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I panni sporchi della sinistra

6 Dicembre 2013 6 min lettura

I panni sporchi della sinistra

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Non ha turbato più di tanto la campagna per le primarie il libro I panni sporchi della sinistra (Chiarelettere), scritto da Ferruccio Pinotti e Stefano Santachiara. Una campagna dove l'enfasi comunicativa, finora, non sembrerebbe corrisposta da un'attenzione effettiva. I temi trattati con spiegamento di slogan e influencer hanno accompagnato una specie di festa da non rovinare con discussioni troppo scomode. Si tratta pur sempre del [tweetable] Pd: un partito diviso per far fuori Prodi e compatto per salvare il Ministro Cancellieri[/tweetable].

Eppure il mito della Rottamazione, bandiera innalzata per reclamare un cambio di classe dirigente, mostra ad esempio la propria vacuità leggendo il capitolo del libro dedicato a Violante, il politico responsabile di aver svelato gli accordi di non belligeranza con Berlusconi:

Non più candidato in Parlamento (per auto-rottamazione), Napolitano ha inserito Violante nella commissione con il compito di elaborare proposte di riforma, commissione riconfermata ed estesa dopo la nomina di Letta a Presidente del Consiglio. Volontà popolare? Non pervenuta. Quella di Violante, si scopre nel libro, è una parabola tipica del ceto dirigente di centro-sinistra (vedere alla voce «D'Alema»): un progressivo e discreto allinearsi, fino alla mimesi, con le istanze della destra, che culmina con posizioni di potere dove il confronto con la base elettorale - sempre più disorientata - viene meno. La politica è diventata sempre più sinonimo di «potere». Sul piano programmatico e decisionale ha spostato il baricentro dalle sedi di partito a istituti e fondazioni, dove «destra» e «sinistra» sono al massimo i lati del tavolo dove si prende posto. Lo stesso Violante, ad esempio, è promotore dell'Associazione Italiadecide insieme - tra gli altri - a Giulio Tremonti, Gianni Letta e Altero Matteoli. Mentre il think thank Di Letta, VeDrò, ha chiuso a ottobre, ma in effetti l'attuale governo ne sembra la prosecuzione ideale. Momenti di confronto come le primarie, dunque, sembrano lasciar fuori questo ecosistema politico di vertice,  dove gli esponenti dei due principali schieramenti - Pd e fu Pdl - rispondono solo ai propri interessi.

A sinistra, del resto, una Rottamazione c'è stata nell'ultimo ventennio, ci spiegano gli autori, ma è stata condotta con discrezione, lontano dai palchi e dai format della SpotPolitik. Come nel caso di Roberto Adani, sindaco di Vignola dal 1999 al 2009:

Il rigore morale che gli vale l’appellativo di «sceriffo rosso» lo portava a non voltarsi dall’altra parte rispetto a presenze mafiose e alla zona «grigia» dei colletti bianchi. Dopo aver subito minacce di morte e solidarietà di circostanza, però, Adani è stato scaricato dal suo partito, il Pd, al termine del secondo mandato. Carriera finita a soli quarantaquattro anni.

Rottamata per motivi opposti è la giunta comunale di Serramazzoni, «primo caso di rapporti tra mafia e politica, e in particolare col Pd, accertato in Emilia-Romagna»: si è dimessa in blocco. Il ricambio avviene, ma non certo per nobili motivi. Serve a togliere le mosche bianche, o a smorzare la portata di scandali politici e/o inchieste.

Nel libro ho riscontrato punti deboli che è bene evidenziare a beneficio del potenziale lettore. Il capitolo su Napolitano si inalbera tra fonti anonime interrogate sulla presunta - e non dimostrata - appartenenza del Presidente della Repubblica alla massoneria, che di per sé varrebbe un perentorio «e quindi?»; vorrebbe motivare, senza riuscirci, il retroscena delle decisioni di Napolitano a favore di Berlusconi (tra cui il Lodo Alfano). Addirittura tra le fonti citate in nota compare il blog Maquisard, sicuramente aggiornato in materia di Scie Chimiche e Nuovo Ordine Mondiale. In altri punti, invece, ci si fida troppo degli aspetti giudiziari, tralasciando il piano delle implicazioni politiche. Il paragrafo su Fasano, fedelissimo di D'Alema, si chiude con un laconico:

Le vicende penali non hanno ovviamente nulla a che vedere con D’Alema. Ma stiamo parlando di un ex sindaco che per vent’anni si è occupato di organizzargli regate, vacanze, campagne elettorali, incontri con soggetti di primo piano della politica e della finanza.

Nel passare i rassegna volti, contesti e pratiche, I panni sporchi della sinistra centra però più di un obiettivo. Gli scandali Unipol e Monte dei Paschi, analizzati in dettaglio, mostrano l'intreccio strutturale tra finanza e centro-sinistra, oltre alla propensione all'inciucio. Conflitti d'interessi e parentopoli sono all'ordine del giorno, così come le alleanze un tempo impensabili. Quando nel 2003 Bersani, al meeting di Rimini, ha lodato Cl come modello da imitare, non ha certo stupito Legacoop e Compagnia delle Opere, che sono insieme dal 1997 in Obiettivo lavoro (Spa dal 2003), ma solo i propri elettori. Se l'ideologia di sinistra è un ostacolo per la conservazione del potere, perché scomodarla? Ecco perché si arriva, ad esempio, all'agonia della legge 194: a destra certi problemi non se li fanno.

Preziosa è la parte dedicata alle fondazioni dei Ds (di cui anche Report si è occupato). I Ds, infatti, partito gravato da ingenti debiti, tecnicamente non sono confluiti nel Pd, avendo dato vita a fondazioni (55, secondo gli autori) costituite dalle varie federazioni provinciali, sotto la supervisione del tesoriere Sposetti:

Nel 1996 i Ds sono esposti per 502 miliardi di vecchie lire con le banche, di cui 203 verso il gruppo Banca di Roma, dovuti al fatto che il partito si è fatto carico del grave indebitamento del quotidiano «l’Unità». Cinque anni dopo, quando la storica testata viene ceduta a una cordata guidata da Renato Soru, l’esposizione dei Ds sfonda il tetto dei 1130 miliardi di lire. La missione di Sposetti è da brividi.
[...]
I Ds rientrano in parte con la cessione di immobili di valore. Il tesoriere [Sposetti] sovrintende all’inventario di terreni, case e oggetti di pregio donati da militanti in settant’anni di vita del Pci. I 2399 immobili e 40 dipinti di «patrimonio comunista», affidati inizialmente a una fondazione centrale del partito, nel 2007 vengono donati a 55 microfondazioni create ad hoc e corrispondenti alle varie federazioni locali. Queste fondazioni, slegate in tutto e per tutto dal Pd, affittano al nuovo partito 1819 immobili, prevalentemente in comodato gratuito.
[...]
Le fondazioni non rientrano nel bilancio dei Ds, dove si registrano ancora nel 2011 esposizioni bancarie per 156,6 milioni di euro: 101 milioni derivano dall’accollo liberatorio dei debiti della «cessata partecipata L’Unità Spa in liquidazione». Il partito, di fatto estinto, conta ancora 49 dipendenti e ha un disavanzo di 145 milioni di euro.

Abbiamo perciò un partito indebitato - Ds - che si scioglie e si moltiplica in fondazioni, e che controlla le sedi del Pd. Osservazione a margine: come mai nel sito dei Ds le voci dei rendiconti (a eccezione di quella al 31/12/2007) rimandano al più classico dei «404 - File or directory non found»? Non risulta inoltre consultabile, sulla Home, la voce chiusura conti. Epic Fail comunicativo o scarsa trasparenza?

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I Panni sporchi della sinistra ci consegna uno scenario politico desolante in cui l'orrendo slogan di Grillo «Pd e Pdmenoelle» sintetizza purtroppo la realtà di due destre contigue. Abbiamo una destra di matrice berlusconiana, spregiudicata e abile a mutare la propria agenda comunicativa in funzione del consenso, come si è visto di recente per l'Imu, approvata durante il governo Monti e avversata durante il governo Letta. Abbiamo poi una destra tecnodemocristiana e filoeuropeista, la cui unica agenda è la manutenzione dell'esistente, che non può essere messo in discussione; esperienze come Sel - neanche Vendola esce bene dal libro - non scalfiscono questo quadro. Non è un caso che il nemico, nelle retoriche governative, sia additato nel «populismo» o nell'«antipolitica»: segno che le grandi masse sono viste a priori come una seccatura, così come chi cerca di farsene portavoce. Il governo delle «larghe intese» (sdoganamento retorico dell'inciucio), è il perfezionamento ai massimi livelli istituzionali delle prassi politiche consociative. Dopo la decadenza di Berlusconi, Chiara Geloni, direttore di YouDem, polemizzando con Renzi ha parlato su Twitter di fine della larghe intese: il Nuovo Centro Destra non è un interlocutore anomalo, a quanto pare.

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