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Il Giornale di Berlusconi chiede la testa della terza carica dello Stato. Ma in quale Democrazia?

10 Agosto 2010 3 min lettura

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Il Giornale di Berlusconi chiede la testa della terza carica dello Stato. Ma in quale Democrazia?

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Conflitto di interessi. Non se ne parla più e ogni giorno che passa dobbiamo ingoiare i danni di questa amnesia collettiva (qualcuno però insiste a pronunciare queste tre paroline e solitamente non viene ben visto). 

Il Presidente del Consiglio è proprietario di uno dei più grandi imperi mediatici privati (editoria e tv), ma per la carica che ricopre a lui fa riferimento anche il servizio pubblico radiotelevisivo, la Rai e dunque le nomine delicatissime di direttori generali e di rete, ma anche dei direttori di almeno due testate giornalistiche su tre.
Vi pare normale? Vi pare sostenibile una cosa del genere in democrazia? No, e non venitemi a dire che il voto degli italiani ha sanato il conflitto di interessi. Non funziona così in una democrazia. I principi sono principi e vanno sempre salvaguardati, vengono prima, sono alla base del patto tra i cittadini e le Istituzioni. Una cosa minima, diciamo. 
E che non fosse normale lo sapeva anche il signor Berlusconi che promise di risolvere il conflitto di interessi nei primi 100 giorni di quello che sarebbe diventato il suo secondo governo («In cento giorni farò quel che la sinistra non ha fatto in sei anni e mezzo: approverò un disegno di legge che regolamenterà i rapporti tra il Presidente del Consiglio e il gruppo che ha fondato da imprenditore». Erano le elezioni politiche del 2001, la dichiarazione fu rilasciata al Tg5, ecco per dire). 
The Economist, il settimanale britannico ci aveva avvertiti, casomai, ecco, ci fosse sfuggito: Berlusconi, nella sua doppia veste di proprietario di Mediaset e Presidente del Consiglio, deteneva il controllo di circa il 90% del panorama televisivo italiano
Oggi alla carica di Presidente del Consiglio si aggiunge quella ad interim di Ministro dello Sviluppo economico con delega alle Comunicazioni, cui compete la firma del contratto di servizio con la Rai. E Berlusconi in quanto Ministro ad interim dello Sviluppo economico (quanti mesi sono passati, tre vero? E il sostituito di Scajola come la Titina lo cercano e non lo trovano. Vabbè sì, l’avevano trovato Paolo Romani, attuale viceministro allo Sviluppo economico, ma pare che non andasse bene: Napolitano ha ravvisato un chiaro conflitto di interessi, sapete com’è Romani è editore!) minacciava di non firmare perché i programma Rai sono faziosi e soprattutto sono contro il governo. 
Poi il Presidente Berlusconi è un’ottima persona e non “sfrutterà” mai a suo favore il conflitto di interessi, ma ribadisco in democrazia vanno salvaguardati i principi. Quindi dovrebbe essere una battaglia di tutti (ma proprio tutti) sanare questa situazione intollerabile in un Paese occidentale. 
Perché poi il conflitto può logorare proprio chi ce l’ha. Ricordate il caso Boffo? Berlusconi lo diceva: io non c’entro niente con le scelte del direttore Feltri. Ma nessuno gli credeva, immagino l’angoscia del Presidente nel sapere che la sua verità era poco credibile. 
Oggi la nostra democrazia vive un altro affronto. E non ci si è nemmeno disturbati a precisare di non essere i mandanti. Ma vi pare normale che in un paese nel cuore dell’Europa il giornale di proprietà della famiglia del Presidente del Consiglio raccoglie le firme per chiedere le dimissioni del Presidente della Camera? Rileggete quest’ultimo passaggio più volte, perché ha dell’abnorme. Il Presidente del Consiglio, presidente del Partito della Libertà, decide di cacciare Gianfranco Fini dal partito e dopo qualche giorno il giornale di famiglia chiede la testa della terza carica dello Stato? Ma in quale Democrazia?
Arianna Ciccone per Farefuturo WebMagazine
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