’Ucraina si è trasformata in un conflitto fatto di tempi lunghi, in cui ogni avanzata costa all’esercito russo perdite enormi.
Il ministero della difesa britannico stima infatti che, nel 2025, le perdite russe si aggirino intorno ai 350.000 uomini, con una media giornaliera stabilmente superiore ai 1000 soldati feriti o uccisi.
Molti di essi sono caduti proprio nell’offensiva contro Pokrovsk, che era il principale obiettivo strategico russo per quest’anno. La cattura della città aprirebbe infatti alle truppe del Cremlino la possibilità di muovere verso nord, in direzione della “cintura delle fortezze”, ovvero la linea di difesa fortificata costituita dalle città, dai paesi e dagli insediamenti del Donbas che corrono lungo l’autostrada H-20 Kostyantynivka-Slovyansk.
Tale linea di difesa costituisce l’ultimo ostacolo per la conquista definitiva del Donbas, tanto che la ritirata ucraina da queste posizioni è uno dei 28 punti della bozza del piano di pace elaborato da Stati Uniti e Russi nel mese di novembre. Una richiesta che Putin avanza da tempo, usando le avanzate del suo esercito come prova che la Russia sta vincendo la guerra. Una dichiarazione che non trova riscontro nei dati.
Analizzando i dati disponibili, il professore di economia politica Fabio Sabatini fa notare la velocità di avanzamento del fronte registrata finora appare incompatibile con una vittoria strategica russa. A partire dalla fine del 2022, infatti, l’esercito invasore ha conquistato circa lo 0,77% del territorio ucraino a fronte di perdite umane e materiali estremamente elevate.
Questo non significa affermare che l’Ucraina stia vincendo. Letta attraverso le dinamiche del campo di battaglia, questa guerra è un conflitto tanto intenso quanto statico, in cui l’obiettivo delle due parti in campo è rompere l’equilibrio che consente all’altra parte di continuare a combattere.
Data la difficoltà oggettiva a ottenere successi significativi sul campo, ciò che importa di più in questa fase è il modo in cui ogni piccolo avanzamento territoriale può essere trasformato in una leva per la propaganda russa. Comprendere la natura di come si svolgono gli scontri è perciò di fondamentale importanza per pesare ogni affermazione politica in base alla realtà del combattimento in atto.
(Immagine anteprima via Wikimedia Commons)







