Diritti Digitali Media Literacy Post

Facebook vieta il razzismo di nazionalismo e suprematismo bianco. Ma la decisione arriva tardi

29 Marzo 2019 9 min lettura

author:

Facebook vieta il razzismo di nazionalismo e suprematismo bianco. Ma la decisione arriva tardi

Iscriviti alla nostra Newsletter

9 min lettura
Casapound e Forza Nuova rimossi definitivamente da Facebook e Instagram: «Diffondono odio»

Aggiornamento 9 settembre 2019: Facebook ha rimosso anche su Instagram le pagine ufficiali, nazionali e locali, dei due movimenti di estrema destra CasaPound e Forza Nuova e decine di profili dei loro leader — compresi il presidente di CasaPound Gianluca Iannone, Simone Di Stefano e il segretario di Forza Nuova Roberto Fiore — e dei loro rappresentanti. La società californiana, che nel nostro Paese sui due social conta più di 55 milioni di utenti, ha applicato la sua norma sulle persone e organizzazioni pericolose, che nel 2018 ha portato alla rimozione dei profili del gruppo di ultra-destra britannico Britain First: «Le persone e le organizzazioni che diffondono odio o attaccano gli altri sulla base di chi sono non trovano posto su Facebook e Instagram. Per questo motivo abbiamo una policy sulle persone e sulle organizzazioni pericolose, che vieta a coloro che sono impegnati nell’"odio organizzato” di utilizzare i nostri servizi. Candidati e partiti politici, così come tutti gli individui e le organizzazioni presenti su Facebook e Instagram, devono rispettare queste regole, indipendentemente dalla loro ideologia. Gli account che abbiamo rimosso oggi violano questa policy e non potranno più essere presenti su Facebook o Instagram», ha spiegato un portavoce di Facebook.

...

Facebook ha chiuso i profili di gruppi e persone di estrema destra nel Regno Unito

Aggiornamento 19 aprile 2019: Dopo l’annuncio dello scorso marzo di vietare ogni forma di nazionalismo e separatismo bianco, Facebook ha chiuso le pagine di alcune organizzazioni e persone di estrema destra del Regno Unito. Tra questi, il British National Party (BNP), la English Defence League (EDL) e Britain First e 12 account privati come quello dell’ex presidente di BNP, Nick Griffin, il leader di Britain First, Paul Golding, e il suo ex vice, Jayda Fransen, il fondatore di EDL, Paul Ray, il leader del National Front, Tony Martin, l’attivista di estrema destra del Knights Templar International, Jim Dowson, l’ex portavoce dell’organizzazione terroristica National Action e figura politica di estrema destra, Jack Renshaw.

Il provvedimento è immediato e, oltre ai singoli profili, prevede che saranno vietati anche post o contenuti che "esprimono lode o sostegno" a questi gruppi.

In una dichiarazione ufficiale, Facebook ha dichiarato che "gli individui e le organizzazioni che diffondono odio, o attaccano o chiedono per l'esclusione degli altri sulla base della loro origine, non hanno posto sulla piattaforma. Chiuderemo i profili di tutti coloro che proclamano una missione violenta o che incita all’odio o che sono coinvolti in atti di odio o violenza. Le persone e le organizzazioni che abbiamo bandito oggi violano la nostra policy e non potranno più avere una presenza su Facebook o Instagram".

La scorsa settimana diversi profili e gruppi di estrema destra erano stati bannati da Facebook in Canada. In una nota il social network aveva comunicato che questi soggetti hanno violato gli standard comunitari, che includono, tra l’altro, il divieto di “odio organizzato”: "Le persone e le organizzazioni che abbiamo bandito oggi violano questa politica e non potranno più avere una presenza sui nostri servizi. Il nostro lavoro contro l'odio organizzato è in corso e continueremo a controllare persone, pagine, gruppi e contenuti contrari ai nostri standard comunitari"

Negli stessi giorni, Facebook Italia aveva disattivato i profili di alcuni dirigenti e militanti del partito neofascista CasaPound. Tra loro, il presidente Gianluca Iannone, tre consiglieri comunali e alcuni candidati sindaci alle prossime elezioni amministrative. In una nota ufficiale il social network aveva motivato così la decisione: "Crediamo sia importante dare alle persone un modo per esprimersi ma al contempo vogliamo che chiunque su Facebook possa sentirsi al sicuro. Per questo abbiamo stilato gli Standard della Comunità. Partiti politici e candidati, così come singoli individui e organizzazioni presenti su Facebook devono attenersi a queste norme. Quando veniamo a conoscenza di contenuti che violano questi standard, li rimuoviamo. Quando una Pagina o una persona infrange ripetutamente queste regole, come capitato in questo caso, la rimuoviamo". Alla nostra richiesta di avere maggiori dettagli su quali regole fossero state violate, Facebook aveva preferito non rilasciare ulteriori dichiarazioni.

Facebook vieterà ogni forma di sostegno al nazionalismo e al separatismo bianco e chi posterà contenuti che vi fanno riferimento sarà invitato a frequentare un’organizzazione non-profit che aiuta le persone a lasciare i gruppi di odio. Lo ha annunciato il social network in un post pubblicato sul suo blog, specificando che le nuove policy inizieranno a essere applicate dalla prossima settimana. Elogi, supporto e rappresentazioni del nazionalismo e del separatismo bianco sono “concetti profondamente legati a gruppi d’odio organizzati” che non possono avere spazio sulla piattaforma e sui servizi a essa associati, si legge nella nota diffusa da Facebook. Ad esempio, frasi come "Sono un fiero nazionalista bianco" saranno ora vietate sulla piattaforma.

Leggi anche >> Come funziona la moderazione su Facebook. Una fonte lo rivela a Valigia Blu

La decisione arriva a quasi due settimane di distanza dalla strage di Christchurch in Nuova Zelanda (dove un suprematista bianco ha ucciso 50 persone che si erano riunite in due moschee della città e aveva postato su Facebook un video in diretta di almeno uno dei due attacchi) ma è il risultato di una pressione esercitata sul social network da parte di giuristi ed esperti dei diritti civili dopo la pubblicazione di un’indagine giornalistica di Motherboard dello scorso maggio che aveva mostrato le criticità che nascevano nella moderazione dei contenuti a causa della distinzione tra “nazionalismo e separatismo bianco” e “suprematismo bianco”.

Le policy di Facebook attualmente vietavano, infatti, contenuti d’odio basati sulla razza, l’etnia e la religione, e tra questi era incluso il suprematismo bianco, ma non le espressioni di supporto al nazionalismo e al separatismo bianco. Ora non sarà più così. Negli ultimi tre mesi, dopo alcuni confronti e discussioni con esperti del mondo accademico e membri della società civile, la società guidata da Mark Zuckerberg ha rilevato la sovrapposizione tra nazionalismo e separatismo bianco e suprematisti e ha deciso di modificare le proprie regole di moderazione in merito ai contenuti di incitamento all’odio. come hanno detto gli esperti consultati da Facebook – "il nazionalismo bianco e i movimenti separatisti bianchi sono diversi dagli altri movimenti separatisti come il movimento separatista basco in Francia e Spagna e i movimenti separatisti neri in tutto il mondo". Un conto è sottolineare ad esempio "l’orgoglio americano o il separatismo basco, che sono una parte importante dell’identità delle persone”, un altro mascherare con frasi nazionaliste il suprematismo bianco che "ha una lunga storia di sottomissione e disumanizzazione delle persone di colore negli Stati Uniti e in tutto il mondo".

«La sovrapposizione tra nazionalismo bianco, separatismo [ndr, bianco] e supremazia bianca è tale da non poter fare una distinzione significativa tra loro. E questo perché il linguaggio utilizzato e l'ideologia che rappresenta si sovrappongono a tal punto che non c’è una distinzione significativa», ha spiegato Brian Fishman, direttore politico dell'antiterrorismo su Facebook a Motherboard.

«Ci siamo accorti – spiega Ulrick Casseus, un esperto di gruppi di odio nel team che si occupa delle policy di Facebook – che sempre più persone iniziavano a distinguere dicendo “Non sono razzista, sono un nazionalista” spingendosi fino a sostenere di non essere un suprematista bianco, ma un nazionalista bianco, mantenendo però comportamenti e diffondendo contenuti che incitano all’odio. Era un modo per normalizzare l’odio e in base a ciò che abbiamo osservato e a quanto ci è stato detto dagli esperti con cui abbiamo parlato, abbiamo deciso che anche le forme di sostegno al nazionalismo e al separatismo bianco sono legate a gruppi di odio organizzati».

Ora chiunque tenterà di pubblicare o cercherà sulla piattaforma contenuti razzisti, parole associate al suprematismo bianco o frasi come ad esempio “Heil Hitler” visualizzerà una finestra pop-up che li re-indirizzerà a Life After Hate, un’organizzazione non-profit, fondata da ex suprematisti bianchi, che fornisce risorse educative, gruppi di supporto e sensibilizzazione. «Se ci sono persone che stanno cercando un movimento che incita all’odio o alla violenza, vogliamo metterli in contatto con persone che saranno in grado di fornire supporto offline», ha aggiunto Fishman.

Inoltre, Facebook continuerà a utilizzare alcune delle tattiche utilizzate per visualizzare e rimuovere i contenuti associati a ISIS, Al Qaeda e altri gruppi terroristici per rimuovere i contenuti nazionalisti, separatisti e suprematisti.

«Penso che questa decisione di Facebook rappresenti un passo in avanti e sia un effetto diretto della pressione fatta in passato», ha dichiarato Rashad Robinson, presidente del gruppo di lavoro Color of Change.

«Si tratta sicuramente di un cambiamento positivo, ma è qualcosa che avrebbero dovuto fare fin dall'inizio", aggiunge David Brody, un avvocato del Lawyers’ Committee for Civil Rights Under Law che lo scorso settembre ha fatto pressione affinché Facebook cambiasse le proprie regole di moderazione.

Già lo scorso anno, un’indagine giornalistica di Joseph Cox su Motherboard (che aveva avuto accesso a documenti interni di formazione dei moderatori), aveva mostrato come le regole di moderazione del social network consentissero la pubblicazione di frasi come “Gli Stati Uniti dovrebbero essere una nazione bianca” nonostante i riferimenti al suprematismo bianco fossero espressamente vietati perché, secondo Facebook, non sempre il nazionalismo bianco "sembra essere associato al razzismo (almeno in modo non esplicito)".

Tuttavia, dopo che un suprematista bianco aveva ucciso Heather Heyer a Charlottesville nel 2017, il social network aveva iniziato a pensare di modificare le sue policy di moderazione. "Recenti attacchi avvenuti negli Stati Uniti (come, ad esempio, Charlottesville) hanno dimostrato che c'è potenzialmente confusione sulle nostre politiche sui discorsi di incitamento all’odio e sulle specifiche organizzazioni d’odio”, si leggeva in uno dei documenti ottenuti da Motherboard.

Nel gennaio 2018, 5 mesi dopo Charlottesville, Facebook aveva inviato delle slide ai moderatori che mostravano la posizione dell’azienda su nazionalismo e suprematismo bianco. A differenza di quest’ultimo, per il nazionalismo e il separatismo bianco erano consentite espressioni di elogio, supporto o rappresentazione dei suprematisti bianchi perché “il nazionalismo è un movimento di estrema destra e un'ideologia, ma non sembra essere sempre associato al razzismo (almeno non esplicitamente)”.

Una slide inviata ai moderatori sulla distinzione tra nazionalismo e suprematismo bianco (ricostruzione di Motherboard)

Ma a dispetto di queste distinzioni, Facebook aveva ammesso che la differenza non è sempre così netta e aveva indicato altri criteri per poter stabilire se ci si trovava di fronte a un’espressione del proprio fiero nazionalismo o a una di suprematismo bianco, come, ad esempio, provare a individuare se l’autore del post fosse membro o fondatore di un’organizzazione d’odio o che usasse un linguaggio disumanizzante nei confronti di determinati gruppi di persone, o se in passato avesse discriminato altre persone per la razza o la religione. Tra i gruppi di incitamento all’odio, Facebook segnalava in particolare il Ku Klux Klan (KKK), i Klans of America Uniti, le Aryan Nations e, più in generale, tutte quelle organizzazioni definite come gruppi d’odio dall'Anti-Defamation League (ADL) rappresenta un gruppo di odio in quanto tale.

Leggi anche >> La moderazione online è cruciale e ha costi umani elevatissimi. I social investono poco e male

L’articolo di Motherboard suscitò molto clamore e la reazione da parte di esperti dei diritti civili e di estremismo che sottolinearono come il "nazionalismo bianco" e il "separatismo bianco" fossero semplicemente facciate del suprematismo bianco. A settembre 2018, pochi mesi dopo l’inchiesta giornalistica di Cox, il Lawyer’s Committee inviò una lettera a Facebook segnalando che il social network ignorava “secoli di storia, precedenti legali e studi di esperti che dimostrano che il nazionalismo bianco e il separatismo bianco sono il suprematismo bianco".

E anche Facebook, in silenzio, si è mosso. Una fonte interna (che ha voluto mantenere l’anonimato) ha affermato che nell’ultimo anno, dopo l’inchiesta di Motherboard, il social network ha fatto piccole modifiche alle regole di moderazione dei contenuti per arrivare a vietare ogni contenuto a sostegno della supremazia razziale.

Iscriviti alla nostra Newsletter


Come revocare il consenso: Puoi revocare il consenso all’invio della newsletter in ogni momento, utilizzando l’apposito link di cancellazione nella email o scrivendo a info@valigiablu.it. Per maggiori informazioni leggi l’informativa privacy su www.valigiablu.it.

Tuttavia, commentano Joseph Cox e Jason Koebler sempre su Motherboard, la decisione presa da Facebook arriva troppo tardi. Troppo tempo è passato dall’inchiesta giornalistica di maggio. «È ridicolo che si sia aspettato tanto tempo dopo Charlottesville, e c’è voluta anche questa ultima tragedia [ndr, Christchurch] per arrivare a sostenere che “nazionalismo bianco” e “separatismo bianco” sono eufemismi del “suprematismo bianco"», ha dichiarato Keegan Hankes, ricercatore del SPLC’s Intelligence Project, che ha aggiunto: «E sembra che l'unica volta in cui si riesce a ottenere una risposta seria è quando c'è una tragedia».

A questa critica, il responsabile di Facebook, Fishman, ha risposto: «Ora pensiamo di avere la policy giusta».

Foto in anteprima via The Nation

Segnala un errore