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Mediaset ha bisogno dei politici di sinistra. Ma i politici di sinistra hanno bisogno di Mediaset?

12 Marzo 2012 4 min lettura

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Mediaset ha bisogno dei politici di sinistra. Ma i politici di sinistra hanno bisogno di Mediaset?

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Dino Amenduni @doonie

@valigiablu - rirproduzione consigliata
Giorni fa Marco Alfieri, su La Stampa, ha raccontato un retroscena molto interessante che non sembra essere stato smentito: pare che il gruppo editoriale della famiglia di Berlusconi, a causa di risultati economici insoddisfacenti, sia intenta a modificare la propria linea di condotta nei confronti della 'sinistra'. In particolare è Mediaset il primo avamposto del disgelo: "stiamo recuperando la logica della polifonia nell'informazione, il mantra di Fedele Confalonieri", dice un dirigente del Biscione ad Alfieri. 

"Da qualche tempo sull'agile rullo quotidiano di Giordano non è casuale trovare tra gli ospiti i «nemici» Rosi Bindi o Antonio Di Pietro. Non sono casi isolati", sottolinea lo stesso Aflieri. "La crisi si fa sentire (in un anno il titolo Mediaset è passato da 4,6 a 2,2 euro), c'è bisogno di sponde. La polifonia è un fatto di sopravvivenza..."

Pare che Mediaset abbia bisogno dei politici di sinistra per rendere più interessante i propri format di informazione. Il ragionamento è piuttosto ovvio: quanto più c'è dialettica, ritmo, vivacità interesse nei programmi televisivi a tasso giornalistico, tanto più ci saranno ascolti.

Gli ascolti, per un gruppo editoriale privato, rappresentano la prima e forse l'unica variabile editoriale di riferimento. Senza ascolti non c'è pubblicità, senza pubblicità non ci sono introiti, senza introiti non c'è sopravvivenza.

A questa analisi è opportuno aggiungere un'altra variabile. Il Pdl, il partito di cui Berlusconi è Presidente, ha un'unica fonte di finanziamento privato: lo stesso Silvio Berlusconi. Lo dice Angelino Alfano meno di un mese fa da Fabio Fazio: "Io vengo da un partito che non ha mai avuto bisogno di trucchi sui soldi, perché ci sono le fideiussioni di Berlusconi e non abbiamo bisogno dei finanziamenti privati". Marco Palombi sul Fatto Quotidiano spiega che ciò è possibile perché il Cavaliere ha investito 178,9 milioni di euro in garanzie di credito personali, in fideiussioni bancarie. Secondo Palombi, il Pdl è di fatto "una società a responsabilità limitata".

Le dimissioni di Berlusconi che hanno preceduto l'avvento del Governo Monti furono accelerate dai drammatici risultati di Borsa dell'8 novembre 2011: spread a 574, Mediaset perde il 12% in un giorno. A quel punto entra in campo Ennio Doris, presidente e fondatore di Banca Mediolanum, che dichiara: "è evidente che quello che chiedono il mercato e l’Europa è un governo di transizione con un presidente del Consiglio che abbia un grande prestigio sul mercato» e «non sia né di centrodestra né di centrosinistra. Secondo me, e me lo auguro, questo dovrebbe essere lo sbocco di questa crisi". 

Leggenda (anche questa, mai smentita) vuole che lo stesso Doris abbia suggerito a Berlusconi di mollare. Lo stesso Doris lo conferma in un'intervista a Myrta Merlino il 24 gennaio 2012. Gli viene attribuita la drammatica frase: "Silvio, se teniamo così non avrai nulla da lasciare in eredità ai tuoi figli".

Incrociando queste variabili si potrebbe sostenere che la scelta di partecipare a un programma d'informazione Mediaset è una scelta politica. Se un politico non partecipa a un talk show di approfondimento, questa scelta può incidere negativamente sugli ascolti. Questo riduce gli introiti pubblicitari della società, dunque del gruppo industriale della famiglia Berlusconi. Non partecipare a un programma giornalistico di Mediaset può rappresentare un danno economico per Berlusconi, la cui fortuna economica permette alcune distorsioni della vita politica come la possibilità di incidere a titolo personale sul patrimonio di un partito.

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A questo punto mi chiedo se, dato questo contesto, i politici di centrosinistra possano valutare di non partecipare ai programmi Mediaset come forma di opposizione politica al centrodestra. Si continuerebbe a rispondere alle domande dei giornalisti, perché la libertà di stampa va garantita e tutelata, ma non si accetterebbe l'invito (personale) a programmi di approfondimento, talk-show, format di infotainment. 

Non possiamo chiedere ai cittadini di boicottare il gruppo editoriale di Berlusconi. Non ha mai funzionato, in primo luogo: gli italiani pensano che votare un partito che non sia quello di Berlusconi sia già un modo sufficiente per esprimere dissenso e che a quel punto devono essere i partiti a trasformare quella fiducia in proposta politica. In secondo luogo è assai difficile farlo senza compromettere la libertà individuale di consumo in moltissimi settori della vita commerciale del nostro paese (un sentimento che, pur non vedendomi certamente in posizione di strenuo difensore, è largamente maggioritaria nel nostro Paese).

Possiamo però chiedere ai politici di centrosinistra di non far arricchire il loro avversario, né direttamente, né indirettamente. Gli spazi per il pluralismo ci sono, sui mezzi tradizionali e sul web, anche se viviamo in un Paese poco libero dal punto di vista informativo (61° posto nel mondo). E ce ne sarebbero ancora di più, se il rapporto tra potere mediatico e potere politico fosse spezzato nei fatti e nei fatturati, aspettando una legge sul conflitto di interessi che non sembra essere all'ordine del giorno neanche con il Governo Monti (che cadrebbe un secondo dopo una proposta del genere). 

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