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Il diritto di scelta secondo Meloni: sfruttare i punti deboli della Legge 194

16 Settembre 2022 4 min lettura

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Il diritto di scelta secondo Meloni: sfruttare i punti deboli della Legge 194

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Giorgia Meloni vuole garantire il diritto delle donne “a non abortire”. Che cosa significa questa frase? Per capirlo bisogna fare un passo indietro, anzi, due. Cominciamo dal considerare Meloni nel quadro generale della sua appartenenza politica. Meloni si è dichiarata più volte affine ad altri partiti conservatori europei, e politicamente vicina a leader come Viktor Orbán, il cui governo ha di recente varato una norma che obbliga gli operatori sanitari a far ascoltare il battito cardiaco del feto prima di accordare il permesso per un’interruzione di gravidanza.

“Accordare il permesso” è il punto chiave, qui: in Ungheria come in Italia, a decidere se abortire o meno non è chi porta avanti la gravidanza, ma la collettività. La volontà della donna (e diciamo “donna” come soggettività che a larga maggioranza può rimanere incinta, e perché la limitazione dell’accesso all’aborto è strettamente legato alla misoginia) è irrilevante nel quadro legislativo. La legge 194 non garantisce l’aborto a chi non vuole portare avanti una gravidanza, lo concede a determinate condizioni: può richiedere l’interruzione “la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito”. Condizioni che devono essere accertate da terzi, che sono incaricati anche di “aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza”.

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L’interruzione volontaria di gravidanza, in Italia come altrove, non è un diritto. È una concessione che viene elargita di volta in volta, di caso in caso. La legge lo rende molto chiaro: l’obiettivo è la tutela della vita “fino dal suo inizio”, concetto arbitrario che ha subito nel tempo molti mutamenti anche all’interno della dottrina cattolica che informa la cultura in cui la 194 è stata redatta e promulgata. Meloni, quindi, non mente quando dice di voler applicare la 194 alla lettera. Non c’è modo migliore per ostacolare l’accesso all’interruzione di gravidanza che sfruttare la formulazione di una legge frutto di numerosi compromessi, pensata per proteggere la vita delle donne che richiedevano un aborto togliendolo dalle mani delle tenutarie dei bordelli (per le povere) o dei medici svizzeri (per le ricche).

Meloni, come dicevamo, non può essere compresa fino in fondo se la estrapoliamo dal contesto delle destre internazionali, che sul controllo dei corpi e della sessualità fondano una parte importante della loro politica. I conservatori americani, che di recente sono riusciti ad annullare la validità della sentenza Roe v Wade che garantiva l’accesso all’aborto a livello federale, stanno ora attaccando l’autonomia dei singoli Stati proponendo una legge che vieterebbe l’interruzione di gravidanza dopo la quindicesima settimana, senza alcuna eccezione per malformazioni fetali o anomalie genetiche. L’amniocentesi, un test della salute del feto con il 99% di accuratezza, viene effettuata a partire dalla quindicesima settimana. Se i Repubblicani vincessero le elezioni di metà mandato, avrebbero mano libera per far passare una norma che metterebbe a rischio la salute di milioni di persone.

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In questo quadro, il piano di Meloni appare trasparente: applicare la 194 alla lettera in un paese in cui l’obiezione di coscienza fra i sanitari è intorno al 70% come media nazionale, e in cui molte zone e anche alcune grandi città non sono più in grado di garantire il servizio di IVG. A questa disapplicazione si aggiunge anche la presenza sempre più invasiva dei volontari dei movimenti anti-scelta: il risultato è che spesso chi richiede un appuntamento per un’interruzione di gravidanza va incontro a pressioni psicologiche, ecografie non necessarie e non richieste e altri metodi coercitivi allo scopo di farle dissuadere dall’abortire. Ad alcune donne vengono offerte piccole somme di denaro per il primo anno della vita del nascituro. Altre riportano ammonimenti, rimbrotti, derisione. Quasi nessuna denuncia le vessazioni: per vergogna, perché non hanno (e non è) chiaro a chi andrebbe rivolto il reclamo, e perché nessuna vuole mettere in piazza una questione personale che è tuttora ammantata di uno stigma profondissimo.

Meloni, insomma, dice una mezza verità sul metodo, mente sull’obiettivo finale: che non è la natalità o la rimozione degli ostacoli alla maternità, ma la coercizione e il controllo. Da sempre, le destre hanno mirato ai corpi delle donne per affermare il proprio potere. La leader di Fratelli d’Italia non fa eccezione, è solo più scaltra nella proposta: sa di poter contare su una debolezza degli avversari politici, ancora riluttanti a proporre il superamento della 194 e sostenere una nuova legge che metta al centro la volontà delle persone.

Immagine in anteprima: Bologna, manifestazione a favore della legge 194 – Foto di Antonella Beccaria, CC BY-SA 2.0, via Flickr.com

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