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I negoziati con Hamas per il cessate il fuoco e le proteste dei cittadini israeliani contro Netanyahu

8 Maggio 2024 4 min lettura

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I negoziati con Hamas per il cessate il fuoco e le proteste dei cittadini israeliani contro Netanyahu

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Tel Aviv, Gerusalemme, Haifa, Beershebae Raanana. Sono le città israeliane dove hanno preso vita in questi giorni manifestazioni per chiedere al governo di Benjamin Netanyahu di accettare la proposta di cessate il fuoco e rilascio degli ostaggi, di non attaccare Rafah e di dimettersi. 

Le manifestazioni e i raduni sono iniziati già da sabato, durante gli incontri al Cairo tra Hamas e mediatori di Qatar ed Egitto, e a ridosso dello Yom HaShoah (la Giornata del ricordo dell’Olocausto). A Tel Aviv migliaia di persone sono scese per strada, tra cui anche i parenti di alcuni tra gli oltre cento ostaggi ancora prigionieri.  

Anche se si ritiene che molte delle persone catturate negli attacchi del 7 ottobre siano morte, i loro parenti insistono perché tutti gli ostaggi vengano liberati o restituiti. “Non li abbandoneremo come gli ebrei sono stati abbandonati durante l'Olocausto", ha dichiarato Hanna Cohen, zia di Inbar Haiman. Haiman, 27 anni, inizialmente era stata data per ostaggio, poi si è scoperto che era stata uccisa, ma si pensa che il corpo sia ancora a Gaza, custodito da Hamas.

Sempre a Tel Aviv, nei giorni scorsi, ci sono stati proteste e blocchi sull’autostrada Ayalon. La polizia ha sgomberato due volte i manifestanti, che hanno suonato tamburi e gridato slogan contro il premier. Einav Zangauker, il cui figlio Matan Zangauker è ancora detenuto a Gaza, lunedì sera ha detto alla folla che era "tempo di accettare l'accordo".

A Gerusalemme, un gruppo composto da circa 100 manifestanti ha marciato verso la residenza di Netanyahu portando uno striscione con su scritto: "Il sangue è sulle tue mani". Tra i presenti anche Mai Albini Peri, nipote di Haim Peri, ostaggio a Gaza. In altre parti di Israele, ci sono stati invece raduni spontanei e sit-in.

Le manifestazioni hanno avuto luogo mentre Israele ha iniziato a effettuare attacchi a Rafah, nella parte meridionale della Striscia di Gaza, e nel corridoio di Philadelphi, lungo il confine tra Israele ed Egitto. Gli attacchi sono arrivati in risposta a lanci missilistici effettuati da Hamas nel fine settimana. 

Le proteste stanno perciò avvenendo in un clima piuttosto teso nel gabinetto di guerra di Netanyahu, secondo quanto riporta il Guardian: “Le mosse diplomatiche e le manovre militari ad alto rischio hanno lasciato un barlume di speranza - anche se solo a malapena - per un accordo che potrebbe portare almeno una pausa nella guerra di sette mesi che ha devastato la Striscia di Gaza”.

Lunedì Hamas aveva comunicato a Qatar ed Egitto di aver accettato la proposta di cessate il fuoco. La comunicazione è arrivata dopo che Israele aveva ordinato l’evacuazione di circa 100mila civili da Rafah, lasciando perciò presagire un’invasione della città. In risposta alle dichiarazioni di Hamas, Netanyahu ha fatto sapere che “anche se la proposta di Hamas è lontana dai requisiti fondamentali di Israele, Israele invierà una delegazione di mediatori per esaurire la possibilità di raggiungere un accordo a condizioni accettabili per Israele”. 

A ridosso della notizia e delle manifestazioni, il Forum delle famiglie degli ostaggi e dei dispersi, un gruppo ombrello che rappresenta numerosi parenti di prigionieri, ha dichiarato in un comunicato che l'annuncio di Hamas "deve portare alla restituzione dei 132 ostaggi tenuti prigionieri da Hamas negli ultimi sette mesi". Sempre secondo il Forum, “è il momento per tutte le parti coinvolte di rispettare il loro impegno e trasformare questa opportunità in un accordo per la restituzione di tutti gli ostaggi".

Secondo quanto riferito alla BBC da un alto funzionario palestinese, Hamas sarebbe stato disponibile a cessare per sempre le ostilità, in caso di condizione accettate, il che inizialmente ha fatto supporre che Hamas potesse sospendere per sempre la lotta armata, anche se non sono stati forniti dettagli al riguardo.

La liberazione degli ostaggi era prevista in un accordo di cessate il fuoco in due fasi. La prima fase vedeva il rilascio di 33 ostaggi - donne, anziani e malati - in cambio di centinaia prigionieri palestinesi (compresi alcuni ergastolani) per ogni militare e di un cessate il fuoco di 42 giorni. Durante questa fase, le due parti avrebbero poi elaborato un secondo cessate il fuoco con il rilascio incrociato di militari israeliani e prigionieri palestinesi.

Dopo le iniziali dichiarazioni di Hamas e del governo israeliano, in un secondo momento è stato reso noto che Hamas non ha “accettato” un accordo, ma ha invece fatto una controfferta al ribasso alla proposta su cui convenivano Stati Uniti e Israele. Secondo quanto riferito al New York Times da due fonti vicine alle negoziazioni, tra i 33 ostaggi iniziali che Hamas si è reso disponibile a rilasciare, inoltre, ci sarebbero stati dei morti.

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Come scritto da Yair Rosenberg su The Atlantic, “mentre proseguono i negoziati, entrambe le parti cercano di influenzare la copertura mediatica internazionale, e le dichiarazioni rilasciate vanno lette tenendo presente questo aspetto”. Anche se non c’è un accordo, Rosenberg fa notare che si è arrivati a un “punto cruciale”. “Lunedì Hamas ha fatto una controfferta negoziale, poi ha accettato la sua stessa controfferta. Ovviamente non è così che funziona un accordo bilaterale, ma è la prova che i negoziati stanno avanzando. In risposta, Israele ha annunciato che invierà una nuova delegazione al Cairo per continuare i colloqui”. 

Su X/Twitter, il leader di opposizione Yair Lapid ha criticato l’atteggiamento del governo israeliano, che non sarebbe seriamente impegnato a rilasciare gli ostaggi, definendolo “una vergogna nazionale”. Intanto, sempre lunedì il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha messo in guardia Netanyahu dall’effettuare un’offensiva su larga scala a Rafah. Come riporta Reuters, gli Stati Uniti hanno sospeso la scorsa settimana l’invio a Israele di un carico di armi, probabilmente in risposta a una prevista offensiva su Rafah. La Casa Bianca e il Pentagono non hanno però commentato la notizia.

Immagine in anteprima: frame video Guardian

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