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La bomba ad Equitalia e quelle condanne accompagnate dai se e dai ma

13 Dicembre 2011 2 min lettura

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La bomba ad Equitalia e quelle condanne accompagnate dai se e dai ma

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"Non sono d'accordo con il pacco bomba l'esasperazione diffusa verso Equitalia va capita" oppure "Che orrore i roghi ai campi Rom, però chi abita vicino ad un campo ha grandi problemi".

Sono commenti diffusi dentro e fuori dal web.
Quando Arianna Ciccone, animatrice di Valigia Blu, ha scritto sulla sua bacheca di Facebook che avrebbe eliminato chi gioiva per l'attentato ad Equitalia ha ricevuto decine di commenti di questo tipo.
Le persone che le hanno scritto esortandola a discutere con chi esultava, a capirne le motivazioni e a tenere conto del disagio sociale diffuso come chiave di lettura sia dell'attentato che delle esultanze. 
Pur avendo opinioni molto diverse, ho provato a chiedermi cosa significasse quel commento così diffuso.
Credo si tratti di una forma, magari inconsapevole, di delega a chi commette atti che pure vengono condannati.
Dire che una azione è dura ma "va compresa", "interpretata", che è "figlia di un disagio reale", o che "risponde ad ingiustizie altrettanto grandi, per quanto legali" rischia di legittimare il pacco bomba come forma, per quanto estrema, di protesta con la quale ha senso aprire dei canali di comunicazione. Derivare da questo tipo di fatti, proposte di riforma, per esempio, delle procedure di esazione, o anche solo discuterne in occasione di questi fatti in qualche misura finisce per utilizzare gli attentati come dimostrazione e addirittura strumento di pressione per dimostrare la necessità delle riforme stesse. Come se gli attentatori fossero l'ala radicale e chi condanna il metodo ma comprende le ragioni i "riformisti" di un unico organismo collettivo. 
Si dirà, ma chi dichiara di avversare radicalmente quel metodo, comunque prende le distanze da chi lo mette in pratica. In realtà, credo che l'unico consenso a cui realisticamente aspirino gli autori dell'attentato ad Equitalia, e più in generale i gruppi armati vecchi e nuovi, sia quello di chi li ritiene rappresentanti, al di là dei metodi, di istanze reali, e quindi finisce per legittimare quei metodi come possibile parte di una dialettica politica. Proprio quello che non ci occorre, mai.
Fabio Mangiafico

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