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Ambiente, lavoro e interesse nazionale: il futuro dell’Ilva nello scontro tra governo ed enti locali

20 Dicembre 2017 18 min lettura

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Ambiente, lavoro e interesse nazionale: il futuro dell’Ilva nello scontro tra governo ed enti locali

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Sul futuro dell'acciaieria Ilva c'è un dibattito in atto tra governo ed enti locali. Tra i temi emersi e collegati al confronto ci sono la questione occupazionale, con le circa 14mila persone occupate dall'azienda, le tematiche ambientali e di salute, legate all'inquinamento prodotto dallo stabilimento di Taranto e l'interesse nazionale riguardante il siderurgico più grande d'Italia. È previsto oggi un tavolo al Ministero dello Sviluppo Economico a cui parteciperanno anche Comune di Taranto e Regione Puglia. Una riunione importante, successiva a un forte scontro tra il ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, Michele Emiliano, governatore pugliese, e Rinaldo Melucci (Partito democratico), sindaco di Taranto.

Tutto nasce quando il presidente della Regione Puglia e il sindaco Melucci, il 28 novembre scorso, decidono di impugnare il decreto con cui il governo a settembre ha modificato il piano ambientale dell'Ilva. Secondo Emiliano, infatti, il decreto è illegittimo perché concederebbe "di fatto una ulteriore inaccettabile proroga al termine di realizzazione degli interventi ambientali di cui alle prescrizioni AIA (ndr Autorizzazione Integrata Ambientale) già da tempo scadute e sinora rimaste inottemperate" e consentirebbe all'ILVA di proseguire fino al 2023 "l'attività siderurgica nelle stesse condizioni illegittime e non più ambientalmente sostenibili (...)". L'azione di Regione e Comune è avvenuta al termine di una giornata in cui al Ministero della Sviluppo Economico (MISE) si era discusso sia del piano industriale che di quello ambientale dell'acciaieria tra sindacati, l'azienda Arcelor Mittal (che guida la cordata Am Investco, aggiudicatasi l'Ilva questa estate, ma non ancora formalmente proprietaria, fino a quando non riceverà il via libera dalla Commissione europea alla concorrenza).

Il ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, commentando la notizia del ricorso, ha ribattuto: "Mentre Governo, parti sociali e la maggior parte degli enti locali coinvolti stanno costruttivamente collaborando per assicurare all'ILVA, ai lavoratori e a Taranto investimenti industriali per 1,2 miliardi, ambientali per 2,3 miliardi e la tutela di circa 20.000 posti di lavoro tra diretti e indiretti, il Comune di Taranto e la Regione Puglia decidono di impugnare il decreto ambientale mettendo a rischio l'intera operazione di cessione e gli interventi a favore dell'ambiente. (...)".

Critiche alla decisione di Sindaco e governatore sono arrivate anche dal ministro dell'Ambiente, Gian Luca Galletti: «Io sono davvero stupito dalla posizione della Regione. Non capisco come si possa tentare di mettere in discussione una cessione che ha un Piano industriale forte, con un'azienda seria dall'altra parte e un Piano di ambientalizzazione che è il migliore che abbiamo mai visto». Un presidio dei lavoratori dell’Ilva di Taranto, organizzato dai sindacati metalmeccanici Fim Cisl e Uilm, davanti alla sede del Consiglio regionale a Bari, ha chiesto a Michele Emiliano di fare un passo indietro: «Manifestiamo oggi perché dobbiamo dire a gran voce che fare ricorso non è fare il bene della città». Una posizione espressa anche dalla Fiom-Cgil nazionale.

Calenda il giorno successivo ha poi annunciato di aver congelato «il negoziato sull'Ilva aspettando la decisione del Tar di Lecce sull'impugnativa del governatore della regione Puglia, Emiliano, e del Comune di Taranto. Sono inutili i tavoli finché non è chiara la situazione. Se il Tar di Lecce accoglie l'impugnativa, l'amministrazione straordinaria dovrà procedere allo spegnimento dell'Ilva». Regione e Comune non sono tornate indietro sulla loro decisione: "Da quando rivolgersi ad un giudice per chiedere la tutela della salute dei propri cittadini minacciata da un atto che non prende in considerazione le osservazioni di una Regione è un atto irresponsabile? Da quando il possibile accoglimento di una domanda da parte di un giudice viene considerata in sé una disgrazia che dovrebbe sconvolgere l’economia, il diritto dei lavoratori o dissuadere l’acquirente di uno stabilimento? (...) Rassicuro i miei cittadini che queste intimidazioni non avranno alcuna influenza sulla nostre decisioni. (...) Andremo avanti senza paura".

Come nasce il ricorso al TAR di Regione e Comune

Per comprendere i motivi di quello che sta accadendo intorno all'Ilva – che si inserisce nella lunga e travagliata storia dell'acciaieria tra processi per disastro ambientale agli ex proprietari, problematiche legate all'inquinamento dello stabilimento di Taranto e questioni occupazionali – bisogna fare un passo indietro.

Nel 2015, l'allora presidente del Consiglio, Matteo Renzi, annuncia che l'Ilva andrà in amministrazione straordinaria (grazie a delle modifiche ad hoc sulle legge Marzano, già utilizzata nel 2008 per Alitalia) e nomina tre commissari straordinari. Questa decisione viene presa perché l'Ilva si trova in stato di insolvenza (cioè non è in grado di ripagare i debiti accumulati) e possiede i requisiti per poter accedere a questa procedura. L'amministrazione straordinaria permette all'azienda, in questo modo, di proseguire le sue attività in vista di una cessione.

Un anno dopo, il governo Gentiloni mette in vendita l'acciaieria. Il decreto, spiega il Sole 24 Ore, "offre all'Ilva una dote di 1,1 miliardi di euro così divisa: 300 milioni sotto forma di prestito affinché l'azienda governi la fase di transizione e provveda alla gestione corrente, stipendi compresi, e 800 milioni per la bonifica ambientale". Non si tratta di aiuti di Stato, non consentiti dall'Unione europea: "i 300 milioni dovranno essere ridati con gli interessi da chi acquisirà l'azienda e gli 800 restituiti da chi, al termine del processo penale in corso a Taranto, verrà riconosciuto responsabile del reato di disastro ambientale contestato dalla Procura. Altro punto della legge è che rispetto al piano ambientale in vigore, il completamento delle prescrizioni di risanamento slitta di dieci mesi: da agosto 2016 a giugno 2017". Nel luglio del 2016, poi, viene approvato definitivamente in Parlamento (dopo la fiducia messa dal governo) un nuovo decreto sull'Ilva (il decimo in cinque anni) in cui sono previste, tra le altre cose, la possibilità di una proroga al 31 dicembre 2018 del termine ultimo per l’attuazione del Piano Ambientale e uno scudo giudiziario, limitato nel tempo, per i futuri acquirenti e affittuari dell'acciaieria.

Alla gara per l'acquisizione dell'Ilva vengono ammesse due cordate: "Am Investco Italy S.r.l" (formata da Arcelor Mittal e il gruppo Marcegaglia)  e "Acciai Italia" (composta dalla compagnia indiana Jindal Stell, Cassa Depositi e Prestiti, l'acciaieria cremonese Arvedi e l’imprenditore Leonardo Del Vecchio Arved). Le due proposte di acquisto vengono presentate ai primi di marzo. Il vincitore, spiega L'Espresso, sarà scelto in questo modo: "Il peso più importante ce l’ha il prezzo d’acquisto, che conta per il 50% del totale, mentre la restante metà è suddivisa fra piano ambientale, occupazionale e industriale (15% l’uno), oltre a un 5% relativo alle compensazioni pubbliche".

Come raccontato dai giornali in quei giorni (e confermato successivamente dal ministero della Sviluppo Economico) le differenze tra i due piani riguardano vari aspetti: il prezzo d'acquisto – Am Investco offre 1 miliardo e 800 milioni di euro, mentre Acciaia Italia 1 miliardo e due ( ) – e il tipo di combustibile da utilizzare: Am Investco continua a puntare sul carbone per la produzione, mentre Acciai Italia pensa di ridurne l'utilizzo nel tempo "grazie all'introduzione di gas (ndr con un minore impatto ambiantale) nell'altoforno". In entrambe le offerte sono previsti inoltre migliaia di esuberi, come denunciato dai sindacati al termine di un tavolo al Mise nel quale sono state illustrate le proposte delle due cordate: «4.800 esuberi, subito, dal 2018, (ndr previsti da Am Investco) mentre sono 6.400 gli esuberi nella proposta di Acciai Italia». Uno scenario che ha portato a uno sciopero di circa 2mila lavoratori dell'azienda.

Pochi giorni prima del termine della gara, poi, Acciaia Italia rilancia con una nuova offerta (intanto però dalla cordata si sono sfilate Cdp e Arvedi) poco più alta del diretto concorrente. Su questa mossa, Repubblica Bari scrive però che secondo quanto afferma una fonte vicina al dossier "l'offerta non sarebbe 'conforme a procedura' proprio perché 'presentata da due soli soggetti e non da tutta la cordata che si era iscritta alla gara'".

Lo scorso 5 giugno, infine, il ministero dello Sviluppo Economico annuncia che il vincitore è "Am Investco Italy S.r.l" (il cui capitale sociale è così suddiviso: il 51% ad ArcelorMittal Italy Holding S.r.l., il 34% ad ArcelorMittal S.A. e il 15% al gruppo Marcegaglia Carbon Steel). In base a quanto si può leggere sul sito del ministero, l'offerta vincitrice prevede la realizzazione del piano ambientale per il 2023 "in linea con quanto definito dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, con l’effettuazione di investimenti per 1 miliardo e 137 milioni di euro, tra i quali 301 milioni di euro destinati alla copertura dei parchi minerari a tutela del territorio (...)".

Sull'aspetto occupazionale, l'offerta di "Am Investco" punta a mantenere 9.407 occupati nel 2018, destinati a ridursi nell’arco del Piano a 8.480: "Oggi l’organico delle società ILVA oggetto del trasferimento è composto da 14.220 lavoratori ed il ricorso alla cassa integrazione straordinaria (Cig) riguarda complessivamente un massimo di 4.100 addetti". Il Mise, nel suo comunicato, specifica che "il termine del programma dei commissari coinciderà con quello di ultimazione del Piano ambientale di Ilva", cioè fino al 2023 e che "fino a quella data, la procedura di amministrazione straordinaria potrà far ricorso alla Cig straordinaria". I lavoratori non assunti da Am Investco rimangono "in capo all’Amministrazione Straordinaria per tutta la durata del programma e potranno essere impiegati nelle attività di bonifica e decontaminazione. Nessun lavoratore sarà dunque, in ogni caso, licenziato e/o lasciato privo di protezione" per i prossimi 6 anni.

A metà giugno, poi, la successiva trattativa tra Mise e Am Investco sui contenuti dell'offerta della cordata vincitrice ha portato a un accordo, in cui vengono ridotti gli esuberi, con 10mila lavoratori occupati "per l’intera durata del piano industriale secondo quanto sarà stabilito nell’ambito della procedura sindacale". Proprio sull'aspetto occupazionale, però, i sindacati ribadiscono nel primo incontro con governo e Am Investco che "Arcelor Mittal non può acquistare il primo gruppo siderurgico italiano, e il secondo sul mercato europeo, senza farsi carico degli attuali livelli occupazionali in ogni stabilimento", cioè degli attuali 14mila occupati.

Sull'esito della gara arrivano le prime critiche del presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano: "La vicenda Ilva era cominciata male ed è finita peggio. Evidentemente in questo Paese ci sono logiche interne a gruppi industriali che si occupano solo di piccole cose e che non sono capaci di costruire il futuro. Siamo convinti che il piano di decarbonizzazione che era stato offerto dall'altra cordata, che avrebbe mantenuto alti livelli occupazionali e soprattutto avrebbe dato una spinta di concorrenza positiva accelerando la decarbonizzazione in tutta Europa, sia ancora la scelta migliore". Emiliano definisce poi la "gara" "una decisione politica sbagliata" contro la quale, avverte, "faremo politicamente tutto ciò che sarà possibile fare perché questo errore sia corretto". Anche il Comune di Taranto e Arpa Puglia (cioè l'Agenzia Regionale per la Prevenzione e la Protezione dell'Ambiente), analizzando i vari aspetti del piano, emettono un giudizio nel complesso non positivo. Il Comune, ad esempio, sulla copertura dei parchi minerari afferma che le tempistiche non sono in realtà definite e che i tempi per il risanamento ambientale dell'acciaieria sono eccessivamente lunghi "rispetto a quanto indicato dall'Aia 2012 e dal piano ambientale (ndr approvato nel 2014)".

A fine settembre, su proposta di Am Investco, il governo approva il decreto che modifica e integra il piano ambientale Ilva. Tra i punti previsti si legge che "gli interventi saranno realizzati secondo un dettagliato cronoprogramma, che si articola dal 2018, con termine ultimo al 23 agosto 2023 che è il termine di scadenza dell’AIA" e che "la copertura dei parchi primari (Parco Minerale e Parco fossile) dovrà essere realizzata entro 36 mesi dal subentro di AM nella gestione del sito, fermo restando che l'apertura del cantiere deve avvenire entro il 30 settembre 2018".

Tra ottobre e novembre, poi, la questione occupazionale e quella ambientale tornano sulla scena del confronto in atto. "In base alle lettera che i commissari straordinari hanno inviato ai sindacati in vista dell'incontro con il governo emerge che Am InvestCo nel complesso intende occupare 9.930 dipendenti del Gruppo per il rilancio della società siderurgica. Questo significa che gli esuberi saranno 4.000 circa", scrive Repubblica Bari. Inoltre, per tutti gli altri che resteranno in servizio, non vi sarà "continuità rispetto al rapporto di lavoro intrattenuto dai Dipendenti con le Società, neanche in relazione al trattamento economico e all'anzianità". In altre parole, spiega il quotidiano, "i nuovi contratti rientreranno nell'alveo del Jobs Act con la perdita delle garanzie dell'art. 18".

Notizie che portano i lavoratori a scioperare, mentre il ministro Calenda annulla il tavolo previsto tra le parti al Mise perché la "proposta dell'azienda su salario ed inquadramento dei lavoratori è irricevibile". Sul punto interviene anche la Regione Puglia, esprimendo vicinanza ai lavoratori e confermando le critiche sulla cordata di Am Investco "tanto per il piano industriale presentato, quanto rispetto alle criticità nella bonifica ambientale dell'area, poiché avevamo auspicato che fosse lanciato un piano di decarbonizzazione".  Am Investco fa allora marcia indietro sulla possibilità che i 10mila lavoratori riassorbiti nella "nuova" Ilva vengano assunti con le tutele crescenti e con una discontinuità contrattuale rispetto al passato e la perdita degli scatti retributivi, e la trattativa riparte. Un chiarimento che però non riduce le preoccupazioni dei lavoratori dell'acciaieria.

Intanto, il 25 ottobre, sul lato ambientale, l'Arpa Puglia comunica una nuova allerta a Taranto per i cosiddetti "wind days", cioè le "giornate caratterizzate da particolari condizioni meteorologiche (venti intensi con direzione di provenienza compresa tra i settori Ovest e Nord, assenza di precipitazioni)" che alzano e spostano polveri e fumi dell'acciaieria Ilva sull'adiacente rione Tamburi e sul resto della città di Taranto. Il sindaco Melucci decide di chiudere le scuole nel quartiere. Una situazione che si ripeterà anche a fine novembre.

Il 30 ottobre, lo scontro tra Mise e Regione Puglia e Comune di Taranto entra nel vivo. Dopo un nuovo incontro con il governatore Emiliano e il sindaco Melucci, il Ministero annuncia che i due enti locali hanno rifiutato "la convocazione di un tavolo istituzionale permanente di aggiornamento e di consultazione con la partecipazione di Arcelor Mittal su tutti gli aspetti del piano ambientale ed industriale e sulle connesse ricadute sul territorio e sull’indotto". Il motivo sta nel fatto che Regione e Comune hanno confermato invece "la loro disponibilità a partecipare unicamente al tavolo di trattativa sindacale" ma "che, essendo riservato ai soggetti contraenti, non prevede la partecipazione di terze parti" perché "ai tavoli sindacali le parti devono negoziare in autonomia al riparo da condizionamenti politici esterni".

Regione e Comune, invece, affermano: "Il governo ritiene che la presenza della Regione e del Comune non sia necessaria nel tavolo dell'intesa sindacale. (...) Evidentemente, per ragioni che ancora non sono chiare, il governo preferisce fare da solo. Farà da solo fino a che le sue competenze glielo consentiranno. Quando entreranno nell'orbita delle competenze regionali, noi faremo il nostro dovere. Collaborando, perché la fabbrica continui a funzionare, ma nel rispetto assoluto della salute dei cittadini dell'area perché nel nostro ordine di priorità il diritto alla salute ha un pochino più di importanza del diritto al lavoro e alla produzione e secondo noi possono convivere". Emiliano specifica poi che Regione e Comune impugneranno, davanti al Tar di Lecce, il decreto approvato a settembre dal governo "nella parte che riguarda il piano ambientale che assolutamente non ci convince".

A questa presa di posizione, il ministro Calenda ribatte che non si comprende quale sia il "beneficio" di Regione e Comune di Taranto "nell’eventuale sospensione di quanto prescritto nel decreto" e in quale modo "tale impugnativa sia legata alla partecipazione ad un tavolo di trattativa sindacale riservato alle parti piuttosto che ad un tavolo istituzionale". Calenda avverte: "il ricorso inserisce un elemento di rischio nella fase più delicata di una vicenda che, dopo molti anni, può avviarsi a conclusione con un investimento complessivo di 2,4 miliardi oltre ad 1, 8 miliardi di prezzo di acquisto a rimborso dei creditori".

Il 28 novembre, poi, Emiliano annuncia ufficialmente, insieme al sindaco di Taranto, di aver impugnato il decreto del governo perché illegittimo. Una decisione che il ministro Calenda critica fortemente e che, sostiene, mette a rischio l'intera operazione di cessione e gli interventi a favore dell'ambiente: "Ricordo che il decreto verso cui Emiliano e Melucci hanno fatto ricorso prevede tra l’altro una produzione contingentata a 6 milioni di tonnellate per limitare le emissioni, rispetto alle precedenti 8, fino al completamento di tutti gli interventi ambientali. Si tratta credo del primo caso al mondo in cui un investimento di riqualificazione industriale e ambientale di queste dimensioni viene osteggiato dai rappresentati del territorio che più ne beneficerà". Il Ministro, poi, durante un'intervista alla trasmissione radiofonica "Radio Anch'io" su Radio Rai 1, avverte Emiliano del possibile rischio della sua decisione. 

Lo stesso giorno ArcelorMittal esprime in una nota la propria preoccupazione a proposito del ricorso al Tar: "È un vero e grande peccato che la nostra volontà e capacità di realizzare possano essere pregiudicate da questo ricorso". Calenda aggiunge inoltre che il ricorso «non è un provvedimento qualsiasi perché se accolto sospende la validità del decreto e i commissari dell'azienda sono tenuti a spegnere l'Ilva».

Emiliano ribatte affermando che le intimidazioni non fermeranno Regione e Comune di Taranto.

In un successivo post su Facebook, il governatore pugliese elenca le ragioni del ricorso contro il decreto del governo, affermando anche che l'atto "non priva di  efficacia l’aggiudicazione dell’ILVA di Taranto all’acquirente". Calenda su Twitter risponde che "Emiliano ha chiesto la sospensiva" e che se verrà accolta decadranno i termini ambientali, con i Commissari tenuti a iniziare lo spegnimento dell'acciaieria. Pochi giorni dopo anche il Comune di Taranto interviene e con un comunicato afferma, tra le altre cose, che "il ricorso non sospende l’aggiudicazione dell'Ilva a AM Investco Italy e non c’è rischio alcuno di fermo o chiusura della fabbrica".

Lo scontro tra Mise e Regione e Comune si allenta però dopo che il 5 dicembre scorso, Calenda a sorpresa si reca a Taranto per incontrare il Sindaco. In una successiva conferenza stampa, Emiliano, insieme a Melucci, dichiara: «Oggi è un giorno importante, il giorno in cui è cominciato il negoziato. Mai prima di oggi Comune e Regione erano stati sentiti seriamente sul futuro dell'Ilva». I due chiariscono però anche che il ricorso non verrà ritirato in automatico: «Lo faremo soltanto se l'esito del tavolo per Taranto sarà positivo, se cioè saranno prese in considerazione le nostre richieste».

Il giorno seguente, Calenda convoca il Tavolo su Taranto con Regione e Comune per il 20 dicembre e tra i punti all'ordine del giorno ci sono: l'analisi del contestato decreto del governo con verifica di possibili miglioramenti e condivisione del cronoprogramma della copertura anticipata dei parchi primari.

Cosa è successo al tavolo su Taranto al Mise e l'appello di Gentiloni

Il 20 dicembre si svolge così il tavolo su Taranto al Ministero dello Sviluppo Economico.

All'interno della documentazione presentata alla riunione da parte del Mise si legge che, per quanto riguarda il decreto di settembre del governo che interviene sul piano ambientale dell'acciaieria tarantina, "le tempistiche previste per la realizzazione degli interventi sono rimaste sostanzialmente invariate (ndr rispetto ai precedenti decreti del 2012 e del 2014) ma adeguate alla data di subentro dell’investitore" e che "la quasi totalità degli interventi sarà conclusa entro il 2020" mentre "la maggior parte dei cantieri con scadenza oltre il 2020 è riferita ad impianti fermi, quindi privi di impatto ambientale". Sulla copertura dei parchi minerali vengono precisati dettagli sulla grandezza del terreno da coprire e sulle tempistiche previste: "La copertura del solo Parco Minerale investirà un’area in grado di contenere 28 campi da calcio, sarà alta quasi 80 metri e larga 254 metri"; "alla luce degli esiti della fase di consultazione pubblica il Ministero dello Sviluppo Economico ha richiesto di dare immediato avvio alle attività connesse alla copertura dei parchi" e per questo "l’avvio dei lavori sarà anticipato di 8 mesi da 30.9.2018 a 1.2.2018". In base all'attuale cronoprogramma previsto, quindi, ci saranno due fasi. La prima prevede 24 mesi dal 1 febbraio 2018 per la copertura delle aree del Parco Minerale ed entro metà 2018 (30 giugno) per le aree del Parco Fossile". Il Ministero promette che "il problema Wind Day sarà superato entro gennaio 2020". Nella seconda fase ci sarà la copertura delle restanti aree.

Il tavolo, però, non si conclude con un accordo. Il punto di rottura è il mancato ritiro del ricorso presentato da Regione Puglia e Comune di Taranto.

Michele Emiliano, al termine dell'incontro, parla di "crisi isterica" avuta dal ministro che avrebbe portato alla fine del diagolo: «Clima positivo da parte di tutti, poi a un certo punto c'è stato uno scambio di messaggi di telefonino, tra De Vincenti (ndr  ministro della Coesione Territoriale e del Mezzogiorno) e Calenda e il ministro ha avuto una crisi nervosa, si è alzato, ha fatto un intervento durissimo ed è andato via». Il governatore, poi, precisa che «il ricorso della Regione Puglia resta sino a quando non verranno ripristinate le condizioni di fiducia istituzionale con il Governo, in quanto è l’unico mezzo che ci consente di esercitare le prerogative costituzionalmente garantite» e nega ancora una volta che la loro decisione possa «assolutamente provocare la chiusura dell’Ilva annunciata dal Ministro, e chi lo dice fa puro allarmismo».

Secondo il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, il tavolo al Mise «al di là dell’epilogo è stato costruttivo e sono convinto che bisogna lavorare sotto traccia per riavvicinare le posizioni». Melucci afferma poi che, insieme alla Regione, per quanto riguarda il ricorso, hanno «dato disponibilità già oggi a ritirare l'istanza cautelare» e che questo «toglie l’ostacolo più grande».

Per quanto riguarda la ricostruzione di Emiliano della fine del tavolo dovuta a una "crisi isterica" del ministro dopo aver ricevuto un messaggio dal vice ministro De Vincenti, Calenda dichiara: “Non entro nel merito delle solite dichiarazioni scomposte del Presidente Emiliano su di me. Preciso però che l’unico sms che ho ricevuto nel corso della riunione veniva proprio dal Governatore Emiliano". Lo scambio di messaggi è stato negato anche dallo stesso De Vincenti mentre la segretaria generale della Fiom-Cgil Francesca Re David, presente all'incontro, ha smentito che Calenda abbia avuto una "crisi nervosa".

Calenda, inoltre, sul ricorso al decreto del governo e il ritiro dell'istanza cautelare (su cui si sono mostrati disponibili sia il sindaco Rinaldo Melucci che il governatore Michele Emiliano), ha spiegato che "con il ritiro della sola misura cautelare e non di tutto il ricorso, c’è la possibilità che il giudice – anche tra 2-3 anni – renda nullo il Piano Ambientale. Questo porterebbe gli investitori, ossia Am Investco Italy, a chiedere allo Stato una garanzia sui soldi investiti e che potrebbero andar persi, una cifra di 2,2 miliardi di euro", si legge sull'Ansa. «Non posso fare assumere allo Stato una responsabilità di 2,2 miliardi di euro per pagare il conto del ricorso».

Due giorni dopo il tavolo, il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, lancia un appello alle istituzioni pugliesi: "Mi rivolgo al presidente Emiliano e al sindaco Melucci facendo appello alla loro responsabilità e alla sensibilità istituzionale che ben conosco. Vi chiedo di ritirare il ricorso al TAR e di non mettere a rischio interventi per la bonifica ambientale e il lavoro che Taranto aspetta da anni. Da parte del governo c’è piena disponibilità al confronto sulle questioni che avete sollevato. Conto su di voi, l’Italia e la Puglia hanno bisogno di leale collaborazione".

Emiliano, in una nota sul sito della Regione Puglia, risponde di essere a "disposizione del presidente del Consiglio dei Ministri (...) per illustrargli le ragioni del ricorso e il punto di vista della Regione Puglia sul piano industriale e sul piano ambientale dell'Ilva di Taranto".

Regione e Comune ritirano la richiesta di sospensiva al TAR sul decreto

Il 29 dicembre Carlo Calenda comunica su Twitter che Regione Puglia e Comune di Taranto hanno depositato la rinuncia alla richiesta di sospensiva al TAR di Lecce sul decreto del governo che contiene il Piano Ambientale per l'Ilva. L'azione era stata annunciata dagli enti locali il 20 dicembre scorso. Un "segnale positivo" che, continua il ministro dello Sviluppo Economico, scongiura il possibile rischio di spegnimento dell'acciaieria a partire dal prossimo 9 gennaio.

Resta invece il ricorso presentato da Emiliano e Melucci a fine novembre.

Interrotta la trattativa al tavolo dello Sviluppo Economico

Il 10 maggio i segretari generali di Fim, Fiom e Uilm respingono, al termine del tavolo al ministero dello Sviluppo economico, la proposta del governo sull'accordo di occupazione tra Am Investco e i dipendenti dell'Ilva.

Secondo i sindacati la proposta non garantiva l'assenza di licenziamenti e l'assunzione di tutti i lavoratori con le stesse garanzie contrattuali. Il ministro dello Sviluppo Economico uscente, Carlo Calenda, in risposta ha dichiarato che "i sindacati hanno deciso di non aderire alle linee guida dell'accordo proposto. Il Governo ritiene di aver messo in campo ogni possibile azione e strumento per salvaguardare l'occupazione, gli investimenti ambientali e produttivi anche attraverso un enorme ammontare di risorse pubbliche".

La trattativa tra il sindacato e la delegazione di Am Investco Italy si era interrotta lo scorso 26 aprile, spiega Matteo Meneghello sul Sole 24 Ore: "«Non ci sono le condizioni per proseguire» avevano dichiarato Fim, Fiom e Uilm, gelati dalla «volontà di Am Investco di non volersi smuovere da quanto previsto dal contratto di aggiudicazione del 5 giugno, confermando una proposta occupazionale al di sotto dei 10mila lavoratori fino all’attuazione del piano industriale per tornare successivamente a 8.480». I sindacati chiedono tutele per tutta la forza lavoro, pari a circa 13.700 occupati".

La proposta del Mise, continua il giornalista, prevedeva "sul piano occupazionale l’impegno di Am ad assumere 10mila lavoratori a tempo indeterminato, con un vincolo a non licenziare di cinque anni (nelle procedure di amministrazione straordinaria questo vincolo è di due anni). Am si impegna inoltre, fino a giugno 2021, a trasferire lavoro per non meno di 1.500 addetti a tempo pieno a una nuova società di servizi costituita da Ilva e Invitalia".

Aggiornamento 22 dicembre: l'articolo è stato aggiornato con l'esito del tavolo su Taranto e l'appello del presidente del Consiglio a Regione Puglia e Comune di Taranto.

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Aggiornamento 29 dicembre: l'articolo è stato aggiornato con la notizia della rinuncia alla richiesta di sospensiva al TAR da parte di Regione Puglia e Comune di Taranto sul decreto governativo.

Aggiornamento 10 maggio 2018: l'articolo è stato aggiornato con la notizia dell'interruzione della trattativa al tavolo dello Sviluppo Economico.

Foto anteprima via Corriere del Mezzogiorno

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