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Condannato all’ergastolo ingiustamente, libero anche grazie a una serie di Netflix

18 Agosto 2016 6 min lettura

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Condannato all’ergastolo ingiustamente, libero anche grazie a una serie di Netflix

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di Roberta Aiello e Marco Nurra

Aggiornamento 11 dicembre, ore 19:00 - La scorsa settimana una corte d'appello federale di Chicago ha capovolto la sentenza del tribunale che aveva assolto Brendan Dassey, confermando invece la condanna per omicidio.

Il video del suo interrogatorio, reso pubblico dalla serie di Netflix "Making of a Murderer", era stato presentato come la prova di una condotta scorretta da parte delle forze dell'ordine e dei pubblici ministeri. Il comportamento degli agenti, unitamente ad altri fattori rilevanti, quali l'età di Dassey, i deficit intellettivi e l'assenza di sostegno da parte di un adulto, aveva reso la confessione del ragazzo "involontaria" - agli occhi della corte federale - in base a quanto stabilito dal quinto e dal quattordicesimo emendamento.

Usando quella confessione, Dassay era stato inizialmente incriminato e condannato all'ergastolo da un tribunale statale. Successivamente il caso era stato trasferito a una corte federale, che aveva capovolto la sentenza e stabilito che si trattava di una confessione "involontaria". Ora il tribunale federale d'appello ha deciso che la confessione è legittima e ha confermato la sentenza di ergastolo della corte statale.

"La storia di Brendan Dassey potrebbe essere presa come esempio di quelli che sono i limiti del giornalismo", scrive James Warren su Poynter. "Dassey rimarrà in prigione, sembrerebbe, fino alla morte".

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Notizie, interviste, prove, telefonate registrate, interrogatori della polizia, ricostruzioni, indagini. Tutto questo è 'Making a Murderer', il documentario scritto e diretto da Laura Ricciardi e Moira Demos, trasmesso in dieci episodi da Netflix.

Protagonista della serie è Steven Avery, arrestato ingiustamente nel 1985 in un caso di stupro e rilasciato nel 2003, dopo 18 anni di detenzione, grazie a un esame del DNA che lo scagiona definitivamente. In seguito a questa triste vicenda giudiziaria, Avery decide di presentare una denuncia federale per danni contro la contea di Manitowoc (Wisconsin), il suo ex sceriffo, Thomas Kocourek, e l'ex procuratore distrettuale Denis Vogel. Gli avvocati di Avery chiedono 36 milioni di dollari, ma la causa si chiuderà con un accordo per 400mila dollari nel 2006.

Nel 2005, però, Steven Avery viene arrestato insieme al nipote Brendan Dassey, all'epoca sedicenne, per un altro delitto: omicidio e violenza sessuale perpetrata nei confronti della fotografa venticinquenne Teresa Halbach, nella contea di Manitowoc. Nel 2007 entrambi vengono condannati all'ergastolo. La storia si ripete.

Le prove che portano alla seconda condanna sembrano schiaccianti: la polizia ha trovato il suv di Halbach nascosto nella proprietà della famiglia di Avery, dentro il veicolo sono state incontrate tracce di sangue appartenenti a Steven Avery, un proiettile col sangue della vittima è stato trovato nel garage dell'imputato, e le chiavi del suv erano nel camper di Avery.

Il documentario di Netflix solleva però una serie di validi interrogativi sull'affidabilità di queste prove, mettendo in dubbio persino il test del DNA. Secondo la difesa, le tracce di sangue di Avery trovate nel suv di Teresa Halbach potrebbero essere state collocate dagli agenti di polizia, che erano in possesso di un campione di sangue dell'imputato prelevato nel 1985 in seguito al precedente arresto. Il momento più eclatante del documentario è quando gli avvocati mostrano che la scatola contenente la fiala di sangue prelevato nel 1985 è stata aperta e che nel tappo è presente un piccolo foro della grandezza di una siringa ipodermica. La teoria della cospirazione presentata nel dettaglio agli spettatori è credibile, o per lo meno plausibile.

Il documentario suggerisce, inoltre, che la richiesta di risarcimento danni fatta pochi anni prima da Avery abbia messo in luce il comportamento scorretto di alcuni agenti di polizia della contea di Manitowoc, che per vendicarsi dell'affronto subito avrebbero manipolato le prove per incastrarlo in un secondo crimine.

Durante le 10 ore di trasmissione, il documentario ripercorre la storia di Steven Avery partendo dall'adolescenza, passando attraverso una serie di eventi (da un'infanzia turbolenta al matrimonio finito in divorzio durante la prima detenzione) che lo hanno portato a scontrarsi con quella che almeno apparentemente sembra essere una vera e propria crociata della polizia ai suoi danni.

Steven Avery
Steven Avery

Quando è stato rilasciato, 'Making a Murderer' ha ricevuto diverse critiche dai giornali, che oltre a evidenziare i limiti investigativi del documentario rispetto alla giustizia ordinaria, hanno accusato le registe di parzialità per aver trascurato alcune prove che avrebbero potuto determinare la colpevolezza di Avery.

Un altro aspetto che non è sfuggito all'attenzione dei media è la partecipazione attiva del "pubblico" (con due petizioni, una in favore di Steven Avery su Change.org che ha raggiunto più di 530.000 firme e un'altra sul sito della Casa Bianca in favore di Steven Avery e Brendan Darsey che ha raccolto quasi 130.000 adesioni). Alcuni giornalisti hanno evidenziato un particolare fenomeno causato dai programmi come 'Serial' o 'Making a Murderer' che inducono gli ascoltatori/spettatori a sviluppare le proprie ricostruzioni in base agli elementi a disposizione, confrontando online le proprie teorie come se stessero parlando della trama di una serie televisiva della HBO. Un articolo del Guardian lo descrive come un intrattenimento "inquietante" che sostanzialmente non porta da nessuna parte: "Speculare online su piste che non sono state seguite, o su altre persone che potrebbero essere colpevoli, non porterà Avery a un nuovo giudizio né a uscire dal carcere. [...] Solo due cose possono: un nuovo esame del DNA o qualcuno che presenti ulteriori elementi (sul caso)".

Venerdì 12 agosto, il colpo di scena: un giudice federale ha annullato la condanna all'ergastolo del nipote di Avery, Brendan Dassey, oggi ventiseienne, anche grazie al lavoro minuzioso e dettagliato di 'Making a Murderer'.

Il giudice ha riscontrato che durante l'interrogatorio del ragazzo, avvenuto il 1 marzo 2006, gli inquirenti gli abbiano fatto false promesse, assicurandogli di non preoccuparsi, e affermando di "essere già a conoscenza di cosa fosse successo". Il comportamento degli agenti, unitamente ad altri fattori rilevanti, quali l'età di Dassey, i deficit intellettivi e l'assenza di sostegno da parte di un adulto, ha reso la confessione del ragazzo "involontaria", in base a quanto stabilito dal quinto e dal quattordicesimo emendamento. Per questo motivo Dassey potrà essere rilasciato entro 90 giorni a meno che lo Stato non intenda processarlo nuovamente.

Fotogramma dell'interrogatorio di Brendan Dassey
Fotogramma dell'interrogatorio di Brendan Dassey

Secondo i documenti della Corte, Dassey ha un quoziente intellettivo compreso tra 69 e 73 (il valore 70 è spesso considerato la soglia della disabilità mentale) e nella registrazione la polizia gli formula domande dettagliate a cui il ragazzo risponde con frasi brevi, talvolta con una sola parola. Nel video dell'interrogatorio, inoltre, è palese che quella che dovrebbe essere una presunta confessione si presta maggiormente a essere considerata una dichiarazione rilasciata a seguito di coercizione.

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Dalla confessione ottenuta dal ragazzo, la polizia avrebbe costruito la base portante degli elementi utilizzati contro Avery. In uno degli episodi del documentario, Ken Kratz, il pubblico ministero designato nel processo, descrive in maniera scrupolosamente dettagliata una supposta linea temporale del delitto rendendo evidente che la fonte di gran parte delle informazioni utilizzate fosse il resoconto di Dassey. Questa è una delle ragioni per cui Steven Avery spera che anche il suo caso sarà oggetto di revisione da parte del tribunale.

'Making a Murderer' si è quindi rivelato un successo non solo dal punto di vista degli ascolti e delle candidature agli Emmy Awards (ben sei) e neanche soltanto per il clamore suscitato intorno al caso provocando da un lato la partecipazione attiva degli spettatori, dall'altro proteste per essersi mostrati presumibilmente di parte. Al programma va riconosciuto soprattutto il merito di aver contribuito all'affermazione della verità e di aver fatto luce su un sistema giudiziario pieno di falle e troppo spesso dominato dall'abuso di potere.

Il mese scorso Netflix ha annunciato che è in corso di realizzazione la seconda stagione, con informazioni esclusive sui recenti sviluppi e nuovi elementi da scandagliare sul caso Halbach.

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